n. 1 gennaio 2008

 

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Alcuni aspetti dell’evangelizzazione

La Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede1

di Angelo Amato

 

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Evangelizzazione sì evangelizzazione no: il contesto attuale

Ci si pongono molte domande: in un clima così irenico di dialogo inter-religioso ed ecumenico è ancora possibile l’evangelizzazione? Se è possibile, è legittima? E se è legittima, è necessaria oggi, dal momento che le religioni vengono considerate tutte vie salvifiche?

A questi interrogativi cerca di dare una risposta autorevole la Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede, che ripropone l’insegnamento di Gesù, il nostro Maestro divino. Apparendo ai discepoli dopo la risurrezione, Gesù disse: «Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi» (Gv 20,21). E ascendendo al cielo, lanciò loro la sfida dell’evangelizzazione: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,18-20).

Obbedendo al comando del Signore, gli apostoli si sparsero ai quattro angoli della terra, predicando, convertendo, battezzando. Ricordiamo l’evangelizzazione operata da san Pietro e conclusasi con la crocifissione sul colle Vaticano. La stessa sorte toccò a san Paolo, l’apostolo delle genti, che nei suoi numerosi viaggi in Asia e in Europa, soffrendo persecuzioni e umiliazioni, fondò numerose comunità cristiane fino al martirio subito a Roma. Gli Atti degli Apostoli e le Lettere di San Paolo ci informano esaurientemente di questa prodigiosa espansione missionaria della Chiesa primitiva e dell’entusiasmo degli apostoli e dei discepoli nell’annunciare Cristo e nel testimoniarlo fino al martirio.

L’evangelizzazione è stata una costante della Chiesa nei duemila anni della sua esistenza. Negli ultimi secoli straordinaria è stata la proclamazione del Vangelo nelle Americhe, in Asia, in Africa, soprattutto a opera dei religiosi Francescani, Domenicani, Agostiniani, Gesuiti, Trinitari, Carmelitani, Salesiani e delle numerose congregazioni missionarie maschili e femminili, il cui carisma era proprio l’impegno dell’annuncio del Vangelo a tutte le genti. In tal modo il nome di Gesù è stato annunciato dovunque, la sua grazia si è riversata abbondantemente su popoli e nazioni e la preghiera a Dio Trinità si è elevata da ogni angolo della terra. Questa attività missionaria – chiamata missio ad gentes - costituisce l’aspetto più dinamico della vita della Chiesa nella storia.

Anche il Concilio Ecumenico Vaticano II ha incoraggiato la missione, con il decreto Ad gentes: «Le principali iniziative con cui i divulgatori del Vangelo, andando nel mondo intero, svolgono il compito di predicarlo e di fondare la Chiesa in mezzo ai popoli ed ai gruppi umani che ancora non credono in Cristo, sono chiamate comunemente “missioni”» (n. 6). La ragione dell’attività missionaria della Chiesa dipende dalla volontà salvifica universale di Dio, che «vuole che tutti gli uomini siano salvi e giungano alla conoscenza della verità. Vi è infatti un solo Dio, ed un solo mediatore tra Dio e gli uo-mini, Gesù Cristo, uomo anche lui, che ha dato se stesso in riscatto per tutti» (1Tm 2,4-6): «non esiste in nessun altro salvezza» (At 4,12). «È dunque necessario – continua il Concilio – che tutti si convertano al Cristo conosciuto attraverso la predicazione della Chiesa, ed a lui e alla Chiesa, suo corpo, siano incorporati attraverso il battesimo» (Ad gentes 7). Si ribadisce sia l’urgenza della predicazione missionaria per la conversione dei non cristiani sia la necessità del battesimo e della loro incorporazione nella Chiesa: «Per questo non possono salvarsi quegli uomini i quali, pur sapendo che la Chiesa cattolica è stata stabilita da Dio per mezzo di Gesù Cristo come istituzione necessaria, tuttavia rifiutano o di entrare o di rimanere in essa» (Ad gentes 7).

