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La
nozione di sequela Christi è profondamente evangelica e già all’interno del
Nuovo Testamento segna un importante punto di riferimento per indicare il legame
dei discepoli con la persona e con il mistero di Cristo. Nel Vangelo di Marco la
sequela è designata dal verbo seguire; anziché dire che il discepolo è chiamato
a imparare, si dice che è chiamato a seguire. Il verbo, che abitualmente si
accompagna alla parola discepolo, è imparare. Usando invece il verbo seguire, si
sottolinea che al primo posto non c’è un’idea, una dottrina, ma una Persona.
Seguire, infatti, non dice solo camminare, ma andar dietro a Qualcuno, a cui si
vuole restare vicini, facendo la sua stessa strada e condividendo le sue scelte.
Il Concilio, con tutta la tradizione, ha fatto del «seguire Cristo secondo il
Vangelo» il tema di fondo e la «regola suprema» o «norma ultima» della vita
consacrata (cf Perfectae caritatis 2a). La ragione di questo primato è semplice:
«seguire Cristo» è la vocazione fondamentale della Chiesa, Sposa di Cristo che
vive con lui e per lui (cf Ef 5,23-32), e quella di ogni battezzato, che porta
il nome di cristiano perché «battezzato nella morte e risurrezione» di Cristo (Rm
6,3-11; Col 2,12-13), a lui appartiene e si sforza di seguirlo facendo del
Vangelo la legge della sua vita. Oggi, anche come frutto del Vaticano II e del
magistero ecclesiale, appare chiaro che la sequela fa parte integrante della
vocazione cristiana e la vita consacrata è una sua modalità.
Che cosa significa in concreto seguire Cristo evangelicamente?
Gli studiosi di spiritualità della vita consacrata richiamano i tratti
essenziali della sequela Christi, come risultano dalla tradizione sinottica.
Seguire Cristo innanzitutto è «rispondere liberamente di sì a una chiamata
esplicita».La vita consacrata non è in primo luogo un fare, ma un tipo di
relazione personale con Qualcuno. È risposta a Qualcuno incontrato e che chiama.
È Cristo che chiama e sceglie, e la chiamata non è determinata dalla bravura o
dalle qualità umane del chiamato, ma dall’Amore di Cristo. Il Vangelo su questo
aspetto è molto chiaro. Nessuno di coloro che hanno seguito Gesù da vicino, si è
mai presentato da sé per imporsi in qualche modo a lui. Tutti e ciascuno sono
stati oggetto di una scelta libera e gratuita e di una chiamata esplicita, che
non ammetteva condizioni: «Chiamò a sé quelli che volle ed essi andarono da lui»
(Mc 3,13). «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi» (Gv 15,16). Seguire
Gesù in questo contesto di grazia significa incontrare il suo amore, lasciarsi
affascinare e attrarre dalla sua bellezza unica, in modo tale da impegnarsi
radicalmente e totalmente per lui.
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Inoltre, seguire Cristo è «vivere come lui» (cf PC 1b). La
sequela evangelica non implica solo stare con Cristo, accompagnarlo per la via
che egli ha percorso in obbedienza al Padre, richiede pure di vivere come lui. E
questo significa assumere progressivamente il suo stile di vita, adottare i suoi
atteggiamenti interiori, lasciarsi invadere dal suo spirito, assimilare la sua
sorprendente logica e la sua scala di valori, condividere i suoi rischi e le sue
speranze. Vivere come Cristo è configurarsi con lui nelle tre dimensioni
sostanziali della sua vita: la verginità, l’obbedienza, la povertà, accettando
di lasciare tutto per lui. Mediante l’impegno pubblico della professione
religiosa il consacrato assume i tre consigli detti «evangelici» non per il loro
valore umano, ma perché li trova nell’insegnamento di Cristo e, meglio ancora,
nella sua vita. Questi tre impegni trovano nel Maestro la loro ragione d’essere
e il loro valore decisivo: si tratta di raggiungere Cristo, di imitarlo, amarlo,
unirsi strettamente a lui, di partecipare nello Spirito alla sua verginità,
povertà, obbedienza. Gesù esige il distacco radica le, al quale tutti possono
essere chiamati, ma non tutti corrispondono, come il giovane ricco (cf Mt
19,22ss).
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Ancora, seguire Cristo è «camminare al suo seguito fino alla
croce». La sequela ha una direzione e un dinamismo: seguire, quale verbo di
movimento, indica fino a che punto conduce il configurarsi a Cristo. Il seguirlo
«dovunque egli vada» (Lc 9,57) significa imitare e condividere non solo la sua
vita, non solo la sua azione, ma anche il suo destino storico che lo porta fino
alla croce. Esigendo dai suoi discepoli un simile sacrificio, Gesù si rivela
come Dio e manifesta dove giungono le esigenze di Dio. I discepoli sono invitati
ad andare dietro Gesù portando la propria croce ogni giorno (Lc 9,23; 14,27). La
vita consacrata, dal giorno della professione religiosa, è una via da percorrere
con coraggio, senza fermarsi mai, nella fedeltà agli appelli continui, senza
rifiutare di seguire Gesù quando si profila la croce (Mt 16,21-25).
Seguire questo maestro-messia, che percorre la via del profeta
perseguitato e del martire ucciso, comporta la scelta coraggiosa e perseverante
di condividere il destino di un maestro umiliato e di un messia fallimentare sul
piano umano. Questo cammino ha un significato chiaro: porta a una progressiva
rinuncia a se stessi, all’offerta oblativa della propria vita, esprimendo un
amore sempre più autentico, in unione a Cristo Crocifisso. Oggi questo
Crocifisso è il Risorto, colui che ha promesso: «Chiunque ha lasciato casa o
moglie o fratelli o campi per me, già al presente riceve cento volte tanto» (Mc
10,30). I consacrati, al dire del Concilio, esercitandosi nelle virtù,
«partecipano all’annientamento di Cristo, ma allo stesso tempo alla sua vita
nello Spirito» (PC 5). In una vita consacrata autentica, i frutti dello Spirito
attestano che la vita nuova portata da Cristo non è soltanto per il cielo, ma
comincia da quaggiù: fa dei consacrati i testimoni della libertà spirituale. Di
più, il Concilio li vede progredire gioiosi nella via della carità (cf LG 43a) e
persino nella sofferenza sono colmati dall’Amore a cui si sono affidati.
Maria Marcellina Pedico
Serve di Maria Riparatrici
Via Monte Velino, 30 - 00141 ROMA
m.pedico@smr.it
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