n. 2
febbraio 2004

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Chiamate alla speranza
nel cammino della Chiesa italiana

di Marcella Farina *

 

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Premessa

«Contemplando il volto crocifisso e glorioso di Cristo e testimoniando il Suo amore nel mondo, le persone consacrate accolgono con gioia, all’inizio del terzo millennio, il pressante invito del Santo Padre Giovanni Paolo II a prendere il largo: “Duc in altum!” (Lc 5,4). Queste parole, risuonate in tutta la Chiesa, hanno suscitato una nuova grande speranza, hanno ravvivato il desiderio di una più intensa vita evangelica, hanno spalancato gli orizzonti del dialogo e della missione. Forse mai come oggi l’invito di Gesù a prendere il largo appare come risposta al dramma dell’umanità, vittima dell’odio e della morte. Lo Spirito santo sempre opera nella storia e può trarre dai drammi umani, un discernimento degli eventi che si apre al mistero della misericordia e della pace tra gli uomini. Lo Spirito, infatti, dal turbamento stesso delle nazioni, sollecita in molti la nostalgia di un mondo diverso che è già presente in mezzo a noi. Lo assicura Giovanni Paolo II ai giovani quando li esorta ad essere “sentinelle del mattino” che vigilano, forti nella speranza, in attesa dell’aurora» (Ripartire da Cristo 1).

Le persone consacrate assumono la profezia della speranza in comunione con tutti i cristiani, testimoniando la gioia del Vangelo: «I nostri contemporanei vogliono vedere nelle persone consacrate la gioia che proviene dall’essere con il Signore» (VC 109).

Si collocano così nel cammino della Chiesa particolare in cui sono presenti. Nel nostro caso, in Italia, sono interpellate ad assumere le coordinate e le prospettive degli Orientamenti pastorali, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia (OP), che sottolineano la dimensione della speranza esortando in tal senso ad una testimonianza luminosa e quotidiana.

Il cardinal Camillo Ruini, nel presentare gli OP, esorta la comunità cristiana a salpare senza paura, con fiducia, anche nella notte infruttuosa, per dare gloria a Dio ed essergli profondamente grati. Il motivo fondamentale di questa gratitudine e speranza è teologale: nell’incarnazione del Figlio, il Padre ha deposto nel grembo della Chiesa il seme di una speranza che non delude, rendendoci capaci di ravvivare la speranza di ogni uomo, un compito da svolgere umilmente e senza tentennamenti, con la guida materna e sollecita di Maria, “Stella dell’evangelizzazione”.

È la prospettiva e l’orientamento che accomuna tutti, quindi anche le persone consacrate.

Per dare maggior concretezza al loro coinvolgimento missionario non è fuori luogo indicare le linee portanti degli OP, mettendone in evidenza la struttura.

 

Le linee portanti degli Orientamenti Pastorali

Nella Introduzione (1-9) gli OP con 1Gv 1,1-4 indicano l’itinerario del decennio pastorale: dall’ascolto alla condivisione per amore, a servizio della gioia e della speranza di ogni uomo, con la testimonianza luminosa del Vangelo, in piena solidarietà con il mondo. Oggi non è facile sperare, perché è ristretto l’orizzonte verso il futuro definitivo; c’è un ripiegamento sul presente. Di qui la esplicita proposta di coniugare, secondo la storia della salvezza, passato, presente, futuro. In questo modo il presente emerge come luogo dell’attesa e della manifestazione di desideri che ci trascendono come singoli, per questo sono comuni e ci affratellano nell’ascolto, nella memoria, nella riflessione, riscoprendo insieme, uomini e donne di buona volontà, i fili invisibili della vita, presenti nella storia in tanti semi di bene.

In questo itinerario, Gesù è il punto di riferimento: Egli è per tutti la via che conduce alla pienezza di vita. La Chiesa, in un mondo che cambia e che cerca ragioni per gioire e sperare, non può non annunciare tale messaggio. La Chiesa italiana vuole svolgere questo compito in continuità con il Concilio e il post-Concilio, nella prospettiva della Novo Millennio Ineunte (NMI).

 Lo sguardo fisso su Gesù, l’inviato del Padre, è una profonda riflessione su Gesù Cristo nella direzione di NMI (cap. I).

