Premessa
«Contemplando il volto crocifisso e glorioso di Cristo e
testimoniando il Suo amore nel mondo, le persone consacrate accolgono
con gioia, all’inizio del terzo millennio, il pressante invito del Santo
Padre Giovanni Paolo II a prendere il largo: “Duc in altum!” (Lc 5,4).
Queste parole, risuonate in tutta la Chiesa, hanno suscitato una nuova
grande speranza, hanno ravvivato il desiderio di una più intensa vita
evangelica, hanno spalancato gli orizzonti del dialogo e della missione.
Forse mai come oggi l’invito di Gesù a prendere il largo appare come
risposta al dramma dell’umanità, vittima dell’odio e della morte. Lo
Spirito santo sempre opera nella storia e può trarre dai drammi umani,
un discernimento degli eventi che si apre al mistero della misericordia
e della pace tra gli uomini. Lo Spirito, infatti, dal turbamento stesso
delle nazioni, sollecita in molti la nostalgia di un mondo diverso che è
già presente in mezzo a noi. Lo assicura Giovanni Paolo II ai giovani
quando li esorta ad essere “sentinelle del mattino” che vigilano, forti
nella speranza, in attesa dell’aurora» (Ripartire da Cristo 1).
Le persone consacrate assumono la
profezia della speranza in comunione con tutti i cristiani,
testimoniando la gioia del Vangelo: «I nostri contemporanei vogliono
vedere nelle persone consacrate la gioia che proviene dall’essere con il
Signore» (VC 109).
Si collocano così nel cammino della
Chiesa particolare in cui sono presenti. Nel nostro caso, in Italia,
sono interpellate ad assumere le coordinate e le prospettive degli
Orientamenti pastorali, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia
(OP), che sottolineano la dimensione della speranza esortando in tal
senso ad una testimonianza luminosa e quotidiana.
Il
cardinal Camillo Ruini, nel presentare gli OP, esorta la comunità
cristiana a salpare senza paura, con fiducia, anche nella notte
infruttuosa, per dare gloria a Dio ed essergli profondamente grati. Il
motivo fondamentale di questa gratitudine e speranza è teologale:
nell’incarnazione del Figlio, il Padre ha deposto nel grembo della
Chiesa il seme di una speranza che non delude, rendendoci capaci di
ravvivare la speranza di ogni uomo, un compito da svolgere umilmente e
senza tentennamenti, con la guida materna e sollecita di Maria, “Stella
dell’evangelizzazione”.
È la prospettiva e l’orientamento
che accomuna tutti, quindi anche le persone consacrate.
Per dare maggior concretezza al
loro coinvolgimento missionario non è fuori luogo indicare le linee
portanti degli OP, mettendone in evidenza la struttura.
Le linee portanti degli Orientamenti Pastorali
Nella Introduzione (1-9) gli
OP con 1Gv 1,1-4 indicano l’itinerario del decennio pastorale:
dall’ascolto alla condivisione per amore, a servizio della gioia e
della speranza di ogni uomo, con la testimonianza luminosa del Vangelo,
in piena solidarietà con il mondo. Oggi non è facile sperare, perché è
ristretto l’orizzonte verso il futuro definitivo; c’è un ripiegamento
sul presente. Di qui la esplicita proposta di coniugare, secondo la
storia della salvezza, passato, presente, futuro. In questo modo il
presente emerge come luogo dell’attesa e della manifestazione di
desideri che ci trascendono come singoli, per questo sono comuni e ci
affratellano nell’ascolto, nella memoria, nella riflessione, riscoprendo
insieme, uomini e donne di buona volontà, i fili invisibili della vita,
presenti nella storia in tanti semi di bene.
In questo itinerario, Gesù è
il punto di riferimento: Egli è per tutti la via che conduce alla
pienezza di vita. La Chiesa, in un mondo che cambia e che cerca ragioni
per gioire e sperare, non può non annunciare tale messaggio. La Chiesa
italiana vuole svolgere questo compito in continuità con il Concilio e
il post-Concilio, nella prospettiva della Novo Millennio Ineunte
(NMI).
Lo sguardo fisso su Gesù,
l’inviato del Padre, è una profonda riflessione su Gesù Cristo nella
direzione di NMI (cap. I).
È
introdotta dall’espressione di Giovanni «La vita si è fatta visibile… la
vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi» (1Gv
1,2).
