Questa celebrazione eucaristica, nel contesto dei vostri
lavori tematizzati su «La vita religiosa risorsa ecclesiale per il bene
comune», rinnova per noi il duplice dono di Gesù ai discepoli di Emmaus:
«lo riconobbero allo spezzare il pane» (Lc 24,35) e «aprì loro la mente
all’intelligenza delle Scritture» (Lc 24,45).
La nostra intelligenza
e fede sono costantemente sollecitate a fare propria la testimonianza
dei due discepoli nel riconoscere il Signore: «il pane della Parola e il
pane dell’Eucaristia, sono lo stesso pane, Gesù Cristo» (cf CEI,
Evangelizzazione
e testimonianza della carità, 2).
Riconoscere il Signore
– e far conoscere la sua opera – è anche l’atteggiamento di Pietro
richiamato dalla prima lettura ascoltata (At 11,3-26). Pietro,
consapevole che «tutto il popolo è fuori di sé per lo stupore», di
fronte allo storpio guarito e saltellante, non esita un istante a
confermare la sua fede in Gesù di Nazaret e a orientare la fede della
gente sul «servo Gesù». «Perché - dice - continuate a fissarci come se
per nostro potere e nostra pietà avessimo fatto camminare quest’uomo? Il
Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha
glorificato il suo servo Gesù», che è stato costituito Signore e Cristo.
Per la verità le
stesse parole che Pietro rivolge alla folla, sorpresa e stupita per la
guarigione dello storpio, sono una coscienza che deve rimanere costante
nella nostra vita di discepoli del Signore e nella Chiesa chiamata essa
stessa permanentemente al discepolato del suo «Maestro e Signore» (Gv
13,13): «Dio dopo aver risuscitato il suo servo, l’ha mandato prima di
tutto a voi per portarvi la benedizione» (At 3,26).
Resta in noi, come nei
due discepoli, la fatica del cammino quotidiano e la paura della morte e
delle morti che segnano la nostra vita. Anche a noi, malgrado che Gesù
in persona ripetutamente si sia accostato e abbia camminato con noi (cf
Lc 24,15), di fronte agli imprevisti quotidiani che toccano la nostra
vita personale, alle reali situazioni di invecchiamento e di contrazione
numerica dei nostri Istituti, ai rapidi cambiamenti culturali che ci
stan-no investendo e così via, siamo stupiti e spaventati come di fronte
ad un «fantasma» (Lc. 24,37).
Gesù non manca di
venirci incontro, rincuorandoci con un dolce e amorevole rimprovero.
«Perché siete turbati e perché sorgono dubbi nel vostro cuore?» (Lc.
24,38). Ma soprattutto chiedendoci «qualche cosa da mangiare» (Lc
24,41), di fatto desidera sedersi a mensa con noi, alla sua mensa, dove
ci rende di volta in volta ancora più discepoli: «Di questo voi siete
testimoni» (Lc 24,48). Basta solo rimettere in moto l’amore e la gioia:
«e così possano giungere i tempi della consolazione da parte del
Signore» (At 3,20).
Donne gioiose e umili
Cosa è chiesto alle
religiose oggi dal mandato evangelico di Gesù: «Di questo voi siete
testimoni», perché la vita religiosa sia davvero risorsa ecclesiale per
il bene comune? L’umanità ha bisogno di religiose: il segno profetico di
volti femminili che dicano l’amore di Dio. L’urgenza oggi è di
risvegliare – o di accendere – la fede. Ora il nostro tempo per credere
ha bisogno, più che mai di ‘volti’: religiose che diano visibilità al
vangelo, facciano vedere Cristo.
Per incontrare Gesù i
nostri contemporanei hanno bisogno di vedere volti gioiosi e umili: di
religiose abitate dalla gioia del Vangelo e dall’umiltà di Cristo.
La vera gioia del
discepolo di fatto evangelizza! La cosa più importante non è quello che
le religiose fanno, organizzano, intraprendono, ma quello che sono: ciò
che conta è la vostra offerta, in semplicità di vita e gioia, a Cristo.
Se Cristo è il Signore della nostra vita, e se Egli è il Signore della
vita delle comunità, la vita religiosa sarà fermento profetico nella
gioia e nell’umiltà.
Donne che credono alla vocazione alla santità
Mi sembra che ci sia
oggi, nelle comunità religiose, un’urgenza: credere alla chiamata alla
santità. Si deve credere alla vocazione alla santità nella propria e per
la propria comunità, nella e per la propria vocazione personale,
attingendo alla fede, attingendo alla grazia di Cristo. È urgente
credere nella vostra vocazione alla santità. come donne di preghiera
anzitutto!
Stiamo attenti a non
lasciare che si diffonda nelle nostre comunità un vento sottile di poca
speranza, che può tradursi in una espressione, se non esternata,
coltivata nel cuore «Ormai…!»; o che si diffonda un certo spirito di
abitudinarietà o di negligenza.
Questi atteggiamenti
lentamente rovinano le anime e la comunità.
Il nostro tempo è un
momento di grazia e un momento opportuno per scegliere di credere di
nuovo alla santità, per guardare la propria vocazione come un cammino di
santità.
Ai Superiori, in
particolare, non è chiesto in primo luogo di gestire un patrimonio, o di
organizzare la vita dell’Istituto, ma di condurre le comunità su questo
cammino, e di coltivare, se necessario recuperare, “la santa ambizione
alla santità” (Giovanni Paolo II).
Donne fedeli al Vangelo
Abbiate il coraggio
del Vangelo: non lasciatevi cioè sedurre dallo spirito del mondo. Dalla
nostra fedeltà dipende la fedeltà di tanti e Dio ce ne chiederà conto!
Non lasciate che lo
spirito del mondo si introduca nelle vostre comunità.
Siate libere nei
confronti del mondo! In altre parole, siate profeti! Altrimenti la vita
religiosa sarà vana e sterile.
C’è un legame
particolare tra vita consacrata e profezia.
A voi spetta un
servizio profetico a beneficio di tutta la Chiesa. Siate profeti con la
vostra vita. Dio ha bisogno della vostra disponibilità personale e
comunitaria al suo Spirito, per indirizzare alla Chiesa e al mondo di
oggi la sua Parola.
Siate profeti nella
verginità:
è un grande dono di Dio. I giovani aspettano la vostra testimonianza
per credere nell’amore. La vostra verginità vissuta per amore di Gesù è
profetica oggi più che mai. È l’espressione di una libertà adulta e di
un grande amore.
Siate profeti nella
povertà: scegliete e testimoniate la sobrietà come ‘stile di vita’. Liberatevi
del superfluo, di ogni lusso e di ciò che ingombra le vostre comunità e
la vostra vita. Mostrerete che Gesù è per voi una vera ricchezza.
Siate profeti
nell’obbedienza:
un’obbedienza, fondata sull’esempio e sulla grazia di Gesù. Non
lasciate che l’individualismo invada le vostre comunità: la comunione
vissuta come vita fraterna, costi quel che costi, è il “carisma dei
carismi” della vita consacrata!
Mons. Italo Castellani
Arcivescovo di Lucca
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