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Evangelizzazione sì
evangelizzazione no: il contesto attuale
Ci si pongono molte domande: in un
clima così irenico di dialogo inter-religioso ed ecumenico è ancora
possibile l’evangelizzazione? Se è possibile, è legittima? E se è
legittima, è necessaria oggi, dal momento che le religioni vengono
considerate tutte vie salvifiche?
A questi interrogativi cerca di dare
una risposta autorevole la
Nota della Congregazione
per la Dottrina della Fede, che ripropone l’insegnamento di Gesù, il
nostro Maestro divino. Apparendo ai discepoli dopo la risurrezione, Gesù
disse: «Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi» (Gv 20,21). E
ascendendo al cielo, lanciò loro la sfida dell’evangelizzazione: «Mi è
stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate
tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello
Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho
comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del
mondo» (Mt 28,18-20).
Obbedendo al comando del Signore, gli
apostoli si sparsero ai quattro angoli della terra, predicando,
convertendo, battezzando. Ricordiamo l’evangelizzazione operata da san
Pietro e conclusasi con la crocifissione sul colle Vaticano. La stessa
sorte toccò a san Paolo, l’apostolo delle genti, che nei suoi numerosi
viaggi in Asia e in Europa, soffrendo persecuzioni e umiliazioni, fondò
numerose comunità cristiane fino al martirio subito a Roma. Gli
Atti degli Apostoli
e le
Lettere
di San Paolo ci informano
esaurientemente di questa prodigiosa espansione missionaria della Chiesa
primitiva e dell’entusiasmo degli apostoli e dei discepoli
nell’annunciare Cristo e nel testimoniarlo fino al martirio.
L’evangelizzazione è stata una
costante della Chiesa nei duemila anni della sua esistenza. Negli ultimi
secoli straordinaria è stata la proclamazione del Vangelo nelle
Americhe, in Asia, in Africa, soprattutto a opera dei religiosi
Francescani, Domenicani, Agostiniani, Gesuiti, Trinitari, Carmelitani,
Salesiani e delle numerose congregazioni missionarie maschili e
femminili, il cui carisma era proprio l’impegno dell’annuncio del
Vangelo a tutte le genti. In tal modo il nome di Gesù è stato annunciato
dovunque, la sua grazia si è riversata abbondantemente su popoli e
nazioni e la preghiera a Dio Trinità si è elevata da ogni angolo della
terra. Questa attività missionaria – chiamata
missio ad gentes
- costituisce l’aspetto più dinamico
della vita della Chiesa nella storia.
Anche il Concilio Ecumenico Vaticano
II ha incoraggiato la missione, con il decreto
Ad gentes:
«Le principali iniziative con cui i divulgatori del Vangelo, andando nel
mondo intero, svolgono il compito di predicarlo e di fondare la Chiesa
in mezzo ai popoli ed ai gruppi umani che ancora non credono in Cristo,
sono chiamate comunemente “missioni”» (n. 6). La ragione dell’attività
missionaria della Chiesa dipende dalla volontà salvifica universale di
Dio, che «vuole che tutti gli uomini siano salvi e giungano alla
conoscenza della verità. Vi è infatti un solo Dio, ed un solo mediatore
tra Dio e gli uo-mini, Gesù Cristo, uomo anche lui, che ha dato se
stesso in riscatto per tutti» (1Tm 2,4-6): «non esiste in nessun altro
salvezza» (At 4,12). «È dunque necessario – continua il Concilio – che
tutti si convertano al Cristo conosciuto attraverso la predicazione
della Chiesa, ed a lui e alla Chiesa, suo corpo, siano incorporati
attraverso il battesimo» (Ad
gentes 7). Si ribadisce
sia l’urgenza della predicazione missionaria per la conversione dei non
cristiani sia la necessità del battesimo e della loro incorporazione
nella Chiesa: «Per questo non possono salvarsi quegli uomini i quali,
pur sapendo che la Chiesa cattolica è stata stabilita da Dio per mezzo
di Gesù Cristo come istituzione necessaria, tuttavia rifiutano o di
entrare o di rimanere in essa» (Ad
gentes 7).
È quindi compito irrinunciabile della
Chiesa, e anche suo inalienabile diritto, diffondere il Vangelo.
