n. 9
settembre 2008

 

Altri articoli disponibili

English

 
«Faciem tuam, Domine, requiram»

di PIER GIORDANO CABRA

 

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

SI parla di frequente delle difficoltà, se non di crisi, dell’autorità specialmente nell’Occidente democratico e spesso individualista, difficoltà che investono anche la vita consacrata, immersa in questo clima culturale. Si afferma sovente che per la vita consacrata occorrerebbe un nuovo stile di autorità, dopo la stagione autoritaria e spontaneista. E ciò per la crescita delle singole persone, per una comunità fraterna, per una missione condivisa. Ma la soluzione non è ovvia.

Se tutti sono d’accordo sulla diagnosi, ben pochi sono dello stesso parere sui rimedi o sulle proposte per rilanciare o rifondare il ruolo dell’autorità. La questione non è facile, perché c’è da tener conto da una parte dell’ecclesiologia e della spiritualità di comunione, e dall’altra dell’uso improprio che talvolta si è fatto del principio di comunione.

In questi anni in nome della comunione alcuni hanno indebolito prima il principio dell’autorità personale, per poi sfuggire al giogo comunitario in nome del rispetto della persona. Il rimedio non sembra quello di ritornare all’antico ordine delle cose, anche perché sarebbe una proposta poco realistica. Occorre delineare una figura di autorità che sia in grado di svolgere un servizio equilibrato alla crescita tanto della persona, quanto della comunità e della missione.

Questo ha cercato di fare la recente Istruzione: «Il servizio dell’autorità e l’obbedienza», pubblicata l’11 maggio 2008, giorno di Pentecoste, dalla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica. L’elaborazione piuttosto laboriosa era iniziata con la Plenaria del Dicastero per la vita consacrata nel settembre del 2005. Il sottotitolo: «Faciem tuam, Domine, requiram» (Il tuo volto, Signore, io cerco), suggerisce l’impostazione del documento. «Pellegrino alla ricerca del senso della vita, avvolto nel grande mistero che lo circonda, l’uomo cerca di fatto il volto del Signore […]. La vita consacrata è nel mondo e nella Chiesa segno visibile di questa ricerca del volto del Signore e delle vie che conducono a lui» (n. 1).

Un enchiridion dell’autorità

Il documento potrebbe essere presentato come un compendio, un manualetto, un breve trattato sull’autorità oggi. Affronta infatti una ventina di situazioni concrete con cui ha a che fare, oggi, l’autorità nella vita consacrata in genere e nella vita religiosa in specie. Il punto di partenza ispiratore sono i numeri dedicati all’autorità dal precedente documento sulla Vita fraterna in comunità (2 febbraio 2004), soprattutto il numero 50.

Basta questo rilievo per rassicurare coloro che possono temere un passo indietro, quasi fossimo in presenza di un documento di restaurazione. L’allergia verso l’autorità è piuttosto diffusa e il sospetto di qualche richiamo all’ordine è comprensibile. Il clima dell’Istruzione però è chiaramente in continuità con il clima fraterno di Congregavit nos e non intende affatto sminuirlo. Esso vuole esaminare quale autorità vada proposta, nel contesto della nuova cultura e nella fedeltà al Vangelo, tenendo presente che la vita fraterna non esclude l’obbedienza, come ben dimostra la vita quotidiana. Anzi la vita fraterna presuppone la disponibilità a portare il peso gli uni degli altri, a obbedire cioè alle necessità e alle richieste dei fratelli e delle sorelle.

L’autorità è presentata proprio nel compito di contribuire in forma equilibrata alla crescita della persona consacrata, alla costruzione di comunità fraterne, all’impegno nella missione carismatica dell’Istituto.

Tale le relazione è chiaramente di servizio, un servizio modellato idealmente su quello del Figlio dell’Uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire» (Mc 10,45). Questa qualificazione diaconale è continuamente richiamata, non solo con riferimenti al Vangelo, ma anche con incisive citazioni dei santi che hanno illuminato. con la vita e la dottrina, la Chiesa e la vita consacrata.

Il che non favorisce certamente un ritorno all’autoritarismo.

