n. 6
giugno 2009

 

Altri articoli disponibili

English

 

Miti e fantasmi dei giovani

di DOMENICO SIGALINI

 

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

Parlare di miti e fantasmi dei giovani potrebbe significare solo e soprattutto cose effimere, vite spensierate, sogni senza prospettiva, mondo dei balocchi che attendono di evaporare per lasciare spazio finalmente alla dura realtà che uccide sogni e futuro, slanci e tensioni. “Tieni i piedi per terra. Quando è che imparerai a difenderti, a fare i tuoi interessi, a lasciare le tue fantasie e a metterti a posto”. Fare soldi, mettersi a posto come unica prospettiva di una vita che fa fatica a stare nelle sbarre impossibili di un mondo senza ideali.

 Invece intendo descrivere le costanti della loro vita pur legate a sogni e desideri e i fantasmi che purtroppo sono i possibili incantesimi che la pressione de gli adulti mette in campo per  non assumersi responsabilità vere per il loro futuro.

 

Tra privilegi e domande

Tra i giovani è alta la consapevolezza di essere privilegiati nella vita. Rasenta quasi uno stato di superiorità nei confronti delle generazioni più adulte, anche giovanili. È una sorta di diritto acquisito e non messo mai in discussione. Nessuno mi deve dire niente. La vita è mia. Ho su di essa il mio diritto assoluto. Mi aspetto di essere rispettato e lasciato in pace.

Ma da questo modo di vivere si deve ogni tanto uscire, sballare, perché così come è la vita non è soddisfacente, è esperienza normale. Lo sballo però ti porta una serie di conseguenze negative: le lagne dei genitori, il restare intronati per molto tempo, il perdere qualità espressive, il ritorno deludente alla normalità… ma ne valeva la pena! Sacrifico la tranquillità a un buco da cui vedere un altro orizzonte, anche se è falso. Ho bisogno di novità, di rompere la routine, di dire che ci sono a modo mio, di cercare dove sta il gusto della vita.

Un’altra grande necessità è di poter stare in compagnia, che ancora non è amicizia, ma è dire, parlare, sparare idiozie, sentirsi, vedersi, oltre ogni momento virtuale che pure aiuta in questa direzione. Contenti di stare gratis a viversi. Con tutti gli strumenti che condiscono lo stare assieme, la sigaretta, lo spinello, il cellulare con qualche foto non troppo castigata, le sonerie e la raccolta di mpeg o l’ipod.

Le domande di senso hanno sempre un sopravvento indiscusso.

Essere giovani è sentire che nel pieno dello star bene ti assale un voglia di oltre, di completezza, di pienezza che non riesci a sperimentare. Hai un cuore che si allarga sempre più, le esperienze fatte non sono capaci di colmarlo.

Essere giovani è sentirsi dentro un desiderio di altro cui non riesci a dare un volto, anche il ragazzo più bello che sognavi, ti comincia a deludere e la ragazza del cuore ti accorgi che ti sta usando.

Essere giovani è alzarti un giorno e domandarti, ma dove sto andando, che faccio della mia vita, chi mi può riempire il cuore? Posso realizzare questi quattro sogni che ho dentro? Che futuro ho davanti?

Essere giovani è avere una sete che non ti passa con la birra; aver rotto tutti i tabù di ogni tipo: spinello, coca, ragazzo, ma sentire ancora un vuoto.

Chi li aiuta a rispondere a queste e altre infinite domande?

Nell’affrontare la vita si è sempre soli; già nell’età della preadolescenza sei lasciato solo con un bagaglio di informazioni che non vengono interiorizzate e valutate sotto un aspetto etico; c’è consumo di esperienze senza guida. Ognuno si deve fare un giudizio da solo, senza riferimenti e senza poter inquadrare le informazioni in una sequenza vitale di rapporti e di confronti.

Oggi i giovani hanno molta disponibilità ad ascoltare la verità, un rifiuto assoluto di qualsiasi imposizione ideologica, sono sempre in attesa di qualche novità, godono di grande libertà di movimento, che spesso usano come fuga dalla realtà…

 

Fantasmi di precarietà

Chiamo fantasmi dei giovani le precarietà, come cifra interpretativa di una lunga stagione della vita giovanile, che si condensa maggiormente nel lavoro e in tutti gli elementi di stabilità di cui ha bisogno un giovane: la vita affettiva e la prospettiva di una famiglia; l’esperienza di fede e di condivisione della speranza.

 

Precarietà nel lavoro

Se c’è un’esperienza che a poco a poco sta coinvolgendo tutti i giovani del terzo millennio essa è fatta di precariato, flessibilità, certezza di non avere un posto di lavoro fisso, soprattutto se è il primo, duttilità. Il lavoro non è più una tappa finale irreversibile, ma ha alcune caratteristiche tipiche: eterogeneo, diseguale, parziale, una esperienza intermittente. Diffusione di periodi di lavoro brevi, orario limitato, lavoro occasionale. È pur vero che i giovani in questo modo hanno smesso di stare ad aspettare gli adulti che lottavano per tenersi il posto loro1 e hanno trasformato la disoccupazione in precarietà, ma resta il fatto che devi per un bel po’ di anni continuare a cambiare, sperando che i cambiamenti prima o poi ti diano quel che promettono. Ti fai sicuramente una buona esperienza nel creare il curriculum e nel fare colloqui per l’assunzione.

