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È
sempre significativo richiamare alla mente la scena dolcissima, traboccante di
amore e di tenerezza, che l’evangelista Marco pone all’inizio dei racconti della
Passione di Gesù.
Scrive Marco: «Gesù si
trovava a Betània nella casa di Simone il lebbroso. Mentre stava a mensa, giunse
una donna con un vasetto di alabastro, pieno di olio profumato di nardo genuino
di gran valore; ruppe il vasetto di alabastro e versò l'unguento sul suo capo.
Ci furono alcuni che si sdegnarono fra di loro: “Perché tutto questo spreco di
olio profumato? Si poteva benissimo vendere quest'olio a più di trecentodenari e
darli ai poveri!”. Ed erano infuriati contro di lei. Allora Gesù disse:
“Lasciatela stare; perché le date fastidio? Ella ha compiuto verso di me
un'opera buona; i poveri infatti li avete sempre con voi e potete beneficarli
quando volete, me invece non mi avete sempre. Essa ha fatto ciò che era in suo
potere, ungendo in anticipo il mio corpo per la sepoltura. In verità vi dico che
dovunque, in tutto il mondo, sarà annunziato il vangelo, si racconterà pure in
suo ricordo ciò che ella ha fatto”» (Mc 14,3-9).
Al dire degli esegeti, la
donna di cui si parla nel brano non è quella Maria, sorella di Marta e Lazzaro,
che, in un episodio simile, raccontato dall’evangelista Giovanni, unge i piedi
di Gesù; e non è nemmeno quella donna peccatrice, identificata con Maria
Maddalena, che, secondo il vangelo di Luca, versa lacrime sui piedi di Gesù, li
asciuga con i suoi capelli e li cosparge di olio profumato. La donna ricordata
da Marco non
ha nome, né
appellativi particolari: è semplicemente una donna. Viene a dire il suo sì
all’Amore. Senza dire parole, esprime uno smisurato amore, fatto di tenerezza e
di vicinanza: è il cuore che parla e che vive. In un contesto tutto maschile,
ella compie un gesto colmo di un’attenzione infinita «versò l’unguento sul suo
capo», sottolinea Marco. Un gesto incompreso e disapprovato da tutti.Gesù invece
lo capisce e cerca di far capire ai suoi discepoli, e oggi a noi, la profezia
contenuta in quel gesto. «L’olio profumato di nardo genuino di gran valore» è
simbolo di amore, di oblazione, di gratuità. Questa donna porta dentro di sé un
amore forte come l’essenza di una pianta orientale, rara e preziosa, che esala
un profumo che tutto raggiunge. Un amore che può solo effondersi, solo donarsi
all’Amato.
Mossa dal suo intuito e
dalla sua fede, ella compie un gesto di omaggio, che diventa profetico per
tutti. Ungendo il capo di Gesù con olio profumato lo riconosce apertamente come
il “consacrato” e spargendo l’unguento con assoluta sovrabbondanza lo indica
come Messia atteso, sul quale lo Spirito di Dio scende in pienezza; mandando in
frantumi, poi, il vasetto con determinazione per far fluire in tutta fretta il
profumo, sottolinea l’urgenza del momento: il Messia è qui, siamo ancora in
tempo per riconoscerlo. La donna, con quel gesto, rivela a tutti l’identità del
Re-Messia che il popolo attendeva da tempo e ancora stentava a riconoscere. Ai
presenti, chiusi nella loro particolare visuale, Gesù apre la mente, facendoli
attenti alla diversa sensibilità femminile. Questa donna non ha fatto un gesto
sconsiderato, ma ciò che ha ritenuto più opportuno in base alla sua valutazione
degli avvenimenti.
Ella si è distinta per quel
particolare intuito femminile, che già aveva contraddistinto Maria di Nazaret
alle nozze di Cana, nell’avvertire la drammaticità del momento e soprattutto nel
riconoscere il Messia, prima ancora che si manifestasse. Sembrerebbe un dono del
tutto femminile questa capacità di cogliere la singolarità del momento e la
profonda verità delle cose. Il card. Martini parla a questo proposito di
«sguardo contemplativo» e lo indica come un carisma tipico della donna: è il
dono della sintesi, dello sguardo d’insieme, della capacità di vedere il punto
focale della situazione con l’intelligenza del cuore, più che attraverso
l’analisi razionale e puntuale di ogni singolo elemento. Ma le parole del
Maestro non solo rivelano ai presenti il prezioso contributo della donna
nell’interpretare e vivere il momento presente,ma anche il valore profetico che
ha ogni gesto umano, sia dell’uomo che della donna. Il gesto di costei, che ha
espresso un modo femminile di accostarsi alla realtà, nel suo compiersi acquista
anche una potenzialità ulteriore: la capacità di essere «profezia» di Dio.
Senza saperlo, questa donna
ha fatto quello che le altre donne più tardi non riusciranno a fare: con la sua
azione silenziosa diventa profezia della risurrezione di Gesù. Ma ogni profezia
ha il suo frutto per chi ne è portavoce.A lei,che ha lasciato intravedere per
Gesù una vita oltre la morte, il Maestro offre una primizia della sua stessa
risurrezione, preannunciando di lei un ricordo perenne nelVangelo pasquale. E il
suo ricordo, che ancora non si è perso pur nello scorrere dei secoli, quasi come
la fragranza del profumo da lei versato, rimane vivo per suggerire a tutti noi
di fare quanto è in nostro potere, lasciando esprimere la profezia di Dio che
ciascuno, uomo o donna che sia, tiene nascosta nel suo io più profondo.