È introdotta dall’espressione di Giovanni «La vita si è fatta visibile… la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi» (1Gv 1,2).

Il primo tratto o il primo passo (10-15) consiste nel contemplare, accogliendolo pienamente e fattivamente, il Verbo della vita, l’Inviato dal Padre, che nascendo dalla Vergine Maria, viene nel mondo nella via della kenosi, divenendo in tutto simile a noi, eccetto il peccato, per rivelarci il volto del Padre e farci partecipi della sua vita filiale mediante il dono dello Spirito. La vicenda di Gesù è collocata all’interno della storia della salvezza che ha i suoi inizi nella creazione, la sua preparazione nella storia di Israele ed è aperta alla storia di tutti i popoli.

Questa sintesi storico-salvifica attualizzata evidenzia due tematiche: la vita, in particolare la vita umana, e la libertà della creatura umana nel suo esercizio concreto. Il dramma dell’umanità è che la libertà può paradossalmente orientarsi al male e giungere fino a rifiutare Gesù Cristo, il Figlio. Dio fedele interviene nella storia per salvare. La storia, così, è segnata dalle ripetute chiamate di Dio alle quali corrispondono sovente ripetuti rifiuti dell’uomo.

Gesù, condividendo profondamente e radicalmente l’esperienza umana, la illumina rivelando le profondità di Dio Amore attraverso il dono di sé sino alla morte in croce. È la massima kenosi. L’abbassamento divino diviene rivelazione dell’amore di Dio che regge l’universo. L’umiltà è la via che il Signore percorre per salvare. Questa è e deve essere pure la via della Chiesa.

 Gesù in mezzo a noi (16-23): il mistero dell’Emmanuel. Gli OP tracciano le linee fondamentali della missione del Cristo, dalla sua incarnazione al suo mistero di passione e di gloria. L’incarnazione del Figlio non è stata una passeggiata nel mondo, ma la radicale e totale assunzione della nostra umanità per salvarla. Pertanto i misteri della sua vita sono per noi misteri di salvezza; rivelano Dio Amore e svelano pienamente l’uomo all’uomo. Gesù indica la via verso il Regno: il compimento della volontà del Padre che si traduce nella pratica della misericordia e della giustizia, nel servizio umile e amoroso per i fratelli e le sorelle. Egli ci svela la sorgente della sua fedeltà al Padre fino alla morte di croce: l’intima relazione con Lui, la vita fatta preghiera.

 Gesù, il Risorto (24-28): la sua risurrezione è il fondamento della fede e della speranza; quindi è la sorgente dell’essere e della missione della Chiesa e trasforma la storia umana in luogo di salvezza, in possibilità di incontro con la grazia divina; il Risorto ci dona lo Spirito santo dal parte del Padre, dono che ci rende figli e figlie di Dio.

La risposta a questo misterioso progetto di salvezza è l’accoglienza della parola divina, la fede nella potenza del Vangelo, la conformazione a Cristo, invocando nello Spirito “Abbà, Padre!”, pregando come Gesù ci ha insegnato, formando in Lui un solo Corpo. La fedeltà nell’ascolto del Signore abilita all’ascolto dei fratelli e delle sorelle, quindi alla missione di Cristo.

 Gesù, colui che viene (n 29-31): il tempo tra la risurrezione di Cristo e la sua venuta alla fine dei tempi non è uno spazio vuoto, è il luogo in cui Gesù nella potenza dello Spirito porta a compimento in tutto il creato la volontà salvifica del Padre. Per questo i cristiani vivono nell’attesa operosa, nella fede, speranza e carità.

Gesù è venuto, viene e verrà: è venuto nell’incarnazione, verrà nella gloria e nel tempo non ci lascia soli, continua a venire nei doni del suo Spirito, nella predicazione della parola di verità, nella liturgia e nei sacramenti, nella comunione ecclesiale, nell’esperienza della sua misericordia, soprattutto nell’Eucaristia, memoriale del suo mistero pasquale.

Nel tempo la croce svela la verità sulla persona umana e sulla storia, proclama che il nostro fine è l’amore e la comunione. È questa verità che apre alla speranza, invitando l’uomo, fino all’ultimo istante, alla conversione. La Chiesa non deve mai dimenticare di svolgere il ministero di misericordia e camminare nella conversione.