Precarietà è ricerca, è mettere a prova le proprie qualità e la capacità di adattamento; precarietà è cambiare ambienti e poter fare utili confronti; precarietà è farsi un’esperienza di rapporti con varie persone, con il datore di lavoro, con i compagni di lavoro che cambiano continuamente; precarietà è dare corpo a progetti e non pagare eccessivamente se risultano sbagliati o deboli: si può ricominciare di nuovo in altri contesti e con altre condizioni; precarietà è star sospesi nella vita e continuamente rimandare le decisioni che si fa fatica a prendere.

Precarietà però è anche sentirsi di nessuno, essere usato con finanziamenti promozionali per una migliore qualificazione e non vederne nemmeno l’ombra. Precarietà è anche non riuscire a mettere radici, è non poter avere uno stipendio fisso e quindi il mutuo per affrontare le spese necessarie se vuoi mettere su casa. Precarietà è essersi preparati e qualificati a fare qualcosa di bello che ti piace e adattarsi per troppo tempo a vivere di rimedi.

Per molti è crisi nera. È continuare a rimandare le scelte fondamentali della vita o per lo meno avere una copertura ufficiale per camuffare l’incapacità di scegliere la propria strada. Chi ha puntato su una identità da immagine si sente frustrato, perché non sempre le immagini che gli vengono appiccicate gli vanno bene. Se vivi un rapporto di coppia i problemi sono moltiplicati per due e sicuramente non sono risolti contemporaneamente.

 

Precarietà nei sentimenti

Ieri si decideva a diciott’anni. È finita l’età della stupidera, è ora di mettere la testa a posto. Se non vuoi lavorare va all’università e decidi da che parte stare, se vuoi lavorare sappi che sarai sempre come hai cominciato. Non fare come me, cercati un futuro più arioso. Hai una ragazza? Mettiti a posto intanto che ti possiamo dare una mano anche noi. Hai il ragazzo? Tienitelo stretto, altrimenti farai la “zia”. E si andava a studiare decisi: ingegnere, medico, avvocato, insegnante, ricercatore… oppure ci si fermava in un buon lavoro e cominciavano ad arrivare soldi e soddisfazioni. Ci si poteva anche sposare. Una fatica boia a trovare la casa, ma prima o poi si riusciva. Oggi a diciott’anni non decidi un bel

niente e se per caso ti sei buttato su una strada con un po’ di ingenuità, a 25 anni rimetti tutto in discussione, affetti compresi, ragazzo o ragazza compresi. Hai davanti anche tu qualche amico che s’è sposato, ma ha già abbandonato. E’ già ritornato a fare l’amico nella tua banda. E’ mancato solo un anno, forse due e te lo trovi a cercare di dimenticare, a fingere di poter fare lo scemo, ma non ci riesce più. Debolezza! Chi me lo fa fare di definire i miei sentimenti. Chissà che cosa mi nascerà in cuore nei prossimi anni, o chi mi potrà stregare nei molteplici ambienti in cui dovrò pellegrinare per trovare lavoro!?

 

Precarietà nella fede

C’è qualcuno che può dire senza ingannarmi: sarai felice se… La pienezza della gioia è… C’è qualcuno che mi può dire dove sta la pienezza della vita, che non mi dice che devo far tacere i sogni, ma che posso realizzarli?Quando un giovane cerca di notte la discoteca guarda i laser che tagliano il cielo, indicano la direzione di partenza ed è quella che a loro serve, ma a noi serve il punto di arrivo. E si perdono nel buio. C'è un laser che mi indica non solo la direzione giusta, ma l’obiettivo, lo scopo finale vero? Soprattutto esiste qualcuno che è la felicità, che mi toglie dall’attenzione alle cose, ma che mi riempie lui come persona di felicità perché è la felicità stessa?

Voglio avere vita piena, voglio una vita alla grande, non mi interessano le mezze misure, non mi adatto al galateo con cui mi state ingessando la vita. Vivo una vita sola e la voglio vivere al massimo. Non mi dire che bisogna tenere i piedi per terra, che devo cominciare a mettere la testa a posto, che è finito il tempo delle pazzie. Non voglio limiti, non m’interessa se è una vita spericolata o piena di guai, io voglio vivere una vita piena. È la ricerca di felicità come sete perenne di Dio e che trova nella fede una prospettiva sicura. Ma queste domande non riescono a giungere, ad affiorare, a trovare fiato per dirsi in chiesa alla messa delle 11, abitano le compagnie, la scuola, il lavoro, le notti, i pub, il territorio…

Eppure c’è una comunità che è fatta apposta per mettersi in ascolto di queste domande. C’è un popolo che è destinatario delle domande di felicità degli uomini e che possiede le sorgenti per appagare la sete. E’ una comunità povera, un popolo cocciuto e infedele, ma che per sentieri spesso tortuosi è sempre riuscito a non perdere la vera direzione della sorgente. E’ la Chiesa. Oggi questa comunità è sfidata ad annunciare il tesoro che possiede, a cambiare i fantasmi in realtà.

 

Domenico Sigalini
Vescovo di Palestrina
Piazza G. Pantanelli, 8
 00036 Palestrina (Roma)

 

 

Torna indietro