n.6
giugno 2007

 

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«Evita il male e fa' il bene»
Vizi e virtù

 

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Secondo gli esegeti, il consiglio "evita il male e fa’ il bene" del Salmo 33,15 è un ammonimento morale generale, ripreso alla lettera anche dal Salmo 37,27 e ripetuto spesso nell’insegnamento della tradizione sapienziale (Pr 3,7; Gb 28,28) e profetica (Am 5,14-15). Esso richiama la celebre affermazione di san Paolo, che ognuno/a potrebbe sottoscrivere: "Io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio" (Rm 7,19).

Il mondo in cui viviamo è da sempre segnato dal male. Il fatto è constatato nel Nuovo Testamento come nell’Antico Testamento: cose brutte subìte nell’ordine fisico (Mt 15,22) o prodotte nell’ordine morale (Mt 22,18), uomini malvagi (Mt 21,41), spiriti malvagi (Mt 12,45), il male in quanto tale (Mt 5,11), il Maligno personificato che viene identificato con Satana (Mt 5,37). Il male divide da Dio e dagli uomini (Rm 1,29; Tit 3,3), è da evitare a tutti i costi (Rm 12,9.17.21) ed è necessario pregare per ottenere di esserne capaci (Mt 6,13; At 8,22).

Oggi s’impone una maggiore consapevolezza e riflessione sulla realtà che si oppone al bene, e che viene detta brutta o cattiva, moralmente e spiritualmente distruttiva. Il termine "male" è suscettibile di svariate interpretazioni. Tutti sanno per esperienza che esistono molteplici forme di male: fisico, morale, spirituale, psicologico, personale, sociale… C’è un male che sta fuori di noi e un male che si annida dentro di noi, come sottolinea Gesù nel discorso sul puro e l’impuro: "Dal di dentro, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza…" (Mc 7,21-22). C’è un male che facciamo ad altri e un male che subiamo da altri. Esiste un male insito nella nostra condizione di creature, cioè di persone limitate, finite, caduche, mortali. C’è un male provocato dal nostro egoismo e un male sopportato per generoso altruismo, ossia la capacità di soffrire per la gioia di altri, di sacrificarsi per il bene altrui.

La molteplicità dei mali è da ricondurre in qualche modo al "male" che, secondo la rivelazione biblica, è definibile come opposizione a Dio, sommo bene, vita, felicità. Il male, in fondo, è il peccato. Abitualmente recitiamo il Padre nostro dicendo: "ma liberaci dal male". Molti antichi preferivano, invece, l’altra traduzione, altrettanto corretta: "ma liberaci dal Maligno". I vangeli sottolineano che il Maligno, il diavolo, ha tentato anche Gesù, e ciò è di ammaestramento per noi. Nelle tentazioni subite da Gesù in quaranta giorni di deserto, Satana non ha cercato (almeno apparentemente) di distoglierlo dal suo compito messianico, ma gli ha suggerito di svolgerlo servendosi del prestigio e della potenza a poco prezzo. Satana è scaltro: non consiglia direttamente di disobbedire a Dio, ma piuttosto suggerisce d’interpretare a "suo" modo la volontà divina.

La pericolosità della tentazione sta nel fatto che Satana non parla a nome suo, non oppone la propria stoltezza alla Parola di Dio, ma si sforza, ingannando, di partire dalle Scritture, pretendendo di presentarsi con il sostegno di ciò che esce dalla bocca di Dio. Il rischio e la forza della tentazione si nascondono in questa furbizia del Maligno. La tentazione proviene da Satana, ma al tempo stesso procede da una sempre possibile distorta lettura delle Scritture, che porta inevitabilmente a una concezione capovolta del disegno di Dio. Se è così, allora è veramente importante pregare continuamente nell’ora della tentazione, supplicando il Padre: "liberaci dal Maligno". Il credente sa che il male - presente nel mondo e negli uomini - non si spiega soltanto con la cattiveria umana: c’è un tentatore che spinge al male, promuovendolo come un bene. Ma il cristiano sa anche che non tutto il male è da attribuire alla sola responsabilità del tentatore. Il male ha il suo terreno di coltura nel cuore umano: qui egli medita i suoi cattivi disegni e "si ostina su vie non buone" (Sal 36,5), si aggrappa al proprio egoismo e ai falsi dei.

