n. 6
giugno 2012

 

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Formazione iniziale e permanente
Quale rapporto?

PINA RICCIERI

 

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L'attuale società complessa e globalizzata vive, da tempo, una graduale scomparsa di certezze permanenti e la nostra umanità, sebbene a fatica, riconosce le dimensioni provvisorie e contingenti della sua realtà e della sua storia. A lungo l’età adulta è stata ritenuta quasi come la fase della vita caratterizzata dall’assenza di crescita, in quanto età di maturità raggiunta e definitiva. Nel contesto odierno è scomparsa l’idea dell’adulto come soggetto definitivamente “cresciuto e compiuto”. Si è aperto lo spazio per una sua nuova immagine contrassegnata dall’evoluzione e dal continuo cambiamento.

La vita consacrata interagisce intensamente con le situazioni storico-culturali della propria epoca che, secondo una dinamica di reciprocità, influiscono anche su di essa. Pertanto l’attuale contesto esistenziale interpella i suoi sistemi di formazione iniziale e permanente, come risorse a cui attingere in modo innovativo, per continuare ad essere segno evangelico di contraddizione e profezia per la comunità dei credenti e per il mondo (cf VC 15). Ciò chiama in causa il ruolo dei formatori e delle formatrici, il discernimento e la lungimiranza dei superiori affinché agiscano con strategie formative adeguate all’oggi, senza però svuotarle di contenuti e di significati consolidati dalla stessa prassi formativa.1

Uno sguardo d’insieme

Come testimoniano i numerosi interventi del Magistero, la formazione comporta essenzialmente un’adesione conformativa, graduale e progressiva, di ogni dimensione della vita a Cristo. Se «la formazione è un processo vitale attraverso il quale la persona si converte al Verbo di Dio fin nelle profondità del suo essere» (VC 68), essa dovrà assumere uno specifico carattere evolutivo e trasformativo; esso, a sua volta, dovrà coinvolgere la persona nel profondo e nel concreto dell’esistenza quotidiana, alla ricerca costante del senso di ciò che si è e si fa, in sintonia con le trasformazioni e gli sviluppi del contesto ecclesiale e socioculturale.

La formazione, dunque, deve condurre la persona a un’adeguata e globale percezione della propria identità, nel triplice rapporto con se stessa, con gli altri e con Dio, perché l’identità personale affonda le radici nel carisma della Famiglia religiosa che si è chiamati e impegnati ad esprimere con gioia e passione sulle strade dell’umanità.

Formazione iniziale e permanente

La formazione come itinerario di vita è un cammino di maturazione che si snoda in una dinamica di conversione continua. Compito urgente e delicato è dunque quello di mantenere vivo «un agire interiore che deve essere coscientemente voluto, preparato e mantenuto con cura e protratto per tutto l’arco della vita».2 E ciò per facilitare il cambiamento e promuovere, nella fedeltà quotidiana, una risposta sempre più libera e matura, che trova nel servizio agli altri la sua viva e autentica espressione. Per raggiungere tale obiettivo la crescita vocazionale si articola nei periodi della formazione iniziale e permanente secondo leggi e tappe specifiche.

 La formazione iniziale è un «processo evolutivo» che passa per ogni grado della maturazione personale al quale «si deve riservare uno spazio di tempo sufficientemente ampio». «Si tratta di un itinerario di progressiva assimilazione dei sentimenti di Cristo verso il Padre», che ha come «obiettivo centrale la preparazione della persona alla totale consacrazione di sé a Dio nella sequela di Cristo, a servizio della missione». Come tale, «deve abbracciare tutta la persona» e facilitare «l’integrazione armonica dei vari aspetti» (cf VC 65).

Nella formazione iniziale vengono designate diverse tappe: il pre-noviziato o postulantato, il noviziato, lo juniorato. Queste fasi sono considerate in una linea di progressivo sviluppo e approfondimento dei vari aspetti in cui si svolge il cammino della vita di una persona verso la piena maturità, in quanto consacrato/a. Le singole tappe, «nella loro funzione di “servizio alla crescita integrale della persona e della sua vocazione”, insistono su alcune componenti chiave, capaci di dinamizzare la vita interiore e la donazione apostolica in quel particolare momento dell’esistenza».3

L’attenzione alla formazione permanente è una necessità assoluta. Se il processo formativo consiste nel giungere alla piena adesione a Cristo, non può che essere permanente e coinvolgere tutta la persona. Infatti esso «non si riduce alla sua fase iniziale, giacché, per i limiti umani, la persona consacrata non potrà mai ritenere di aver completato la gestazione di quell’uomo nuovo che sperimenta dentro di sé, in ogni circostanza della vita, gli stessi sentimenti di Cristo» (VC 69).

Un’intera esistenza non è sufficiente per con-formare la propria vita al Figlio di Dio. La formazione iniziale prepara alla consacrazione, ma è la formazione permanente che forma il consacrato perché il servizio apostolico, la vita comune divengano luogo primario di formazione.

Una relazione concorde

L’assetto delle fasi formative dovrebbe essere integrale e armonico nel succedersi del cammino di sviluppo della vocazione religiosa, contrassegnato da quattro aspetti fondamentali: esperienza di Dio, comunità, missione e studio. Si tratta di una relazione che dovrà essere concorde, e avere alcuni tratti caratteristici.

Il primo è la continuità. Con la formazione iniziale si pongono le fondamenta per vivere la vita consacrata in pienezza, ma essa non esaurisce il processo formativo. «Deve, pertanto, saldarsi con quella permanente, creando nel soggetto la disponibilità a lasciarsi formare in ogni giorno della vita».4 Tra i due periodi vi è un rapporto di continuità, non di fotocopia o discontinuità.

