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L'impronta
gioiosa che caratterizza il tempo dell’Avvento si fa più intensa con
l’avvicinarsi celebrativo del mistero del Figlio di Dio che si fa carne nel
grembo della Vergine. «Rallegratevi sempre nel Signore», invita, infatti, con
insistenza la liturgia alla soglia del Santo Natale. L’esortazione di san Paolo
ai fratelli di Filippi, oggi è rivolta a noi. È importante considerare la
motivazione portata a sostegno: «Il Signore è vicino» (Fil 4,5b).
Sant’Agostino commenta così la raccomandazione paolina, in
una pagina illuminante dei suoi Discorsi:«L’Apostolo ci comanda di rallegrarci,
ma nel Signore, non nel mondo. Chi dunque vuole essere amico del mondo si sente
nemico di Dio (cf Gc 4,4), come ci assicura la Scrittura. Come un uomo non può
servire a due padroni, così nessuno può rallegrarsi contemporaneamente nel mondo
e nel Signore. Quindi abbia il sopravvento la gioia nel Signore, finché non sia
finita la gioia nel mondo. Cresca sempre più la gioia nel Signore, mentre la
gioia nel mondo diminuisca sempre finché sia finita. E noi affermiamo questo,non
perché dobbiamo rallegrarci mentre siamo nel mondo, ma perché, pur vivendo in
questo mondo, ci rallegriamo nel Signore. […] Perciò,fratelli, rallegratevi nel
Signore, non nel mondo; cioè rallegratevi nella verità, non nel peccato;
rallegratevi nella speranza dell’eternità, non nei
fiori della vanità. Così rallegratevi: e dovunque e per tutto
il tempo che starete in questo mondo,"Il Signore è vicino"! Non angustiatevi per
nulla (Fil 4,5-6)» (Discorsi
171,1-5).
E così commenta l’esortazione a «rallegrarsi nel Signore» il
Papa Benedetto XVI, con il suo stile inconfondibile: «Con questo invito alla
gioia inizia l’antifona d’ingresso della terza domenica di Avvento che, proprio
per questo, viene chiamata domenica "Gaudete". In verità è un in-vito a gioire
perché "il Signore viene", perché viene a salvarci. Risuonano confortatrici
quasi ogni giorno in queste settimane le parole del profeta Isaia dirette al
popolo ebreo esule in Babilonia dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme e
sfiduciato di poter far ritorno nella città santa in rovina. "Quanti sperano nel
Signore riacquistano forza - assicura il profeta - mettono ali come aquile,
corrono senza affannarsi,camminano senza stancarsi" (Is 40,31). E ancora, "gioia
e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto" (Is 35,10). La
liturgia dell’Avvento - precisa il Santo Padre - ci ripete costantemente che
dobbiamo destarci dal sonno dell’abitudine e della mediocrità, dobbiamo
abbandonare la tristezza e lo scoraggiamento; occorre che rinfranchiamo i nostri
cuori perché "il Signore è vicino"» (Omelia,
16 dicembre 2007).
Nel periodo liturgico dell’Avvento siamo chiamati dunque a
metterci in cammino verso «Colui che viene», ad andargli incontro con gioia,
consapevoli del suo ritorno glorioso, con il desiderio di accorgerci dei segni
della sua presenza. Cristo viene per darci la sua gioia, per insegnarci che
anche dal dolore più atroce o dall’abisso della nostra miseria, accettati e
vissuti con amore e per amore, può nascere la gioia. Non si tratta però di una
gioia facile, di una transitoria euforia, bensì di una beatitudine interiore
maturata nel terreno dell’umiltà e con paziente fatica, confidando unicamente
nell’aiuto dell’unico Salvatore, dell’Emmanuele, il Dio-con-noi. È la gioia che
possedeva la Vergine mentre proclamava il Magnificat, il cantico che
racchiude l’esultanza e la lode di tutti i credenti; è la gioia che avevano i
primi cristiani quando spezzavano il pane nelle case con letizia e semplicità di
cuore (cf At 2,42-47).È la gioia di sentire la presenza del Signore qui e ora,
la gioia del "già",pronunciato sopra il "non ancora".
Gesù «luce radiosa», cantato nell’ora dei Vespri, si pone
alla fine del nostro cammino come gioia vera e perfetta, che nessuno potrà
toglierci. Il tempo dell’Avvento introduce i credenti nell’esultanza messianica
che ha caratterizzato la speranza dell’antica alleanza e ha qualificato
l’evento dell’incarnazione, e determina ancora oggi il
cammino della comunità verso la gloriosa venuta del Signore. L’attesa diviene
gaudio nel cuore di chi s’attende solo dal Signore il compimento del desiderio
di pienezza e pacificazione.