I tre protagonisti dell’autorità e obbedienza

Sono sette le priorità richieste ai superiori per il servizio alla persona consacrata: essere un’autorità spirituale, un’autorità che garantisce il tempo e la qualità della preghiera, che promuove la dignità della persona, che infonde coraggio e speranza nelle difficoltà, che tiene vivo il carisma della propria famiglia religiosa, che alimenta il «sentire cum Ecclesia», che accompagna il cammino di formazione permanente.

Sono punti concreti, trattati con un linguaggio semplice e propositivo, lontano dal moralismo quanto dallo psicologismo e dall’«ingegneria comunitaria», e ciò grazie all’aver posto attenzione all’esperienza interpretata con sapienza evangelica. Tanto per esemplificare: «Un’autorità è spirituale quando si pone al servizio di ciò che lo Spirito vuole realizzare attraverso i doni che egli distribuisce ad ogni membro della fraternità, dentro il progetto carismatico dell’Istituto […]. Il servizio dell’autorità esige una presenza costante, capace di animare e di proporre, di ricordare le ragioni d’essere della vita consacrata, di aiutare le persone a corrispondere con una fedeltà sempre rinnovata alle chiamate dello Spirito» (n. 13).

Al servizio della fraternità: sembra che qui il profilo dell’autorità sia davvero alto e le richieste molto elevate, se si arriva ad affermare che «esercitare l’autorità in mezzo ai fratelli significa servirli sull’esempio di Colui che ha dato la sua vita in riscatto per molti, perché anch’essi diano la vita» (n. 17). «La comunità è tale quale la rendono i suoi »membri. Sarà dunque fondamentale stimolare e motivare il contributo di tutte le persone, perché ognuna senta il dovere di dare il proprio apporto di carità, di competenza e di creatività. Tutte le risorse umane vanno infatti potenziate e fatte convergere nel progetto comunitario, motivandole e rispettandole» (n. 20c).

Se le parole hanno un senso, c’è da chiedersi chi possa avere il coraggio di aspirare ad assumere il servizio dell’autorità. Che viene così esemplificato: «ascolto, creare un clima favorevole alla condivisione e alla corresponsabilità, favorire l’apporto di tutti alle cose di tutti, il discernimento, l’obbedienza fraterna» (n. 20).

Ma il documento vuol essere appunto un «istruzione d’uso», per coloro che devono esercitare l’autorità. Un aiuto più che un richiamo. La proposta di un ideale più che la condanna di comportamenti riprovevoli.

Al servizio della missione: l’autorità ha anche una responsabilità di stimolo e di coordinamento verso la missione, anche se le competenze dentro una comunità possono essere distribuite a varie persone. «Vivere la missione implica sempre l’essere mandati, e ciò comporta il riferimento sia a colui che invia sia al contenuto della missione da svolgere […]. Ciò comporta che si riconosca all’autorità un compito importante nei confronti della missione, nella fedeltà al proprio carisma» (n. 23).

Ecco gli ambiti di questa area apostolica: l’autorità incoraggia ad assumere le responsabilità e le rispetta, affronta le diversità in spirito di comunione, mantiene l’equilibrio tra le varie dimensioni della vita consacrata, ha un cuore misericordioso, ha il senso della giustizia, promuove la collaborazione con i laici (cf n. 25).

Come si vede l’autorità è vista al servizio delle diverse dimensioni della vita consacrata, con una particolare attenzione ai nuovi compiti e alle nuove problematiche di questi anni.

L’obbedienza cristiana

L’obbedienza è l’atteggiamento fondamentale della creatura di fronte al suo Creatore: che cosa dice infatti il Padre Nostro nella sua prima parte, se non la richiesta di riuscire a fare la volontà del Signore? Quando la persona si dimentica di questo compito prioritario, ecco che il Signore va alla sua ricerca: «Adamo dove sei?». All’invocazione: «Mostrami Signore le tue vie», il Creatore di tutte le cose risponde prima: «Ascolta Israele», indicandogli il cammino della vita, e poi: «Questi è il mio Figlio diletto, lui ascoltate». Il cristiano è colui che ascolta la Parola come guida nella ricerca della volontà del Padre, ponendosi alla scuola del Figlio obbediente, nella luce e nella forza dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo infonde nei cuori l’amore di Dio che fa esclamare: Abba, Padre!, permette di cercare e di fare la volontà del Padre, conformando alla sequela di Cristo servo obbediente.