Il primo tratto o il primo passo
(10-15) consiste nel contemplare, accogliendolo pienamente e
fattivamente, il Verbo della vita, l’Inviato dal Padre, che
nascendo dalla Vergine Maria, viene nel mondo nella via della kenosi,
divenendo in tutto simile a noi, eccetto il peccato, per rivelarci il
volto del Padre e farci partecipi della sua vita filiale
mediante il dono dello Spirito. La vicenda di Gesù è collocata
all’interno della storia della salvezza che ha i suoi inizi nella
creazione, la sua preparazione nella storia di Israele ed è aperta alla
storia di tutti i popoli.
Questa sintesi storico-salvifica attualizzata evidenzia due tematiche:
la vita, in particolare la vita umana, e la libertà della creatura umana
nel suo esercizio concreto. Il dramma dell’umanità è che la libertà può
paradossalmente orientarsi al male e giungere fino a rifiutare Gesù
Cristo, il Figlio. Dio fedele interviene nella storia per salvare. La
storia, così, è segnata dalle ripetute chiamate di Dio alle quali
corrispondono sovente ripetuti rifiuti dell’uomo.
Gesù, condividendo profondamente
e radicalmente l’esperienza umana, la illumina rivelando le
profondità di Dio Amore attraverso il dono di sé sino alla morte in
croce. È la massima kenosi. L’abbassamento divino diviene rivelazione
dell’amore di Dio che regge l’universo. L’umiltà è la via che il Signore
percorre per salvare. Questa è e deve essere pure la via della
Chiesa.
Gesù in mezzo a noi
(16-23): il mistero dell’Emmanuel. Gli OP tracciano le linee
fondamentali della missione del Cristo, dalla sua incarnazione al suo
mistero di passione e di gloria. L’incarnazione del Figlio non è stata
una passeggiata nel mondo, ma la radicale e totale assunzione della
nostra umanità per salvarla. Pertanto i misteri della sua vita sono per
noi misteri di salvezza; rivelano Dio Amore e svelano pienamente l’uomo
all’uomo. Gesù indica la via verso il Regno: il compimento della volontà
del Padre che si traduce nella pratica della misericordia e della
giustizia, nel servizio umile e amoroso per i fratelli e le sorelle.
Egli ci svela la sorgente della sua fedeltà al Padre fino alla morte di
croce: l’intima relazione con Lui, la vita fatta preghiera.
Gesù, il Risorto (24-28):
la sua risurrezione è il fondamento della fede e della speranza; quindi
è la sorgente dell’essere e della missione della Chiesa e trasforma la
storia umana in luogo di salvezza, in possibilità di incontro con la
grazia divina; il Risorto ci dona lo Spirito santo dal parte del Padre,
dono che ci rende figli e figlie di Dio.
La risposta a questo misterioso
progetto di salvezza è l’accoglienza della parola divina, la fede nella
potenza del Vangelo, la conformazione a Cristo, invocando nello Spirito
“Abbà, Padre!”, pregando come Gesù ci ha insegnato, formando in Lui un
solo Corpo. La fedeltà nell’ascolto del Signore abilita all’ascolto dei
fratelli e delle sorelle, quindi alla missione di Cristo.
Gesù, colui che viene (n
29-31): il tempo tra la risurrezione di Cristo e la sua venuta alla fine
dei tempi non è uno spazio vuoto, è il luogo in cui Gesù nella potenza
dello Spirito porta a compimento in tutto il creato la volontà salvifica
del Padre. Per questo i cristiani vivono nell’attesa operosa, nella
fede, speranza e carità.
Gesù è venuto, viene e verrà: è
venuto nell’incarnazione, verrà nella gloria e nel tempo non ci lascia
soli, continua a venire nei doni del suo Spirito, nella predicazione
della parola di verità, nella liturgia e nei sacramenti, nella comunione
ecclesiale, nell’esperienza della sua misericordia, soprattutto
nell’Eucaristia, memoriale del suo mistero pasquale.
Nel tempo la croce svela la verità
sulla persona umana e sulla storia, proclama che il nostro fine è
l’amore e la comunione. È questa verità che apre alla speranza,
invitando l’uomo, fino all’ultimo istante, alla conversione. La Chiesa
non deve mai dimenticare di svolgere il ministero di misericordia e
camminare nella conversione.
La
Chiesa a servizio della missione di Cristo
Il capitolo secondo entra più
esplicitamente nel merito della missione: «La vita… noi l’abbiamo veduta
e di ciò rendiamo testimonianza» (1Gv 1,2).
