n. 10 ottobre 2007

 

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«Quanto un granellino di senapa»
di Diana Papa

 

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Siamo all’inizio dell’anno sociale e tutto sembra mettersi in moto: le energie sono orientate ogni giorno verso la realizzazione dei progetti a suo tempo programmati. È faticoso, a volte, incominciare un nuovo anno, soprattutto quando, mancando una motivazione profonda, si rimane inchiodati a esperienze sgradevoli che ci riportano alla noia del fare le cose di sempre, alla fatica di dovere scalare ancora le alte montagne, per essere sempre all’altezza delle attese altrui, alla tristezza che non porta a vedere nulla di nuovo sull’orizzonte. In questo barcamenarsi sembra che l’esistenza dipenda esclusivamente da noi e che Dio è come non esistesse veramente: vagando, a volte, anche noi consacrati ci comportiamo come atei conclamati.

Eppure, se rileggiamo la nostra storia passata o se guardiamo intorno, ci accorgiamo che vi sono molti elementi che ci confermano di aver già veduto la presenza di Dio. La consacrazione di uomini e di donne ha senso, se prende forma nel quotidiano in persone veramente umane che, come Abramo, lasciano tutto e seguono un Dio che chiede, lungo il cammino, persino il sacrificio dell’unico figlio; come Giacobbe, lottano con un Dio che rompe le ossa e a lui si consegnano; come Davide, continuano a cadere nel peccato e, senza sconti, confessano la colpa davanti a Dio; come Elia, vanno a sedersi impaurite sotto un ginepro desiderose di morire, e riconoscono poi la presenza di Dio nel mormorio di un vento leggero; come Giona, scappano dai progetti di Dio e si rifugiano sotto il ricino, per poi arrendersi a lui; come Matteo, lasciano il banco delle proprie sicurezze economiche e, all’invito di Gesù, lo seguono radicalmente; come Pietro, si lasciano prendere dalle passioni, rinnegano Gesù e piangono di fronte alla fedeltà della sua amicizia, lo seguono fino al martirio; come Marta, si agitano e rimproverano Gesù e, come Maria, vivono la profondità della relazione; come Maria, la madre di Gesù, pronunciano sempre il loro «sì», certe che nulla è impossibile a Dio.

Persone che vivono di fede.

La lotta di vivere è di tutti. Essa appartiene all’individuo soprattutto quando si riserva tempi da gestire in proprio e, ancorato all’andirivieni di un’altalena, vive l’attimo dell’euforia o della depressione, mentre Dio in un rapporto d’amore continua a chiedere di fidarsi di lui, di consegnargli i fili della sua esistenza.

In questo tempo in cui ognuno crede di essere il centro del villaggio globale, Dio continua a cercare qualcuno sulla terra disposto, come il Figlio, ad amare sino alla fine. Egli si fida dell’uomo e ancora oggi gli rivela tutto l’amore riversato nel suo cuore dallo Spirito, per renderlo visibile nella storia.

Mentre ognuno impiega tutte le energie per lasciare una traccia indelebile nel proprio passaggio, Dio cerca persone di fede, che vivono anche nella fragilità della loro vita quotidiana il proprio sì perenne a lui, un sì che non è dipendenza, ma consegna libera di sé per amore, perché altri sperimentino e vedano l’amore fedele di Dio per l’umanità.

Ai consacrati Dio chiede di porsi accanto a tutti i viventi, al di là di ogni lingua, popolo, nazione, religione, per rimandare con la vita di fede vissuta nell’amore alla presenza di Dio nella storia.

Urge la presenza di persone che hanno la fede almeno quanto un granellino di senapa, che vivono sulla soglia del mistero svelato da Gesù Cristo, per rendere credibile come il buon samaritano tutta la prossimità di Dio all’umanità.

C’è bisogno di coloro che si lasciano forgiare quotidianamente dalla Parola di Dio, nonostante la fragilità sperimentata come tutti gli essere viventi, per essere portatori di speranza laddove si tenta di recidere le radici della vita umana che affondano in Dio.

Si avverte la necessità della presenza di uomini e di donne che, entrando liberamente nel circuito dell’amore trinitario, restano salde sulla roccia senza lasciarsi trasportare dalle mode correnti: rimanendo in relazione con tutti, diventano compagni di cammino soprattutto degli individui che vagano senza meta.

Urgono uomini e donne che non hanno paura di testimoniare la propria fede in Dio e che con maturità interagiscono con il pensiero di oggi senza contrapporsi, senza considerarlo una minaccia, cercando di individuare anche un solo elemento che unisce, che va «nella direzione del bello, del buono, del vero» (Nota Pastorale dopo il 4° Convegno Ecclesiale di Verona, 13).

Riconoscendo un terreno comune dove l’umanità nasce, cresce, si sviluppa, muore e risorge, si accoglie l’altro, il diverso, non come una minaccia, ma come una persona che resta tale anche quando presenta visioni proprie dello scibile umano. Chi dimostra chiarezza della propria identità non si difende, si mette anzi in rispettoso ascolto dell’altro senza aggredirlo.

Urgono in questo tempo consacrati che, insieme con tutti i cristiani, vivano la fede non in modo intimistico, ma come testimonianza credibile di un’adesione totale a Cristo e al suo messaggio, persone capaci di donare la propria vita con fede fino alla morte di croce, come Gesù. Tutti i consacrati sono chiamati a testimoniare l’appartenenza a Cristo, per poter rendere visibile l’amore eterno di Dio per l’umanità, per essere riflesso di questa presenza nella quotidiana esistenza.

La freschezza evangelica che apre alla speranza, passa unicamente dall’«incontro con il Risorto e la fede in lui» (Nota Pastorale dopo il 4° Convegno Ecclesiale di Verona, 5). Nella profondità della relazione con Gesù ognuno impara ad essere come Cristo nella quotidianità degli eventi. Mentre il mondo tenta di minare le radici dell’esistenza di Dio, noi consacrati non possiamo più attardarci in dispute che portano la nostra vita al di fuori della storia: la gente non ci capisce, soprattutto perché molte volte difendiamo nella nostra vita ciò che non è solo Cristo e il suo Vangelo.

Più che moltiplicare eventi, forse oggi c’è bisogno di tornare all’essenziale, per vivere di fede, solo quanto un granellino di senapa, che confermi la presenza di Dio attraverso la liturgia e che prenda il volto del Figlio nella carità. Dio solo sa quanto c’è bisogno oggi di consacrati che, in un mondo dove l’individualismo sta abbattendo il Mistero e i ponti della solidarietà, siano custodi dell’agape, dono dello Spirito vissuto nella fede.

Diana Papa
Monastero «S. Nicolò» c/o Oasi Francescana
73017 S. Simone (Lecce)

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