È quindi compito irrinunciabile della Chiesa, e anche suo inalienabile diritto, diffondere il Vangelo. L’attività missionaria della Chiesa conserva in pieno ancora oggi, come sempre, la sua validità e la sua legittimità, anzi la sua necessità e la sua urgenza. Nonostante questo chiaro invito alla missione e nonostante la constatazione che sempre più numerose comunità umane sembrano ignorare il Vangelo, oggi l’attività evangelizzatrice subisce un certo ristagno se non una vera e propria crisi. Sembra che si stia attraversando - soprattutto da parte di istituti missionari - un periodo di smarrimento sia teorico sia pratico. Sul piano pratico, sembra che, più che la predicazione del Vangelo, sia oggi necessario e sufficiente l’impegno di promozione umana per assolvere al comando missionario del Signore Gesù: aiutare il prossimo, mediante iniziative concrete di educazione e di assistenza, a riacquistare la propria dignità umana, cooperando affinché intere popolazioni godano di un minimo di beni materiali per poter vivere una esistenza decorosa. Si tratta, cioè, di limitarsi a una testimonianza nel sociale, operata da missionari impegnati nelle scuole e università, nella cooperazione agricola, nella difesa dei diritti umani, negli ospedali. Si mette la sordina alla dimensione religiosa dell’annuncio di Cristo e dell’invito alla conversione e al battesimo.

Teoricamente, questa svolta pratica della missione è motivata da precise indicazioni ideologiche, che sostanzialmente ritengono superata e non più praticabile una vera e propria missione. Se prima valeva il motto «extra ecclesiam nulla salus», oggi invece - sempre secondo questa corrente ideologica - sarebbe più adeguato affermare «extra ecclesiam multa salus». Di conseguenza non ci sarebbe una necessità impellente dell’attività missionaria e dell’evangelizzazione, ma ci si dovrebbe limitare alla testimonianza silenziosa e al riconoscimento della possibilità di salvezza per tutti nell’ambito della propria religione, dal momento che tutte le credenze sarebbero ugualmente valide. Il piano salvifico di Dio non sarebbe solo quello realizzato nel mistero dell’incarnazione del suo Figlio divino, ma si sarebbe manifestato nell’arcobaleno multicolore delle varie religioni del mondo.

Una confusione crescente

Di fronte a queste affermazioni erronee, la Congregazione per la dottrina della fede, che già aveva dato un quadro dottrinale completo su questa problematica nella Dichiarazione Dominus Iesus dell’anno 2000, risponde ora con una Nota dottrinale su alcuni aspetti dell’evangelizzazione, richiamando il magistero sia conciliare sia postconciliare. Oltre al Vaticano II, la Nota fa riferimento all’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi (1975) di Paolo VI e al magistero pontificio di Giovanni Paolo II, soprattutto alla sua enciclica Redemptoris missio (1990).

La Nota comprende cinque brevi capitoletti, per complessivi tredici articoli. Nell’Introduzione si ripropone il mandato missionario di Gesù, che, inviato dal Padre ad annunciare il Vangelo, chiama tutti gli uomini alla conversione e alla fede, affidando agli Apostoli la continuazione della sua missione evangelizzatrice. Ciò che è accaduto all’inizio deve continuare lungo tutto il corso della storia: «All'inizio del terzo millennio, risuona ancora nel mondo l'invito che Pietro, insieme al fratello Andrea ed ai primi discepoli, ascoltò da Gesù: “prendi il largo e calate le reti per la pesca” (Lc 5,4). E, dopo il mira-colo di una grande raccolta di pesci, il Signore annunciò a Pietro che sarebbe diventato “pescatore di uomini” (Lc 5,10)» (n. 1).

La Nota chiarisce il contenuto del termine evangelizzazione, che si rivolge a tutta l’umanità e che concretamente «significa non soltanto insegnare una dottrina, bensì annunciare il Signore Gesù con parole ed azioni, cioè farsi strumento della sua presenza e azione nel mondo» (n. 2). Se ogni persona umana ha diritto a ricevere il dono della Parola di Dio, la Chiesa ha il dovere di evangelizzare. San Paolo scriveva: «Non è infatti per me un vanto predicare il Vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il Vangelo!» (1Cor 9,16; cf Rm 10,14).  