Per una missione senza confini
(32-35): il compito fondamentale della Chiesa è comunicare il Vangelo a
tutti, sempre, ovunque. È un ministero che svolge in primo luogo nella
preghiera liturgica, soprattutto nell’Eucaristia, ove la parola del
Signore, contenuta nelle Scritture, si fa evento, risuona nella storia,
trasforma i cuori.
L’Eucaristia è la sorgente
dell’essere e della missione della Chiesa, pertanto è il cuore della
pastorale perché è il luogo in cui ogni credente e la comunità cristiana
imparano chi è Gesù e diventano sua memoria per il mondo, evangelizzando
seguendo la via di Lui, il suo stile. Questo esige un discernimento
evangelico per tener vive due attenzioni tra loro complementari:
l’ascolto della cultura del nostro mondo per discernere i semi del Verbo
presenti in essa, la testimonianza e l’annuncio della novità del
Vangelo: il venire di Dio nella nostra storia.
Discernere l’oggi di Dio
(36-43): è la prima attenzione, finalizzata a individuare potenzialità e
difficoltà presenti nella nostra cultura.
Una prima potenzialità
è il desiderio di autenticità presente in molte persone, specie
nei giovani. Altre istanze positive sono il desiderio di prossimità, di
socialità, di solidarietà e di pace. Sono fermenti che diventano fecondi
se coniugano la ricerca di autenticità con l’accettazione dell’alterità.
La verità è misura: la verità che è Gesù: «Conoscerete la verità e la
verità vi farà liberi» (Gv 8,32). Nessuno è padrone della verità;
essa ci trascende. Solo cercandola e cercandola insieme potremo
trovare un senso ai nostri desideri. Per questo la rinnovata ricerca
di senso sta avvicinando molti uomini e donne all’esperienza
religiosa, in particolare a Gesù Cristo.
Anche lo sviluppo della scienza e
della tecnica presenta aspetti positivi da valorizzare, soprattutto
nella elaborazione di un più profondo umanesimo che sia davvero
integrale. Dobbiamo interrogarci sul contributo che come credenti
possiamo dare alla comprensione anche scientifica del cosmo, della
vita, dell’uomo.
Un campo di grandi potenzialità è
anche quello della comunicazione sociale per la possibilità di
comunicare in modo nuovo raggiungendo un maggior numero di persone. La
comunicazione è un bene di tutta l’umanità che va promosso e tutelato.
Accanto alle potenzialità vi sono
pure rischi e problemi.
Aumentano le persone che si dichiarano senza religione; crescente è
pure l’analfabetismo religioso delle giovani generazioni,
sovente ben disposte e generose, ma anche non adeguatamente formate,
poco favorite nel maturare in una fede adulta, capace di farsi cultura e
incidere sulla storia.
Si stanno diffondendo stili di
vita e mentalità, tradotti pure in legislazioni, lontani dal
Vangelo e dalla tradizione cristiana. Vi è una vera e propria
eclissi del senso morale.
Aumentano le informazioni e le
conoscenze, ma la persona fatica a fare unità e ad acquisire la sapienza
della vita, anzi rischia la scissione tra razionalità, dimensione
affettivo-emotiva e vita spirituale.
Un altro elemento problematico è la
scarsa trasmissione della memoria storica col rischio di
appiattimento sul presente e di omologazione in un mondo
sempre più globalizzato.
I
cristiani, insieme agli altri uomini, sono interpellati a discernere e
denunciare ogni forma di idolatria e ogni mentalità portatrici di morte,
anche se passano come mentalità emancipate ed evolute.
Quali
compiti per il prossimo decennio (44-46)?
La Chiesa è chiamata a
comunicare il Vangelo. Nello svolgimento di tale compito fa
alcune decisioni di fondo: dare a tutta la vita quotidiana della
Chiesa una chiara connotazione missionaria; fondare tale scelta
su un forte impegno di qualità formativa spirituale,
teologica, culturale, umana; favorire una più adeguata ed efficace
comunicazione agli uomini del mistero di Dio, fonte di gioia e di
speranza, valorizzando e precisando il percorso ecclesiale degli
ultimi trent’anni, centrato sull’educazione alla fede e sulla sua
comunicazione.
