n. 12
dicembre 2008

 

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«Rallegratevi sempre nel Signore»
(Filippesi 4,4)

   

 

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L'impronta gioiosa che caratterizza il tempo dell’Avvento si fa più intensa con l’avvicinarsi celebrativo del mistero del Figlio di Dio che si fa carne nel grembo della Vergine. «Rallegratevi sempre nel Signore», invita, infatti, con insistenza la liturgia alla soglia del Santo Natale. L’esortazione di san Paolo ai fratelli di Filippi, oggi è rivolta a noi. È importante considerare la motivazione portata a sostegno: «Il Signore è vicino» (Fil 4,5b).

Sant’Agostino commenta così la raccomandazione paolina, in una pagina illuminante dei suoi Discorsi:«L’Apostolo ci comanda di rallegrarci, ma nel Signore, non nel mondo. Chi dunque vuole essere amico del mondo si sente nemico di Dio (cf Gc 4,4), come ci assicura la Scrittura. Come un uomo non può servire a due padroni, così nessuno può rallegrarsi contemporaneamente nel mondo e nel Signore. Quindi abbia il sopravvento la gioia nel Signore, finché non sia finita la gioia nel mondo. Cresca sempre più la gioia nel Signore, mentre la gioia nel mondo diminuisca sempre finché sia finita. E noi affermiamo questo,non perché dobbiamo rallegrarci mentre siamo nel mondo, ma perché, pur vivendo in questo mondo, ci rallegriamo nel Signore. […] Perciò,fratelli, rallegratevi nel Signore, non nel mondo; cioè rallegratevi nella verità, non nel peccato; rallegratevi nella speranza dell’eternità, non nei

fiori della vanità. Così rallegratevi: e dovunque e per tutto il tempo che starete in questo mondo,"Il Signore è vicino"! Non angustiatevi per nulla (Fil 4,5-6)» (Discorsi 171,1-5).

E così commenta l’esortazione a «rallegrarsi nel Signore» il Papa Benedetto XVI, con il suo stile inconfondibile: «Con questo invito alla gioia inizia l’antifona d’ingresso della terza domenica di Avvento che, proprio per questo, viene chiamata domenica "Gaudete". In verità è un in-vito a gioire perché "il Signore viene", perché viene a salvarci. Risuonano confortatrici quasi ogni giorno in queste settimane le parole del profeta Isaia dirette al popolo ebreo esule in Babilonia dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme e sfiduciato di poter far ritorno nella città santa in rovina. "Quanti sperano nel Signore riacquistano forza - assicura il profeta - mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi,camminano senza stancarsi" (Is 40,31). E ancora, "gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto" (Is 35,10). La liturgia dell’Avvento - precisa il Santo Padre - ci ripete costantemente che dobbiamo destarci dal sonno dell’abitudine e della mediocrità, dobbiamo abbandonare la tristezza e lo scoraggiamento; occorre che rinfranchiamo i nostri cuori perché "il Signore è vicino"» (Omelia, 16 dicembre 2007).

Nel periodo liturgico dell’Avvento siamo chiamati dunque a metterci in cammino verso «Colui che viene», ad andargli incontro con gioia, consapevoli del suo ritorno glorioso, con il desiderio di accorgerci dei segni della sua presenza. Cristo viene per darci la sua gioia, per insegnarci che anche dal dolore più atroce o dall’abisso della nostra miseria, accettati e vissuti con amore e per amore, può nascere la gioia. Non si tratta però di una gioia facile, di una transitoria euforia, bensì di una beatitudine interiore maturata nel terreno dell’umiltà e con paziente fatica, confidando unicamente nell’aiuto dell’unico Salvatore, dell’Emmanuele, il Dio-con-noi. È la gioia che possedeva la Vergine mentre proclamava il Magnificat, il cantico che racchiude l’esultanza e la lode di tutti i credenti; è la gioia che avevano i primi cristiani quando spezzavano il pane nelle case con letizia e semplicità di cuore (cf At 2,42-47).È la gioia di sentire la presenza del Signore qui e ora, la gioia del "già",pronunciato sopra il "non ancora".

Gesù «luce radiosa», cantato nell’ora dei Vespri, si pone alla fine del nostro cammino come gioia vera e perfetta, che nessuno potrà toglierci. Il tempo dell’Avvento introduce i credenti nell’esultanza messianica che ha caratterizzato la speranza dell’antica alleanza e ha qualificato

l’evento dell’incarnazione, e determina ancora oggi il cammino della comunità verso la gloriosa venuta del Signore. L’attesa diviene gaudio nel cuore di chi s’attende solo dal Signore il compimento del desiderio di pienezza e pacificazione.

