n. 4
aprile 2012

 

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Danna vita comune alla vita fraterna


di MARIAMARCELLINA PEDICO

 

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Da molto tempo attendevo l’uscita di un volume come quello del domenicano Jean-Claude Lavigne, Perché abbiano la vita in abbondanza. La vita religiosa (Qiqajon 2011)», afferma Enzo Bianchi nella Prefazione al libro. «Da decenni ormai - sottolinea il priore di Bose - la vita religiosa conosce una situazione di smarrimento di motivazioni, di mancato riconoscimento del proprio carisma all'interno del corpo ecclesiale, di offuscamento della propria visibilità come testimonianza evangelica». Attraverso una rilettura della vita religiosa, «una via “formidabile”, più vicina alla lotta che a una vita facile», frutto di esperienza diretta, ma anche di profonda conoscenza delle fonti, di sguardo lucido sul presente e di audace speranza per il futuro, l’Autore del volume propone un nuovo approccio: lo specifico della vita religiosa risiede in un «distacco fecondo», una distanza (realizzata nella preghiera, nella conversione, nella vita comune e fraterna, nel servizio ecclesiale e nell'impegno solidale...) in vista dell'abbandono alla volontà di Dio e dell'attaccamento ad una comunità di celibi, capace di generare orizzonti di speranza per la Chiesa e per il mondo.

Dei sedici capitoli in cui si struttura il volume, il decimo capitolo svolge il tema che qui vogliamo riprendere a grandi linee, quale apporto al concerto di voci del Dossier dedicato proprio a «La vita fraterna». Il capitolo si apre con il titolo: «Un cammino verso la vita fraterna» già di per sé indicativo. Si intuisce infatti che la vita religiosa sostenuta dal Vangelo è un itinerario di conversione continua per diventare artefici di fraternità. La vita in comune, sia pure attraverso i suoi limiti, fa emergere diverse tappe possibili, ognuna delle quali ha una grande importanza e nessuna può essere sottovalutata. Con la guida dell’autore possiamo quindi percorrere le cinque tappe fondamentali proposte come aiuto nel cammino per diventare fratelli e sorelle in modo autentico.

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La prima tappa della non aggressione attiva, che fa della vita religiosa una scuola di pace, è indubbiamente un passo avanti rispetto alla violenza imperante nella nostra società o in noi, ed è inevitabile che alcuni facciano fatica a mettersi a questa scuola. La pace è lo shalom che Dio propone per bocca di Isaia, il cantore della pace (cf Is11,6-8); è un bene prezioso da difendere, un tesoro che porta a godere delle vere ricchezze, e ci immette in un vero e proprio “circolo virtuoso”. La pace è un’arte di vivere, nella quale non è più necessario essere armati, perché ci siamo liberati dalla paura, o almeno siamo in cammino verso questa meta.

La tappa del “vivere con” è quella che fa della vita religiosa una scuola dell’essere-insieme: abolisce la paura a vantaggio di una fiducia semplice e amabile. Prendere sul serio questa tappa significa lasciare spazio alla gioia, al riso, alla festa, al piacere dell’incontro. Il “vivere con” passa per quella molteplicità di piccoli servizi, doni, gesti gratuiti, cose da nulla, confidenze e momenti di tacita intesa che la vita comune richiede. Il “vivere con” ci ridà la forza di resistere nelle avversità, grazie all’amicizia da cui procede e che l’essere insieme consolida.

La terza tappa fa delle vita religiosa una scuola di apertura all’alterità. Questa tappa è più difficile delle precedenti e spesso le nostre comunità incontrano maggiori resistenze a realizzarla, perché a volte non sono altro che raggruppamenti di individui isolati, spesso brillanti, ma chiusi nel loro mondo. L’apertura all’alterità privilegia il dialogo, la condivisione delle esperienze, la circolazione della parola e un ascolto cordiale di ampio respiro, che evita i giudizi troppo segnati dalla propria cultura.

La quarta tappa è quella dell’ospitalità con tutto quello che implica a livello di relazioni reciproche e di dinamismo personale. L’ospitalità è una delle nostre grandi tradizioni, in particolare della vita monastica: essa mira a dispensare conforto e cure, a riconoscere l’altro in ciò che egli ha di unico e di universale nel contempo, preoccupandosi di lui e del suo bene. Anche in questa tappa non vi sono altre strade che quella di un’apertura al dialogo, un dialogo che permette di scoprire che l’altro, se è vero che non mi assomiglia, è comunque una chance per me e per l’istituzione. Si scopre così, al di là delle differenze, un’atmosfera familiare, un sentire comune e una comune ricerca di Dio che assume sfumature molteplici.

