n. 11 novembre 2007

 

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Relazioni «liquide» o durature

 

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Zygmunt Bauman, uno dei più grandi sociologi viventi, nelle sue ultime opere (vedi, fra le altre, Modernità liquida, Roma-Bari 2002; Amore liquido, Roma-Bari 2004; Vita liquida, Roma-Bari 2006; Homo consumens, Gardolo 2007) ha indicato nella «liquidità» la caratteristica saliente dell’epoca post-moderna. Scrive, ad esempio, nell’Introduzione a Vita liquida: «“Liquido” è il tipo di vita che si tende a vivere nella società liquido-moderna. Una società può essere definita “liquido-moderna” se le situazioni in cui agiscono gli uomini si modificano prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure... In una società liquido-moderna gli individui non possono concretizzare i propri risultati in beni duraturi: basta un attimo perché le attività si trasformino in passività e le capacità in incapacità... La vita liquida è, insomma, una vita precaria, vissuta in condizioni di continua incertezza. Le preoccupazioni più acute e ostinate che l’affliggono nascono dal timore di esser colti alla sprovvista, di non riuscire a tenere il passo di avvenimenti che si muovono velocemente, di rimanere indietro, di non accorgersi delle “date di scadenza”, di appesantirsi con il possesso di qualcosa che non è più desiderabile... Tra le arti del vivere liquido-moderno e le abilità che esse richiedono, sapersi sbarazzare delle cose diventa più importante che non acquisirle. La vita nella società liquido-moderna non può mai fermarsi. Deve modernizzarsi o perire. Ciò che conta è la velocità, non la durata» (pp.VII-IX).

 Per una vita il sociologo polacco Bauman ha studiato la «società liquida», quella senza legami stabili, che dura fin tanto che c’è l’interesse di uno dei due partner; quella modellata sull’usa e getta, sul desiderio di consumo, sull’impegnarsi finché si ha voglia senza assumersi responsabilità di qualsiasi genere.

Il consumo come metro di ogni nostra azione non è fatto per elevare la lealtà e la dedizione nostra per l’altro. Al contrario, è pensato per passare in continuazione da un desiderio all’altro, per spegnere in fretta quelli vecchi e creare posti per altri nuovi. La vita liquida è una vita di consumi, soddisfatti o rimborsati. Essa contrassegna il mondo e ogni suo frammento, animato e inanimato, come oggetti di consumo, che perdono la propria utilità, attrazione, potere di seduzione e, quindi, di valore, a mano a mano che vengono usati. Per sottrarsi al disagio di restare indietro, sottolinea Bauman, occorre tenere a mente che è nella natura delle cose esigere vigilanza, ma non fedeltà. Nel mondo liquido-moderno la fedeltà è causa di vergogna, non di orgoglio.

Oggigiorno si parla molto di relazioni, è l’argomento sulla bocca di tutti. Alcuni sociologi, abituati a confezionare teorie in base a statistiche tratte dai sondaggi d’opinione e dalle banalità in essi registrate, balzano subito alla conclusione che i loro contemporanei sono tutti alla ricerca di amicizie, legami, aggregazioni, comunità. In realtà, oggi l’attenzione tende a incentrarsi sulle soddisfazioni che le relazioni si spera arrechino proprio perché per qualche verso non sono state ritenute pienamente e realmente soddisfacenti.

Nella società liquido-moderna, dunque, anche le relazioni sono deboli, per cui si cerca di averne a non finire, in modo da poter trovare qua e là comprensione o simpatia, qualcosa che ci soddisfi. Il fatto è – come ricorda Benedetto XVI nell’enciclica Deus caritas est – che non funziona così. Piuttosto il contrario. Più le relazioni diventano facili a rompersi, a usa e getta, meno c’è motivazione a combattere le difficoltà che lo stare assieme comporta di volta in volta. La fluidità dei rapporti è il paradosso della postmodernità liquida. Tuttavia, più si evitano impegni stabili e duraturi per timore di esserne poi vincolati, più si avverte la necessità di relazioni solide e amicizie durature. Però siamo incapaci di fare il passo. Di fronte al «per sempre» ci troviamo impauriti. Solo che, senza un impegno esclusivo e nel tempo, i nostri legami sono fragili. Questo crea uno stato di ansietà permanente in cui è sprofondato l’uomo d’oggi. Se non si cambia rotta, il nostro futuro sarà oscuro e gravido di conseguenze.