Ci si interroga pure sugli
scarsi frutti raccolti nell’azione pastorale di questi trent’anni,
verificando la validità e l’efficacia delle proposte di fede e della
loro comunicazione, la capacità di sacerdoti, religiosi e operatori
pastorali di concretizzare gli orientamenti pastorali e di promuovere il
cammino di fede dei singoli credenti. I Vescovi sono interpellati nella
loro responsabilità.
Nella nostra storia ecclesiale recente non sono mancate persone
profetiche, ma è urgente promuovere nei fedeli una fede adulta in una
conversione pastorale che coinvolga tutta la comunità e ogni singolo
cristiano.
Per imprimere un dinamismo
missionario alla comunità cristiana si delineano due livelli
specifici: un’azione pastorale per i “vicini” e per i “lontani”.
Dire “vicini” è chiamare in causa
la Chiesa come comunità eucaristica. In questa direzione si pone la cura
di coloro che partecipano all’eucaristia domenicale, specie di quanti
collaborano regolarmente alla vita delle parrocchie, senza lasciare da
parte quanti (sono tanti), pur essendo battezzati, hanno un
rapporto sporadico con la Chiesa, rischiando di dimenticare il
loro battesimo o di vivere nell’indifferenza.
A livello operativo si sottolinea
la centralità dell’esperienza eucaristica, quindi l’attenzione a
celebrare il giorno del Signore: Il giorno del Signore e la
parrocchia, tempo e spazio per una comunità realmente eucaristica
(47-49).
Gli
OP offrono indicazioni per rendere efficaci in tale contesto l’annuncio
della parola e la comunione, alimento dell’ardore missionario. Si
incoraggia la partecipazione quotidiana alla celebrazione eucaristica,
il culto eucaristico, specie l’adorazione, come i contesti vitali per
dare continuità al cammino di crescita spirituale. Si richiama il
bisogno di approfondire il senso della festa e della liturgia, della
celebrazione eucaristica, del cammino di fede costituito dall’anno
liturgico. Un posto particolare spetta alla Vergine Maria.
Una fede adulta e “pensata”
(50). Gli OP insistono sulla fede consapevole. In questa direzione
valorizzano e rilanciano il progetto catechistico degli anni ’70,
arricchitosi nel tempo di indicazioni e strumenti più adeguati,
orientato più esplicitamente in prospettiva evangelizzatrice e aperto
più chiaramente alla cultura.
La comunità cristiana è il luogo
del discernimento comunitario come scuola di comunione e metodo
fondamentale per intessere un corretto rapporto tra Chiesa e mondo. Oggi
più che mai i cristiani sono chiamati a cercare questo rapporto,
partecipando attivamente alla vita della città, testimoniando il Vangelo
e costruendo con gli altri uomini un mondo più umano.
I giovani e la famiglia
(51-55): gli OP dedicano una cura tutta particolare ai giovani e alla
famiglia, interpellando la responsabilità di tutti.
Essi esortano a non deludere la
sete di senso delle nuove generazioni; a trasmettere loro l’amore per la
vita interiore, per l’ascolto perseverante della Parola, per la
preghiera assidua, per la vita sacramentale nutrita di Eucaristia e
Riconciliazione, per la vita ascetica attraverso l’arte della lotta
spirituale; a proporre loro percorsi di fede, laboratori della fede ove
essi possano crescere, irrobustirsi nella vita spirituale e diventare
capaci di testimonianza. Luoghi privilegiati in questa direzione sono la
scuola e l’università, il mondo del lavoro e il tempo libero. Una
particolare attenzione va posta sul discernimento della vocazione.
La famiglia è il luogo privilegiato
dell’esperienza dell’amore e della trasmissione della fede, ma anche la
prima cellula della società e della Chiesa. Per questo ad essa va una
particolare cura come per la pastorale giovanile. Conta molto promuovere
la solidarietà tra le famiglie e creare nuove forme ministeriali
finalizzate all’ascolto, all’accompagnamento e al sostegno. Particolare
importanza viene data al contributo delle donne affinché la
Chiesa assuma un volto diverso, più sensibile e più umano. Non vi è
pienezza di umanità senza che uomo e donna si esprimano liberamente e
pienamente, secondo i rispettivi doni.
Si segnala il ruolo dei presbiteri
e dei loro collaboratori, l’importanza delle associazioni e dei
movimenti ecclesiali, dei vari carismi e vocazioni. Anche le
devozioni popolari sono considerate occasioni privilegiate di
comunicazione del Vangelo.