Giovanni Paolo II
nell’esortazione apostolica
Vita consecrata
(25 marzo 1996) fa
riferimento alla scena dell’unzione di Betania e vi vede il sim-bolo e il segno
della «sovrabbondanza della gratuità» che risplende nella vita consacrata.Vale
la pena rileggere per intero il n.104 del testo del Papa: «Non sono pochi coloro
che oggi si interrogano perplessi:Perché la vita consacrata? Perché abbracciare
questo genere di vita, dal momento che vi sono tante urgenze, nell'ambito della
carità e della stessa evangelizzazione, a cui si può rispondere anche senza
assumersi gli impegni peculiari della vita consacrata? Non è forse, la vita
consacrata, una sorta di “spreco” di energie umane utilizzabili secondo un
criterio di efficienza per un bene più grande a vantaggio dell'umanità e della
Chiesa? Queste domande sono più frequenti nel nostro tempo, perché stimolate da
una cultura utilitaristica e tecnocratica, che tende a valutare l'importanza
delle cose e delle stesse persone in rapporto alla loro immediata
“funzionalità”. Ma interrogativi simili sono esistiti sempre, come dimostra
eloquentemente l'episodio evangelico dell'unzione di Betania: “Maria, presa una
libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù
e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo
dell'unguento” (Gv 12,3)».
«A Giuda che, prendendo a
pretesto il bisogno dei poveri, si lamentava per tanto spreco, Gesù
rispose:“Lasciala fare!” (Gv 12, 7). È questa la risposta sempre valida alla
domanda che tanti, anche in buona fede, si pongono circa l'attualità della vita
consacrata: non si potrebbe investire la propria esistenza in modo più
efficiente e razionale per il miglioramento della società? Ecco la risposta di
Gesù: “Lasciala fare!”. A chi è concesso il dono inestimabile di seguire più da
vicino il Signore Gesù appare ovvio che Egli possa e debba essere amato con
cuore indiviso, che a Lui si possa dedicare tutta la vita e non solo alcuni
gesti o alcuni momenti o alcune attività. L'unguento prezioso versato come puro
atto di amore, e perciò al di là di ogni considerazione “utilitaristica”, è
segno di una sovrabbondanza di gratuità, quale si esprime in una vita spesa per
amare e servire il Signore, per dedicarsi alla sua persona e al suo Corpo
mistico.
È proprio da questa vita
“versata” senza risparmio che si diffonde un profumo che riempie tutta la casa.
La casa di Dio, la Chiesa, è, oggi non meno di ieri, adornata e impreziosita
dalla presenza della vita consacrata. Quello che agli occhi degli uomini può
apparire come uno spreco, per la persona avvinta nel segreto del cuore dalla
bellezza e dalla bontà del Signore è un'ovvia risposta d'amore, è esultante
gratitudine per essere stata ammessa in modo tutto speciale alla conoscenza del
Figlio ed alla condivisione della sua divina missione nel mondo. Se un figlio di
Dio conoscesse e gustasse l'amore divino, Dio increato, Dio incarnato, Dio
passionato, che è il sommo bene, gli si darebbe tutto, si sottrarrebbe non solo
alle altre creature, ma perfino a se stesso e con tutto se stesso amerebbe
questo Dio
d'amore fino a trasformarsi tutto nel Dio-uomo, che è il sommo Amato» (Vita
consecrata 104).
Amiche lettrici e cari
lettori sono passati appena tre mesi dallo svolgimento dei lavori della 55a
Assemblea Nazionale delle Superiore generali e provinciali, riunite a Roma
presso la Pontificia Università Urbaniana dal 26 al 28 marzo 2008, per
riflettere, pregare e confrontarsi su un tema di viva attualità: «La vita
religiosa risorsa ecclesiale per il bene comune».
Un confronto quanto mai
necessario per intravedere e rispondere alle attese non solo della Chiesa, ma
soprattutto delle donne e degli uomini del nostro tempo sempre in ricerca di
segni di speranza. Con soddisfazione e gioia il consiglio di redazione di
Consacrazione e Servizio
si fa portavoce
dell’arricchente esperienza di quei giorni, mettendo a disposizione delle
Superiore Maggiori, delle religiose che non vi hanno partecipato e dei numerosi
lettori della rivista, tutti i contributi dei qualificati relatori e relatrici.
Attraverso l’apporto delle varie voci viene messo a fuoco perché e in che modo
la vita religiosa è risorsa ecclesiale per il bene comune.
Questo fascicolo doppio
di Consacrazione e
Servizio,
relativo ai mesi luglio-agosto, oltre a raccogliere gli Atti dell’Assemblea,
promossa dalla Presidenza dell’USMI, conserva pure le altre rubriche: «Vicino a
te è la Parola» (Cristina Caracciolo), «Sapienza dei Padri» (Mario Maritano). Di
particolare interesse si presenta la rubrica «Orizzonti» dove sono raccolti i
contributi sulla figura di Chiara Lubich (Alba Sgariglia), sul sussidio musicale
nato in un ascolto orante della Parola (Bruno Secondin), sul convegno dedicato
alla Parola di Dio, quale contributo al prossimo sinodo dei vescovi (Giorgio
Zevini).
Il periodo estivo è
un’occasione in più per riflettere sui temi qui presentati, che riguardano
direttamente la nostra vita consacrata.
Maria Marcellina Pedico
Serve di Maria Riparatrici
Via Monte Velino, 30 - 00141 ROMA
m.pedico@smr.it
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