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Missio filii fecit
tempus plenitudinis
(LUTERO)
«Ma
quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da
donna…» (Gal 4,4). Cos’è per Paolo il Natale? La festa di chi e di che
cosa? Quale prospettiva emerge da questo celebre passo della lettera ai
Galati?
Introdotta enfaticamente da un’avversativa ("ma
quando venne la pienezza") la frase ha un tono solenne che si addice
alla rilevanza tematica: questa è l’unica volta in cui Paolo si sofferma
sull’invio del Cristo. Anche il lessico è singolare. Il verbo che
descrive l’azione divina (exapèsteilen, "mandò") compare soltanto
due volte nell’epistolario paoli-no, ma non c’è bisogno di andare
lontano per trovare la seconda occorrenza: appena due versetti dopo
descrive l’invio dello Spirito: "Dio mandò (exapèsteilen) nei
nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: Abbà! Padre!"
(Gal 4,6).
Paolo presenta dunque con identico linguaggio il
duplice invio del Figlio e dello Spirito da parte dell’unico inviante:
Dio Padre. Appare nitida l’azione trinitaria. E nell’invio del Figlio
appare anche un duplice movimento - discendente e ascendente
- che vede coinvolte in un simbolico intreccio la Donna e la Legge.
Occorre tener conto dei vari aspetti in gioco e vorrei farlo in modo
agile.
Il tempo che si fa pieno: gravidanza del tempo?
«Quando venne la pienezza del tempo … ». Cosa dice
questa metafora, quale idea sottende del tempo e della sua misurazione?
Gli antichi calcolavano il chrónos in modo spaziale, attraverso
il riempimento di specifiche anfore con sabbia finissima o attraverso la
clessidra, un dispositivo che misura lo scorrere del tempo mediante un
flusso costante dell’acqua.
Ma questa misura è inadeguata per comprendere il
senso della formulazione paolina che computa il tempo in altro modo, in
chiave di promessa e compimento.1 Nel quadro
della concezione biblica il chrónos raggiunge la sua pienezza in
una dinamica di attesa, una sorta di gravidanza, di
germinazione, di lievitazione interiore. È l’attesa che rende gravido il
tempo e frementi le viscere del vecchio chrónos, l’attesa di
colui che deve venire.
È il Messia che fa venire la pienezza del tempo!
Lutero commenta egregiamente: Non enim tempus fecit Filium mitti, sed
e contra missio Filii fecit tempus plenitudinis "Infatti non il
tempo causò l’invio del Figlio, ma al contrario l’invio del Figlio causò
la pienezza del tempo".2
Secondo l’evangelista Marco, Gesù inizia la sua
predicazione con esplicito riferimento al tempo che si è fatto pieno:
pepléro¯tai hó kairós (Mc 1,15). Similmente nella formulazione di
Paolo.3 Ma qui l’Apostolo non parla di un
tempo opportuno per la decisione umana, quale il biblico kairós.
Usa il più comune termine chrónos, il tempo che scandisce la
cronaca e fa pensare al cronometro. Secondo Paolo proprio il
chrónos raggiunge il suo pléroma, la sua "pienezza".
Ovviamente non secondo i nostri parametri. Anche Dio ha il suo
cronometro e i tempi li stabilisce lui.
Nato da donna
Colui che era fin dal principio presso Dio, come la
Sapienza (cf Sap 9,10.18; Gv 1,1-18), entra nel mondo come «nato da
donna». L’espressione, prima che significato mariologico, ha un
concretissimo valore antropologico e cristologico: dice che il Figlio di
Dio è diventato pienamente umano, come noi. E dunque fragile, limitato,
mortale. Nascere da donna è passaggio obbligante, è comune
ingresso nel mondo. E altro ingresso non c’è, neppure per il Figlio di
Dio.
Non però la donna in astratto segna l’ingresso nel
mondo, bensì quell’unica concretissima donna che ha il volto della
madre. Nel caso in questione una specifica donna ebrea: Maria di
Nazaret. È a lei che Dio si rivolge nella pienezza del tempo. Anzi, il
tempo per diventare "pieno" attende il suo Sì. È la donna che con-sente
alla nuova creazione inaugurata dal Figlio di Dio nel suo grembo.
«Gioisci figlia di Sion, rallegrati figlia di Gerusalemme […] il Signore
tuo Dio nel tuo seno è un salvatore potente» (Sof 3,14-17).
Maria è la casa della Parola, suo grembo accogliente:
«Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la
potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato
Figlio di Dio» (Lc 1,35). Maria non mette barriere ai sogni di Dio...