L’ultima tappa è quella della fraternità propriamente detta. È l’ideale che cerchiamo di vivere nelle nostre comunità, seguendo sia il modello delle prime comunità cristiane, sia quello dei discepoli attorno a Gesù. Questa ricerca ha come principale obiettivo di aiutare i credenti a essere il più possibile simili a Cristo. In questo senso la fraternità esprime la nuova economia introdotta dalla risurrezione, quella che ha spinto i cristiani a vivere da fratelli e ad abbandonare la logica del “ciascuno per sé” o della rivalità per entrare in un’amicizia fiduciosa. Il desiderio di costruire la fraternità fa allora della vita religiosa una scuola di comunione, edificata sulla condivisione delle nostre debolezze e delle nostre speranze, più che su affermazioni di principio e su punti di forza.

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In verità abbiamo bisogno di vivere la vita fraterna come luogo dove stabilire legami affettivi senza sentirci sopraffatti. Al riguardo sono necessari spazi interiori di silenzio e di pace: tempi prolungati nei quali ciascuno possa elaborare un’immagine chiara e realistica di se stesso. A quindici anni dal documento Vita Consecrata, scaturito dal sinodo dei vescovi del 1994, si avverte ancora la provocazione di alcuni suoi paragrafi dove si descrivono esigenze e caratteristiche di una vita fraterna «come segno di un dialogo sempre possibile e di una comunione capace di armonizzare le diversità», «in un mondo diviso e ingiusto» (VC 51).

Amiche lettrici e cari lettori, il fascicolo di Consacrazione e Servizio che avete tra le mani, il quarto del 2012, si apre con le consuete due rubriche. Nella prima: «Verso il 50° dell’Usmi», p. Giordano Cabra, quale testimone del cammino della vita consacrata e della sua evoluzione dal Concilio Vaticano II ad oggi, dà voce alla parola «Consigli evangelici». Nell’altra rubrica: «Per educare alla fede», la nostra collaboratrice Paola Bignardi dedica un’attenzione particolare a come educare all’incontro con Gesù. La rubrica: «Orizzonti» arricchisce il fascicolo con il contributo di Armando Matteo sul convegno internazionale promosso dal comitato per il progetto culturale della Cei sul tema: «Gesù, nostro contemporaneo», realizzato a Roma nei giorni 9-11 febbraio 2012.

Una parola particolare per il «Dossier». Sotto il titolo: «Amatevi come fratelli», tratto da 1Pietro 1,22, sono raccolti sei studi che aprono l’orizzonte su una tematica centrale della spiritualità contemporanea: «La vita fraterna». Si parte dal messaggio biblico del salmo 133, quale canto della fraternità (C. Caracciolo), per poi illustrare brevemente l’insegnamento della Chiesa sul suo valore (L. Rossi), far emergere la profezia più attesa oggi dalle persone consacrate (F. Lambiasi), motivare la vita fraterna come comunione di santi e peccatori (E. Citterio), presentare la comunità quale luogo di correzione fraterna e di perdono (F. Ciardi), proporre infine una sorta di grammatica della fraternità (C. Zanirato). Anche il presente Editoriale si pone sulla stessa prospettiva del Dossier.

La rubrica: «Ascoltare-Leggere» presenta dapprima i gioielli di poesia e di musica che sono le Antifone mariane (G. Osto), seguono: la presentazione del volume La gioia di Daniel Ange (a cura di M. Farina) e le segnalazioni di alcuni libri (M. M. Pedico).

Il dono profetico della fraternità può fermentare il mondo e condurlo verso una stagione nuova, come canta il frate-poeta David Maria Turoldo nella memoria dei Sette Santi Fondatori dei Servi di Maria:

Tanto l’amore li aveva intrecciati
    da esser segno del Cristo vivente:
    fraternità era il dono cercato,
    il solo dono che offrivano al mondo.

 

Maria Marcellina Pedico
Serve di Maria Riparatrici
Via Monte Velino, 30 - 00141 ROMA
m.pedico@smr.it