 |
 |
 |
 |
Secondo
gli esegeti, il consiglio "evita il male e fa’ il bene" del Salmo 33,15 è un
ammonimento morale generale, ripreso alla lettera anche dal Salmo 37,27 e
ripetuto spesso nell’insegnamento della tradizione sapienziale (Pr 3,7; Gb
28,28) e profetica (Am 5,14-15). Esso richiama la celebre affermazione di san
Paolo, che ognuno/a potrebbe sottoscrivere: "Io non compio il bene che voglio,
ma il male che non voglio" (Rm 7,19).
Il mondo in cui viviamo è da sempre segnato dal male. Il
fatto è constatato nel Nuovo Testamento come nell’Antico Testamento: cose brutte
subìte nell’ordine fisico (Mt 15,22) o prodotte nell’ordine morale (Mt 22,18),
uomini malvagi (Mt 21,41), spiriti malvagi (Mt 12,45), il male in quanto tale (Mt
5,11), il Maligno personificato che viene identificato con Satana (Mt 5,37). Il
male divide da Dio e dagli uomini (Rm 1,29; Tit 3,3), è da evitare a tutti i
costi (Rm 12,9.17.21) ed è necessario pregare per ottenere di esserne capaci (Mt
6,13; At 8,22).
Oggi s’impone una maggiore consapevolezza e riflessione sulla
realtà che si oppone al bene, e che viene detta brutta o cattiva, moralmente e
spiritualmente distruttiva. Il termine "male" è suscettibile di svariate
interpretazioni. Tutti sanno per esperienza che esistono molteplici forme di
male: fisico, morale, spirituale, psicologico, personale, sociale… C’è un male
che sta fuori di noi e un male che si annida dentro di noi, come sottolinea Gesù
nel discorso sul puro e l’impuro: "Dal di dentro, cioè dal cuore degli uomini,
escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigie,
malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza…" (Mc
7,21-22). C’è un male che facciamo ad altri e un male che subiamo da altri.
Esiste un male insito nella nostra condizione di creature, cioè di persone
limitate, finite, caduche, mortali. C’è un male provocato dal nostro egoismo e
un male sopportato per generoso altruismo, ossia la capacità di soffrire per la
gioia di altri, di sacrificarsi per il bene altrui.
La molteplicità dei mali è da ricondurre in qualche modo al
"male" che, secondo la rivelazione biblica, è definibile come opposizione a Dio,
sommo bene, vita, felicità. Il male, in fondo, è il peccato. Abitualmente
recitiamo il Padre nostro dicendo: "ma liberaci dal male". Molti antichi
preferivano, invece, l’altra traduzione, altrettanto corretta: "ma liberaci dal
Maligno". I vangeli sottolineano che il Maligno, il diavolo, ha tentato anche
Gesù, e ciò è di ammaestramento per noi. Nelle tentazioni subite da Gesù in
quaranta giorni di deserto, Satana non ha cercato (almeno apparentemente) di
distoglierlo dal suo compito messianico, ma gli ha suggerito di svolgerlo
servendosi del prestigio e della potenza a poco prezzo. Satana è scaltro: non
consiglia direttamente di disobbedire a Dio, ma piuttosto suggerisce
d’interpretare a "suo" modo la volontà divina.
La pericolosità della tentazione sta nel fatto che Satana non
parla a nome suo, non oppone la propria stoltezza alla Parola di Dio, ma si
sforza, ingannando, di partire dalle Scritture, pretendendo di presentarsi con
il sostegno di ciò che esce dalla bocca di Dio. Il rischio e la forza della
tentazione si nascondono in questa furbizia del Maligno. La tentazione proviene
da Satana, ma al tempo stesso procede da una sempre possibile distorta lettura
delle Scritture, che porta inevitabilmente a una concezione capovolta del
disegno di Dio. Se è così, allora è veramente importante pregare continuamente
nell’ora della tentazione, supplicando il Padre: "liberaci dal Maligno". Il
credente sa che il male - presente nel mondo e negli uomini - non si spiega
soltanto con la cattiveria umana: c’è un tentatore che spinge al male,
promuovendolo come un bene. Ma il cristiano sa anche che non tutto il male è da
attribuire alla sola responsabilità del tentatore. Il male ha il suo terreno di
coltura nel cuore umano: qui egli medita i suoi cattivi disegni e "si ostina su
vie non buone" (Sal 36,5), si aggrappa al proprio egoismo e ai falsi dei.
