n. 6
giugno 2012

 

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Verso la maturità spirituale
Metafore bibliche


di MARIAMARCELLINA PEDICO

 

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Nella Scrittura è costante l’invito al progresso spirituale (Ger 6,16; Sal 95,8; 2Cor 4,16; 2Pt3,18), come pure il rilievo dato ai molteplici segni e caratteristiche della maturità spirituale. Definita dagli studiosi come il pieno sviluppo di tutte le potenzialità della grazia, la maturità spirituale mira a tradurre nell’esistenza redenta i sentimenti di Cristo (Col 3,2; Fil 2,5), vivendo come Cristo uomo nuovo e primizia della creazione, soprattutto amando come lui ha amato (Ef 5,1-2), anche noi amati da Dio, eletti e consacrati (Col 3,10-15). La maturità spirituale persegue il raggiungimento dell’età perfetta di Cristo, la sua perfezione celeste (Ef 4,13), camminando nel sentiero della verità e dell’amore. Già nella fede essa ha il suo orientamento, il suo significato, la sua spinta (Gv 6,29; Ef 3,17), ma si realizza essenzialmente nella carità. La fede e la speranza teologali sono connesse con la carità, come immediata preparazione ad essa. Il dominio della carità nella vita del credente diviene perfetto con il loro esercizio. Accolte come germi di vita eterna, le tre virtù sono destinate a crescere, a vitalizzare il cristiano, ad attuarne la perfezione. San Paolo ne parla come di forze dinamiche, aventi un ruolo determinante nella maturazione della vita cristiana (1Ts 1,3; 5,6-8).

Su questo argomento desidero ispirarmi a quanto ha scritto padre Stefano De Fiores, ritornato al Padre il 14 aprile scorso. Oltre ad essere un mariologo di fama internazionale, denominato il cantore di Maria, p. Stefano è stato un maestro dello spirito. Proprio nel suo volume Maria nella vita secondo lo Spirito (Edizioni AMI, Roma 2003) – nell’ambito del II capitolo su: «Maria nella spiritualità cristiana alla luce della parola di Dio» - presenta come l’apostolo Paolo indica il passaggio da una condizione inferiore e rudimentale della vita spirituale ad uno stadio superiore e più perfetto. L’apostolo si serve infatti di una serie di metafore, paragoni o contrapposizioni, ispirate agli aspetti evolutivi della vita umana e denotanti la condizione iniziale e quella ideale cui tendere. Tra le metafore individuate da p. De Fiores inerenti all’argomento della maturità spirituale ne presento tre.

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Bambini/adulti. Una prima metafora usata da Paolo è quella dei bambini/adulti. Mentre i Vangeli privilegiano i bambini facendoli assurgere a simboli degli autentici discepoli per la loro disponibilità riguardo alle proposte divine (Mc 10,15; Mt 18,3-4; 19,14), le lettere apostoliche del Nuovo Testamento spingono più volte a lasciare l’età infantile «per crescere verso la salvezza» (1Pt 2,2). L’apostolo Paolo si pone nella prospettiva di chi vede essenzialmente nel bambino una creatura in via di sviluppo, che non ha ancora raggiunto l’equilibrio, la solidità e la pienezza di giudizio della persona adulta (1Cor 13,11-12; Ef 4,14). L’atteggiamento dei credenti di Corinto, che mostrano con la loro condotta di non aver ancora capito ciò che è interiormente importante per la quotidiana edificazione della loro vita cristiana, spinge infatti Paolo a paragonarli a bambini, spiritualmente acerbi e razionalmente immaturi, che hanno ancora bisogno di «latte», più che di cibo solido, per crescere nella fede (1Cor 3,2). Occorre guardarsi dal rimanere «fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina» (Ef 4,14); al contrario è necessario «crescere in ogni cosa verso di lui che è il capo, Gesù Cristo» (Ef 4,15). Il cristiano non deve dunque restare nello stadio infantile caratterizzato da incostanza e incapacità di approfondire la sapienza divina, ma è chiamato a divenire adulto in Cristo, acquisendo maturità di discernimento e vita secondo le esigenze dell’amore.

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Imperfetti/perfetti. Una seconda metafora usata da Paolo è quella di imperfetti/perfetti. Secondo l’apostolo «perfetto» è il cristiano in cui i germi di vita nuova ricevuti nel battesimo si sono sviluppati ed hanno raggiunto quella pienezza che possedevano solo in potenza e la cui personalità è in una costante apertura a ulteriori approfondimenti. Il diventare cristiani significa allora diventare perfetti o completi. Paolo può perciò dire che i Corinti sono «perfetti» o «maturi» (1Cor 2,6), perché lo Spirito di Dio ha rivelato loro la sua sapienza che «non è di questo mondo» (1Cor 2,6.10). Persuaso che Dio vuole la salvezza di tutti, Paolo desidera soltanto che «ogni persona» diventi matura in Cristo (Col 1,28) e il suo ministero si pone al servizio di quest’unico scopo. Benché la salvezza racchiuda in se stessa uno stato di perfezione, la nuova vita in Cristo deve essere concretamente attuata, il cui scopo consiste per Paolo nella perfezione su un piano sia individuale che collettivo. E anche la perfezione si manifesta a due livelli: uno stato di perfezione relativa, che i cristiani cercano di raggiungere in questa vita, e uno stato finale di perfezione assoluta e senza peccato, raggiungibile solo nel mondo futuro. Circa il contenuto della perfezione, l’invito di Gesù ad essere perfetti come il Padre celeste (Mt 5,48) significa diventare misericordiosi come lui, mentre per Giacomo il cristiano è perfetto quando non resta indietro in nessun punto (Gc 1,4), soprattutto non sbagliando nel parlare (Gc 3,2) e praticando il comandamento dell’amore verso il prossimo (Gc 1,25; 2,8). In questa stessa linea Paolo può indicare la perfezione nell’amore vicendevole come «pienezza della Legge» (Rm 13,10).

