Siamo
tutti convinti che non vi è pace senza giustizia e che non vi è
riconciliazione senza pace e senza giustizia. Riflettiamo perciò insieme
sul tema: «Dare voce alle ingiustizie». Parlare delle ingiustizie in
Africa ed essere esaustiva sull’argomento è un sogno, perché l’Africa
non è un paese, l’Africa è un continente. Noi abitanti dell’Africa siamo
tanti popoli con diverse lingue e culture ed io, benché il mio paese, la
Repubblica Democratica del Congo, sia molto grande e situato nel cuore
dell’Africa, appartengo ad esso e non a tutto il Continente.
Se la giustizia è
una virtù morale che risiede nella conoscenza, nel rispetto dei diritti,
della dignità umana e del merito altrui; o ancora, se la giustizia è
l’equità tra i membri nella società, l’ingiustizia è il suo contrario.
Là dove mancano questi valori, l’ingiustizia costruisce il proprio
domicilio.
Dio è stanco delle nostre ingiustizie.
E noi?
Dio è stanco della
nostra ingiustizia, grida il profeta Abacuc: «Perché mi fai vedere
l'iniquità e resti spettatore dell’oppressione? Ho davanti a me rapina e
violenza e ci sono liti e si muovono contese» (Ab 1,3).
Dio non solo vieta
le ingiustizie, ma ne è stanco. Anche noi africani ne siamo stanchi.
Le ingiustizie
hanno un molteplice volto in Africa. Esse ci fanno mancare realmente la
pace.
Pensiamo a tutte
le guerre nel continente. Anche dove non ve ne sono vi è un’altra forma
di guerra latente, la cui manifestazione concreta è la povertà. Pensiamo
«alla sofferenza dei popoli africani, alla disumanizzazione e
all’oppressione che sussistono nel continente in cui siamo di fronte ad
un insieme di conflitti e problemi che costituiscono il nodo centrale
delle sfide all’evangelizzazione nell’Africa contemporanea » (Lineamenta
10).
Nonostante tutto
questo, l’Africa, ricca in umanità, è ancora in grado di offrire al
mondo la sua gioia, quella gioia radiosa che traspare sui volti dei suoi
figli e figlie, il suo calore umano nelle relazioni interpersonali, la
sua accoglienza: valori che superano il suo oro, rame, acqua, cobalto,
diamante, petrolio o ogni altra ricchezza. La sua terra tanto bramata è
sorgente di molteplici conflitti. Benedetto XVI nel giorno di apertura
del Sinodo (4 ottobre 2009) ha detto all’Angelus:
«L’Africa è una terra feconda di vita umana, ma questa vita è segnata
purtroppo da tante povertà e patisce talora pesanti ingiustizie. La
Chiesa è impegnata a superarle con la forza del Vangelo e la solidarietà
concreta di tante istituzioni ed iniziative di carità».
Vari problemi
affliggono il continente africano: la guerra e la circolazione delle
armi; lo sfruttamento e la gestione delle risorse naturali; i conflitti
fondiarie i problemi della terra; gli accordi di partenariato economico
tra i paesi ricchi e i paesi poveri; la nuova etica mondiale;
la pace, la
giustizia e la riconciliazione. Non potrò sviluppare a fondo ciascuno di
questi punti, ma voglio comunque comunicare quanto mi sta più a cuore.
La
guerra e la circolazione delle armi
La guerra e la
circolazione delle armi possono essere collocatesotto l’ingiustizia
socio-politica(cf
Instrumentum
laboris
56). Facilmente
certe minoranze etniche impugnano le armi e provocano guerre. Dubito che
l’africano solo possa accanirsi contro suo fratello che ha sempre
considerato tale! Oso crede re allora che una mano nera, che possiamo
definire «grandi potenze », utilizzi qualche testa ben istruita
approfittando dell’ignoranza della gente semplice, per perpetrare l’odio
degli uni contro gli altri, di generazione in generazione.
