n. 12
dicembre 2008

 

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<<Il cacciatore di aquiloni>>

Leggiamo insieme il film

a cura di TERESA BRACCIO

 

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Dati tecnici

Titolo originale: The Kit Runner
Genere: Drammatico
Regia: Marc Forster
Interpreti: Khalid Abdalla (Amir), Atossa Leoni (Soraya), Shaun Toub (Rahim Khan), Zekiria Ebrahimi (Amir giovane), Ahmad Khan Mahmoodzada (Hassan giovane), Homayoun Ershadi (Baba), Said Taghmauoi (Farid), Ali Danesh Bakhtyari (Sohrab).
Nazionalità:
Stati Uniti
Distribuzione: Filmauro
Anno di uscita: 2008
Origine: Stati Uniti (2007)
Soggetto: tratto dal romanzo omonimo di Khaled Hosseini
Sceneggiatura: David Benioff
Fotografia(Scope/a colori): Roberto Schaefer
Musica: Alberto Iglesias
Montaggio: Matt Chessé
Durata: 131'
Produzione: William Horberg, Rebecca Yeldham, E. Bennett Walsh
DVD: Euro 15,99

Note: Candidato Golden Globe 2008 come Miglior Film Straniero e per la miglior colonna sonora.

 La trama

Il cacciatore di aquiloni è tratto dall’omonimo romanzo dello scrit-tore americano di origine afgana Khaled Hosseini. Il film si snoda attraverso gli ultimi trent’anni di vita afgana, che hanno seminato nel paese distruzione e morte: la fine della monarchia e l’invasione russa, il regime talebano e la situazione odierna. La storia è quella di Amir e Hassan, due giovani amici appartenenti a etnie e classi sociali differenti. Il primo è figlio di uno degli uomini pashtun più influenti di Kabul, il secondo è il suo piccolo servitore azara. Amir e Hassan sono inseparabili e la passione per gli aquiloni rinsalda ancora di più il loro legame. Ma un giorno, un fatto drammatico, sconvolge le loro vite e la loro amicizia: Amir assiste allo stupro di Hassan, da parte di un gruppo di teppisti, senza intervenire in suo aiuto. Dopo l’invasione dell’Afghanistan da parte delle truppe sovietiche Amir fugge con il padre negli Stati Uniti. Diventerà uomo realizzando le tappe più importanti della vita: la scuola, il matrimonio, la professione di scrittore. Ma il rimorso di non aver soccorso l’amico coprirà sempre, come un’ombra, la sua nuova esistenza. Quando una telefonata inaspettata lo raggiunge, Amir comprende che è giunto il momento di tornare nel proprio paese. A Kabul non trova più il suo mondo e neanche l’amico. Ad accoglierlo, oltre ai fantasmi del passato e della coscienza, c’è la scoperta che Hassan è suo fratello e che la sua morte ha lasciato un figlio in balia della violenza. Una realtà ostile e crudele dove la bellezza è bandita e gli aquiloni non volano più.

Ripercorriamo le tappe

«Sono diventato la persona che sono oggi all’età di dodici anni, in una gelida giornata invernale del 1975. Ricordo il momento preciso: ero accovacciato dietro un muro di argilla mezzo diroccato e sbirciavo di nascosto nel vicolo lungo il torrente ghiacciato. E’ stato tanto tempo fa. Ma non è vero, come dicono molti, che si può seppellire il passato. Il passato si aggrappa con i suoi artigli al presente. Sono ventisei anni che sbircio di nascosto in quel vicolo deserto. Oggi me ne rendo conto». Queste le parole pronunciate da un Amir adulto, che vive ormai da vent’anni in America tra i ricordi smorzati della sua fanciullezza di cui però non ha mai perso i contorni. Sono parole che gettano luce sul tormentato passato, ma anche sulla decisione sofferta di tornare come pellegrino nella terra dell’amicizia e del tradimento. Un pellegrinaggio a ritroso nel tempo per ritrovare ricordi e rimpianti; un cammino di purificazione e di affrancamento dentro il proprio cuore e la propria storia. Sullo sfondo della vita dei personaggi il film ripercorre la storia dell’Afghanistan che, in questi ultimi trent’anni, ha vissuto la graduale distruzione della propria cultura. Con i massacri e le torture sono stati rasi al suolo i corpi, i sentimenti e le idee dei sopravvissuti. Al suo ritorno a Kabul, Amir troverà non solo i vecchi sensi di colpa, ma anche un paese desolato, abitato da relitti umani nei quali sono scomparse bellezza e gioia. Il suo turbamento di fronte al passato, il desiderio di colmare i vuoti e le assenze, avvolgono e trascinano lo spettatore in un viaggio interiore alla scoperta dei lati oscuri della vita. Un lotta fatta di errori e riscatti che, in modo non sempre consapevole, nascondiamo nelle pieghe dell’anima. La mente di Amir, piena di colori e profumi lontani, di saperi antichi e inesplorati, diventa un rifugio per quella parte segreta comune a tutti noi.