 

 La Chiesa a servizio della missione di Cristo

 Il capitolo secondo entra più esplicitamente nel merito della missione: «La vita… noi l’abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza» (1Gv 1,2).

 Per una missione senza confini (32-35): il compito fondamentale della Chiesa è comunicare il Vangelo a tutti, sempre, ovunque. È un ministero che svolge in primo luogo nella preghiera liturgica, soprattutto nell’Eucaristia, ove la parola del Signore, contenuta nelle Scritture, si fa evento, risuona nella storia, trasforma i cuori.

L’Eucaristia è la sorgente dell’essere e della missione della Chiesa, pertanto è il cuore della pastorale perché è il luogo in cui ogni credente e la comunità cristiana imparano chi è Gesù e diventano sua memoria per il mondo, evangelizzando seguendo la via di Lui, il suo stile. Questo esige un discernimento evangelico per tener vive due attenzioni tra loro complementari: l’ascolto della cultura del nostro mondo per discernere i semi del Verbo presenti in essa, la testimonianza e l’annuncio della novità del Vangelo: il venire di Dio nella nostra storia.

 Discernere l’oggi di Dio (36-43): è la prima attenzione, finalizzata a individuare potenzialità e difficoltà presenti nella nostra cultura.

Una prima potenzialità è il desiderio di autenticità presente in molte persone, specie nei giovani. Altre istanze positive sono il desiderio di prossimità, di socialità, di solidarietà e di pace. Sono fermenti che diventano fecondi se coniugano la ricerca di autenticità con l’accettazione dell’alterità. La verità è misura: la verità che è Gesù: «Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8,32). Nessuno è padrone della verità; essa ci trascende. Solo cercandola e cercandola insieme potremo trovare un senso ai nostri desideri. Per questo la rinnovata ricerca di senso sta avvicinando molti uomini e donne all’esperienza religiosa, in particolare a Gesù Cristo.

Anche lo sviluppo della scienza e della tecnica presenta aspetti positivi da valorizzare, soprattutto nella elaborazione di un più profondo umanesimo che sia davvero integrale. Dobbiamo interrogarci sul contributo che come credenti possiamo dare alla comprensione anche scientifica del cosmo, della vita, dell’uomo.

Un campo di grandi potenzialità è anche quello della comunicazione sociale per la possibilità di comunicare in modo nuovo raggiungendo un maggior numero di persone. La comunicazione è un bene di tutta l’umanità che va promosso e tutelato.

Accanto alle potenzialità vi sono pure rischi e problemi.

Aumentano le persone che si dichiarano senza religione; crescente è pure l’analfabetismo religioso delle giovani generazioni, sovente ben disposte e generose, ma anche non adeguatamente formate, poco favorite nel maturare in una fede adulta, capace di farsi cultura e incidere sulla storia.

Si stanno diffondendo stili di vita e mentalità, tradotti pure in legislazioni, lontani dal Vangelo e dalla tradizione cristiana. Vi è una vera e propria eclissi del senso morale.

Aumentano le informazioni e le conoscenze, ma la persona fatica a fare unità e ad acquisire la sapienza della vita, anzi rischia la scissione tra razionalità, dimensione affettivo-emotiva e vita spirituale.

Un altro elemento problematico è la scarsa trasmissione della memoria storica col rischio di appiattimento sul presente e di omologazione in un mondo sempre più globalizzato.

I cristiani, insieme agli altri uomini, sono interpellati a discernere e denunciare ogni forma di idolatria e ogni mentalità portatrici di morte, anche se passano come mentalità emancipate ed evolute.

 

 Quali compiti per il prossimo decennio (44-46)?

 La Chiesa è chiamata a comunicare il Vangelo. Nello svolgimento di tale compito fa alcune decisioni di fondo: dare a tutta la vita quotidiana della Chiesa una chiara connotazione missionaria; fondare tale scelta su un forte impegno di qualità formativa spirituale, teologica, culturale, umana; favorire una più adeguata ed efficace comunicazione agli uomini del mistero di Dio, fonte di gioia e di speranza, valorizzando e precisando il percorso ecclesiale degli ultimi trent’anni, centrato sull’educazione alla fede e sulla sua comunicazione.

