 |
 |
 |
 |
«Non
c’è nell’uomo anelito più profondo di questo: cercare il volto di Dio.
L’incessante e ripetuta preghiera veterotestamentaria del Salmista esprime
questo ardente e insopprimibile desiderio d’incontrare l’Eterno: «Di te ha detto
il mio cuore: cerca il suo volto. Il tuo volto, Signore, io cerco. Non
nascondermi il tuo volto» (Sal 27,8-9; 24,6; 105,4).
Nell’Antico Testamento l’espressione «cercare
il volto del Signore» ha sapore cultuale, indica il pellegrinaggio del pio
israelita verso l’unico tempio di Dio, e quindi l’aspirazione alla sua vicinanza
nella preghiera. La frase è usata dunque come sinonimo per «accedere al tempio»
in cui lo splendore della gloria di Dio si svela. Ma oltre al pellegrinaggio al
tempio in senso stretto, la frase ha un’eco spirituale più profonda, che
costituisce tra l’altro l’anima stessa del culto. Attraverso la liturgia il
fedele attua un’esperienza interiore di Dio, lo può quasi «vedere», ne può
parzialmente intuire il sorriso: il volto evoca sotto forma umana teofania,
parola, comunione, benignità (Sal 4,7; 10,11).
Certo non è possibile «vedere il volto di Dio
e restare in vita» (Es 33,20). Uno dei momenti più alti della spiritualità
dell’Antico Testamento alla luce di questa dinamica della ricerca del volto di
Dio – e quindi del desiderio dell’uomo di conoscerlo da vicino e di poterlo
incontrare - è costituito dalla preghiera di Mosè sul Sinai: «Mostrami la tua
Gloria», ossia «Mostrami lo splendore del tuo volto» (Es 33,18-33). Dio è
trascendente anche per il fedele più puro e più vicino a lui come Mosè. È
possibile però intuirne un bagliore; e il simbolo «volto» è appunto la categoria
teologica attraverso la quale si dichiara e si nega la comunione tra creatura e
Creatore. Se il volto di Dio si nasconde, l’uomo piomba nel nulla e nel male,
così come se la parola di Dio tace, l’uomo è «come chi scende nella fossa» (Sal
28,1). Per questo la simbologia del volto di Dio ha rivestito una funzione
altissima nella spiritualità di tutte le epoche. Due esemplificazioni soltanto.
Sant’Agostino: «Tu ci hai
creati per te, e il nostro cuore è inquieto
finché non riposa in te» (Confessioni I,1). Santa Teresa di Lisieux: «Il tuo
volto è la sola mia patria».
Ma dove cercare il volto di Dio? Dove
incontrare il Dio invisibile? Nel Nuovo Testamento, un momento di somma
importanza sulla viadel desiderio dell’uomo di conoscere Dio è costituito
dall’invocazione fatta dai pellegrini greci a Filippo e poi, attraverso Filippo
e Andrea, giunta a Cristo: «Vogliamo vedere Gesù» (Gv 12,21). Come i Greci,
saliti in pellegrinaggio duemila anni fa a Gerusalemme, ognuno di noi desidera
«vedere Dio», anzi custodisce in cuore - a volte in maniera inconsapevole -
questa richiesta. Secondo Paolo: «Dio non è lontano da ciascuno di noi. In lui
infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (At 17,27-28). Possiamo dunque in
certa misura trovare Dio nell’ordine, nella bellezza, nell’armonia delle cose
create. Tuttavia, se vogliamo sapere qual è il vero e definitivo punto
d’incontro con Dio, l’esperienza della comunità cristiana delle origini non
lascia dubbi: Gesù Cristo è la suprema rivelazione del volto del Padre. Il volto
di Gesù di Nazaret è un volto del tutto particolare, è unico e irripetibile.
Come Verbo fatto carne (Gv 1,14), Gesù è l’«uomo nuovo» (Ef 4,24), è «immagine
del Dio invisibile» (Col 1,15), poiché nel suo volto umano «rifulge» la gloria
divina, ossia l’identità propria di Dio. È in questa linea che Gesù ha potuto
rispondere alla richiesta di Filippo: «Mostraci il Padre, e ci basta», con la
nota indicazione: «Chi ha visto me ha visto il Padre» (Gv 14,8.9). In quanto
Figlio,
Il problema diviene ora: dove trovare il
volto di Cristo? In un delicato racconto di un monaco possiamo avere la
risposta.
«Viveva nei tempi andati, in Sicilia, un
monaco di nome Epifanio.
Un giorno scoprì in sé un dono del Signore
che non aveva mai sospettato di possedere: sapeva dipingere bellissime icone.