Per vincere il peccato, l’innocente Gesù si è lasciato trattare da peccato. E san Paolo esorta: "Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male" (Rm 12,21). Il male si vince facendo il bene, come chiede Gesù nel discorso della montagna: "Se uno ti percuote sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra" (Mt 5,39). Fare il bene, infinitamente più forte del male, implica la "passione", il dolore, la fatica, l’agonia, il combattimento, il sacrificio. Basti pensare al Cristo Crocifisso: la maledizione della Croce ha generato la benedizione; "dalle sue piaghe noi siamo stati guariti!" (1Pt 2,25). Se la legge antica non era sufficiente a liberare l’uomo dal male e a radicare in lui il bene, lo ha fatto Cristo: subendo la morte per amore, ci ha strappati dalla schiavitù del male, rendendoci capaci di operare il bene.

Di fronte ai mali che aggrediscono persona e società, e che denominiamo "vizi", "i sette vizi capitali", "le sette malattie dell’anima"…, il credente - tanto più la persona consacrata - è chiamato a praticare una serie di virtù capaci di sconfiggerli. Tutti conosciamo le coppie formate dai sette peccati capitali e dalle virtù capaci di contrastarli: superbia-umiltà; avarizia-generosità; lussuria-castità; ira-pazienza; gola-temperanza; invidia-carità; accidia-sollecitudine. "Il tema delle virtù e dei vizi - scriveva alcuni anni fa il teologo Bruno Secondin - ha fatto naufragio nella letteratura teologica e spirituale recente. Non se ne parla quasi più, specialmente dei vizi: e non credo che sia dovuto al fatto che ce ne sono di meno…".

Ai nostri giorni, invece, la riflessione sul tema dei vizi e delle virtù gode di un rinnovato e vasto interesse. Ne parlano filosofi, sociologi, biblisti e teologi. Sono noti i nomi e le opere di Salvatore Natoli, Fernando Savater, Umberto Galimberti, Dag Tessore, Pascal Ide, Gianfranco Ravasi, Enzo Bianchi, Paola Moschetti..., alcuni dei quali espressamente citati nel Dossier di questo sesto numero di Consacrazione e Servizio. Anche il Festival che si è svolto a Lodi dall’8 al 20 maggio 2007, quest’anno alla sua quinta edizione, ha riservato particolare interesse al tema: la rassegna ha affrontato il settimo vizio capitale, l’accidia - vizio che affievolisce creatività e gusto della vita - individuando i suoi possibili antidoti: l’impegno, il coinvolgimento, il "prendersi cura di".

Amiche lettrici e lettori, certamente questo nuovo numero della rivista mette a fuoco un sentire del nostro tempo, presentandosi ricco di stimoli e sollecitazioni. L’attenzione che il Consiglio di redazione ha voluto porre alla tematica del Dossier è quella di una formazione spirituale che solleciti lettrici e lettori a guardare in profondità in se stessi e a condurre una personale e comunitaria ricerca non in modo dogmatico o astratto, ma vitale e concreto.

Orientandosi in questa prospettiva, il fascicolo si apre con una riflessione sulla parabola del fico sterile, "che è un invito alla conversione e rimanda al desiderio di Dio: egli vuole che portiamo frutto" (Diana Papa). Segue il profilo su suor Rosalba Smedili, Figlia della Chiesa, un’innamorata di Cristo Buon Pastore, che le ha rapito il cuore: una storia di vita semplice e breve (muore nel 2004 a soli 37 anni), "ma che continua a spandere un profumo intenso" (Francesco Lambiasi). La rubrica Orizzonti presenta tre contributi su tematiche di viva attualità. Mons. Angelo Amato introduce alla lettura del libro del Santo Padre su Gesù di Nazaret, che sta riscuotendo grande successo editoriale. Il carmelitano Bruno Secondin, alla luce dell’esperienza della Chiesa primitiva, individua alcune risposte creative di fronte alla sfida della diversità delle culture. Don Claudio Sperapani, rettore del seminario di Viterbo, sollecitato dalle parole di Benedetto XVI sul seminario "tempo dell’innamoramento", invita a riflettere sull’itinerario formativo dei giovani che bussano alle porte del Seminario o delle case religiose. Il numero si chiude con la presentazione di un film che fa riflettere e provoca a non rimanere indifferenti (Teresa Braccio) e con le segnalazioni di novità editoriali (Luciagnese Cedrone).

Maria Marcellina Pedico
delle Serve di Maria Riparatrici