Ci si interroga pure sugli scarsi frutti raccolti nell’azione pastorale di questi trent’anni, verificando la validità e l’efficacia delle proposte di fede e della loro comunicazione, la capacità di sacerdoti, religiosi e operatori pastorali di concretizzare gli orientamenti pastorali e di promuovere il cammino di fede dei singoli credenti. I Vescovi sono interpellati nella loro responsabilità.

Nella nostra storia ecclesiale recente non sono mancate persone profetiche, ma è urgente promuovere nei fedeli una fede adulta in una conversione pastorale che coinvolga tutta la comunità e ogni singolo cristiano.

Per imprimere un dinamismo missionario alla comunità cristiana si delineano due livelli specifici: un’azione pastorale per i “vicini” e per i “lontani”.

Dire “vicini” è chiamare in causa la Chiesa come comunità eucaristica. In questa direzione si pone la cura di coloro che partecipano all’eucaristia domenicale, specie di quanti collaborano regolarmente alla vita delle parrocchie, senza lasciare da parte quanti (sono tanti), pur essendo battezzati, hanno un rapporto sporadico con la Chiesa, rischiando di dimenticare il loro battesimo o di vivere nell’indifferenza.

A livello operativo si sottolinea la centralità dell’esperienza eucaristica, quindi l’attenzione a celebrare il giorno del Signore: Il giorno del Signore e la parrocchia, tempo e spazio per una comunità realmente eucaristica (47-49).

Gli OP offrono indicazioni per rendere efficaci in tale contesto l’annuncio della parola e la comunione, alimento dell’ardore missionario. Si incoraggia la partecipazione quotidiana alla celebrazione eucaristica, il culto eucaristico, specie l’adorazione, come i contesti vitali per dare continuità al cammino di crescita spirituale. Si richiama il bisogno di approfondire il senso della festa e della liturgia, della celebrazione eucaristica, del cammino di fede costituito dall’anno liturgico. Un posto particolare spetta alla Vergine Maria.

Una fede adulta e “pensata” (50). Gli OP insistono sulla fede consapevole. In questa direzione valorizzano e rilanciano il progetto catechistico degli anni ’70, arricchitosi nel tempo di indicazioni e strumenti più adeguati, orientato più esplicitamente in prospettiva evangelizzatrice e aperto più chiaramente alla cultura.

La comunità cristiana è il luogo del discernimento comunitario come scuola di comunione e metodo fondamentale per intessere un corretto rapporto tra Chiesa e mondo. Oggi più che mai i cristiani sono chiamati a cercare questo rapporto, partecipando attivamente alla vita della città, testimoniando il Vangelo e costruendo con gli altri uomini un mondo più umano.

I giovani e la famiglia (51-55): gli OP dedicano una cura tutta particolare ai giovani e alla famiglia, interpellando la responsabilità di tutti.

Essi esortano a non deludere la sete di senso delle nuove generazioni; a trasmettere loro l’amore per la vita interiore, per l’ascolto perseverante della Parola, per la preghiera assidua, per la vita sacramentale nutrita di Eucaristia e Riconciliazione, per la vita ascetica attraverso l’arte della lotta spirituale; a proporre loro percorsi di fede, laboratori della fede ove essi possano crescere, irrobustirsi nella vita spirituale e diventare capaci di testimonianza. Luoghi privilegiati in questa direzione sono la scuola e l’università, il mondo del lavoro e il tempo libero. Una particolare attenzione va posta sul discernimento della vocazione.

La famiglia è il luogo privilegiato dell’esperienza dell’amore e della trasmissione della fede, ma anche la prima cellula della società e della Chiesa. Per questo ad essa va una particolare cura come per la pastorale giovanile. Conta molto promuovere la solidarietà tra le famiglie e creare nuove forme ministeriali finalizzate all’ascolto, all’accompagnamento e al sostegno. Particolare importanza viene data al contributo delle donne affinché la Chiesa assuma un volto diverso, più sensibile e più umano. Non vi è pienezza di umanità senza che uomo e donna si esprimano liberamente e pienamente, secondo i rispettivi doni.

Si segnala il ruolo dei presbiteri e dei loro collaboratori, l’importanza delle associazioni e dei movimenti ecclesiali, dei vari carismi e vocazioni. Anche le devozioni popolari sono considerate occasioni privilegiate di comunicazione del Vangelo.