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Carnali/spirituali. Una terza metafora usata da Paolo è quella del binomio carnali/spirituali. L’opposizione paolina tra carne e spirito (Gal  5,16-26) si riflette nell’antitesi tra «esseri carnali» e «uomini spirituali» (1Cor 3,1), che indica due categorie di persone: quelle che si fanno guidare dalla natura umana, debole e solidale con il peccato (2Cor 1,12; Rm 6,19) e quelle che sono nella sfera dell’azione dello Spirito Santo, inabitante come principio di dinamismo e di santificazione (1Cor 6,19; Gal 5,18). In particolare, l’uomo è carnale o naturale quando vive una vita limitata ad un orizzonte puramente terrestre che lo rende incapace di accogliere i misteri di Dio. L’uomo spirituale invece è in grado di dare una corretta valutazione degli eventi e di ogni realtà perché illuminato dallo Spirito (1Cor 2,13-15). Quantunque la crescita spirituale riguardi il campo della conoscenza di Dio (Col 1,10), della fede (2Ts 1,3; 2Cor 10,15), della giustizia (2Cor 9,10) e dell’amore (1Cor 14,1; Fil 1,9), il cristiano in conformità al piano divino deve tendere a riprodurre in se stesso l’immagine di Cristo mediante una progressiva partecipazione alla vita risorta di Cristo stesso (Rm 8,29; 2Cor 3,18). La perfezione cristiana implica l’identificazione non solo con il Cristo risorto, ma anche con il Figlio di Dio nella sua vicenda umana (Ef 4,11.20). La visione individualistica è superata dal fatto che la crescita nella conoscenza e nell’amore di Cristo è orientata all’edificazione dell’intero corpo ecclesiale, raggiungendo così lo «stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo» (Ef 4,13).

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Amiche lettrici e cari lettori, il fascicolo di Consacrazione e Servizio che avete tra le mani, il sesto del 2012, si apre con le consuete due rubriche. Nella prima: «Verso il 50° dell’Usmi», p. Giordano Cabra, quale testimone del cammino della vita consacrata e della sua evoluzione dal Concilio Vaticano II ad oggi, dà voce alla parola «Diaconia». Nell’altra rubrica: «Per educare alla fede», la nostra collaboratrice Paola Bignardi dedica un’attenzione particolare all’atteggiamento fondamentale dell’«ascolto» per il cammino della fede e per l’educazione ad essa. La rubrica: «Orizzonti» arricchisce il fascicolo con due contributi di attualità. Il primo di p. Giordano Cabra su: «Evangelizzare la famiglia   e il lavoro» rimanda alla testimonianza di Giovanni Battista Piamarta che verrà canonizzato il 21 ottobre 2012; il secondo contributo della formatrice Giuseppina Alberghina rievoca con ricchezza di particolari il tema: «Dio, mi hai sedotto…» svolto nel «Pomeriggio a più voci» l’11 marzo 2012 partecipato da 260 religiose.

Una parola particolare per il «Dossier». Sotto il titolo: «… la misura della pienezza di Cristo», tratto dalla lettera di Paolo agli Efesini 4,13 sono raccolti sei studi che aprono l’orizzonte su una tematica centrale della spiritualità contemporanea: «La formazione permanente». Si parte dall’interrogativo: «La formazione permanente?», cui risponde lo psicologo e formatore Enzo Brena. Segue un contributo su un tema poco studiato: «Corpo e desiderio» della biblista Benedetta Rossi, che lo svolge nella prospettiva della formazione integrale. La psicologa e formatrice Pina Riccieri presenta il rapporto tra «Formazione iniziale e permanente». Il formatore e teologo Amedeo Cencini presenta le due anime della formazione permanente: quella ordinaria e l’altra straordinaria. La psicoterapeuta Anna Bissi svolge il tema: «Donne in formazione permanente». Non potevano mancare in questo quadro i «percorsi di formazione permanente» di Lina Rossi delle Maestre Pie dell’Addolorata. Anche il presente Editoriale si pone sulla stessa prospettiva del Dossier, arricchendolo con un contributo biblico. La rubrica: «Ascoltare-Leggere» presenta dapprima la «Musica lucis. Ascoltando Messiaen» (Giulio Osto), quindi le segnalazioni di libri (M. M. Pedico). Un’attenzione speciale è data al «Libro del mese»: Spezzare le catene di suor Eugenia Bonetti con Anna Pozzi (a cura di Cesare Zanirato).

Un fascicolo ricco e impegnativo viene qui offerto: un nutrimento per ravvivare la gioia di essere stati chiamati, conquistati, attratti dal Dio vivente e vero e da Cristo al fine di giungere alla «misura della sua pienezza». 

Maria Marcellina Pedico
Serve di Maria Riparatrici
Via Monte Velino, 30 - 00141 ROMA
m.pedico@smr.it