Se decidi nel cuore «il
santo viaggio...»
Il
salmo 83 che la tradizione giudaica attribuisce ai “figli di Core”, una
famiglia sacerdotale che attendeva al servizio liturgico e custodiva
l’arca dell’Alleanza (cfr. 1Cr 9,19). L’ispirazione è nata probabilmente
durante uno dei pellegrinaggi prescritti dalla Legge di Mosè (cfr. Es
23,17; Sam 1,3; Lc 2,42). Questo canto del pellegrino è traboccante di
un profondo anelito a Dio e della gioia che viene dal Signore a
chi cerca Lui con cuore sincero. È molto attuale proprio perché
emblematico di quel “pellegrinare” che è la nostra vita. Noi tutti siamo
in cammino. Ma l’importante è decidere nel cuore che questo nostro
andare diventi “il santo viaggio”, cioè il praticare un cammino
spirituale.
Approfondimento
del testo
Quanto sono amabili
le tue dimore, Signore
degli eserciti.
L’esclamazione dice quanto al pellegrino sia
caro il tempio, dove dimora il Signore. Egli è detto “degli eserciti”,
nel senso che è sovrano delle schiere angeliche o, secondo altri
esegeti, delle schiere stellari, cioè del cosmo.
L’anima mia languisce e brama gli atri del
Signore. Il mio cuore e la mia anima esultano nel Dio vivente.
I versetti esprimono l’empito di un desiderio
di Dio che non è certo cerebralità vestita di poesia. Tutta la persona
del pellegrino: cuore (sede decisionale) e carne, (dimensione corporea),
la totalità dunque dell’uomo è afferrata da una gioia grande:
l’esultare non in se stessi ma nel Dio che dà vita. Il
salmista sembra dire che l’anelito a Dio è un bisogno di fondo
nell’uomo, quasi un istinto iscritto nella sua identità di spirito
incarnato.
Anche il passero trova la casa, la rondine il
nido dove porre i suoi piccoli presso i tuoi altari, Signore degli
eserciti, mio re e mio Dio.
A tutto il salmo fa da sfondo il tempio verso
il quale si muove il pellegrino, probabilmente durante la solenne festa
delle capanne. Chi muove i suoi passi verso Sion e il suo tempio ne
tiene così vivo in cuore il desiderio da visualizzare la delicatissima
immagine degli uccelli, che hanno la fortuna di nidificare e porre i
loro piccoli presso gli altari di Dio.
Torna l’espressione: “Signore degli eserciti”
accompagnata da “mio re e mio Dio”. È la grandezza, la maestà, la
sovranità di Dio che viene esaltata. Ma quell’aggettivo possessivo
“mio”, ripetuto, esprime anche il rapporto personale con un Dio che non
schiaccia il fedele ma lo introduce nell’intimità.
Beato chi abita la tua casa: sempre canta le
tue lodi. Beato chi trova in te la sua forza e decide nel suo cuore il
santo viaggio.
Il salmista sottolinea due aspetti della
gioia: quello di vivere con il Signore, nell’intimità con Lui, e più
ancora di comprendere che la vita è un viaggio. Si tratta di farne un
pellegrinaggio: appunto “un santo viaggio”. È come se dicesse: la
vita è un cammino; deciditi a farne un cammino spirituale e non un
“franare” nei tuoi giorni e con i tuoi giorni. La forza? Non è in te ma
nel Signore. Scoprirlo è fonte di serenità e gioia.
Passando per la valle del pianto la cambia in
una sorgente: anche la prima pioggia l’ammanta di benedizioni. Cresce
lungo il cammino il suo vigore, finché compare davanti a Dio in Sion.
“Valle del pianto”, nella Volgata è “valle
lacrimarum”, da cui l’espressione della Salve Regina: in
hac lacrimarum valle, in questa valle di lacrime, per indicare la
vita terrena. Stupenda è l’affermazione che viene subito dopo. Dentro il
“santo viaggio” il pellegrino cambia questo luogo desolato in luogo
ameno di sorgenti. E la stessa benefica pioggia (probabilmente di primo
autunno) diventa simbolo di benedizioni e pace. Che cosa infatti risulta
impossibile a chi vive amando? Un’altra affermazione preziosa. Chi
vive dentro un cammino spirituale avverte una crescita di
vigore proprio cammin facendo. È la forza di Dio a cui egli
ricorre con fiducia sempre più determinata.
Signore, Dio degli eserciti ascolta […] porgi
l’orecchio […] Vedi, […] guarda il volto del tuo consacrato. Per me […]
stare sulla soglia della casa del mio Dio è meglio che abitare nelle
tende degli empi.
Chi è questo consacrato? Il
re o più probabilmente il sommo sacerdote dell’epoca post-esilica, capo
della comunità giudaica. In una lettura cristiana del salmo si tratta di
colui che è consacrato a Dio nel battesimo, più radicalmente
nell’ordinazione sacerdotale o nella consacrazione religiosa mediante i
voti.
Interessante la confidenza con cui il
salmista si rivolge a Dio invocandone l’ascolto e lo sguardo: un aiuto
potente in ordine alla sua scelta di accedere alla casa di Dio e
non di vivere nelle tende degli empi. Come dire: Aiutami, perché io
voglio vivere con Te e come Tu vuoi.
