n. 10
ottobre 2005

 

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Gioia di vivere...
di Maria Pia Giudici *

 

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Se decidi nel cuore «il santo viaggio...»

Il salmo 83 che la tradizione giudaica attribuisce ai “figli di Core”, una famiglia sacerdotale che attendeva al servizio liturgico e custodiva l’arca dell’Alleanza (cfr. 1Cr 9,19). L’ispirazione è nata probabilmente durante uno dei pellegrinaggi prescritti dalla Legge di Mosè (cfr. Es 23,17; Sam 1,3; Lc 2,42). Questo canto del pellegrino è traboccante di un profondo anelito a Dio e della gioia che viene dal Signore a chi cerca Lui con cuore sincero. È molto attuale proprio perché emblematico di quel “pellegrinare” che è la nostra vita. Noi tutti siamo in cammino. Ma l’importante è decidere nel cuore che questo nostro andare diventi “il santo viaggio”, cioè il praticare un cammino spirituale.

 

Approfondimento del testo
 

Quanto sono amabili le tue dimore, Signore degli eserciti.

L’esclamazione dice quanto al pellegrino sia caro il tempio, dove dimora il Signore. Egli è detto “degli eserciti”, nel senso che è sovrano delle schiere angeliche o, secondo altri esegeti, delle schiere stellari, cioè del cosmo.

L’anima mia languisce e brama gli atri del Signore. Il mio cuore e la mia anima esultano nel Dio vivente.

I versetti esprimono l’empito di un desiderio di Dio che non è certo cerebralità vestita di poesia. Tutta la persona del pellegrino: cuore (sede decisionale) e carne, (dimensione corporea), la totalità dunque dell’uomo è afferrata da una gioia grande: l’esultare non in se stessi ma nel Dio che dà vita. Il salmista sembra dire che l’anelito a Dio è un bisogno di fondo nell’uomo, quasi un istinto iscritto nella sua identità di spirito incarnato.

Anche il passero trova la casa, la rondine il nido dove porre i suoi piccoli presso i tuoi altari, Signore degli eserciti, mio re e mio Dio.

A tutto il salmo fa da sfondo il tempio verso il quale si muove il pellegrino, probabilmente durante la solenne festa delle capanne. Chi muove i suoi passi verso Sion e il suo tempio ne tiene così vivo in cuore il desiderio da visualizzare la delicatissima immagine degli uccelli, che hanno la fortuna di nidificare e porre i loro piccoli presso gli altari di Dio.

Torna l’espressione: “Signore degli eserciti” accompagnata da “mio re e mio Dio”. È la grandezza, la maestà, la sovranità di Dio che viene esaltata. Ma quell’aggettivo possessivo “mio”, ripetuto, esprime anche il rapporto personale con un Dio che non schiaccia il fedele ma lo introduce nell’intimità.

Beato chi abita la tua casa: sempre canta le tue lodi. Beato chi trova in te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio.

Il salmista sottolinea due aspetti della gioia: quello di vivere con il Signore, nell’intimità con Lui, e più ancora di comprendere che la vita è un viaggio. Si tratta di farne un pellegrinaggio: appunto “un santo viaggio”. È come se dicesse: la vita è un cammino; deciditi a farne un cammino spirituale e non un “franare” nei tuoi giorni e con i tuoi giorni. La forza? Non è in te ma nel Signore. Scoprirlo è fonte di serenità e gioia.

Passando per la valle del pianto la cambia in una sorgente: anche la prima pioggia l’ammanta di benedizioni. Cresce lungo il cammino il suo vigore, finché compare davanti a Dio in Sion.

“Valle del pianto”, nella Volgata è “valle lacrimarum”, da cui l’espressione della Salve Regina: in hac lacrimarum valle, in questa valle di lacrime, per indicare la vita terrena. Stupenda è l’affermazione che viene subito dopo. Dentro il “santo viaggio” il pellegrino cambia questo luogo desolato in luogo ameno di sorgenti. E la stessa benefica pioggia (probabilmente di primo autunno) diventa simbolo di benedizioni e pace. Che cosa infatti risulta impossibile a chi vive amando? Un’altra affermazione preziosa. Chi vive dentro un cammino spirituale avverte una crescita di vigore proprio cammin facendo. È la forza di Dio a cui egli ricorre con fiducia sempre più determinata.

Signore, Dio degli eserciti ascolta […] porgi l’orecchio […] Vedi, […] guarda il volto del tuo consacrato. Per me […] stare sulla soglia della casa del mio Dio è meglio che abitare nelle tende degli empi.

Chi è questo consacrato? Il re o più probabilmente il sommo sacerdote dell’epoca post-esilica, capo della comunità giudaica. In una lettura cristiana del salmo si tratta di colui che è consacrato a Dio nel battesimo, più radicalmente nell’ordinazione sacerdotale o nella consacrazione religiosa mediante i voti.

