SI
parla di frequente delle difficoltà, se non di crisi, dell’autorità
specialmente nell’Occidente democratico e spesso individualista,
difficoltà che investono anche la vita consacrata, immersa in questo
clima culturale. Si afferma sovente che per la vita consacrata
occorrerebbe un nuovo stile di autorità, dopo la stagione autoritaria e
spontaneista. E ciò per la crescita delle singole persone, per una
comunità fraterna, per una missione condivisa. Ma la soluzione non è
ovvia.
Se tutti sono d’accordo sulla
diagnosi, ben pochi sono dello stesso parere sui rimedi o sulle proposte
per rilanciare o rifondare il ruolo dell’autorità. La questione non è
facile, perché c’è da tener conto da una parte dell’ecclesiologia e
della spiritualità di comunione, e dall’altra dell’uso improprio che
talvolta si è fatto del principio di comunione.
In questi anni in nome della
comunione alcuni hanno indebolito prima il principio dell’autorità
personale, per poi sfuggire al giogo comunitario in nome del rispetto
della persona. Il rimedio non sembra quello di ritornare all’antico
ordine delle cose, anche perché sarebbe una proposta poco realistica.
Occorre delineare una figura di autorità che sia in grado di svolgere un
servizio equilibrato alla crescita tanto della persona, quanto della
comunità e della missione.
Questo ha cercato di fare la recente
Istruzione: «Il servizio
dell’autorità e l’obbedienza»,
pubblicata l’11 maggio 2008, giorno di Pentecoste, dalla Congregazione
per gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica.
L’elaborazione piuttosto laboriosa era iniziata con la Plenaria del
Dicastero per la vita consacrata nel settembre del 2005. Il sottotitolo:
«Faciem tuam, Domine,
requiram» (Il tuo volto,
Signore, io cerco), suggerisce l’impostazione del documento. «Pellegrino
alla ricerca del senso della vita, avvolto nel grande mistero che lo
circonda, l’uomo cerca di fatto il volto del Signore […]. La vita
consacrata è nel mondo e nella Chiesa segno visibile di questa ricerca
del volto del Signore e delle vie che conducono a lui» (n. 1).
Un enchiridion
dell’autorità
Il documento potrebbe essere
presentato come un compendio, un manualetto, un breve trattato
sull’autorità oggi. Affronta infatti una ventina di situazioni concrete
con cui ha a che fare, oggi, l’autorità nella vita consacrata in genere
e nella vita religiosa in specie. Il punto di partenza ispiratore
sono i numeri dedicati all’autorità dal precedente documento sulla
Vita fraterna in comunità (2 febbraio 2004), soprattutto il numero
50.
Basta questo rilievo per rassicurare
coloro che possono temere un passo indietro, quasi fossimo in presenza
di un documento di restaurazione. L’allergia verso l’autorità è
piuttosto diffusa e il sospetto di qualche richiamo all’ordine è
comprensibile. Il clima dell’Istruzione però è chiaramente in continuità
con il clima fraterno di Congregavit nos e non intende affatto
sminuirlo. Esso vuole esaminare quale autorità vada proposta, nel
contesto della nuova cultura e nella fedeltà al Vangelo, tenendo
presente che la vita fraterna non esclude l’obbedienza, come ben
dimostra la vita quotidiana. Anzi la vita fraterna presuppone la
disponibilità a portare il peso gli uni degli altri, a obbedire cioè
alle necessità e alle richieste dei fratelli e delle sorelle.
L’autorità è presentata proprio nel
compito di contribuire in forma equilibrata alla crescita della persona
consacrata, alla costruzione di comunità fraterne, all’impegno nella
missione carismatica dell’Istituto.
Tale
le relazione è chiaramente di servizio, un servizio modellato idealmente
su quello del Figlio dell’Uomo, che non è venuto per essere servito, ma
per servire» (Mc 10,45). Questa qualificazione diaconale è continuamente
richiamata, non solo con riferimenti al Vangelo, ma anche con incisive
citazioni dei santi che hanno illuminato. con la vita e la dottrina, la
Chiesa e la vita consacrata.
Il che non favorisce certamente un
ritorno all’autoritarismo.
I tre protagonisti
dell’autorità e obbedienza
Sono sette le priorità richieste ai
superiori per il servizio alla persona consacrata: essere
un’autorità spirituale, un’autorità che garantisce il tempo e la qualità
della preghiera, che promuove la dignità della persona, che infonde
coraggio e speranza nelle difficoltà, che tiene vivo il carisma della
propria famiglia religiosa, che alimenta il «sentire cum Ecclesia», che
accompagna il cammino di formazione permanente.