La nostra gioiosa esperienza dell’Avvento non può non tenere conto che il "fare festa" fa parte del costante vivere umano. Ognuno di noi è chiamato ad impegnarsi nel far maturare la fede attraverso la prova della pazienza e della sofferenza. Emblematica a questo riguardo è la figura di Giovanni il Battista. Gesù stesso lo presenta alla folla quale precursore, mettendo in rilievo la sua rettitudine ed austerità, il suo coraggio di "rompere" con i costumi corrotti del suo tempo e del suo ambiente, pronto a portarne le estreme conseguenze, fino alla decapitazione.

Nel deserto Giovanni ha vissuto una dura ascesi; attraverso il carcere ha portato a compimento la sua paziente attesa e la sua missione. Il Battista non è «una canna sbattuta dal vento», né un «uomo avvolto in morbide vesti»; è il battistrada ed il fedele amico dello Sposo, in una instancabile e vigile attesa, fino al momento in cui il Desiderato si fa presente. Proprio lui, l’austero precursore, è l’uomo della più pura gioia, perché si accorge che il tempo è compiuto e che nell’umile presenza di Gesù si cela la grandezza del Figlio di Dio, nell’Agnello destinato all’immolazione si manifesta lo Sposo che chiama tutti al suo banchetto di nozze.

Austerità e sacrificio sono il buon terreno che ognuno di noi è chiamato a saper offrire al seme del Vangelo - la Buona Novella – perché possa in lui germogliare e dare una messe abbondante di gioia, di esultanza, di felicità, di letizia. La venuta del Signore fa rifiorire la salute in una moltitudine di corpi deboli, mutilati e doloranti, e spiana davanti a loro la strada su cui possono camminare speditamente, a testa alta, con il volto non più bagnato di pianto, ma raggiante di gioia.

Amiche lettrici e cari lettori, il numero di Consacrazione e Servizio che avete tra mano si apre con la rubrica Speciale Anno Paolino curata dalla biblista Elena Bosetti. L’articolo presenta la più antica testimonianza del Nuovo Testamento sulla Madre del Signore. Dobbiamo

riconoscere che in Galati 4,4 Paolo traccia il quadro normativo fondamentale per ogni discorso su Maria di Nazaret.

Continuano le rubriche Vicino a te è la Parola e Sapienza dei Padri. Nella prima, la biblista Cristina Caracciolo richiama l’attenzione sulla solidità incrollabile della Parola; nella seconda, il patrologo Mario Maritano presenta insegnamenti e brevi episodi conosciuti come

«Detti» attribuiti a «Padri» e«Madri» del deserto, vissuti dal IV secolo in poi nell’Alto e Basso Egitto.

La rubrica «Orizzonti» arricchisce il fascicolo con due contributi che intendono offrire rispettivamente: l’esperienza sulla settimana formativa per le juniores svoltasi a Roma presso la sede nazionale dell’USMI nei primi giorni di settembre 2008 (Giuseppina Alberghina); e un testo del card. Carlo Maria Martini sulla realtà attuale della Chiesa cattolica letta con gli occhi della fede.

Una parola particolare per il Dossier. Sotto il titolo: Servite il Signore nella gioia, espressione tratta dal Salmo 100,2 è proposta una riflessione sulla spiritualità della gioia, tema raro tra gli studi di spiritualità. Il testo è del carmelitano scalzo Jesùs Castellano Cervera, morto improvvisamente a Roma il 15 giugno 2006, molto conosciuto e amato da noi religiose. Pubblicato la prima volta nel trigesimo della sua morte da L’Osservatore Romano (luglio 2006) lo riteniamo una proposta ispirativa da saper valorizzare come singole e in incontri comunitari. Anche le riflessioni del presente Editoriale intendono orientare la tematica sul tema della gioia in prospettiva liturgica, ormai alla vigilia del Santo Natale.

Oltre alle consuete rubriche sul film e sulle segnalazioni, il numero ospita l’indice dell’annata con i relativi supplementi.

L’augurio che rivolgo ad ognuna/o desidero esprimerlo con una supplica-invocazione di sant’Agostino tratta da quel testo intramonta-bile che sono le Confessioni:«C’è un godimento che non è concesso agli empi, ma a coloro che ti servono per puro amore, o Signore, e il loro godimento sei tu stesso. E questa è la felicità, godere per te, di te, a causa di

te, e fuori di questa non ve n’è un’altra» (10, 8.12).

Maria Marcellina Pedico
Serve di Maria Riparatrici
Via Monte Velino, 30 - 00141 ROMA
m.pedico@smr.it