L’Introduzione parla, infine, della confusione che oggi induce molti a lasciare inascoltato e inoperante il comando missionario del Signore. Sono sostanzialmente due le obiezioni al riguardo. Anzitutto, l’attività evangelizzatrice della Chiesa sarebbe un limite posto alla libertà altrui: «Sarebbe lecito solamente esporre le proprie idee ed invitare le persone ad agire secondo coscienza, senza favorire una loro conversione a Cristo ed alla fede cattolica» (n. 3). In secondo luogo, alcuni ritengono che non si dovrebbe annunciare Cristo ai non cristiani né favorire l’adesione alla Chiesa, «poiché sarebbe possibile esser salvati anche senza una conoscenza esplicita di Cristo e senza una incorporazione formale alla Chiesa» (n. 3).

Il testo della Congregazione per la Dottrina della Fede intende rispondere a queste difficoltà, nel rispetto della coscienza e della li-bertà di ogni persona umana. Per questo si accenna a un triplice aspetto dell’evangelizzazione: aspetto antropologico, ecclesiologico, ecumenico.

Aspetto antropologico dell’evangelizzazione

L’evangelizzazione è un dono offerto alla libertà umana e alla sua capacità di conoscere e amare ciò che è buono e vero, soprattutto se si tratta di conoscere e amare la verità salvifica e di aderire alla persona di Cristo Salvatore. Ma - qualcuno obietta - è legittimo oggi proporre ad altri ciò che si ritiene vero per sé? Non è questo un attentato alla libertà altrui? In realtà, la considerazione della libertà umana sganciata dal suo inscindibile riferimento alla verità non è altro che espressione di quel relativismo, che non riconosce nessuna verità riducendo tutto a un indifferenziato pluralismo. Si nega, cioè, all’uomo una sua intrinseca capacità e cioè la possibilità di conoscere e seguire la verità. Ma «se l'uomo nega la sua fondamentale capacità della verità, se diviene scettico sulla sua facoltà di conoscere realmente ciò che è vero, egli finisce per perdere ciò che in modo unico può avvincere la sua intelligenza ed affascinare il suo cuore» (n. 4).

Inoltre, nella ricerca della verità l’uomo non può fare affidamento solo sulle proprie forze, dal momento che fin dalla sua nascita egli non fa altro che accogliere numerose tradizioni e molteplici verità, che costituiscono il corredo del suo linguaggio e della sua formazione culturale e spirituale. Nessuno può negare il fatto che sono più numerose le verità semplicemente «ricevute» e «credute» che quelle acquisite mediante la propria personale verifica.

Ora questa indispensabile necessità di affidarsi alle conoscenze ricevute è tanto più urgente quando si tratta di quella verità in grado di illuminare e di guidare il senso dell’esistenza personale. L’accoglienza - per fede e nella più assoluta libertà di coscienza - della verità rivelata rientra nella dinamica della ricerca della verità. E la verità evangelica non si impone che in forza della sua stessa verità: «Perciò, sollecitare onestamente l'intelligenza e la libertà di una persona all'incontro con Cristo e con il suo Vangelo non è una indebita intromissione nei suoi confronti, bensì una legittima offerta ed un servizio che può rendere più fecondi i rapporti fra gli uomini» (n. 5).

Inoltre, l’evangelizzazione, e cioè l’attività con cui il cristiano comunica ad altri il Vangelo favorendone l’accoglienza, non solo è in profonda sintonia con la natura del processo umano di dialogo e di apprendimento, ma è anche rispondente a un’altra realtà antropologica, quella cioè di far partecipi gli altri dei propri beni.