Nel suo grembo avviene il mirabile interscambio tra la figliolanza umana
e quella divina:«Dio mandò il suo Figlio, nato da donna […] perché
ricevessimo l’adozione a figli».
Nato sotto la Legge …
Notiamo la ripetizione (significativa) del
participio: «nato da donna / nato sotto la Legge». Nascere
«sotto la Legge» per Paolo non ha alcun valore positivo; esprime invece
una situazione di schiavitù dalla quale soltanto il Figlio di Dio è in
grado di liberare: «nato sotto la Legge affinché coloro che erano
sotto la Legge riscattasse» (Gal 4,4).
Notiamo il movimento discendente del Figlio
che non solo accetta, ma condivide la situazione di sudditanza
«sotto la Legge») perché solo chi condivide può riscattare. Natale
allora è la festa della liberazione dalla sudditanza alla Legge e,
conseguentemente, da ogni forma di legalismo!
Nei versetti precedenti l’Apostolo presenta un
esempio giuridico: è il caso di un minorenne che, pur essendo
erede, non può ancora godere del patrimonio. Secondo la normativa del
diritto, egli deve sottostare a «tutori e amministratori sino al tempo
stabilito dal padre» (Gal 4,2). Il tutor, scelto generalmente tra
parenti, era deputato alla cura della persona, mentre l’economo o
amministratore si occupava della gestione dei beni. Tali eravamo noi,
sembra dire Paolo, cioè come "eredi" minorenni sottoposti alla Legge. Ma
di chi parla? Nascere sotto la Legge significa praticamente essere
"giudeo", appartenente al popolo che riconosce nella Legge il principale
privilegio della elezione (cf Rm 9,4). È dunque a Israele che è
destinata anzitutto l’azione liberatoria realizzata dal Cristo. Ma poi
l’orizzonte si allarga in prospettiva universale: «perché ricevessimo
l’adozione a figli» (Gal 4,5).
La più grande eredità: figli di Dio!
Paolo tratta della figliolanza divina (hyiothesia) con la
profondità di pensiero che gli è caratteristica.4
Nel grande sogno di Dio, prima ancora della creazione del mondo (Ef
1,5), c’era l’universale chiamata ad essere figli suoi, cosa che si è
attuata nella "pienezza del tempo" mediante il duplice invio,
strettamente collegato, del Figlio e dello Spirito: «Dio mandò lo
Spirito del Figlio suo nei nostri cuori che grida: Abbà, Padre!»
(Gal 4,6). Lo Spirito appare come una realtà estremamente flessibile:
da una parte è "mandato" da Dio, dall’altra è "del Figlio", ma si trova
«nei nostri cuori».5 E vi opera una
creazione nuova: trasforma il nostro io da umano in divino. Lo
testimonia lo stesso Paolo che può dire:«non vivo più io, ma Cristo vive
in me» (Gal 2,20).
Dunque, quale Natale?
Non solo quello del Cristo «nato da donna», ma quello del Cristo che
«vive in me», che vive in ogni uomo e donna che lo accolgono nella fede.
Natale di liberazione da ogni timorosa sudditanza alla Legge,
Natale nella libertà dei figli di Dio, grati e felici di
rivolgersi a Lui con lo stesso grido filiale di Gesù che lo Spirito fa
salire dai nostri cuori:«Abbà, Padre!»
1. Si veda, ad esempio, la conclusione del libro di
Tobia: i deportati ricostruiranno il tempio, ma non sarà come il primo,
«finché sarà pieno il computo dei tempi»(Tob 14,5).
2. M. LUTERO, Vorlesung über den Galaterbrief
1516-1517, 18.
3. «Il tempo sembra giungere riempendosi e si riempie
giungendo!»: A. PITTA, Lettera ai Galati, EDB, Bologna 2000, 237.
4. Il termine hyiothesia, «figliolanza,
adozione a figli» è caratteristico di Paolo (Gal 4,5; Rm 8,15.23; 9,5;
Ef 1,5); non ricorre altrove nel NT e neppure nella LXX.
5. Mai prima di Paolo si trova un simile «ardito
accostamento tra lo Spirito e un Figlio di Dio, anzi una attribuzione
dell’uno all’altro»: R. PENNA, Lo Spirito di Cristo. Cristologia e
pneumatologia secondo un'originale formulazione paolina, Paideia,
Brescia 1976, 227.
Elena Bosetti
Docente alla Pontificia Università Gregoriana
Via Montanara, 178 - 41100 Modena
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