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Siamo
all’inizio dell’anno sociale e tutto sembra mettersi in moto: le energie
sono orientate ogni giorno verso la realizzazione dei progetti a suo
tempo programmati. È faticoso, a volte, incominciare un nuovo anno,
soprattutto quando, mancando una motivazione profonda, si rimane
inchiodati a esperienze sgradevoli che ci riportano alla noia del fare
le cose di sempre, alla fatica di dovere scalare ancora le alte
montagne, per essere sempre all’altezza delle attese altrui, alla
tristezza che non porta a vedere nulla di nuovo sull’orizzonte. In
questo barcamenarsi sembra che l’esistenza dipenda esclusivamente da noi
e che Dio è come non esistesse veramente: vagando, a volte, anche noi
consacrati ci comportiamo come atei conclamati.
Eppure, se rileggiamo la nostra
storia passata o se guardiamo intorno, ci accorgiamo che vi sono molti
elementi che ci confermano di aver già veduto la presenza di Dio. La
consacrazione di uomini e di donne ha senso, se prende forma nel
quotidiano in persone veramente umane che, come Abramo, lasciano tutto e
seguono un Dio che chiede, lungo il cammino, persino il sacrificio
dell’unico figlio; come Giacobbe, lottano con un Dio che rompe le ossa e
a lui si consegnano; come Davide, continuano a cadere nel peccato e,
senza sconti, confessano la colpa davanti a Dio; come Elia, vanno a
sedersi impaurite sotto un ginepro desiderose di morire, e riconoscono
poi la presenza di Dio nel mormorio di un vento leggero; come Giona,
scappano dai progetti di Dio e si rifugiano sotto il ricino, per poi
arrendersi a lui; come Matteo, lasciano il banco delle proprie sicurezze
economiche e, all’invito di Gesù, lo seguono radicalmente; come Pietro,
si lasciano prendere dalle passioni, rinnegano Gesù e piangono di fronte
alla fedeltà della sua amicizia, lo seguono fino al martirio; come
Marta, si agitano e rimproverano Gesù e, come Maria, vivono la
profondità della relazione; come Maria, la madre di Gesù, pronunciano
sempre il loro «sì», certe che nulla è impossibile a Dio.
Persone che vivono
di fede.
La lotta di vivere è di tutti. Essa
appartiene all’individuo soprattutto quando si riserva tempi da gestire
in proprio e, ancorato all’andirivieni di un’altalena, vive l’attimo
dell’euforia o della depressione, mentre Dio in un rapporto d’amore
continua a chiedere di fidarsi di lui, di consegnargli i fili della sua
esistenza.
In questo tempo in cui ognuno crede
di essere il centro del villaggio globale, Dio continua a cercare
qualcuno sulla terra disposto, come il Figlio, ad amare sino alla fine.
Egli si fida dell’uomo e ancora oggi gli rivela tutto l’amore riversato
nel suo cuore dallo Spirito, per renderlo visibile nella storia.
Mentre ognuno impiega tutte le
energie per lasciare una traccia indelebile nel proprio passaggio, Dio
cerca persone di fede, che vivono anche nella fragilità della loro vita
quotidiana il proprio sì perenne a lui, un sì che non è dipendenza, ma
consegna libera di sé per amore, perché altri sperimentino e vedano
l’amore fedele di Dio per l’umanità.
Ai consacrati Dio chiede di porsi
accanto a tutti i viventi, al di là di ogni lingua, popolo, nazione,
religione, per rimandare con la vita di fede vissuta nell’amore alla
presenza di Dio nella storia.
Urge la presenza di persone che hanno
la fede almeno quanto un granellino di senapa, che vivono sulla soglia
del mistero svelato da Gesù Cristo, per rendere credibile come il buon
samaritano tutta la prossimità di Dio all’umanità.
C’è bisogno di coloro che si lasciano
forgiare quotidianamente dalla Parola di Dio, nonostante la fragilità
sperimentata come tutti gli essere viventi, per essere portatori di
speranza laddove si tenta di recidere le radici della vita umana che
affondano in Dio.
Si avverte la necessità della
presenza di uomini e di donne che, entrando liberamente nel circuito
dell’amore trinitario, restano salde sulla roccia senza lasciarsi
trasportare dalle mode correnti: rimanendo in relazione con tutti,
diventano compagni di cammino soprattutto degli individui che vagano
senza meta.
Urgono uomini e donne che non hanno
paura di testimoniare la propria fede in Dio e che con maturità
interagiscono con il pensiero di oggi senza contrapporsi, senza
considerarlo una minaccia, cercando di individuare anche un solo
elemento che unisce, che va «nella direzione del bello, del buono, del
vero» (Nota Pastorale dopo il 4° Convegno Ecclesiale di Verona, 13).
Riconoscendo un terreno comune dove
l’umanità nasce, cresce, si sviluppa, muore e risorge, si accoglie
l’altro, il diverso, non come una minaccia, ma come una persona che
resta tale anche quando presenta visioni proprie dello scibile umano.
Chi dimostra chiarezza della propria identità non si difende, si mette
anzi in rispettoso ascolto dell’altro senza aggredirlo.
Urgono in questo tempo consacrati
che, insieme con tutti i cristiani, vivano la fede non in modo
intimistico, ma come testimonianza credibile di un’adesione totale a
Cristo e al suo messaggio, persone capaci di donare la propria vita con
fede fino alla morte di croce, come Gesù. Tutti i consacrati sono
chiamati a testimoniare l’appartenenza a Cristo, per poter rendere
visibile l’amore eterno di Dio per l’umanità, per essere riflesso di
questa presenza nella quotidiana esistenza.
La freschezza evangelica che apre
alla speranza, passa unicamente dall’«incontro con il Risorto e la fede
in lui» (Nota Pastorale dopo il 4° Convegno Ecclesiale di Verona, 5).
Nella profondità della relazione con Gesù ognuno impara ad essere come
Cristo nella quotidianità degli eventi. Mentre il mondo tenta di minare
le radici dell’esistenza di Dio, noi consacrati non possiamo più
attardarci in dispute che portano la nostra vita al di fuori della
storia: la gente non ci capisce, soprattutto perché molte volte
difendiamo nella nostra vita ciò che non è solo Cristo e il suo Vangelo.
Più che moltiplicare eventi, forse
oggi c’è bisogno di tornare all’essenziale, per vivere di fede, solo
quanto un granellino di senapa, che confermi la presenza di Dio
attraverso la liturgia e che prenda il volto del Figlio nella carità.
Dio solo sa quanto c’è bisogno oggi di consacrati che, in un mondo dove
l’individualismo sta abbattendo il Mistero e i ponti della solidarietà,
siano custodi dell’agape, dono dello Spirito vissuto nella fede.
Diana Papa
Monastero «S. Nicolò» c/o Oasi Francescana
73017 S. Simone (Lecce)
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