Riflettiamo sulle parole

Dell’autore del libro Khaled Hosseini. «Sono tornato in Afghanistan dopo 27 anni. L’ho lasciato a undici anni e sono tornato a trentotto. E mi sono sentito davvero come Amir che dice: “Mi sento un turista nel mio paese”. Anch’io ho provato questa sensazione. 27 anni sono un periodo molto lungo. In quegli anni l’Afghanistan è stato in guerra con i sovietici, ci sono stati gli anni terribili delle lotte tra mujaheddin, i Talebani, l’11 settembre, e così via, cambiamenti enormi, così quando sono tornato, da una parte mi sentivo come Amir nel libro e nel film, nel senso che tornando a casa riconoscevo i quartieri, la gente, la musica. C’è una scena in cui Amir dice “Questo luogo ha lo stesso odore che aveva un tempo”. D’altra parte i luoghi erano cambiati molto e io stesso ero cambiato tanto che sarebbe stupido fingere di essere ancora la persona di un tempo e di fare ancora parte di questo contesto. Mi sono sentito davvero un outsider quando sono tornato in Afghanistan, anche se allo stesso tempo sentivo che stavo tornando a casa. Dunque è stata una sorta di esperienza schizofrenica. Le persone che incontravo a Kabul non mi facevano sen-tire un estraneo, si sono aperte, hanno chiesto della mia vita, mi hanno accolto bene e non con antagonismo, come mi aspettavo. ma io non ho mai fatto finta di essere parte di questo contesto, perché in realtà non lo sono».

Del comunicato della Paramount vantage. «I quattro piccoli attori del 'Cacciatore di aquiloni' hanno lasciato l'Afghanistan in seguito alle raccomandazioni di diverse Ong (Organizzazioni non governative) e di esperti afghani". La vita dei due protagonisti poteva essere in pericolo ed era perciò stato deciso di rinviare di sei settimane l'uscita del film sugli schermi, in modo da far espatriare i giovani at-tori. La loro sicurezza e tranquillità sono sempre state nostre priori-tà e siamo lieti di averli portati in un luogo sicuro e accogliente prima dell'uscita del film».

Di Teresa Sarti Strada, presidente di Emergency. «Fintanto che si cercherà di combattere la violenza con la violenza, non ci sarà una via d'uscita, ma solo morte e distruzione. E la gente dell'Afganistan ne ha vista fin troppa».

Di Latif Ahmadi, direttore dell’organismo statale Afghan film.«Sulla base delle istruzioni date dal ministero dell’Informazione e della Cultura, il Cacciatore di aquiloni è messo al bando. Certe scene sono discutibili e inaccettabili per alcune persone e potrebbero provo-care reazioni e problemi per il governo e la popolazione».

Utilizzo pastorale

Il regista Marc Forster ripercorre con fedeltà creativa la storia appassionante e coinvolgente dell’omonimo libro: Il cacciatore di aquiloni. Il film procede attraverso una trama indagatrice che percorre vari filoni tematici: padri e figli, amicizia e inganno, paura e coraggio, tradimento e redenzione. Il tutto è sovrastato dalla devastazione di un paese, l’Afghanistan, annientato nel proprio patrimonio culturale e in ogni certezza e prospettiva futura. Lo scorrere delle immagini ci porta dagli Stati Uniti all’Afghanistan e viceversa, in un reticolo affascinante di sensazioni nelle quali le storie si confondono e la tragedia del popolo si materializza. Con maestria, Forster ricrea il tempo lontano della fanciullezza di Amir, un periodo spensierato e pieno di vita, avvolto da una cornice fatta di momenti indimenticabili trascorsi con il padre e gli amici in una Kabul che non esiste più. Le gare degli aquiloni rivivono nella sua fantasia come il mondo della sua infanzia, sicuro e felice. Un mondo accogliente fatto di ambienti ospitali, della terra bruciata dal sole estivo e del vento pungente dell’inverno. Il film è un inno alla memoria ferita, che si snoda tramite sensazioni e ricordi carichi di rimpianti e della dolorosa certezza che la patria, nel cui cielo ieri brillavano gli splendidi colori degli aquiloni, oggi è coperta di sangue e morte. Gli aquiloni torneranno a volare ma questa volta nel cielo degli Stati Uniti. Le mani e il cuore di Amir palpitano in sincronia mentre si riappropria del filo dell’aquilone e del suo passato, sciogliendo finalmente l’antico e doloroso rimorso. Il volteggiare degli aquiloni nel fascino di un intreccio multicolore diventa un abbraccio alla vita e il volo un riscatto liberatorio che apre alla speranza di un futuro migliore.