Una rinnovata attenzione a tutti
i battezzati (56-62): è il secondo ambito di interesse, precisato
come attenzione a quegli uomini e quelle donne che, pur avendo ricevuto
il battesimo, non vivono legami di piena e stabile comunione con le
Chiese locali, ai cosiddetti non praticanti e lontani. Con loro è
importante intessere relazioni umane che possano facilitare l’ascolto e
l’accoglienza del Vangelo.
La Chiesa, poi, come scuola di
comunione si rivolge con rispetto ai battezzati non cattolici
valorizzando il cammino ecumenico. Pure con le persone appartenenti ad
altre religioni vuole intessere un dialogo rispettoso.
Una cura tutta speciale va ai
fanciulli, annunciando loro il Vangelo in modo più adeguato per favorire
la loro educazione religiosa. Così si richiama la testimonianza di
catechisti capaci di far gustare la bellezza della vita con Gesù.
L’attenzione per un corretto annuncio di Cristo è ancora più necessaria
nella catechesi ai ragazzi e ai giovani, per i quali va ripensato
l’intero percorso di iniziazione cristiana.
Forme di dialogo e di incontro
vanno pensate e attuate anche con quanti non partecipano alla vita
ecclesiale ma si incontrano quotidianamente nel lavoro e nella vita
sociale. A volte sono battezzati da risvegliare alla fede, non
battezzati eredi di mentalità atee o agnostiche, oppure seguaci di altre
religioni.
Nella nostra società sempre più
multietnica e multireligiosa urge pure la missione ad gentes.
La Chiesa italiana vuole puntare in
questo decennio sull’iniziazione cristiana, per questo esorta a proporre
itinerari di iniziazione e di catecumenato per adulti che chiedono il
battesimo e per i cristiani che hanno bisogno di cammini per
ricominciare a credere o per maturare in una fede più consapevole,
adulta.
I compiti di evangelizzazione
segnalati esigono intelligenza, creatività, coraggio,
impegno delle migliori energie umane e cristiane.
Tra le nuove sfide della pastorale
emerge indubbiamente il dialogo culturale sui grandi temi della società
e della vita quotidiana. Il dialogo favorisce la crescita di relazioni
umane, di scambi fecondi e arricchenti per tutti. Solo in questa sincera
e profonda condivisione è possibile comunicare il messaggio di speranza
che sgorga dalla fede.
Perché il Vangelo divenga cultura e
porti i suoi frutti più belli nella storia, le persone credenti sono
chiamate a condividere con le altre persone iniziative finalizzate
alla promozione della giustizia e della pace, di condizioni di vita più
degne per ogni persona e per tutti i popoli.
È importante la presenza
significativa dei fedeli laici nei vari ambienti di vita, non
ultimo nel mondo politico e nelle istituzioni a servizio del bene del
Paese, nel mondo del lavoro, nella scuola e nell’università,
ambiti interessati da processi di trasformazione, ove occorre ribadire
le ragioni dell’educazione della persona nella sua globalità e nella
reale libertà. Ancora, il mondo della salute chiede una presenza
che garantisca il pieno rispetto dei valori della vita e della persona e
assicuri l’accesso di tutti alle cure di cui hanno bisogno. Processi di
umanizzazione piena e di vera socializzazione toccano anche l’ambito
del tempo libero.
L’attività propriamente politica
non può fare a meno del contributo dei fedeli laici, un contributo
competente, responsabile, coerente, rispettoso della dignità della
persona umana e dei suoi fondamentali diritti e doveri.
L’intera società, nei suoi
vari ambiti, è attraversata da cambiamenti profondi e accelerati. È
prioritaria una lettura attenta di questi mutamenti e contesti per
rilanciare la pastorale d’ambiente sempre più necessaria per
compaginare la comunità battesimale, raggiungere quanti sono
in attesa dell’annuncio cristiano, dare efficacia al contributo dei
cattolici alla vita della società. Qui si inserisce l’esigenza di
una sempre maggiore vitalità dell’associazionismo sociale e
professionale di ispirazione cristiana, come pure, in forma
diversa, dell’apporto di quanti hanno scelto di essere nel
mondo testimoni del Regno negli istituti secolari o in altre forme di
consacrazione personale.