La vita consacrata si è sempre intesa come una «speciale configurazione» a Cristo che, mosso dallo Spirito, ha considerato suo cibo, cioè sua questione vitale, il tendere a fare la volontà di Dio: e ciò riguarda indistintamente tutte le persone consacrate. Questa speciale configurazione al Cristo proteso a compiere ciò che piace al Padre è resa possibile, nella quotidianità, dalla mediazione qualificata dell’autorità, quando agisce secondo la Regola dell’Istituto, cioè di un progetto carismatico approvato dalla Chiesa. Ciò garantisce a chi obbedisce di fare la volontà di Dio, non perché quello che è comandato sia sempre volontà di Dio, ma perché è volontà di Dio che si obbedisca ai superiori autorizzati. Per avvicinare il più possibile all’obiettiva volontà di Dio, viene illustrato il discernimento comunitario nei suoi elementi essenziali, con le condizioni necessarie per una ricerca non illusoria.

Questo è l’impianto teologico, semplice e denso, della breve trattazione sull’obbedienza. Del resto l’Istruzione è piuttosto breve ed essenziale, facilmente leggibile e comprensibile. Pregio non irrilevante.

Per motivare

Un documento che ai nostri giorni parli di autorità e obbedienza può ingenerare il sospetto che intenda dare ragione a chi proclama che la soluzione dei non piccoli problemi della vita consacrata consista essenzialmente nel ristabilimento di un’autorità forte e di una obbedienza senza molti “si” o “ma”.

Bisogna dire subito che il nostro documento mette al di sopra di tutto il «primo comandamento» dell’amore di Dio e del prossimo. Iscrive cioè l’obbedienza entro l’«Amerai il Signore Di tuo» con cuore filiale, come espressione dell’amore di un figlio che si fida del benvolere del padre. Il che viene motivato biblicamente e teologicamente, incoraggiando a proseguire con passi spediti sulle vie del Signore, nell’imitazione di Gesù Cristo obbediente sino alla morte e alla morte di croce. E ciò tenendo presente la situazione attuale con realismo, ma anche con speranza, nella certezza che nella vita consacrata si trovano persone che, a qualsiasi età, cercano in primo luogo di piacere a Dio e di servire i fratelli dentro e fuori la propria comunità.

Da qui un invito ad un esame non superficiale: «Che cosa cerca il tuo cuore? Per che cosa ti affanni? Stai cercando te stesso o stai cercando il Signore tuo Dio? Stai inseguendo i tuoi desideri o il desiderio di Colui che ha fatto il tuo cuore e lo vuole realizzare come solo lui sa e conosce? Stai rincorrendo solo cose che passano o cerchi Colui che non passa?».

Quanto all’autorità, il documento mostra di essere ben consapevole delle difficoltà, ma anche delle possibilità di servire meglio le sorelle e i fratelli, di favorire la coesione della comunità e di coordinare i diversi doni per la missione. E offre suggerimenti utili a questo scopo.

Non senza mettere in guardia, e più d’una volta, circa la tentazione sempre in agguato in chi detiene l’autorità, di servirsi invece di servire, di innalzarsi sopra gli altri invece di lavare i piedi agli altri, di ascoltare prima di pretendere d’essere ascoltati. Da qui il tono incoraggiante e l’equilibrio tra le tendenze alle polarizzazioni possibili in questo campo, raramente esente da ostacoli, che esigono prudenza nel processo decisionale, che dovrebbe essere sempre più coinvolgente la comunità, ma che richiedono anche fermezza da parte dell’autorità nell’esigere l’esecuzione di quanto deciso.

Una perla è la «Preghiera dell’autorità», tratta dalle opere di un padre cistercense della cerchia di San Bernardo, una preghiera scaturita da un cuore umile e fiducioso nell’aiuto del Buon Pastore.

Chiude il documento una «Preghiera a Maria», contemplata come modello di obbedienza «credente e interrogante», esempio di vita «docile e attenta».

Sono solo alcuni appunti per un primo invito a prendere in mano il documento Faciem tuam, strumento che può risultare utile all’animazione delle comunità in questo nostro momento in cui la vita consacrata è chiamata a testimoniare il primato di Dio con i suoi doni e con le sue povertà, con le sue debolezze e le sue spesso sopite energie che possono essere opportunamente risvegliate e nuovamente motivate.

Pier Giordano Cabra
Via Piamarta, 6 – 25100 Brescia

 

Torna indietro