Il cristiano, affascinato dal Vangelo, non può fare a meno di testimoniarlo e di proporlo al prossimo: «Per ogni uomo è un grande bene la rivelazione delle verità fondamentali su Dio, su se stesso e sul mondo; mentre vivere nell'oscurità, senza la verità circa le ultime questioni, è un male, spesso all'origine di sofferenze e di schiavitù talvolta drammatiche. Ecco perché San Paolo non esita a descrivere la conversione alla fede cristiana come una liberazione “dal regno delle tenebre” ed un ingresso “nel regno del Figlio prediletto, nel quale abbiamo la redenzione e la remissione dei peccati” (Col 1,13-14)» (n. 7). Per questo l’adesione a Cristo e alla verità del suo Vangelo e l’ingresso nella Chiesa non limitano ma esaltano la libertà umana e la protendono verso il suo compimento. L’evangelizzazione, anche antropologicamente parlando, è un dono inestimabile che la Chiesa fa nella più assoluta gratuità e libertà, all’umanità intera, rendendola partecipe della propria ricchezza di verità e di grazia. Il movente originario dell’evangelizzazione è infatti l’amore di Cristo per la salvezza eterna degli uomini.

 Aspetto ecclesiologico dell’evangelizzazione

Una caratteristica dell’evangelizzazione è l’invito alla fede, alla conversione e alla sequela Christi. Se l’appello alla conversione vale per i non cristiani, chiamati all’accoglienza libera della grazia, e per i cristiani, chiamati al quotidiano cambio di mentalità, l’incorporazione nella Chiesa non è altro che l’ingresso nella comunione con Gesù e nei beni spirituali del Regno di Dio: «Il Regno di Dio non è - come alcuni oggi sostengono - una realtà generica che sovrasta tutte le esperienze o le tradizioni religiose, e a cui esse dovrebbero tendere come ad un'universale ed indistinta comunione di tutti coloro che cercano Dio, ma è anzitutto una persona, che ha il volto e il nome di Gesù di Nazareth, immagine del Dio invisibile» (n. 9).

Incorporazione alla Chiesa è quindi ingresso nel Regno e comunione con Cristo. Non si può disgiungere il Regno dalla Chiesa, così come non si può separare Cristo dal Regno e dalla Chiesa, suo corpo mistico. A questo proposito bisogna superare un’altra obiezione proveniente dal pensiero relativistico e pluralistico, per cui a molti fedeli non è chiara la stessa ragion d’essere dell’evangelizzazione: «Si afferma addirittura che la pretesa di aver ricevuto in dono la pienezza della Rivelazione di Dio nasconde un atteggiamento d'intolleranza ed un pericolo per la pace» (n. 10). In realtà se la libertà non è indifferenza, ma tensione al bene, il rispetto per la libertà religiosa di ogni persona umana non deve renderci indifferenti verso la verità e il bene da comunicare con gratuità e carità e nell’assoluto rispetto della altrui coscienza.

Nel contemporaneo «deserto» dell’oscurità di Dio e dello svuotamento della coscienza e della dignità umana, la proposta evangelizzatrice è un atto generoso di carità e allo stesso tempo un diritto e un dovere irrinunciabile dell’uomo libero: «Un diritto che purtroppo, in alcune parti del mondo, non è ancora legalmente riconosciuto ed in altre non è rispettato nei fatti» (n. 10). L’evangelizzazione, inoltre, si realizza sia mediante la predicazione pubblica del Vangelo sia mediante la testimonianza personale di fedeltà, di coerenza e di santità. Parola e testimonianza si illuminano a vicenda. Se la parola è smentita dalla condotta, rimane sterile. Ma anche la testimonianza, se non è sostenuta da un annuncio chiaro e inequivocabile del Signore Gesù, rimane anch’essa impotente. 

Aspetto ecumenico dell’evangelizzazione

L’evangelizzazione promossa dalla Chiesa ha un raggio universale e si realizza in modo diverso a seconda delle comunità umane e religiose alle quali si rivolge. Il documento, proponendo il caso concreto dell’evangelizzazione in paesi di antica tradizione cristiana, richiama il rispetto che si deve avere per le loro tradizioni e le loro ricchezze spirituali. Riafferma anche l’urgenza dell’impegno ecumenico, mediante l’ascolto, la discussione teologica, la testimonianza. A questo proposito si ribadisce che, dovunque si trovi e ogni qualvolta lo voglia, il fedele cattolico ha il diritto e il dovere di dare la testimonianza e l’annuncio pieno della propria fede.