L’attività missionaria della Chiesa conserva in pieno ancora oggi, come
sempre, la sua validità e la sua legittimità, anzi la sua necessità e la
sua urgenza. Nonostante questo chiaro invito alla missione e nonostante
la constatazione che sempre più numerose comunità umane sembrano
ignorare il Vangelo, oggi l’attività evangelizzatrice subisce un certo
ristagno se non una vera e propria crisi. Sembra che si stia
attraversando - soprattutto da parte di istituti missionari - un periodo
di smarrimento sia teorico sia pratico. Sul piano pratico, sembra che,
più che la predicazione del Vangelo, sia oggi necessario e sufficiente
l’impegno di promozione umana per assolvere al comando missionario del
Signore Gesù: aiutare il prossimo, mediante iniziative concrete di
educazione e di assistenza, a riacquistare la propria dignità umana,
cooperando affinché intere popolazioni godano di un minimo di beni
materiali per poter vivere una esistenza decorosa. Si tratta, cioè, di
limitarsi a una testimonianza nel sociale, operata da missionari
impegnati nelle scuole e università, nella cooperazione agricola, nella
difesa dei diritti umani, negli ospedali. Si mette la sordina alla
dimensione religiosa dell’annuncio di Cristo e dell’invito alla
conversione e al battesimo.
Teoricamente, questa svolta pratica
della missione è motivata da precise indicazioni ideologiche, che
sostanzialmente ritengono superata e non più praticabile una vera e
propria missione. Se prima valeva il motto «extra ecclesiam
nulla
salus», oggi invece - sempre secondo
questa corrente ideologica - sarebbe più adeguato affermare «extra
ecclesiam multa
salus». Di conseguenza non ci sarebbe
una necessità impellente dell’attività missionaria e
dell’evangelizzazione, ma ci si dovrebbe limitare alla testimonianza
silenziosa e al riconoscimento della possibilità di salvezza per tutti
nell’ambito della propria religione, dal momento che tutte le credenze
sarebbero ugualmente valide. Il piano salvifico di Dio non sarebbe solo
quello realizzato nel mistero dell’incarnazione del suo Figlio divino,
ma si sarebbe manifestato nell’arcobaleno multicolore delle varie
religioni del mondo.
Una confusione
crescente
Di fronte a queste affermazioni
erronee, la Congregazione per la dottrina della fede, che già aveva dato
un quadro dottrinale completo su questa problematica nella Dichiarazione
Dominus Iesus
dell’anno 2000, risponde ora con una
Nota dottrinale su alcuni
aspetti dell’evangelizzazione,
richiamando il magistero sia conciliare sia postconciliare. Oltre al
Vaticano II, la Nota
fa riferimento all’esortazione
apostolica Evangelii
nuntiandi (1975) di Paolo
VI e al magistero pontificio di Giovanni Paolo II, soprattutto alla sua
enciclica Redemptoris
missio (1990).
La
Nota
comprende cinque brevi capitoletti,
per complessivi tredici articoli. Nell’Introduzione
si ripropone il mandato
missionario di Gesù, che, inviato dal Padre ad annunciare il Vangelo,
chiama tutti gli uomini alla conversione e alla fede, affidando agli
Apostoli la continuazione della sua missione evangelizzatrice. Ciò che è
accaduto all’inizio deve continuare lungo tutto il corso della storia:
«All'inizio del terzo millennio, risuona ancora nel mondo l'invito che
Pietro, insieme al fratello Andrea ed ai primi discepoli, ascoltò da
Gesù: “prendi il largo e calate le reti per la pesca” (Lc 5,4). E, dopo
il mira-colo di una grande raccolta di pesci, il Signore annunciò a
Pietro che sarebbe diventato “pescatore di uomini” (Lc 5,10)» (n. 1).
La
Nota
chiarisce il contenuto del termine
evangelizzazione,
che si rivolge a tutta l’umanità e che concretamente «significa non
soltanto insegnare una dottrina, bensì annunciare il Signore Gesù con
parole ed azioni, cioè farsi strumento della sua presenza e azione nel
mondo» (n. 2). Se ogni persona umana ha diritto a ricevere il dono della
Parola di Dio, la Chiesa ha il dovere di evangelizzare. San Paolo
scriveva: «Non è infatti per me un vanto predicare il Vangelo; è un
dovere per me: guai a me se non predicassi il Vangelo!» (1Cor 9,16; cf
Rm 10,14).
