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Nella
Scrittura è costante l’invito al progresso spirituale (Ger 6,16; Sal 95,8; 2Cor
4,16; 2Pt3,18), come pure il rilievo dato ai molteplici segni e caratteristiche
della maturità spirituale. Definita dagli studiosi come il pieno sviluppo di
tutte le potenzialità della grazia, la maturità spirituale mira a tradurre
nell’esistenza redenta i sentimenti di Cristo (Col 3,2; Fil 2,5), vivendo come
Cristo uomo nuovo e primizia della creazione, soprattutto amando come lui ha
amato (Ef 5,1-2), anche noi amati da Dio, eletti e consacrati (Col 3,10-15). La
maturità spirituale persegue il raggiungimento dell’età perfetta di Cristo, la
sua perfezione celeste (Ef 4,13), camminando nel sentiero della verità e
dell’amore. Già nella fede essa ha il suo orientamento, il suo significato, la
sua spinta (Gv 6,29; Ef 3,17), ma si realizza essenzialmente nella carità. La
fede e la speranza teologali sono connesse con la carità, come immediata
preparazione ad essa. Il dominio della carità nella vita del credente diviene
perfetto con il loro esercizio. Accolte come germi di vita eterna, le tre virtù
sono destinate a crescere, a vitalizzare il cristiano, ad attuarne la
perfezione. San Paolo ne parla come di forze dinamiche, aventi un ruolo
determinante nella maturazione della vita cristiana (1Ts 1,3; 5,6-8).
Su questo
argomento desidero ispirarmi a quanto ha scritto padre Stefano De Fiores,
ritornato al Padre il 14 aprile scorso. Oltre ad essere un mariologo di fama
internazionale, denominato il cantore di Maria, p. Stefano è stato un maestro
dello spirito. Proprio nel suo volume
Maria nella
vita secondo lo Spirito
(Edizioni AMI, Roma 2003) – nell’ambito del II capitolo su: «Maria nella
spiritualità cristiana alla luce della parola di Dio» - presenta come l’apostolo
Paolo indica il passaggio da una condizione inferiore e rudimentale della vita
spirituale ad uno stadio superiore e più perfetto. L’apostolo si serve infatti
di una serie di metafore, paragoni o contrapposizioni, ispirate agli aspetti
evolutivi della vita umana e denotanti la condizione iniziale e quella ideale
cui tendere. Tra le metafore individuate da p. De Fiores inerenti all’argomento
della maturità spirituale ne presento tre.
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Bambini/adulti.
Una prima metafora usata da Paolo è quella dei bambini/adulti. Mentre i Vangeli
privilegiano i bambini facendoli assurgere a simboli degli autentici discepoli
per la loro disponibilità riguardo alle proposte divine (Mc 10,15; Mt 18,3-4;
19,14), le lettere apostoliche del Nuovo Testamento spingono più volte a
lasciare l’età infantile «per crescere verso la salvezza» (1Pt 2,2). L’apostolo
Paolo si pone nella prospettiva di chi vede essenzialmente nel bambino una
creatura in via di sviluppo, che non ha ancora raggiunto l’equilibrio, la
solidità e la pienezza di giudizio della persona adulta (1Cor 13,11-12; Ef
4,14). L’atteggiamento dei credenti di Corinto, che mostrano con la loro
condotta di non aver ancora capito ciò che è interiormente importante per la
quotidiana edificazione della loro vita cristiana, spinge infatti Paolo a
paragonarli a bambini, spiritualmente acerbi e razionalmente immaturi, che hanno
ancora bisogno di «latte», più che di cibo solido, per crescere nella fede (1Cor
3,2). Occorre guardarsi dal rimanere «fanciulli sballottati dalle onde e portati
qua e là da qualsiasi vento di dottrina» (Ef 4,14); al contrario è necessario
«crescere in ogni cosa verso di lui che è il capo, Gesù Cristo» (Ef 4,15). Il
cristiano non deve dunque restare nello stadio infantile caratterizzato da
incostanza e incapacità di approfondire la sapienza divina, ma è chiamato a
divenire adulto in Cristo, acquisendo maturità di discernimento e vita secondo
le esigenze dell’amore.
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Imperfetti/perfetti.
Una seconda metafora usata da Paolo è quella di imperfetti/perfetti. Secondo
l’apostolo «perfetto» è il cristiano in cui i germi di vita nuova ricevuti nel
battesimo si sono sviluppati ed hanno raggiunto quella pienezza che possedevano
solo in potenza e la cui personalità è in una costante apertura a ulteriori
approfondimenti. Il diventare cristiani significa allora diventare perfetti o
completi. Paolo può perciò dire che i Corinti sono «perfetti» o «maturi» (1Cor
2,6), perché lo Spirito di Dio ha rivelato loro la sua sapienza che «non è di
questo mondo» (1Cor 2,6.10). Persuaso che Dio vuole la salvezza di tutti, Paolo
desidera soltanto che «ogni persona» diventi matura in Cristo (Col 1,28) e il
suo ministero si pone al servizio di quest’unico scopo. Benché la salvezza
racchiuda in se stessa uno stato di perfezione, la nuova vita in Cristo deve
essere concretamente attuata, il cui scopo consiste per Paolo nella perfezione
su un piano sia individuale che collettivo. E anche la perfezione si manifesta a
due livelli: uno stato di perfezione relativa, che i cristiani cercano di
raggiungere in questa vita, e uno stato finale di perfezione assoluta e senza
peccato, raggiungibile solo nel mondo futuro. Circa il contenuto della
perfezione, l’invito di Gesù ad essere perfetti come il Padre celeste (Mt 5,48)
significa diventare misericordiosi come lui, mentre per Giacomo il cristiano è
perfetto quando non resta indietro in nessun punto (Gc 1,4), soprattutto non
sbagliando nel parlare (Gc 3,2) e praticando il comandamento dell’amore verso il
prossimo (Gc 1,25; 2,8). In questa stessa linea Paolo può indicare la perfezione
nell’amore vicendevole come «pienezza della Legge» (Rm 13,10).