Per questo non si può accusare il fedele cattolico di proselitismo – nel senso peggiorativo del termine e cioè come indebita pressione sulla altrui coscienza – se egli, nella libertà, nel rispetto e nella gratuità della carità, manifesta la propria fede cattolica mediante la parola e la testimonianza: «Al riguardo va notato che se un cristiano non cattolico, per ragioni di coscienza e convinto della verità cattolica, chiede di entrare nella piena comunione della Chiesa cattolica, ciò va rispettato come opera dello Spirito Santo e come espressione della li-bertà di coscienza e di religione. In questo caso non si tratta di proselitismo, nel senso negativo attribuito a questo termine. Come ha esplicitamente riconosciuto il Decreto sull’Ecumenismo del Concilio Vaticano II, «”è chiaro che l’opera di preparazione e di riconciliazione di quelle singole persone che desiderano la piena comunione cattolica è di natura sua distinta dall’iniziativa ecumenica; non c’è però alcuna opposizione, poiché l’una e l’altra procedono dalla mirabile disposizione di Dio”. Perciò tale iniziativa non priva del diritto né esime dalla responsabilità di annunciare in pienezza la fede cattolica agli altri cristiani, che liberamente accettano di accoglierla» (n. 12).

La testimonianza alla verità va fatta non con la forza né con indebiti artifici, ma nella libertà e nel rispetto dell’altrui coscienza. Sono la Parola di Dio e la grazia dello Spirito Santo a convincere e a convertire i cuori e le menti: «La missione cristiana risiede nella potenza dello Spirito Santo e della stessa verità proclamata» (n. 12).

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La Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede intende richiamare i fedeli cattolici e soprattutto i consacrati e le consacrate all’impegno missionario. Dopo un periodo di sbandamento ideologico e pratico, forse è giunto il momento di rilanciare l’evangelizzazione, dal momento che interi continenti, come ad esempio l’Asia, attendono ancora la Parola di vita e di verità di Gesù.

I consacrati e le consacrate vengono particolarmente interpellati da questo documento, perché nella storia della Chiesa la Provvidenza ha affidato agli Ordini e alle Congregazioni maschili e femminili il meraviglioso compito della evangelizzazione, sia come annuncio sia come testimonianza. Di ciò fa fede la mappa mondiale della presenza missionaria dei consacrati in ogni continente. È questa una ricchezza della Chiesa cattolica e una testimonianza insuperabile da parte dei consacrati, di cui non si può non essere fieri.

L’evangelizzazione, poi, è un compito non soltanto socio-assistenziale, ma propriamente apostolico; non solo di promozione umana, ma anche e soprattutto di consegna della parola di vita eterna alle persone e ai popoli che hanno bisogno della luce del Vangelo e della grazia salvifica di Gesù. Il missionario e la missionaria accanto al dono del cibo, dell’assistenza, dell’istruzione umana non possono privare il prossimo del grande dono della conoscenza di Gesù, dell’incorporazione alla comunione con lui nella Chiesa mediante il battesimo e dell’invito alla santità della vita.

Uno dei tanti frutti dell’evangelizzazione cattolica può essere considerato il giovane araucano Zeffirino Namuncurà, beatificato l’11 novembre 2007 a Chimpay, in Argentina. Figlio di un grande cachico Mapuche e convertito al cristianesimo dai missionari salesiani, voleva diventare sacerdote per difendere la propria tribù dai soprusi dei potenti, ma soprattutto per promuovere la dignità umana e spirituale della propria gente mediante l’insegnamento del Vangelo e la comunione con Gesù, al quale egli fu eroicamente fedele fino alla morte. Nel mondo intero migliaia di giovani attendono la Parola di Gesù e la sua grazia. Non rimaniamo sordi a questo richiamo.

  Angelo Amato
Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede
Piazza Città Leonina, 1 - 00193 Roma

 

Nota

1. Congregazione per la dottrina della fede, Nota dottrinale su alcuni aspetti della evangelizzazione – 3 dicembre 2007

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