L’Introduzione parla, infine, della
confusione che oggi induce molti a lasciare inascoltato e inoperante il
comando missionario del Signore. Sono sostanzialmente due le obiezioni
al riguardo. Anzitutto, l’attività evangelizzatrice della Chiesa sarebbe
un limite posto alla libertà altrui: «Sarebbe lecito solamente esporre
le proprie idee ed invitare le persone ad agire secondo coscienza, senza
favorire una loro conversione a Cristo ed alla fede cattolica» (n. 3).
In secondo luogo, alcuni ritengono che non si dovrebbe annunciare Cristo
ai non cristiani né favorire l’adesione alla Chiesa, «poiché sarebbe
possibile esser salvati anche senza una conoscenza esplicita di Cristo e
senza una incorporazione formale alla Chiesa» (n. 3).
Il testo della Congregazione per la
Dottrina della Fede intende rispondere a queste difficoltà, nel rispetto
della coscienza e della li-bertà di ogni persona umana. Per questo si
accenna a un triplice aspetto dell’evangelizzazione: aspetto
antropologico, ecclesiologico, ecumenico.
Aspetto antropologico
dell’evangelizzazione
L’evangelizzazione è un dono offerto
alla libertà umana e alla sua capacità di conoscere e amare ciò che è
buono e vero, soprattutto se si tratta di conoscere e amare la verità
salvifica e di aderire alla persona di Cristo Salvatore. Ma - qualcuno
obietta - è legittimo oggi proporre ad altri ciò che si ritiene vero per
sé? Non è questo un attentato alla libertà altrui? In realtà, la
considerazione della libertà umana sganciata dal suo inscindibile
riferimento alla verità non è altro che espressione di quel relativismo,
che non riconosce nessuna verità riducendo tutto a un indifferenziato
pluralismo. Si nega, cioè, all’uomo una sua intrinseca capacità e cioè
la possibilità di conoscere e seguire la verità. Ma «se l'uomo nega la
sua fondamentale capacità della verità, se diviene scettico sulla sua
facoltà di conoscere realmente ciò che è vero, egli finisce per perdere
ciò che in modo unico può avvincere la sua intelligenza ed affascinare
il suo cuore» (n. 4).
Inoltre, nella ricerca della verità
l’uomo non può fare affidamento solo sulle proprie forze, dal momento
che fin dalla sua nascita egli non fa altro che accogliere numerose
tradizioni e molteplici verità, che costituiscono il corredo del suo
linguaggio e della sua formazione culturale e spirituale. Nessuno può
negare il fatto che sono più numerose le verità semplicemente «ricevute»
e «credute» che quelle acquisite mediante la propria personale verifica.
Ora questa indispensabile necessità
di affidarsi alle conoscenze ricevute è tanto più urgente quando si
tratta di quella verità in grado di illuminare e di guidare il senso
dell’esistenza personale. L’accoglienza - per fede e nella più assoluta
libertà di coscienza - della verità rivelata rientra nella dinamica
della ricerca della verità. E la verità evangelica non si impone che in
forza della sua stessa verità: «Perciò, sollecitare onestamente
l'intelligenza e la libertà di una persona all'incontro con Cristo e con
il suo Vangelo non è una indebita intromissione nei suoi confronti,
bensì una legittima offerta ed un servizio che può rendere più fecondi i
rapporti fra gli uomini» (n. 5).
Inoltre, l’evangelizzazione, e cioè
l’attività con cui il cristiano comunica ad altri il Vangelo favorendone
l’accoglienza, non solo è in profonda sintonia con la natura del
processo umano di dialogo e di apprendimento, ma è anche rispondente a
un’altra realtà antropologica, quella cioè di far partecipi gli altri
dei propri beni.