  Con il suo timbro inconfondibile, l’acuta analisi sociologica di Bauman apre una nuova finestra sull’oggi per scandagliare minacce e opportunità. Ma quando pensa a relazioni autentiche, all’amore vero con la A maiuscola, volge lo sguardo a lei, Janina, la moglie che da sessant’anni gli è al fianco. In questa società liquida, che per definizione evita legami duraturi ed esclusivi e totalità dell’amore, testimonia Bauman: «Io e Janina sappiamo che stare insieme significa anche sacrificio e accettazione dell’altro, pure quando è faticoso. Ma per noi lo stare insieme, il volerci bene e l’essere uniti "finché morte non ci separi" è una prospettiva molto più bella, che l’essere separati e vivere la libertà dello stare da soli».

Amiche lettrici e cari lettori, il discorso appena abbozzato viene ripreso nel Dossier a più voci, volte a orientare alla ricerca di come educarsi alle relazioni durature, perché la persona - e quindi la religiosa - incapace di relazioni manca di qualche cosa di essenziale che compromette l’intera personalità e l’efficacia della missione. Ricuperare «la grazia delle relazioni» (A. Cencini), indicando obiettivi e il percorso per raggiungerli è, dunque, l’intento del Dossier del presente numero di Consacrazione e Servizio. Qui basta richiamare Bruno Secondin, che introduce l’argomento con le seguenti parole: «La Sacra Scrittura è ricca di storie di conflitti, di contrasti aspri, di divisioni. Gli esempi potrebbero essere infiniti: a cominciare dalla “paura” di Adamo dopo la disobbedienza nel Paradiso terrestre (Gn 3,10), con la conseguente “inimicizia” tra la stirpe di Eva e la stirpe del serpente (Gn 3,15 ), e passando per l’invidia rabbiosa di Caino di fronte al fratello Abele (Gn 4,1-8). E poi via via scorrendo la storia sacra si può dire che quasi non v’è pagina che non mostri la fatica di andare d’accordo, il moltiplicarsi di riconciliazioni e di rotture, di alleanze e di tradimenti, di banchetti di pace e di violenze barbare».

Seguendo l’itinerario della rivista, anche questo numero si apre con una breve meditazione biblica di Diana Papa, delle Povere sorelle di S. Chiara, tutta incentrata sulla vita di fede. Molto suggestivo il profilo spirituale che mons. Francesco Lambiasi, vescovo di Rimini, traccia di Rita Dametto, una salesiana impegnata e sorridente. La rubrica Orizzonti presenta tre contributi quanto mai significativi. Suor Luciagnese Cedrone, membro del consiglio di redazione, delinea la figura di don Andrea Santoro quale profeta di dialogo. Alfonso Langella, membro del consiglio dell’Associazione mariologica interdisciplinare italiana, relaziona sul recente convegno dell’Associazione sul tema: «Maria, donna in relazione». Michela Marinello, delle Serve di Maria Riparatrici, laureanda presso il Centro Studi Ecumenici «S. Bernardino» di Venezia, ci informa sull’Assemblea Ecumenica Europea svoltasi a Sibiu in Romania. La scheda di suor Teresa Braccio, delle Figlie di San Paolo, sul film: «Centochiodi» conclude i contributi di questo numero. Ci attende quindi la lettura di un fascicolo ricco di contenuti e di provocazioni. Buona lettura!

Maria Marcellina Pedico
delle Serve di Maria Riparatrici