Le sommosse e le
espulsioni di popolazioni miste in uno stesso paese sono gravi problemi
di ingiustizia che restano spesso impuniti. Perché questa impunità?
«Sovente nelle istituzioni giudiziarie e in tutte quelle che lottano
contro la corruzione sono infiltrate forze politiche» (Instrumentum
laboris
56).
Un’altra
ingiustizia da non asciar passare sotto silenzio è la pena di morte. Su
53 paesi che conta l’Africa, 15 soltanto hanno abolito la pena di morte
e circa 38 ancora oggi la utilizza.
Va considerato
anche il trattamento inumano verso i prigionieri alloggiati spesso in
soprannumero nelle prigioni, i tempi e le attese lunghissime dei
processi, i prigionieri eterni senza documentazione, le espulsioni dei
rifugiati disprezzati nella loro dignità.
Pochi soldati sono
coscienti delle violazioni dei loro diritti da parte dello Stato. In
sostituzione il furto comincia a diventare una cosa normale nel loro
lavoro. Preferiscono terrorizzare i civili fino a ucciderli, piuttosto
che rivendicare i loro diritti presso la loro gerarchia. La gente molte
volte non reagisce alle violenze e alle ingiustizie a causa della paura.
Da qui l’urgenza di crescere nella capacità di reagire come popolo.
Da dove vengono
queste guerre? Perché tanta povertà in questo continente?
Lo
sfruttamento e la gestione delle risorse naturali
Quali contrasti
troviamo in Africa? Quale paradosso tra le risorse immense dell’Africa e
lo stato di miseria dei popoli impoveriti in Africa? (cf
Instrumentum
laboris
14). Se la
finalità della giustizia è il bene comune per tutti, le nostre guerre
avvengono attorno alle risorse naturali. Coloro che hanno delle armi
proteggono lo sfruttamento e creano delle condizioni che ci mantengono
in situazioni senza via d’uscita.
Le multinazionali
non cessano di impadronirsi gradualmente del continente alla ricerca di
risorse naturali, eliminando le compagnie locali; comprano milioni di
ettari espropriando le popolazioni delle loro terre, con la complicità
dei dirigenti africani. Sì, l’Africa è oggi più che mai dipendente dai
paesi ricchi,più vulnerabile di ogni altro continente alle loro manovre,
i quali donano con una mano e riprendono il doppio con l’altra. Questi
paesi mirano a tenere in pugno e gestire direttamente la vita politica,
economica, sociale e culturale dei paesi africani. Allora a noi tocca
promuovere gli Stati di diritto, aiutare il popolo a partecipare al
proprio benessere. Lo ha dichiarato anche il Presidente Obama nel suo
viaggio in Africa (Ghana, 12 luglio 2009): «Noi dobbiamo partire dal
principio che spetta agli Africani decidere dell’avvenire dell’Africa».
Sì, questo principio è la base, è il fondamento. Ma in sé, un principio
può rimanere teorico. Passare dai principi ai fatti è la speranza di
tutti noi.
Conflitti fondiari e problemi della terra
Quanti morti
innocenti e quanti spostamenti di popolazioni locali che chiedono solo
di vivere in pace nella loro terra, con i loro fratelli dei paesi
vicini: è il caso della Repubblica Democratica del Congo con il Rwanda,
Burundi, Uganda e altri. Privare qualcuno della propria terra è
un’ingiustizia. Oggi tanti conflitti sono causati dalla brama di
possedere la terra; dall’oggi al domani le famiglie si ritrovano senza
casa perché il terreno o un intero territorio sono stati venduti
abusivamente da qualcuno.
Una rivista
africana così riportava: «Per far fronte all’aumento delle loro
popolazioni, la Cina, la Corea del Sud e l’India, che mancano di terre e
di acqua, come pure paesi arabi finanziariamente potenti, stipulano
accordi con i governi africani per coltivare in Africa e poi, dopo il
raccolto, esportare i prodotti nei loro paesi». Quale Stato africano
sfuggirà a questa insidia?