Interessante la confidenza con cui il salmista si rivolge a Dio invocandone l’ascolto e lo sguardo: un aiuto potente in ordine alla sua scelta di accedere alla casa di Dio e non di vivere nelle tende degli empi. Come dire: Aiutami, perché io voglio vivere con Te e come Tu vuoi.

Poiché sole e scudo è il Signore Dio, il Signore concede grazia e gloria […] a chi cammina con rettitudine […] beato l’uomo che in te confida.

Due immagini: “sole” e “scudo”. Esprimono due realtà che infondono sicurezza a chi sceglie la strada della rettitudine senza lasciarsi lusingare da luccichii di altre strade. Sceglie con determinazione, senza paura e scoraggiamento perché si fida, sa da chi gli viene vigore e gioia.

 

Meditiamo attualizzando

Il profeta Isaia invita: «Venite, saliamo al monte del Signore» (Is 2,2). «Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce […]. Hai moltiplicato la gioia» (Is 9,1-5).

Anche l’autore del salmo 88 dice: «Beato il popolo che cammina alla luce del tuo volto: esulteranno tutto il giorno».

È un filo consistente molto importante questo tema del camminare nella luce. Attraversa tutta la Bibbia. Suggerisco di consultare altri passi: «nella tua verità io cammini» (Sl 86,10); «Cammineranno i popoli alla tua luce» (Is 60,3); e anche Michea 6,8; Isaia 33,15; Ezechiele 18,9 ecc. Sì, questo tema è, a ben riflettere, una chiave interpretativa dell’esistenza umana.

Oggi molta gente sta male perché non sa per quale ragione è al mondo. Che senso ha vivere? Dove sto andando dentro i miei giorni?

La mia vita voluta da un Dio che mi ha creato per amore è una strada con una meta ben precisa: bella e piena d’incanto. Vale dunque la pena di percorrerla, con attenzione ai “semafori” che sono le indicazioni del Signore attraverso la sua Legge.

Sì, è bello, dà gioia entrare nella persuasione che vivere è la chiamata a scegliere d’intraprendere “il santo viaggio” ascoltando Gesù che dice: «Camminate mentre avete la luce», ossia mentre potete incontrare Lui, essere rinvigoriti dalla sua Parola, dal suo Pane Eucaristico, dall’intimità che viene a chi lo contatta nel cuore mentre cammina. È in forza di Lui, che tu scegli di camminare secondo lo Spirito. (cfr. Gal 5,26 e Rm 4 e ss) non secondo gli impulsi istintivi dell’egoismo. Certo chi cammina spiritualmente può anche imbattersi (come ogni uomo che vive su questa terra) nella “valle del pianto” ma proprio perché è cosciente di star pellegrinando verso la meta radiosa della vera Casa, la tramuta in “una sorgente”, una sorgente di senso, una sorgente di amore e dunque di gioia.

«Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente» (v. 3).

Se sai che la tua vita è un viaggio e che vale la pena di percorrerlo perché ha una gran bella meta, come fai a non cantare di gioia? Metti solo nel tuo zaino tanta volontà di rettitudine, di non rifiutare mai il bene (v. 13) e sii «beato perché sei uno che confida nel tuo Dio».

 

La Parola m’interpella

Ho ben chiaro e ben “piantata” in cuore la convinzione che vivere è “camminare alla Luce” di un Dio fatto uomo il cui volto è Pace, la cui Parola è Vita, il cui amore è Gioia?

Quando incappo nella “valle del pianto”, come mi comporto? Mi butto a terra scoraggiato/a o tiro fuori dallo zaino la dose quotidiana di fiducia nel Signore, e, lungi dal “mollare” la preghiera, la intensifico camminando nel mio vivere e cambiando così il pianto in sorgente di gioia da donare ai familiari e amici?

Ho capito bene che devo decidermi al “santo viaggio” camminando secondo le indicazioni dello Spirito che mi vengono dalla Legge di Dio (i comandamenti), dalla Parola di Gesù e dal Nuovo Testamento? Ho capito che devo debellare l’ego e i suoi impulsi incentivati da questo tipo di società che esalta la corsa ai soldi, al sesso nelle sue sfrenatezze, al successo a tutti i costi?

Per averne la forza, mi accosto sovente ai sacramenti e medito la Parola ogni giorno?

Il mio cammino, anche se faticoso, è un camminare “esultando”, cantando di gioia? O mi lascio appesantire da tristezze?

 

Per la preghiera

Mi trovo uno spazio di silenzio, forse alla luce del tabernacolo, oppure alla luce del sole (simbolo del Signore). Mi espongo alla luce e chiedo al Signore di decidere nel cuore, cioè nel profondo di me il “santo viaggio”, cioè di camminare alla luce del suo volto e dei suoi insegnamenti. «I superbi (le forze del male) tendono lacci e pongono agguati nel cammino» (Sl 139), ma mio sole, mio scudo e mia forza è il Signore. Confido in Lui, non temerò alcun male e gioirò del suo amore.

* Suora delle Figlie di M. Ausiliatrice, Animatrice della Casa di preghiera e di accoglienza a Subiaco (RM).

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