Il cristiano, affascinato dal
Vangelo, non può fare a meno di testimoniarlo e di proporlo al prossimo:
«Per ogni uomo è un grande bene la rivelazione delle verità fondamentali
su Dio, su se stesso e sul mondo; mentre vivere nell'oscurità, senza la
verità circa le ultime questioni, è un male, spesso all'origine di
sofferenze e di schiavitù talvolta drammatiche. Ecco perché San Paolo
non esita a descrivere la conversione alla fede cristiana come una
liberazione “dal regno delle tenebre” ed un ingresso “nel regno del
Figlio prediletto, nel quale abbiamo la redenzione e la remissione dei
peccati” (Col 1,13-14)» (n. 7). Per questo l’adesione a Cristo e alla
verità del suo Vangelo e l’ingresso nella Chiesa non limitano ma
esaltano la libertà umana e la protendono verso il suo compimento.
L’evangelizzazione, anche antropologicamente parlando, è un dono
inestimabile che la Chiesa fa nella più assoluta gratuità e libertà,
all’umanità intera, rendendola partecipe della propria ricchezza di
verità e di grazia. Il movente originario dell’evangelizzazione è
infatti l’amore di Cristo per la salvezza eterna degli uomini.
Aspetto ecclesiologico
dell’evangelizzazione
Una caratteristica
dell’evangelizzazione è l’invito alla fede, alla conversione e alla
sequela Christi.
Se l’appello alla conversione vale per i non cristiani, chiamati
all’accoglienza libera della grazia, e per i cristiani, chiamati al
quotidiano cambio di mentalità, l’incorporazione nella Chiesa non è
altro che l’ingresso nella comunione con Gesù e nei beni spirituali del
Regno di Dio: «Il Regno di Dio non è - come alcuni oggi sostengono - una
realtà generica che sovrasta tutte le esperienze o le tradizioni
religiose, e a cui esse dovrebbero tendere come ad un'universale ed
indistinta comunione di tutti coloro che cercano Dio, ma è anzitutto una
persona, che ha il volto e il nome di Gesù di Nazareth, immagine del Dio
invisibile» (n. 9).
Incorporazione alla Chiesa è quindi
ingresso nel Regno e comunione con Cristo. Non si può disgiungere il
Regno dalla Chiesa, così come non si può separare Cristo dal Regno e
dalla Chiesa, suo corpo mistico. A questo proposito bisogna superare
un’altra obiezione proveniente dal pensiero relativistico e
pluralistico, per cui a molti fedeli non è chiara la stessa ragion
d’essere dell’evangelizzazione: «Si afferma addirittura che la pretesa
di aver ricevuto in dono la pienezza della Rivelazione di Dio nasconde
un atteggiamento d'intolleranza ed un pericolo per la pace» (n. 10). In
realtà se la libertà non è indifferenza, ma tensione al bene, il
rispetto per la libertà religiosa di ogni persona umana non deve
renderci indifferenti verso la verità e il bene da comunicare con
gratuità e carità e nell’assoluto rispetto della altrui coscienza.
Nel contemporaneo «deserto»
dell’oscurità di Dio e dello svuotamento della coscienza e della dignità
umana, la proposta evangelizzatrice è un atto generoso di carità e allo
stesso tempo un diritto e un dovere irrinunciabile dell’uomo libero: «Un
diritto che purtroppo, in alcune parti del mondo, non è ancora
legalmente riconosciuto ed in altre non è rispettato nei fatti» (n. 10).
L’evangelizzazione, inoltre, si realizza sia mediante la predicazione
pubblica del Vangelo sia mediante la testimonianza personale di fedeltà,
di coerenza e di santità. Parola e testimonianza si illuminano a
vicenda. Se la parola è smentita dalla condotta, rimane sterile. Ma
anche la testimonianza, se non è sostenuta da un annuncio chiaro e
inequivocabile del Signore Gesù, rimane anch’essa impotente.
Aspetto ecumenico
dell’evangelizzazione
L’evangelizzazione promossa dalla
Chiesa ha un raggio universale e si realizza in modo diverso a seconda
delle comunità umane e religiose alle quali si rivolge. Il documento,
proponendo il caso concreto dell’evangelizzazione in paesi di antica
tradizione cristiana, richiama il rispetto che si deve avere per le loro
tradizioni e le loro ricchezze spirituali. Riafferma anche l’urgenza
dell’impegno ecumenico, mediante l’ascolto, la discussione teologica, la
testimonianza. A questo proposito si ribadisce che, dovunque si trovi e
ogni qualvolta lo voglia, il fedele cattolico ha il diritto e il dovere
di dare la testimonianza e l’annuncio pieno della propria fede.