Una rinnovata attenzione a tutti i battezzati (56-62): è il secondo ambito di interesse, precisato come attenzione a quegli uomini e quelle donne che, pur avendo ricevuto il battesimo, non vivono legami di piena e stabile comunione con le Chiese locali, ai cosiddetti non praticanti e lontani. Con loro è importante intessere relazioni umane che possano facilitare l’ascolto e l’accoglienza del Vangelo.

La Chiesa, poi, come scuola di comunione si rivolge con rispetto ai battezzati non cattolici valorizzando il cammino ecumenico. Pure con le persone appartenenti ad altre religioni vuole intessere un dialogo rispettoso.

Una cura tutta speciale va ai fanciulli, annunciando loro il Vangelo in modo più adeguato per favorire la loro educazione religiosa. Così si richiama la testimonianza di catechisti capaci di far gustare la bellezza della vita con Gesù. L’attenzione per un corretto annuncio di Cristo è ancora più necessaria nella catechesi ai ragazzi e ai giovani, per i quali va ripensato l’intero percorso di iniziazione cristiana.

Forme di dialogo e di incontro vanno pensate e attuate anche con quanti non partecipano alla vita ecclesiale ma si incontrano quotidianamente nel lavoro e nella vita sociale. A volte sono battezzati da risvegliare alla fede, non battezzati eredi di mentalità atee o agnostiche, oppure seguaci di altre religioni.

Nella nostra società sempre più multietnica e multireligiosa urge pure la missione ad gentes.

La Chiesa italiana vuole puntare in questo decennio sull’iniziazione cristiana, per questo esorta a proporre itinerari di iniziazione e di catecumenato per adulti che chiedono il battesimo e per i cristiani che hanno bisogno di cammini per ricominciare a credere o per maturare in una fede più consapevole, adulta.

I compiti di evangelizzazione segnalati esigono intelligenza, creatività, coraggio, impegno delle migliori energie umane e cristiane.

Tra le nuove sfide della pastorale emerge indubbiamente il dialogo culturale sui grandi temi della società e della vita quotidiana. Il dialogo favorisce la crescita di relazioni umane, di scambi fecondi e arricchenti per tutti. Solo in questa sincera e profonda condivisione è possibile comunicare il messaggio di speranza che sgorga dalla fede.

Perché il Vangelo divenga cultura e porti i suoi frutti più belli nella storia, le persone credenti sono chiamate a condividere con le altre persone iniziative finalizzate alla promozione della giustizia e della pace, di condizioni di vita più degne per ogni persona e per tutti i popoli.

È importante la presenza significativa dei fedeli laici nei vari ambienti di vita, non ultimo nel mondo politico e nelle istituzioni a servizio del bene del Paese, nel mondo del lavoro, nella scuola e nell’università, ambiti interessati da processi di trasformazione, ove occorre ribadire le ragioni dell’educazione della persona nella sua globalità e nella reale libertà. Ancora, il mondo della salute chiede una presenza che garantisca il pieno rispetto dei valori della vita e della persona e assicuri l’accesso di tutti alle cure di cui hanno bisogno. Processi di umanizzazione piena e di vera socializzazione toccano anche l’ambito del tempo libero.

L’attività propriamente politica non può fare a meno del contributo dei fedeli laici, un contributo competente, responsabile, coerente, rispettoso della dignità della persona umana e dei suoi fondamentali diritti e doveri.

L’intera società, nei suoi vari ambiti, è attraversata da cambiamenti profondi e accelerati. È prioritaria una lettura attenta di questi mutamenti e contesti per rilanciare la pastorale d’ambiente sempre più necessaria per compaginare la comunità battesimale, raggiungere quanti sono in attesa dell’annuncio cristiano, dare efficacia al contributo dei cattolici alla vita della società. Qui si inserisce l’esigenza di una sempre maggiore vitalità dell’associazionismo sociale e professionale di ispirazione cristiana, come pure, in forma diversa, dell’apporto di quanti hanno scelto di essere nel mondo testimoni del Regno negli istituti secolari o in altre forme di consacrazione personale.