La pastorale d’ambiente
richiederà alle parrocchie di ripensare le proprie forme di presenza e
di missione e il loro rapporto con il territorio, aprendosi alla
collaborazione con le parrocchie confinanti e all’azione concertata con
associazioni, movimenti e gruppi. Quando questa dimensione pastorale
eccede la parrocchia, è fondamentale il riferimento alla Chiesa
diocesana, perché è responsabilità e compito dei Vescovi dare un
volto autenticamente ecclesiale al generoso impegno apostolico dei
cristiani che operano nella loro diocesi. Un rilievo speciale è dato
all’Azione Cattolica dalla quale ci si attende un’esemplarità formativa
e un impegno rispondente alle necessità pastorali delle parrocchie e
alla vita quotidiana.
Tutti i cristiani, in forza del
battesimo, sono chiamati a farsi prossimi degli uomini e delle donne che
vivono in situazioni di frontiera: i malati e i sofferenti, i
poveri, gli immigrati, le tante persone che faticano a trovare ragioni
per vivere e sono sull’orlo della disperazione, le famiglie in crisi e
in difficoltà materiale e spirituale, perché «è l’ora di una nuova
fantasia della carità» (NMI 50).
Sulla carità la Chiesa
italiana è stata impegnata nell’ultimo decennio, ribadendo l’intimo
rapporto tra evangelizzazione e testimonianza della carità. Nel nuovo
decennio tali istanze mantengono la loro validità, perché ogni attività
evangelizzatrice è, per sua natura, resa concreta nella testimonianza
della carità e in ogni azione di carità deve emergere la sua identità
evangelica come rivelazione dell’amore stesso di Dio. Il Vangelo di Gesù
è servizio di carità e la vera carità è il dono del Vangelo. In questa
direzione va ripreso l’invito del convegno ecclesiale di Palermo a far
sorgere in ogni comunità una struttura di servizio per i poveri accanto
agli spazi per il culto e la catechesi.
Conclusione: una vita di comunione
Una Chiesa di discepoli e di
inviati (63-64): la Chiesa è per natura missionaria e deve esserlo
seguendo la via di Gesù: «Come il Padre ha mandato me, anch’io mando
voi». Questo implica la santità, il compimento fedele della volontà del
Padre, via di fecondità e di maternità: «Chi compie la volontà di Dio,
costui è mio fratello, sorella e madre» (Mc 3,35).
Una Chiesa “casa e scuola di
comunione” (65-68): la Chiesa è totalmente orientata alla comunione,
è e deve essere sempre casa e scuola di comunione (NMI 43), chiamata ad
essere ovunque segno di unità, promotrice di comunione, senza la quale
gli strumenti esteriori della comunione diventerebbero apparati
senz’anima.
Gli OP concludono delineando alcuni
passi concreti per il cammino dei prossimi anni che si ispireranno
esplicitamente al Vaticano II.
Saranno:
-
impegno per una pastorale della santità, perché la Chiesa sia la
Sposa santa del Signore che viene;
-
comunicazione del Vangelo ai fedeli, a quanti vivono
nell’indifferenza e ai non cristiani, nel nostro Paese che richiede la
missione ad gentes;
- rinnovamento della
vita delle nostre comunità, attraverso la centralità data alla
domenica, il primato dell’ascolto della Parola, anche nella lectio
divina, e la vita liturgica che abbisogna di una conoscenza più
approfondita;
-
percorrere vie di comunione, perché la Chiesa, vera scuola di
comunione, possa chiamare tutti gli uomini alla comunione con Cristo;
-
impegno dei fedeli laici alla testimonianza evangelica,
all’assunzione di nuove forme ministeriali, soprattutto a essere, nella
società e nei diversi ambienti di vita, capaci di vigilanza profetica,
costruttori di una città terrena in cui regnino sempre più la giustizia,
la pace, l’amore.
Il Papa ha invitato la Chiesa a
prendere il largo (Lc 5,4): è l’invito più pertinente per impostare il
cammino pastorale dei prossimi anni, superando tentazioni di pessimismo
e forme di scoraggiamento. La Chiesa sa chi è e dov’è la sorgente della
speranza: la fedeltà di Dio. Su questo sicuro fondamento i possibili
insuccessi non scoraggiano, ma ci fanno dire con Pietro: «Maestro,
abbiamo faticato tutta la notte […], ma sulla tua parola getterò le
reti» (Lc 5,5). Maria, madre e modello della Chiesa, è guida
materna e intercessione in questo cammino.
Una conclusione provvisoria
La riflessione sulla nostra
missione nella Chiesa che è in Italia è stata appena introdotta con la
considerazione del contesto ecclesiale a livello teologico-pastorale.