Bravi saranno
coloro che riusciranno a venir fuori da questo circolo vizioso. Quanto a
noi della Repubblica Democratica del Congo, ormai siamo presi
nell’ingranaggio. Non possiamo più sfuggire alla rete dei cacciatori! Il
Kenya, il Mozambico, il Madagascar, il Senegal, il Mali e tanti altri
paesi africani sono pure nel mirino.
Un’Africa «spogliata» e «dimenticata»
Quale posto occupa
l’Africa nei media? È disgustoso vedere talvolta come le TV di altri
Paesi parlano di problemi dell’Africa. Nessuno però ha mai parlato dei
3,9 milioni di morti in questi ultimi sei anni nella Repubblica
Democratica del Congo, per non citare quelli dimenticati e che nessuno
conosce. La persona, creata a immagine di Dio, merita rispetto e
considerazione.
È proprio
necessario, in nome di una falsa pietà o per propagandare opere
caritative, esporre qua e là fotografie di capanne, di bambini mal
nutriti? È questa l’Africa o semplicemente una delle sue realtà? Gesù
non ha avuto pietà, ha avuto compassione!
Spesso lo sguardo
verso i popoli africani è più di pietà che di compassione. Mentre il
pianeta intero è impegnato nel processo di
mondializzazione-globalizzazione, il continente africano è teatro di
ogni genere di crimine. La mondializzazione dell’economia accentua la
povertà in Africa.
Prendiamo ad
esempio alcuni casi tra i tanti.
Nella
commercializzazione delle produzioni agricole, i prodotti coltivati dai
contadini che faticano sotto il peso di un sole rovente, sono spesso
pagati a prezzi molto bassi. Il colmo è riscontrare che in certe regioni
i prezzi sono fissati dai compratori stessi. La conseguenza è
l’impoverimento delle popolazioni già svantaggiate.
Tagliare gli
alberi senza un successivo rimboschimento delle foreste, impoverisce i
paesi dove si esercita questo sfruttamento, e la gente rimane sempre più
povera. Coloro che costruiscono le strade lo fanno al solo scopo di
portare via i loro prodotti, ma la situazione locale rimane come prima
per non dire peggio.
Un eterno problema
in alcuni paesi africani sono le infrastrutture stradali! Certo, questo
non è il caso di tutti i paesi d’Africa, ma è comunque una grande
difficoltà.
I salari indecenti
o non pagati. Quanti lavoratori guadagnano l’equivalente di cento euro
come salario di base in Africa? Si potrebbero contare sulle dita.
Recentemente ho saputo che un infermiere pensionato, con più di 35 anni
di servizio, prendeva l’equivalente di 0,03 Euro alla fine del mese.
Cosa inaudita ma reale! Questa somma non può nemmeno coprire il costo di
un biglietto andata e ritorno in autobus.
Un altro problema
è quello della formazione. L’educazione dei giovani è spesso sacrificata
a causa della non retribuzione degli insegnanti e dei professori. È così
che il grado di alfabetizzazione in Africa è tra i più bassi del mondo,
anche se vi sono paesi che hanno progredito in questo senso. Inoltre
questa situazione procura la “fuga dei cervelli” in altri paesi dove
vengono valorizzati per la loro preparazione e competenza.
Lo sfruttamento
delle materie prime senza licenza. Le zone con miniere e giacimenti di
petrolio diventano dei focolai di guerre e conflitti. Nel nostro paese,
inoltre, molti bambini nascono con gravi malformazioni a causa delle
radiazioni provocate dalle materie inquinanti.
La salute delle
popolazioni a chi interessa? I capi degli Stati africani hanno come sola
preoccupazione quella di rimanere al potere.
Ingiustizie verso la donna
Rivolgendomi
particolarmente a delle donne quali noi siamo, devo dire con immenso
dolore che la donna, simbolo della vita in Africa, è fortemente colpita
nella sua dignità (cf Instrumentum
laboris
59). Le pratiche
dell’infibulazione delle bambine o delle adolescenti continuano ancora
in qualche paese dell’Africa. Il caso della prostituzione della donna
(spesso fonte di pandemie come il virus HIV).