La pastorale d’ambiente richiederà alle parrocchie di ripensare le proprie forme di presenza e di missione e il loro rapporto con il territorio, aprendosi alla collaborazione con le parrocchie confinanti e all’azione concertata con associazioni, movimenti e gruppi. Quando questa dimensione pastorale eccede la parrocchia, è fondamentale il riferimento alla Chiesa diocesana, perché è responsabilità e compito dei Vescovi dare un volto autenticamente ecclesiale al generoso impegno apostolico dei cristiani che operano nella loro diocesi. Un rilievo speciale è dato all’Azione Cattolica dalla quale ci si attende un’esemplarità formativa e un impegno rispondente alle necessità pastorali delle parrocchie e alla vita quotidiana.

Tutti i cristiani, in forza del battesimo, sono chiamati a farsi prossimi degli uomini e delle donne che vivono in situazioni di frontiera: i malati e i sofferenti, i poveri, gli immigrati, le tante persone che faticano a trovare ragioni per vivere e sono sull’orlo della disperazione, le famiglie in crisi e in difficoltà materiale e spirituale, perché «è l’ora di una nuova fantasia della carità» (NMI 50).

Sulla carità la Chiesa italiana è stata impegnata nell’ultimo decennio, ribadendo l’intimo rapporto tra evangelizzazione e testimonianza della carità. Nel nuovo decennio tali istanze mantengono la loro validità, perché ogni attività evangelizzatrice è, per sua natura, resa concreta nella testimonianza della carità e in ogni azione di carità deve emergere la sua identità evangelica come rivelazione dell’amore stesso di Dio. Il Vangelo di Gesù è servizio di carità e la vera carità è il dono del Vangelo. In questa direzione va ripreso l’invito del convegno ecclesiale di Palermo a far sorgere in ogni comunità una struttura di servizio per i poveri accanto agli spazi per il culto e la catechesi.

 

Conclusione: una vita di comunione

Una Chiesa di discepoli e di inviati (63-64): la Chiesa è per natura missionaria e deve esserlo seguendo la via di Gesù: «Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi». Questo implica la santità, il compimento fedele della volontà del Padre, via di fecondità e di maternità: «Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre» (Mc 3,35).

 

Una Chiesa “casa e scuola di comunione” (65-68): la Chiesa è totalmente orientata alla comunione, è e deve essere sempre casa e scuola di comunione (NMI 43), chiamata ad essere ovunque segno di unità, promotrice di comunione, senza la quale gli strumenti esteriori della comunione diventerebbero apparati senz’anima.

 

Gli OP concludono delineando alcuni passi concreti per il cammino dei prossimi anni che si ispireranno esplicitamente al Vaticano II.

Saranno:

- impegno per una pastorale della santità, perché la Chiesa sia la Sposa santa del Signore che viene;

- comunicazione del Vangelo ai fedeli, a quanti vivono nell’indifferenza e ai non cristiani, nel nostro Paese che richiede la missione ad gentes;

- rinnovamento della vita delle nostre comunità, attraverso la centralità data alla domenica, il primato dell’ascolto della Parola, anche nella lectio divina, e la vita liturgica che abbisogna di una conoscenza più approfondita;

- percorrere vie di comunione, perché la Chiesa, vera scuola di comunione, possa chiamare tutti gli uomini alla comunione con Cristo;

- impegno dei fedeli laici alla testimonianza evangelica, all’assunzione di nuove forme ministeriali, soprattutto a essere, nella società e nei diversi ambienti di vita, capaci di vigilanza profetica, costruttori di una città terrena in cui regnino sempre più la giustizia, la pace, l’amore.

 

Il Papa ha invitato la Chiesa a prendere il largo (Lc 5,4): è l’invito più pertinente per impostare il cammino pastorale dei prossimi anni, superando tentazioni di pessimismo e forme di scoraggiamento. La Chiesa sa chi è e dov’è la sorgente della speranza: la fedeltà di Dio. Su questo sicuro fondamento i possibili insuccessi non scoraggiano, ma ci fanno dire con Pietro: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte […], ma sulla tua parola getterò le reti» (Lc 5,5). Maria, madre e modello della Chiesa, è guida materna e intercessione in questo cammino.

 

Una conclusione provvisoria

 La riflessione sulla nostra missione nella Chiesa che è in Italia è stata appena introdotta con la considerazione del contesto ecclesiale a livello teologico-pastorale.

