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Oggi come ieri, e come anche domani, la vita religiosa altro non è se non una modalità di vivere l'appartenenza a Cristo che abbraccia il presente, vale a dire la vita concreta e reale di uomini e donne che vivono la dimensione storica della propria esistenza, fatta non solo di passato ma anche di futuro. È incontro con Dio presente, in ogni avvenimento e in ogni circostanza. È esperienza della presenza di Dio che riempie il tempo e lo spazio, ogni situazione piccola o grande, della nostra vita. In Lui il vivere di ogni giorno si illumina di senso e in questo vivere Egli ci raggiunge, si fa vicino a noi, è "per noi". Allora suonano quanto mai pertinenti gli obiettivi indicati ai Consacrati, da papa Francesco, per quest'anno a loro dedicato: guardare il passato con gratitudine, vivere il presente con passione, abbracciare il futuro con speranza.
Alle origini della vita consacrata è presente l'azione di Dio che, nel suo Spirito, chiama alcune persone alla sequela ravvicinata di Cristo, a tradurre il Vangelo in una particolare forma di vita, a leggere con gli occhi della fede i segni dei tempi, a rispondere con creatività alle necessità della Chiesa. L'ideale del consacrato è "quaerere Deum", cercare Dio e il desiderio di incontrarlo in Cristo per aderire a lui interamente, fino a poter dire con Paolo: "Per me il vivere è Cristo" (cf Papa Francesco,Lettera ai Consacrati, 21 novembre 2014). Allora, essere uomini e donne capaci di svegliare il mondo significa essere uomini e donne che sanno cogliere il segno della presenza di Dio, nella realtà del mondo, e sanno leggerne le domande profonde per collegarle alle proposte del Vangelo. Donne e uomini che si lasciano sorprendere da Dio, il Dio delle sorprese e hanno imparato a vincere la tentazione dell'irrigidimento ostile, cioè il volersi chiudere dentro la certezza di ciò che già conoscono.
Persone generatrici di nuove consapevolezze che spingono a rischiare su strade non ancora percorse. Persone che dalla Sua Presenza ricevono significato e consistenza, e sono riempite di gioia. La gioia profonda che viene dalla profondità dell'essere, nasce quando si sperimenta che la nostra vita, nello spazio e nel tempo, appartiene a Qualcuno, a Dio. Solo la gioia convince.
Occorre tornare ad abitare la vita, quella di oggi. Soltanto a partire dall'esperienza di vita si possono abbozzare valutazioni e dare indicazioni sagge. Fare questo è valorizzare la visione di Dio come amante della vita (Sap 11-26). Resta vero che chiunque segue
Cristo, uomo perfetto, diventa anch'egli più umano (GS 41). Vale a dire che non c'è fedeltà al divino che non sia fedeltà all'umano. Nel cristianesimo, a motivo del mistero dell'Incarnazione, per trovare Dio, è necessario prendere le distanze da ciò che aliena dall'umano autentico. Non si dà fedeltà al divino che non sia fedeltà a ciò che è nell'uomo. La vita consacrata è orientata a manifestarsi sempre più come realizzazione piena delle potenzialità umane. Allora potremmo dire che è un percorso di profonda umanizzazione, per cui essere religiose ed essere pienamente donne diventa alla fine la stessa cosa.
Ecco perché la Chiesa ha bisogno della vita consacrata. Ne ha bisogno anzitutto per custodire la coscienza viva della sua identità, l'amore al suo Signore; essa, infatti, trae origine dalla consacrazione di Cristo a nostro favore e si esprime come consegna a Cristo senza riserve. Ma ne ha bisogno anche per impostare correttamente il suo rapporto col mondo. La Chiesa, infatti, vive necessariamente nel mondo, anzi per il mondo; ma può svolgere la sua missione a favore degli uomini solo se custodisce, nei confronti del mondo, una autentica libertà; e questa libertà è l'effetto della sua donazione a Cristo; dipende dall'appartenenza totale a Cristo. Proprio ciò di
cui è testimonianza e profezia la vita consacrata in tutte le sue forme.
È chiara in questa prospettiva l'attesa di papa Francesco: "mi attendo che svegliate il mondo, perché la nota che caratterizza la vita consacrata è la profezia. Papa Francesco ha una visione della profezia inequivocabile."Ai cristiani di tutte le comunità del mondo desidero chiedere specialmente una testimonianza di comunione fraterna che diventi attraente e luminosa; questa è sempre una luce che attrae" (EG 100). Così profezia della vita consacrata sta in una vita da fratelli e sorelle. La vera questione della vita consacrata, oggi, è rilanciare la fraternità su basi nuove. Serve un cambio radicale del sistema culturale che l'ha caratterizzata fino a oggi per aprirla a nuovi orizzonti di senso. E ancora papa Francesco insiste: "il profeta sta abitualmente dalla parte dei poveri e degli indifesi, perché sa che Dio stesso è dalla loro parte. Mi attendo dunque non che teniate vive delle utopie, ma che sappiate creare altri luoghi, dove si viva la logica evangelica del dono, della fraternità, dell'accoglienza della diversità, dell'amore reciproco" (cf Papa Francesco, Lettera ai Consacrati).