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Carnali/spirituali.
Una terza metafora usata da Paolo è quella del binomio carnali/spirituali.
L’opposizione paolina tra carne e spirito (Gal 5,16-26) si riflette
nell’antitesi tra «esseri carnali» e «uomini spirituali» (1Cor 3,1), che indica
due categorie di persone: quelle che si fanno guidare dalla natura umana, debole
e solidale con il peccato (2Cor 1,12; Rm 6,19) e quelle che sono nella sfera
dell’azione dello Spirito Santo, inabitante come principio di dinamismo e di
santificazione (1Cor 6,19; Gal 5,18). In particolare, l’uomo è carnale o
naturale quando vive una vita limitata ad un orizzonte puramente terrestre che
lo rende incapace di accogliere i misteri di Dio. L’uomo spirituale invece è in
grado di dare una corretta valutazione degli eventi e di ogni realtà perché
illuminato dallo Spirito (1Cor 2,13-15). Quantunque la crescita spirituale
riguardi il campo della conoscenza di Dio (Col 1,10), della fede (2Ts 1,3; 2Cor
10,15), della giustizia (2Cor 9,10) e dell’amore (1Cor 14,1; Fil 1,9), il
cristiano in conformità al piano divino deve tendere a riprodurre in se stesso
l’immagine di Cristo mediante una progressiva partecipazione alla vita risorta
di Cristo stesso (Rm 8,29; 2Cor 3,18). La perfezione cristiana implica
l’identificazione non solo con il Cristo risorto, ma anche con il Figlio di Dio
nella sua vicenda umana (Ef 4,11.20). La visione individualistica è superata dal
fatto che la crescita nella conoscenza e nell’amore di Cristo è orientata
all’edificazione dell’intero corpo ecclesiale, raggiungendo così lo «stato di
uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo» (Ef
4,13).
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Amiche
lettrici e cari lettori, il fascicolo di
Consacrazione e Servizio
che avete tra le mani, il sesto del 2012, si apre con le consuete due rubriche.
Nella prima: «Verso il 50° dell’Usmi», p. Giordano Cabra, quale testimone del
cammino della vita consacrata e della sua evoluzione dal Concilio Vaticano II ad
oggi, dà voce alla parola «Diaconia». Nell’altra rubrica: «Per educare
alla fede», la nostra collaboratrice Paola Bignardi dedica un’attenzione
particolare all’atteggiamento fondamentale dell’«ascolto» per il cammino della
fede e per l’educazione ad essa. La rubrica: «Orizzonti» arricchisce il
fascicolo con due contributi di attualità. Il primo di p. Giordano Cabra su:
«Evangelizzare la famiglia e il lavoro» rimanda alla testimonianza di Giovanni
Battista Piamarta che verrà canonizzato il 21 ottobre 2012; il secondo
contributo della formatrice Giuseppina Alberghina rievoca con ricchezza di
particolari il tema: «Dio, mi hai sedotto…» svolto nel «Pomeriggio a più voci»
l’11 marzo 2012 partecipato da 260 religiose.
Una parola
particolare per il «Dossier». Sotto il titolo: «… la misura della
pienezza di Cristo», tratto dalla lettera di Paolo agli Efesini 4,13 sono
raccolti sei studi che aprono l’orizzonte su una tematica centrale della
spiritualità contemporanea: «La formazione permanente». Si parte
dall’interrogativo: «La formazione permanente?», cui risponde lo psicologo e
formatore Enzo Brena. Segue un contributo su un tema poco studiato: «Corpo e
desiderio» della biblista Benedetta Rossi, che lo svolge nella prospettiva della
formazione integrale. La psicologa e formatrice Pina Riccieri presenta il
rapporto tra «Formazione iniziale e permanente». Il formatore e teologo Amedeo
Cencini presenta le due anime della formazione permanente: quella ordinaria e
l’altra straordinaria. La psicoterapeuta Anna Bissi svolge il tema: «Donne in
formazione permanente». Non potevano mancare in questo quadro i «percorsi di
formazione permanente» di Lina Rossi delle Maestre Pie dell’Addolorata. Anche il
presente
Editoriale
si pone sulla stessa prospettiva del
Dossier,
arricchendolo con un contributo biblico. La rubrica: «Ascoltare-Leggere»
presenta dapprima la «Musica lucis. Ascoltando Messiaen» (Giulio Osto), quindi
le segnalazioni di libri (M. M. Pedico). Un’attenzione speciale è data al «Libro
del mese»:
Spezzare le
catene
di suor Eugenia Bonetti con Anna Pozzi (a cura di Cesare Zanirato).
Un fascicolo
ricco e impegnativo viene qui offerto: un nutrimento per ravvivare la gioia di
essere stati chiamati, conquistati, attratti dal Dio vivente e vero e da Cristo
al fine di giungere alla «misura della sua pienezza».
Maria Marcellina Pedico
Serve di Maria Riparatrici
Via Monte Velino, 30 - 00141 ROMA
m.pedico@smr.it
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