Si apre lo spazio del discernimento personale e comunitario come donne e uomini consacrati presenti nel Paese. Gli OP propongono in Appendice delle Indicazioni per una “agenda pastorale” per il prossimo decennio. Sono delle piste interessanti da coniugare concretamente nella nostra missione.

 

La missione, lo sappiamo molto bene, è irradiazione dell’amore che il Signore ha effuso nei nostri cuori e che nella nostra povertà desideriamo accogliere e donare.

 

Finisco con un fatterello:

«Una volta un sacerdote stava camminando in chiesa, verso mezzogiorno, passando dall’altare decise di fermarsi lì vicino per vedere chi era venuto a pregare.

In quel momento si aprì la porta, il sacerdote inarcò il sopracciglio, vedendo un uomo che si avvicinava; l’uomo aveva la barba lunga di parecchi giorni, indossava una camicia consunta, aveva una giacca vecchia i cui bordi avevano iniziato a disfarsi.

L’uomo si inginocchiò, abbassò la testa, quindi si alzò e uscì.

Nei giorni seguenti lo stesso uomo, sempre a mezzogiorno, tornava in chiesa con una valigia... si inginocchiava brevemente e quindi usciva.

Il sacerdote, un po’ spaventato, iniziò a sospettare che si trattasse di un ladro, quindi un giorno si mise davanti alla porta della chiesa e quando l’uomo stava per uscire dalla chiesa gli domandò: “Che fai qui?”

L’uomo gli rispose che lavorava nella zona e aveva mezz’ora libera per il pranzo e approfittava di questo momento per pregare, “Rimango solo un momento, sai, perché la fabbrica è un po’ lontana, quindi mi inginocchio e dico: “Signore, sono venuto nuovamente per dirTi quanto mi hai reso felice quando mi hai liberato dai miei peccati... non so pregare molto bene, però Ti penso tutti i giorni... Beh Gesù... qui c’è Jim a rapporto”.

Il sacerdote si sentì uno stupido, disse a Jim che andava bene, che era il benvenuto in chiesa, quando voleva. Anche lui si inginocchiò davanti all’altare, si sentì riempire il cuore dal grande calore dell’amore e incontrò Gesù.

Mentre le lacrime scendevano sulle sue guance, nel suo cuore ripeteva la preghiera di Jim:

Sono venuto solo per dirti, Signore, quanto sono felice da quando ti ho incontrato attraverso i miei simili e mi hai liberato dai miei peccati... non so molto bene come pregare, però penso a te tutti i giorni...

Beh Gesù... eccomi a rapporto!

 

Un dato giorno il sacerdote notò che il vecchio Jim non era venuto.

I giorni passavano e Jim non tornava a pregare.

Iniziò a preoccuparsi e un giorno andò alla fabbrica a chiedere di lui.

Gli dissero che Jim era malato e che i medici erano molto preoccupati per il suo stato di salute, ma che tuttavia credevano che avrebbe potuto farcela.

Nella settimana in cui rimase in ospedale, Jim portò molti cambiamenti; egli sorrideva sempre e la sua allegria era contagiosa.

La caposala non poteva capire perché Jim fosse tanto felice, dato che non aveva mai ricevuto né fiori, né biglietti augurali, né visite. Il sacerdote si avvicinò al letto di Jim con l’infermiera e questa gli disse, mentre Jim ascoltava: “Nessun amico è venuto a trovarlo, non ha nessuno”.

Sorpreso, il vecchio Jim disse sorridendo: “L’infermiera si sbaglia... però lei non può sapere che tutti i giorni, da quando sono arrivato qui, a mezzogiorno, un mio amato amico viene, si siede sul letto, mi prende le mani, si inclina su di me e mi dice: ‘sono venuto solo per dirti, Jim, quanto sono stato felice da quando ho trovato la tua amicizia e ti ho liberato dai tuoi peccati. Mi è sempre piaciuto ascoltare le tue preghiere, ti penso ogni giorno... beh Jim... qui c’è Gesù a rapporto!’ ”

Da oggi, ogni giorno, non possiamo perdere l’opportunità di dire a Gesù: «Sono qui a rapporto!»

 

 * Teologa, suora Figlie di Maria Ausiliatrice

   

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