Non sappiamo che cosa ci riserverà il futuro; quali saranno le forme di santità più capaci di incidere sul vissuto dell'uomo e della donna di domani. Bisognerebbe essere dotati di spirito profetico per dirlo. "Possiamo solo dire che la strada non passerà da un rilassamento dell'impegno ma, probabilmente, da un suo approfondimento. Può sembrare che il mondo d'oggi, così refrattario alle regole, chieda una disciplina più rilassata; e può sembrare di diventare più moderni e quindi più accettabili se abbassiamo la soglia dell'impegno. Ma non è vero. Non si tratta di un inasprimento delle regole, che è inutile; la legge non ha mai salvato nessuno; la lettera, ci ha insegnato san Paolo, uccide mentre è lo Spirito che dà vita" (Mons. Luciano Monari, Omelia, Brescia, 2 Febbraio 2012).
Si tratta di una disciplina interiore: una disciplina che sappia illuminare i pensieri, purificare i desideri, rendere responsabili le scelte, raccogliere tutte le energie nella crescita di una libertà innamorata. Innamorata di Dio e quindi innamorata di ciò che Dio ama, dell'uomo, del mondo, della storia. Una vita consacrata che prescindesse da ciò non sarebbe fedele al mistero evangelico che è quello della salvezza dell'uomo. Non si sta assieme per rendere maggiormente produttivo il lavoro apostolico, ma per arrivare ad amare e sentirsi amati e rivelare così l'amore del Padre da cui siamo cercati, amati e chiamati. È l'amore che permette di percepire che abbiamo un significato per gli altri e sentire che gli altri hanno un significato per me. È l'amore che fa vivere la fedeltà alla vocazione non l'istituzione. La Chiesa potrà dare questa testimonianza in modo credibile se al suo interno ci sono alcuni che da questa appartenenza hanno avuto modificati non solo i pensieri e i sentimenti, ma la stessa forma di vita sociale: "evangelii vivendi forma".
Persone che vivono i consigli evangelici in modo sereno e gioioso, ricche di umanità, dimostrano con la loro stessa vita che l'incontro con Dio non è stato solo un evento consolatorio, ma un'esperienza concreta che ha riorganizzato tutta la loro vita attorno a un centro nuovo. Un punto di forza che ci rende capaci di tenere il mondo aperto a Dio e di prenderci cura di questa umanità orfana di sogni, in modo da arginare l'imbarbarimento dei cuori. Non è poco.
Carissimi lettori/lettrici, il fascicolo che avete tra le mani è il primo del 2015. Inizia con alcune modeste novità. Anzitutto l'inserimento di nuove rubriche. Percorsi che ospita la voce della Presidenza USMI per indicare strade di attualizzazione sul tema dell'assemblea: "l'arte del passaggio" ed entrare nel vivo del processo di revisione e di riqualificazione della vita consacrata in modo da dare ancora abbondanti frutti di comunione e di inserimento dinamico nella chiesa e nella società.
Luci del Vangelo per creare contatto con l'esperienza di vita monastica nella chiesa. Numero dopo numero sarà riservato uno spazio a diversi monasteri per raccontare ciascuno la propria modalità di vivere il carisma monastico. La storia dimostra che il monachesimo non si è mai presentato in modo monolitico ma, fin dall'inizio, si è manifestato variegato. Le comunità monastiche che saranno presentate, oltre che rifarsi al monachesimo dei primi secoli della Chiesa, sono caratterizzate dall'assunzione dell'ecclesiologia di comunione espressa nel Concilio Vaticano II e dalla riscoperta della centralità della Chiesa locale.
Il Punto, rubrica dedicata ai servizi e alle esperienze della vita religiosa femminile di particolare incidenza e profezia. Ciò suppone capacità di vedere il nuovo che sta nascendo nella Chiesa e nella società attuale. È necessario avere una rinnovata coscienza profetico-sapienziale che porti la vita religiosa a convertirsi in testimonianza di vite trasparenti, che manifestino e rendano presente Gesù e promuovano il nuovo, la profezia che ha bisogno di assumere rischi e di abbandonare false sicurezze. Un modo per vivere l'Anno della Vita Consacrata.
In questa prospettiva si pone anche il presente editoriale e l'intenso Dossier dedicato ad accogliere l'appello alle religiose, lanciato da Papa Francesco, di "svegliare il mondo". La rubrica Orizzonti ci porta nella realtà dei giovani e del carcere. Oggi lo scenario sta cambiano rapidamente all'interno di quel complicato universo che si chiama giovani e famiglia. Il carcere poi, è una provocazione profonda che interroga anche noi davanti a questa tragedia: "Ero in carcere e siete venuti a trovarmi" (Mt 25,36). Queste sono parole nelle quali il Signore si identifica con i detenuti. Esprimono il senso della scelta di alcune suore che vogliono mettersi a fianco degli ultimi in servizio e testimonianza.
Affidando la rivista alla lettura dei nostri abbonati auguriamo un Buon Anno nel Signore.
Fernanda Barbiero
Suore Maestre di S. Dorotea
Via Raffaele Conforti, 25 – 00166 Roma
fernandabarbiero@smsd.it
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