Per questo non si può accusare il
fedele cattolico di
proselitismo – nel senso
peggiorativo del termine e cioè come
indebita pressione sulla altrui
coscienza – se egli, nella
libertà, nel rispetto e nella gratuità della carità, manifesta la
propria fede cattolica mediante la parola e la testimonianza: «Al
riguardo va notato che se un cristiano non cattolico, per ragioni di
coscienza e convinto della verità cattolica, chiede di entrare nella
piena comunione della Chiesa cattolica, ciò va rispettato come opera
dello Spirito Santo e come espressione della li-bertà di coscienza e di
religione. In questo caso non si tratta di proselitismo, nel senso
negativo attribuito a questo termine. Come ha esplicitamente
riconosciuto il Decreto
sull’Ecumenismo del
Concilio Vaticano II, «”è chiaro che l’opera di preparazione e di
riconciliazione di quelle singole persone che desiderano la piena
comunione cattolica è di natura sua distinta dall’iniziativa ecumenica;
non c’è però alcuna opposizione, poiché l’una e l’altra procedono dalla
mirabile disposizione di Dio”. Perciò tale iniziativa non priva del
diritto né esime dalla responsabilità di annunciare in pienezza la fede
cattolica agli altri cristiani, che liberamente accettano di
accoglierla» (n. 12).
La testimonianza alla verità va fatta
non con la forza né con indebiti artifici, ma nella libertà e nel
rispetto dell’altrui coscienza. Sono la Parola di Dio e la grazia dello
Spirito Santo a convincere e a convertire i cuori e le menti: «La
missione cristiana risiede nella potenza dello Spirito Santo e della
stessa verità proclamata» (n. 12).
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La
Nota
della Congregazione per la Dottrina
della Fede intende richiamare i fedeli cattolici e soprattutto i
consacrati e le consacrate all’impegno missionario. Dopo un periodo di
sbandamento ideologico e pratico, forse è giunto il momento di
rilanciare l’evangelizzazione, dal momento che interi continenti, come
ad esempio l’Asia, attendono ancora la Parola di vita e di verità di
Gesù.
I consacrati e le consacrate vengono
particolarmente interpellati da questo documento, perché nella storia
della Chiesa la Provvidenza ha affidato agli Ordini e alle Congregazioni
maschili e femminili il meraviglioso compito della evangelizzazione, sia
come annuncio sia come testimonianza. Di ciò fa fede la mappa mondiale
della presenza missionaria dei consacrati in ogni continente. È questa
una ricchezza della Chiesa cattolica e una testimonianza insuperabile da
parte dei consacrati, di cui non si può non essere fieri.
L’evangelizzazione, poi, è un compito
non soltanto socio-assistenziale, ma propriamente apostolico; non solo
di promozione umana, ma anche e soprattutto di consegna della parola di
vita eterna alle persone e ai popoli che hanno bisogno della luce del
Vangelo e della grazia salvifica di Gesù. Il missionario e la
missionaria accanto al dono del cibo, dell’assistenza, dell’istruzione
umana non possono privare il prossimo del grande dono della conoscenza
di Gesù, dell’incorporazione alla comunione con lui nella Chiesa
mediante il battesimo e dell’invito alla santità della vita.
Uno dei tanti frutti
dell’evangelizzazione cattolica può essere considerato il giovane
araucano Zeffirino Namuncurà, beatificato l’11 novembre 2007 a Chimpay,
in Argentina. Figlio di un grande cachico Mapuche e convertito al
cristianesimo dai missionari salesiani, voleva diventare sacerdote per
difendere la propria tribù dai soprusi dei potenti, ma soprattutto per
promuovere la dignità umana e spirituale della propria gente mediante
l’insegnamento del Vangelo e la comunione con Gesù, al quale egli fu
eroicamente fedele fino alla morte. Nel mondo intero migliaia di giovani
attendono la Parola di Gesù e la sua grazia. Non rimaniamo sordi a
questo richiamo.
Angelo Amato
Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede
Piazza Città Leonina, 1 - 00193 Roma
Nota
1.
Congregazione per la dottrina
della fede, Nota dottrinale su alcuni aspetti della
evangelizzazione – 3 dicembre 2007
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