La formazione è ben riuscita quando la continuità dell'esperienza consente una crescita effettiva, in termini di capacità di acquisizione e assimilazione di nuove esperienze, di una migliore e positiva interazione con Dio, con se stessi e con il mondo. È possibile che lo sviluppo si arresti perché la continuità ha determinato abitudini che bloccano, piuttosto che favorire nell’individuo il conseguimento di nuove esperienze. Tutto ciò attiva la partecipazione e la responsabilità di diversi protagonisti: la persona con quello che nativamente porta in sé, l’impegno attivo e sapiente delle mediazioni formative e soprattutto l’azione misteriosa di Dio che crea e forma continuamente ogni creatura.

Il secondo è la circolarità. L’itinerario umano e spirituale è stato spesso paragonato alla “salita sul monte”; per compierla bisogna impegnarsi a salire, ma anche accamparsi a diverse latitudini, acquisire nuove abilità, riposarsi prima di affrontare il livello successivo. Ogni fase richiede rinnovate conoscenze ed energie. Se ogni segmento della vita rappresenta qualcosa di nuovo, «ogni ora, ogni giorno, ogni anno - come afferma Romano Guardini - sono vive fasi della nostra esistenza concreta; ciascuna di esse accade una volta sola, venendo a costituire, nella totalità dell’esistenza, una parte che non si lascia scambiare con altre. In effetti, la tensione dell’esistenza e il pungolo che dal profondo ci muove a viverla risiedono proprio nel fatto che ogni fase della vita è nuova, e non era mai accaduta prima, ed è unica, e poi passa per sempre».5

La circolarità stimola nuove domande e nuove risposte. La realizzazione e il compimento della crescita vocazionale si attuano proprio in questo continuo movimento circolare, paragonabile al movimento di una spirale che, mentre avanza verso una meta superiore, ritorna sui suoi passi e ritrova, ad un livello più alto di maturazione, possibilità o rischi e compiti specifici che aveva già incontrato e forse superato. Tutti i processi formativi e della vita in genere sono a spirale; basti pensare l’anno liturgico, una spirale virtuosa in cui è racchiuso l’itinerario di fede per il cammino dei credenti.

L’ultima caratteristica è la progressività. La relazione tra formazione iniziale e permanente è caratterizzata dalla progressività del cammino in conformità con la natura umana, che si esprime in passaggi concreti da noi detti tappe della vita e/o tappe formative. È attraverso un’azione progressiva e graduale che si effettua il processo lento di assimilazione dei valori e di trasformazione dei sentimenti e dei comportamenti. Il tutto e subito è dannoso a ogni livello, umano e spirituale. Il rapporto tra formazione iniziale e permanente potrebbe paragonarsi ad un corso di acqua, che, mentre procede, si ingrossa, per la pioggia, per il disgelo dei ghiacciai, per le varie piccole sorgenti sviluppando energia, dinamismo per se stessi e per gli altri.

Nella maggior parte degli Istituti di vita consacrata si va riconoscendo con sempre maggior chiarezza e convinzione l’urgenza della pianificazione di una formazione che favorisca la continuità e la gradualità. E che sia sempre più condivisa.

Considerazione conclusiva

Non va dimenticato che la formazione, sia iniziale che permanente, oggi deve tenere conto della cultura digitale. Essa incide in modo suadente, soprattutto sui giovani, e ha un peso e un valore sull’esperienza della vita quotidiana. Non può mancare la formazione all’uso responsabile dei media, che non sono soltanto dispositivi in mano all’utente e/o canali di informazione, bensì un nuovo ambiente che permea e avvolge la vita delle persone, indipendentemente dal consumo che se ne fa. Pertanto si rende indispensabile, anche per i consacrati, la formazione a un corretto e critico utilizzo delle nuove tecnologie, per imparare a distillare ciò che si può apprendere o immettere nella Rete, divenendo addirittura «apostoli digitali».6 Il compito di distillare implica la capacità di discernimento, un esercizio che si snoda lungo tutto l’arco della vita, il saper distinguere tra le molte vie e l’ampia costellazione di scelte, sia nel mondo on line che off line, quelle che portano al bene, alla verità fino a raggiungere la meta: «Crescere fino alla pienezza di Cristo» (Ef 4,13).

Il progetto formativo rappresenta una strategia fondamentale, una progressiva e graduale maturazione umana, spirituale e intellettuale. Un progetto che deve fare i conti, tra l’altro, con i potenti mezzi dell’era della comunicazione digitale, sia nella fase iniziale come nel processo formativo permanente, in una linea di continuità e progressività. Un progetto dinamico e creativo, che attinge la forza propulsiva dal respiro di Cristo, Spirito d’amore, di donazione e di comunione.

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1 Cf P. DEL CORE, «La formazione, oggi. Esigenze, sfide e problematiche alla luce delle nuove prospettive culturali ed ecclesiali», in Rivista di Scienze dell'Educazione 39 (2001) 1, 49-78, qui 53.

2 E. DUCCI, «Educabilità umana e formazione», in Educarsi per educare. La formazione in un mondo che cambia, Paoline, Milano 2002, 25-44, qui 27-28.

3 B. GOYA, Formazione integrale alla vita consacrata. Alla luce della esortazione post-sinodale, Edizioni Dehoniane, Bologna 1997, 191.

4 Idem.

5 R. GUARDINI, Le età della vita: loro significato educativo e morale, Vita e Pensiero, Milano 2006, 32.

6 Al riguardo si veda: P. RICCIERI, Formazione a portata di click. Comunicazione digitale e santificazione della mente, Paoline, Milano 2011.

Pina Riccieri fsp
pina.riccieri@gmail.com

 

 

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