Sono punti concreti, trattati con un
linguaggio semplice e propositivo, lontano dal moralismo quanto dallo
psicologismo e dall’«ingegneria comunitaria», e ciò grazie all’aver
posto attenzione all’esperienza interpretata con sapienza evangelica.
Tanto per esemplificare: «Un’autorità è spirituale quando si pone al
servizio di ciò che lo Spirito vuole realizzare attraverso i doni che
egli distribuisce ad ogni membro della fraternità, dentro il progetto
carismatico dell’Istituto […]. Il servizio dell’autorità esige una
presenza costante, capace di animare e di proporre, di ricordare le
ragioni d’essere della vita consacrata, di aiutare le persone a
corrispondere con una fedeltà sempre rinnovata alle chiamate dello
Spirito» (n. 13).
Al servizio della
fraternità:
sembra che qui il profilo dell’autorità sia davvero alto e le richieste
molto elevate, se si arriva ad affermare che «esercitare l’autorità in
mezzo ai fratelli significa servirli sull’esempio di Colui che ha dato
la sua vita in riscatto per molti, perché anch’essi diano la vita» (n.
17). «La comunità è tale quale la rendono i suoi »membri. Sarà dunque
fondamentale stimolare e motivare il contributo di tutte le persone,
perché ognuna senta il dovere di dare il proprio apporto di carità, di
competenza e di creatività. Tutte le risorse umane vanno infatti
potenziate e fatte convergere nel progetto comunitario, motivandole e
rispettandole» (n. 20c).
Se le parole hanno un senso, c’è da
chiedersi chi possa avere il coraggio di aspirare ad assumere il
servizio dell’autorità. Che viene così esemplificato: «ascolto, creare
un clima favorevole alla condivisione e alla corresponsabilità, favorire
l’apporto di tutti alle cose di tutti, il discernimento, l’obbedienza
fraterna» (n. 20).
Ma il documento vuol essere appunto
un «istruzione d’uso», per coloro che devono esercitare l’autorità. Un
aiuto più che un richiamo. La proposta di un ideale più che la condanna
di comportamenti riprovevoli.
Al servizio della
missione:
l’autorità ha anche una responsabilità di stimolo e di coordinamento
verso la missione, anche se le competenze dentro una comunità possono
essere distribuite a varie persone. «Vivere la missione implica sempre
l’essere mandati, e ciò comporta il riferimento sia a colui che invia
sia al contenuto della missione da svolgere […]. Ciò comporta che si
riconosca all’autorità un compito importante nei confronti della
missione, nella fedeltà al proprio carisma» (n. 23).
Ecco gli ambiti di questa area
apostolica: l’autorità incoraggia ad assumere le responsabilità e le
rispetta, affronta le diversità in spirito di comunione, mantiene
l’equilibrio tra le varie dimensioni della vita consacrata, ha un cuore
misericordioso, ha il senso della giustizia, promuove la collaborazione
con i laici (cf n. 25).
Come si vede l’autorità è vista al
servizio delle diverse dimensioni della vita consacrata, con una
particolare attenzione ai nuovi compiti e alle nuove problematiche di
questi anni.
L’obbedienza
cristiana
L’obbedienza è l’atteggiamento
fondamentale della creatura di fronte al suo Creatore: che cosa dice
infatti il Padre Nostro nella sua prima parte, se non la
richiesta di riuscire a fare la volontà del Signore? Quando la persona
si dimentica di questo compito prioritario, ecco che il Signore va alla
sua ricerca: «Adamo dove sei?». All’invocazione: «Mostrami Signore le
tue vie», il Creatore di tutte le cose risponde prima: «Ascolta
Israele», indicandogli il cammino della vita, e poi: «Questi è il mio
Figlio diletto, lui ascoltate». Il cristiano è colui che ascolta la
Parola come guida nella ricerca della volontà del Padre, ponendosi alla
scuola del Figlio obbediente, nella luce e nella forza dello Spirito
Santo. Lo Spirito Santo infonde nei cuori l’amore di Dio che fa
esclamare: Abba, Padre!, permette di cercare e di fare la volontà del
Padre, conformando alla sequela di Cristo servo obbediente.