Lo stupro di
ragazze e di donne. Stupro accentuato in tempi di guerra dove spesso è
utilizzato come arma di guerra.1 Queste
violenze causano danni e devastazioni fisiche e psicologiche. Inoltre,
la donna continua a essere assoggettata in tutti i paesi dell’Africa, e
sotto diverse forme, alle violenze domestiche.
Oggi nel mio
paese, per esempio, un buon numero di donne si dedica al commercio per
nutrire la famiglia a scapito dell’educazione dei bambini. La donna è
ancora dominata dall’uomo, nella famiglia, come pure nel mondo del
lavoro. La poligamia (o il fenomeno ‘secondo ufficio’) deturpa il volto
sacro del matrimonio e della famiglia.
La
giustizia in nome di Dio
In ambito
religioso, la Chiesa in Africa si trova di fronte ad una grande sfida. I
nuovi movimenti religiosi si sono moltiplicati in tutta l’Africa e sono
tutti presenti nel nome del “Vangelo”. Purtroppo, molte persone si
organizzano in gruppi fingendosi movimenti religiosi e, approfittando
dell’ignoranza e della miseria dei popoli africani, usano il nome della
Chiesa e del Vangelo solo per fare entrare armi e fare uscire risorse
naturali.
Invece, lodiamo
gli sforzi della Chiesa, dei tanti missionari e altre organizzazioni
nazionali o internazionali che cercano di fare uscire l’Africa da queste
situazioni. Per fare un esempio, l’anno scorso nel mio paese, l’Unione
Superiori Maggiori del Congo ha proposto alle congregazioni delle grandi
città di aiutare le altre congregazioni che vivono nella provincia
occupata dai ribelli. Questo impegno, che continua ancora oggi, è
finalizzato anche a realizzare centri di ascolto e di aiuto per quelle
donne traumatizzate dalle violenze sessuali. Esiste anche un movimento
nella Chiesa, “Donna cattolica”, che con l’aiuto della Chiesa e
soprattutto dell’Unione Superiori Maggiori del Congo organizza tante
manifestazioni per gridare il “no alla violenza sulle donne”.
Conclusione
Termino con un
breve racconto e qualche riflessione. Un giorno, durante il
telegiornale, abbiamo sentito la notizia della liberazione di un attore
famoso, era in prigione da un anno, perché accusato di aver violentato
una minorenne. Il giorno dopo è stata organizzata una grande
manifestazione di donne. Ricordo che sono andata anch’io con altre
sorelle per esprimere la nostra solidarietà. La manifestazione era stata
promossa dal gruppo del «Quadro Permanente della Concertazione della
donna Congolese» (CAFCO). Dopo due giorni ho saputo che il famoso attore
era stato riportato in prigione. Questo dimostra l’incisività
dell’azione della Chiesa; impegnarsi in nome di Cristo porta sempre
frutti buoni!
Ci sono tanti
altri esempi che confermano l’impegno della Chiesa. Certo, noi africani
dobbiamo costruire una mentalità nuova che ci permetterà di rispettare
la dignità della persona.
Nonostante tutte
le sofferenze, le guerre, le violenze fatte alle donne, le malattie, la
corruzione, la povertà, l’ingiustizia, il popolo africano spera sempre
in un futuro migliore e crede che un giorno la voce dei più deboli sarà
ascoltata. L’Africa sogna di avere al governo persone più umane e più
oneste che si impegnano a «rimettere l’uomo al centro», come esorta
Benedetto XVI nell’Enciclica
Caritas in
Veritate.
Ripeto anch’io con
il
Messaggio finale
del Sinodo:
«Africa, alzati!».
1
È il caso
di Paesi come: Burundi, Rwanda, Repubblica Centro-africana, Sudan, R.D.
Congo.
Marie Justine Mpaka Babeki
Linda Ndala Fuika
Figlie di San
Paolo
Via San Giovanni
Eudes, 25
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