Poiché sole e scudo è il Signore Dio, il
Signore concede grazia e gloria […] a chi cammina con rettitudine […]
beato l’uomo che in te confida.
Due immagini: “sole” e
“scudo”. Esprimono due realtà che infondono sicurezza a chi sceglie la
strada della rettitudine senza lasciarsi lusingare da luccichii di altre
strade. Sceglie con determinazione, senza paura e scoraggiamento perché
si fida, sa da chi gli viene vigore e gioia.
Meditiamo attualizzando
Il profeta Isaia invita: «Venite, saliamo al
monte del Signore» (Is 2,2). «Il popolo che camminava nelle tenebre vide
una grande luce […]. Hai moltiplicato la gioia» (Is 9,1-5).
Anche l’autore del salmo 88 dice: «Beato il
popolo che cammina alla luce del tuo volto: esulteranno tutto il
giorno».
È un filo consistente molto importante questo
tema del camminare nella luce. Attraversa tutta la Bibbia.
Suggerisco di consultare altri passi: «nella tua verità io cammini» (Sl
86,10); «Cammineranno i popoli alla tua luce» (Is 60,3); e anche Michea
6,8; Isaia 33,15; Ezechiele 18,9 ecc. Sì, questo tema è, a ben
riflettere, una chiave interpretativa dell’esistenza umana.
Oggi molta gente sta male perché non sa per
quale ragione è al mondo. Che senso ha vivere? Dove sto andando dentro i
miei giorni?
La mia vita voluta da un Dio che mi ha creato
per amore è una strada con una meta ben precisa: bella e piena
d’incanto. Vale dunque la pena di percorrerla, con attenzione ai
“semafori” che sono le indicazioni del Signore attraverso la sua Legge.
Sì, è bello, dà gioia entrare nella
persuasione che vivere è la chiamata a scegliere d’intraprendere “il
santo viaggio” ascoltando Gesù che dice: «Camminate mentre avete la
luce», ossia mentre potete incontrare Lui, essere rinvigoriti dalla sua
Parola, dal suo Pane Eucaristico, dall’intimità che viene a chi lo
contatta nel cuore mentre cammina. È in forza di Lui, che tu scegli di
camminare secondo lo Spirito. (cfr. Gal 5,26 e Rm 4 e ss) non secondo
gli impulsi istintivi dell’egoismo. Certo chi cammina spiritualmente può
anche imbattersi (come ogni uomo che vive su questa terra) nella “valle
del pianto” ma proprio perché è cosciente di star pellegrinando verso la
meta radiosa della vera Casa, la tramuta in “una sorgente”, una sorgente
di senso, una sorgente di amore e dunque di gioia.
«Il mio cuore e la mia carne esultano
nel Dio vivente» (v. 3).
Se sai che la tua vita è un viaggio e che
vale la pena di percorrerlo perché ha una gran bella meta, come fai a
non cantare di gioia? Metti solo nel tuo zaino tanta volontà di
rettitudine, di non rifiutare mai il bene (v. 13) e sii «beato perché
sei uno che confida nel tuo Dio».
La Parola m’interpella
Ho ben chiaro e ben “piantata” in cuore la
convinzione che vivere è “camminare alla Luce” di un Dio fatto
uomo il cui volto è Pace, la cui Parola è Vita, il cui amore è Gioia?
Quando incappo nella “valle del pianto”, come
mi comporto? Mi butto a terra scoraggiato/a o tiro fuori dallo zaino la
dose quotidiana di fiducia nel Signore, e, lungi dal “mollare” la
preghiera, la intensifico camminando nel mio vivere e cambiando così il
pianto in sorgente di gioia da donare ai familiari e amici?
Ho capito bene che devo decidermi al “santo
viaggio” camminando secondo le indicazioni dello Spirito che mi vengono
dalla Legge di Dio (i comandamenti), dalla Parola di Gesù e dal Nuovo
Testamento? Ho capito che devo debellare l’ego e i suoi impulsi
incentivati da questo tipo di società che esalta la corsa ai soldi, al
sesso nelle sue sfrenatezze, al successo a tutti i costi?
Per averne la forza, mi accosto sovente ai
sacramenti e medito la Parola ogni giorno?
Il mio cammino, anche se faticoso, è un
camminare “esultando”, cantando di gioia? O mi lascio appesantire da
tristezze?
Per la preghiera
Mi trovo uno spazio di silenzio, forse alla
luce del tabernacolo, oppure alla luce del sole (simbolo del Signore).
Mi espongo alla luce e chiedo al Signore di decidere
nel cuore, cioè nel profondo di me il “santo viaggio”, cioè di
camminare alla luce del suo volto e dei suoi insegnamenti. «I
superbi (le forze del male) tendono lacci e pongono agguati nel cammino»
(Sl 139), ma mio sole, mio scudo e mia forza è il Signore. Confido in
Lui, non temerò alcun male e gioirò del suo amore.
* Suora delle Figlie di M.
Ausiliatrice, Animatrice della Casa di preghiera e di accoglienza a
Subiaco (RM).
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