La vita consacrata si è sempre intesa
come una «speciale configurazione» a Cristo che, mosso dallo Spirito, ha
considerato suo cibo, cioè sua questione vitale, il tendere a fare la
volontà di Dio: e ciò riguarda indistintamente tutte le persone
consacrate. Questa speciale configurazione al Cristo proteso a compiere
ciò che piace al Padre è resa possibile, nella quotidianità, dalla
mediazione qualificata dell’autorità, quando agisce secondo la Regola
dell’Istituto, cioè di un progetto carismatico approvato dalla
Chiesa. Ciò garantisce a chi obbedisce di fare la volontà di Dio, non
perché quello che è comandato sia sempre volontà di Dio, ma perché è
volontà di Dio che si obbedisca ai superiori autorizzati. Per avvicinare
il più possibile all’obiettiva volontà di Dio, viene illustrato il
discernimento comunitario nei suoi elementi essenziali, con le
condizioni necessarie per una ricerca non illusoria.
Questo è l’impianto teologico,
semplice e denso, della breve trattazione sull’obbedienza. Del resto
l’Istruzione è piuttosto breve ed essenziale, facilmente leggibile e
comprensibile. Pregio non irrilevante.
Per motivare
Un documento che ai nostri giorni
parli di autorità e obbedienza può ingenerare il sospetto che intenda
dare ragione a chi proclama che la soluzione dei non piccoli problemi
della vita consacrata consista essenzialmente nel ristabilimento di
un’autorità forte e di una obbedienza senza molti “si” o “ma”.
Bisogna dire subito che il nostro
documento mette al di sopra di tutto il «primo comandamento» dell’amore
di Dio e del prossimo. Iscrive cioè l’obbedienza entro l’«Amerai il
Signore Di tuo» con cuore filiale, come espressione dell’amore di un
figlio che si fida del benvolere del padre. Il che viene motivato
biblicamente e teologicamente, incoraggiando a proseguire con passi
spediti sulle vie del Signore, nell’imitazione di Gesù Cristo obbediente
sino alla morte e alla morte di croce. E ciò tenendo presente la
situazione attuale con realismo, ma anche con speranza, nella certezza
che nella vita consacrata si trovano persone che, a qualsiasi età,
cercano in primo luogo di piacere a Dio e di servire i fratelli dentro e
fuori la propria comunità.
Da qui un invito ad un esame non
superficiale: «Che cosa cerca il tuo cuore? Per che cosa ti affanni?
Stai cercando te stesso o stai cercando il Signore tuo Dio? Stai
inseguendo i tuoi desideri o il desiderio di Colui che ha fatto il tuo
cuore e lo vuole realizzare come solo lui sa e conosce? Stai rincorrendo
solo cose che passano o cerchi Colui che non passa?».
Quanto all’autorità, il documento
mostra di essere ben consapevole delle difficoltà, ma anche delle
possibilità di servire meglio le sorelle e i fratelli, di favorire la
coesione della comunità e di coordinare i diversi doni per la missione.
E offre suggerimenti utili a questo scopo.
Non senza mettere in guardia, e più
d’una volta, circa la tentazione sempre in agguato in chi detiene
l’autorità, di servirsi invece di servire, di innalzarsi sopra gli altri
invece di lavare i piedi agli altri, di ascoltare prima di pretendere
d’essere ascoltati. Da qui il tono incoraggiante e l’equilibrio tra le
tendenze alle polarizzazioni possibili in questo campo, raramente esente
da ostacoli, che esigono prudenza nel processo decisionale, che dovrebbe
essere sempre più coinvolgente la comunità, ma che richiedono anche
fermezza da parte dell’autorità nell’esigere l’esecuzione di quanto
deciso.
Una perla è la «Preghiera
dell’autorità», tratta dalle opere di un padre cistercense della cerchia
di San Bernardo, una preghiera scaturita da un cuore umile e fiducioso
nell’aiuto del Buon Pastore.
Chiude il documento una «Preghiera a
Maria», contemplata come modello di obbedienza «credente e
interrogante», esempio di vita «docile e attenta».
Sono solo alcuni appunti per un primo
invito a prendere in mano il documento Faciem tuam, strumento che
può risultare utile all’animazione delle comunità in questo nostro
momento in cui la vita consacrata è chiamata a testimoniare il primato
di Dio con i suoi doni e con le sue povertà, con le sue debolezze e le
sue spesso sopite energie che possono essere opportunamente risvegliate
e nuovamente motivate.
Pier Giordano Cabra
Via Piamarta, 6 – 25100 Brescia
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