La nostra gioiosa esperienza dell’Avvento non può non tenere
conto che il "fare festa" fa parte del costante vivere umano. Ognuno di noi è
chiamato ad impegnarsi nel far maturare la fede attraverso la prova della
pazienza e della sofferenza. Emblematica a questo riguardo è la figura di
Giovanni il Battista. Gesù stesso lo presenta alla folla quale precursore,
mettendo in rilievo la sua rettitudine ed austerità, il suo coraggio di
"rompere" con i costumi corrotti del suo tempo e del suo ambiente, pronto a
portarne le estreme conseguenze, fino alla decapitazione.
Nel deserto Giovanni ha vissuto una dura ascesi; attraverso
il carcere ha portato a compimento la sua paziente attesa e la sua missione. Il
Battista non è «una canna sbattuta dal vento», né un «uomo avvolto in morbide
vesti»; è il battistrada ed il fedele amico dello Sposo, in una instancabile e
vigile attesa, fino al momento in cui il Desiderato si fa presente. Proprio lui,
l’austero precursore, è l’uomo della più pura gioia, perché si accorge che il
tempo è compiuto e che nell’umile presenza di Gesù si cela la grandezza del
Figlio di Dio, nell’Agnello destinato all’immolazione si manifesta lo Sposo che
chiama tutti al suo banchetto di nozze.
Austerità e sacrificio sono il buon terreno che ognuno di noi
è chiamato a saper offrire al seme del Vangelo - la Buona Novella – perché possa
in lui germogliare e dare una messe abbondante di gioia, di esultanza, di
felicità, di letizia. La venuta del Signore fa rifiorire la salute in una
moltitudine di corpi deboli, mutilati e doloranti, e spiana davanti a loro la
strada su cui possono camminare speditamente, a testa alta, con il volto non più
bagnato di pianto, ma raggiante di gioia.
Amiche lettrici e cari lettori, il numero di
Consacrazione e Servizio che avete tra mano si apre con la rubrica
Speciale Anno Paolino curata dalla
biblista Elena Bosetti. L’articolo presenta la più antica testimonianza del
Nuovo Testamento sulla Madre del Signore. Dobbiamo
riconoscere che in Galati 4,4 Paolo traccia il quadro
normativo fondamentale per ogni discorso su Maria di Nazaret.
Continuano le rubriche
Vicino a te è la Parola
e Sapienza dei Padri.
Nella prima, la biblista Cristina Caracciolo richiama l’attenzione sulla
solidità incrollabile della Parola; nella seconda, il patrologo Mario Maritano
presenta insegnamenti e brevi episodi conosciuti come
«Detti» attribuiti a «Padri» e«Madri» del deserto, vissuti
dal IV secolo in poi nell’Alto e Basso Egitto.
La rubrica «Orizzonti»
arricchisce il fascicolo con due contributi che intendono offrire
rispettivamente: l’esperienza sulla settimana formativa per le juniores svoltasi
a Roma presso la sede nazionale dell’USMI nei primi giorni di settembre 2008
(Giuseppina Alberghina); e un testo del card. Carlo Maria Martini sulla realtà
attuale della Chiesa cattolica letta con gli occhi della fede.
Una parola particolare per il
Dossier.
Sotto il titolo:
Servite il Signore nella gioia, espressione
tratta dal Salmo 100,2 è proposta una riflessione sulla spiritualità della
gioia, tema raro tra gli studi di spiritualità. Il testo è del carmelitano
scalzo Jesùs Castellano Cervera, morto improvvisamente a Roma il 15 giugno 2006,
molto conosciuto e amato da noi religiose. Pubblicato la prima volta nel
trigesimo della sua morte da L’Osservatore
Romano (luglio 2006) lo riteniamo una proposta ispirativa da saper
valorizzare come singole e in incontri comunitari. Anche le riflessioni del
presente Editoriale intendono orientare la
tematica sul tema della gioia in prospettiva liturgica, ormai alla vigilia del
Santo Natale.
Oltre alle consuete rubriche sul film e sulle segnalazioni,
il numero ospita l’indice dell’annata con i relativi supplementi.
L’augurio che rivolgo ad ognuna/o desidero esprimerlo con una
supplica-invocazione di sant’Agostino tratta da quel testo intramonta-bile che
sono le Confessioni:«C’è un godimento che non
è concesso agli empi, ma a coloro che ti servono per puro amore, o Signore, e il
loro godimento sei tu stesso. E questa è la felicità, godere per te, di te, a
causa di
te, e fuori di questa non ve n’è un’altra» (10, 8.12).
Maria Marcellina Pedico
Serve di Maria Riparatrici
Via Monte Velino, 30 - 00141 ROMA
m.pedico@smr.it
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