Per vincere il peccato, l’innocente Gesù si è lasciato
trattare da peccato. E san Paolo esorta: "Non lasciarti vincere dal male, ma
vinci con il bene il male" (Rm 12,21). Il male si vince facendo il bene, come
chiede Gesù nel discorso della montagna: "Se uno ti percuote sulla guancia
destra, tu porgigli anche l’altra" (Mt 5,39). Fare il bene, infinitamente più
forte del male, implica la "passione", il dolore, la fatica, l’agonia, il
combattimento, il sacrificio. Basti pensare al Cristo Crocifisso: la maledizione
della Croce ha generato la benedizione; "dalle sue piaghe noi siamo stati
guariti!" (1Pt 2,25). Se la legge antica non era sufficiente a liberare l’uomo
dal male e a radicare in lui il bene, lo ha fatto Cristo: subendo la morte per
amore, ci ha strappati dalla schiavitù del male, rendendoci capaci di operare il
bene.
Di fronte ai mali che aggrediscono persona e società, e che
denominiamo "vizi", "i sette vizi capitali", "le sette malattie dell’anima"…, il
credente - tanto più la persona consacrata - è chiamato a praticare una serie di
virtù capaci di sconfiggerli. Tutti conosciamo le coppie formate dai sette
peccati capitali e dalle virtù capaci di contrastarli: superbia-umiltà;
avarizia-generosità; lussuria-castità; ira-pazienza; gola-temperanza;
invidia-carità; accidia-sollecitudine. "Il tema delle virtù e dei vizi -
scriveva alcuni anni fa il teologo Bruno Secondin - ha fatto naufragio nella
letteratura teologica e spirituale recente. Non se ne parla quasi più,
specialmente dei vizi: e non credo che sia dovuto al fatto che ce ne sono di
meno…".
Ai nostri giorni, invece, la riflessione sul tema dei vizi e
delle virtù gode di un rinnovato e vasto interesse. Ne parlano filosofi,
sociologi, biblisti e teologi. Sono noti i nomi e le opere di Salvatore Natoli,
Fernando Savater, Umberto Galimberti, Dag Tessore, Pascal Ide, Gianfranco
Ravasi, Enzo Bianchi, Paola Moschetti..., alcuni dei quali espressamente citati
nel Dossier di questo sesto numero di Consacrazione e Servizio. Anche il
Festival che si è svolto a Lodi dall’8 al 20 maggio 2007, quest’anno alla sua
quinta edizione, ha riservato particolare interesse al tema: la rassegna ha
affrontato il settimo vizio capitale, l’accidia - vizio che affievolisce
creatività e gusto della vita - individuando i suoi possibili antidoti:
l’impegno, il coinvolgimento, il "prendersi cura di".
Amiche lettrici e lettori, certamente questo nuovo numero
della rivista mette a fuoco un sentire del nostro tempo, presentandosi ricco di
stimoli e sollecitazioni. L’attenzione che il Consiglio di redazione ha voluto
porre alla tematica del Dossier è quella di una formazione spirituale che
solleciti lettrici e lettori a guardare in profondità in se stessi e a condurre
una personale e comunitaria ricerca non in modo dogmatico o astratto, ma vitale
e concreto.
Orientandosi in questa prospettiva, il fascicolo si apre con
una riflessione sulla parabola del fico sterile, "che è un invito alla
conversione e rimanda al desiderio di Dio: egli vuole che portiamo frutto" (Diana
Papa). Segue il profilo su suor Rosalba Smedili, Figlia della Chiesa,
un’innamorata di Cristo Buon Pastore, che le ha rapito il cuore: una storia di
vita semplice e breve (muore nel 2004 a soli 37 anni), "ma che continua a
spandere un profumo intenso" (Francesco Lambiasi). La rubrica Orizzonti
presenta tre contributi su tematiche di viva attualità. Mons. Angelo Amato
introduce alla lettura del libro del Santo Padre su Gesù di Nazaret, che sta
riscuotendo grande successo editoriale. Il carmelitano Bruno Secondin,
alla luce dell’esperienza della Chiesa primitiva, individua alcune risposte
creative di fronte alla sfida della diversità delle culture. Don Claudio
Sperapani, rettore del seminario di Viterbo, sollecitato dalle parole di
Benedetto XVI sul seminario "tempo dell’innamoramento", invita a riflettere
sull’itinerario formativo dei giovani che bussano alle porte del Seminario o
delle case religiose. Il numero si chiude con la presentazione di un film che fa
riflettere e provoca a non rimanere indifferenti (Teresa Braccio) e con
le segnalazioni di novità editoriali (Luciagnese Cedrone).
Maria Marcellina Pedico
delle Serve di Maria Riparatrici
|