Epifanio non si dette più pace: voleva dipingerne una che fosse il suo
capolavoro: voleva ritrarre il volto di Cristo. Ma dove trovare un modello
adatto che esprimesse insieme sofferenza e gioia, morte e risurrezione, divinità
e umanità? Gesù è nel Padre e il Padre è in lui (cf Gv 14,9-11; 17,21).
Epifanio si mise in viaggio. Percorse
l’Italia, la Francia, la Germania scrutando ogni volto. Nulla: il volto adatto
per rappresentare Cristo non c'era. Stanco, si addormentò ripetendo le parole
del salmo: “Il tuo volto, Signore, iocerco. Non nascondermi il tuo volto". Fece
un sogno. Gli apparve un angelo che lo riportò dalle persone incontrate e per
ognuno gli indicò un particolare che rendeva quel volto simile a quello di
Cristo: la gioia di una giovane sposa, l'innocenza di un bambino, la forza di un
contadino, la sofferenza di un malato, la paura di un condannato, la bontà di
una madre, lo sgomento di un orfano, la severità di un giudice, l'allegria di un
giullare, la misericordia di un confessore, il mistero nel volto bendato di un
lebbroso.
Epifanio tornò al suo convento e si mise al
lavoro. Dopo un anno l'icona di Cristo era pronta e la presentò all'abate che
rimase attonito: il volto di Cristo era meraviglioso! Volle sapere di quale
modello si era servito, perché desiderava mostrarlo anche agli altri artisti del
monastero. Il monaco rispose: Nessuno, padre, mi è stato di modello, perché
nessuno è uguale a Cristo, ma Cristo è simile a tutti».
Morale: non cercare il Cristo nel volto di un
solo uomo, ma cerca in ogni uomo un frammento del volto di Cristo.
L’esperienza del monaco Epifanio c’invita a
vedere dappertutto, perfino negli esseri più reietti e bisognosi, un frammento
del volto di Cristo, anzi – come c’insegna il vangelo (Mt 25,34-40) – il Cristo
stesso in persona. Queste parole richiamano l’omelia pronunciata da Paolo VI
alla chiusura del Concilio Vaticano II: «Se ci ricordiamo che nel volto di ogni
uomo, specialmente se reso trasparente dalle lacrime e dalle sofferenze, noi
possiamo e dobbiamo riconoscere il volto di Cristo (Mt 25,40), il Figlio
dell’uomo, e se nel volto di Cristo possiamo riconoscere il volto del Padre
celeste: “Chi vede me - dice Gesù – vede anche il Padre” (Gv 14,9), il nostro
umanesimo diventa cristianesimo, e il nostro cristianesimo si fa teocentrico,
tanto che possiamo altresì affermare: per conoscere Dio bisogna conoscere
l’uomo» (Omelia, 7 dicembre 1965).
Amiche lettrici e cari lettori, questo
secondo numero di Consacrazione e Servizio che avete tra le mani, si presenta
quanto mai ricco sotto il profilo qualitativo.
Sotto il titolo-interrogativo: «Chi dite che
io sia?», il Dossier si concentra sulla figura di Gesù, un tema oggi tra i più
discussi, sollecitato anche dalla pubblicazione del libro di Papa Benedetto XVI.
In questa sezione della rivista sono raccolti quattro studi e una proposta per
un momento contemplativo sul volto di Cristo. Al di fuori del primo contributo
di mons. Francesco Lambiasi, gli altri tre sono stati presentati il 27 ottobre
2007 all’incontro-dibattito promosso e organizzato dal Centro
Studi-Consacrazione e Servizio, presso la sede dell’USMI. Due studiosi
autorevoli, il biblista Romano Penna e il teologo Gianni Colzani, e l’esperta in
comunicazione, la paolina Battistina Capalbo, hanno presentato le loro lezioni
con chiarezza ed essenzialità. Riprendere quei testi per la lettura personale o
comunitaria di questoDossier era l’obiettivo dell’iniziativa: leggere e
soffermarsi ad approfondire la figura di Gesù con calma, dopo aver ascoltato gli
esperti in materia, ci sembra un modo felice per un arricchimento spirituale e
teologico.
Le altre rubriche del fascicolo: «Vicino a te
è la Parola» (Cristina Caracciolo), «Sapienza dei Padri» (Mario Maritano),
«Orizzonti» (Mons. Angelo Amato, Grazia Paris), «Vedere-Leggere-Ascoltare»
(Teresa Braccio e Luciagnese Cedrone), continuano ad offrire interessanti
indicazioni biblico-patristico-pastorali-attuali.
A tutte le lettrici e lettori auguriamo di
accogliere l’invito insistente che promana dal Gesù del Papa teologo:
«Ritorniamo al Vangelo, ritorniamo all’autentico Gesù» (Gesù di Nazaret, p. 78).
Tu, dunque, chi dici che Lui sia?
Maria Marcellina Pedico
delle Serve di Maria Riparatrici
m.pedico@smr.it
|