Si apre lo spazio del discernimento
personale e comunitario come donne e uomini consacrati presenti nel
Paese. Gli OP propongono in Appendice delle Indicazioni per una
“agenda pastorale” per il prossimo decennio. Sono delle piste
interessanti da coniugare concretamente nella nostra missione.
La missione, lo sappiamo molto
bene, è irradiazione dell’amore che il Signore ha effuso nei nostri
cuori e che nella nostra povertà desideriamo accogliere e donare.
Finisco con un fatterello:
«Una volta un sacerdote stava camminando in chiesa, verso mezzogiorno,
passando dall’altare decise di fermarsi lì vicino per vedere chi era
venuto a pregare.
In quel momento si aprì la porta,
il sacerdote inarcò il sopracciglio, vedendo un uomo che si avvicinava;
l’uomo aveva la barba lunga di parecchi giorni, indossava una camicia
consunta, aveva una giacca vecchia i cui bordi avevano iniziato a
disfarsi.
L’uomo si inginocchiò, abbassò la testa, quindi si alzò e uscì.
Nei giorni seguenti lo stesso uomo,
sempre a mezzogiorno, tornava in chiesa con una valigia... si
inginocchiava brevemente e quindi usciva.
Il sacerdote, un po’ spaventato,
iniziò a sospettare che si trattasse di un ladro, quindi un giorno si
mise davanti alla porta della chiesa e quando l’uomo stava per uscire
dalla chiesa gli domandò: “Che fai qui?”
L’uomo gli rispose che lavorava
nella zona e aveva mezz’ora libera per il pranzo e approfittava di
questo momento per pregare, “Rimango solo un momento, sai, perché la
fabbrica è un po’ lontana, quindi mi inginocchio e dico: “Signore, sono
venuto nuovamente per dirTi quanto mi hai reso felice quando mi hai
liberato dai miei peccati... non so pregare molto bene, però Ti penso
tutti i giorni... Beh Gesù... qui c’è Jim a rapporto”.
Il sacerdote si sentì uno stupido,
disse a Jim che andava bene, che era il benvenuto in chiesa, quando
voleva. Anche lui si inginocchiò davanti all’altare, si sentì riempire
il cuore dal grande calore dell’amore e incontrò Gesù.
Mentre le lacrime scendevano sulle
sue guance, nel suo cuore ripeteva la preghiera di Jim:
Sono venuto solo per dirti,
Signore, quanto sono felice da quando ti ho incontrato attraverso i miei
simili e mi hai liberato dai miei peccati... non so molto bene come
pregare, però penso a te tutti i giorni...
Beh Gesù... eccomi a rapporto!
Un dato giorno il sacerdote notò
che il vecchio Jim non era venuto.
I giorni passavano e Jim non
tornava a pregare.
Iniziò a preoccuparsi e un giorno
andò alla fabbrica a chiedere di lui.
Gli dissero che Jim era malato e
che i medici erano molto preoccupati per il suo stato di salute, ma che
tuttavia credevano che avrebbe potuto farcela.
Nella settimana in cui rimase in
ospedale, Jim portò molti cambiamenti; egli sorrideva sempre e la sua
allegria era contagiosa.
La caposala non poteva capire
perché Jim fosse tanto felice, dato che non aveva mai ricevuto né fiori,
né biglietti augurali, né visite. Il sacerdote si avvicinò al letto di
Jim con l’infermiera e questa gli disse, mentre Jim ascoltava: “Nessun
amico è venuto a trovarlo, non ha nessuno”.
Sorpreso, il vecchio Jim disse
sorridendo: “L’infermiera si sbaglia... però lei non può sapere che
tutti i giorni, da quando sono arrivato qui, a mezzogiorno, un mio amato
amico viene, si siede sul letto, mi prende le mani, si inclina su di me
e mi dice: ‘sono venuto solo per dirti, Jim, quanto sono stato felice da
quando ho trovato la tua amicizia e ti ho liberato dai tuoi peccati. Mi
è sempre piaciuto ascoltare le tue preghiere, ti penso ogni giorno...
beh Jim... qui c’è Gesù a rapporto!’ ”
Da oggi, ogni giorno, non possiamo
perdere l’opportunità di dire a Gesù: «Sono qui a rapporto!»
* Teologa,
suora Figlie di Maria Ausiliatrice
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