Tematiche: Bambini; Famiglia - genitori figli; Letteratura; Politica-Società; Potere; Storia

Valutazione del Centro Nazionale Valutazione film della Conferenza Episcopale Italiana: Accettabile/problematico*

Il film nella stampa

«Tratto dal bestseller di Khaled Hosseini, una trasposizione di grande potenza narrativa. Poetico, emozionante, spettacolare, commovente. Premesso che è sempre pericoloso aver letto e amato il libro da cui un film è tratto, è inevitabile non farci i conti. Per prima cosa va detto che Il cacciatore di aquiloni diretto da Marc Forster è un bellissimo film: attori intensi, affascinanti ricostruzioni storiche, potenza narrativa. Eppure, il complesso turbamento che il bestseller di Khaled Hosseini è stato capace di suscitare nel lettore non viene completamente restituito» (Cristina Borsetti, www. film.tv.it).

«Sullo sfondo dell’Afghanistan straziato dall’invasione sovietica e dal dominio dei talebani, scorre la storia di una viltà infantile, pagata con una lunga espiazione e infine con un atto di generoso coraggio. Mare Forster illustra un drammatico romanzo da milioni di copie» (Claudio Carabba, Corriere della Sera Magazine, 10 aprile 2008).

«Per adattare la bellissima storia raccontata dallo scrittore Khaled Hosseini, il regista Marc Forster sceglie la strada più semplice e diretta, quella del sentimento, e non si lascia tentare né dalla saga storica né da esibizioni di stile, puntando tutto sulle facce dei piccoli protagonisti. Travolti dalle lacrime, ci porteremo per sempre negli occhi la  faccetta camusa, un po' storta, di Hassan, etnia azara (Ahmad Khan Mahrnoodzada), il prodigioso cacciatore di aquiloni, amico e servitore fedele di Amir, pacifico sino al sacrificio. Altrettanto vibranti sono le immagini aeree di Kabul (ricostruita in Cina) sovrastata dal voto (o volo) dei cervi volanti. Per il resto il film va dritto allo scopo, raccontare il dolore storico del popolo afghano disseccato prima dal comunismo e poi dai talebani e insieme il senso di colpa tutto privato di Amir che non ha saputo, o voluto, difendere l'amico aggredito» (Piera Detassis, Panorama, 3 aprile 2008).

«Di saldo e severo impegno la sceneggiatura. Fedele al testo, ma con intelligenza, ne espone le tappe salienti con felice essenzialità, badando soprattutto ad esprimerne più il senso e i climi che non lo schema libresco. Con un finale, forse più ottimistico di come l'autore letterario lo avesse visto, ma comunque con accenti di un lirismo asciutto che finiscono persino per commuovere. Pur evitando il pate-ismo» (Gian Luigi Rondi, Il Tempo, 28 marzo 2008).

«Il cacciatore di aquiloni dell'eclettico Marc Forster, tratto dal bestseller di Khaled Hosseini, è un adattamento molto corretto, abitato da facce giuste e sapientemente montato tra passato e presente. In alcuni momenti restituisce l'immane potenza della storia cartacea. In altri (la banalizzazione del papà di Amir) i tanti fan del romanzo storceranno il naso. Forse erano necessarie tre ore. Comunque un'opera che vola alto senza cadere mai»» (Francesco Alò, Il Messaggero, 28 marzo 2008).

A cura di Teresa Braccio
Centro Comunicazione e Cultura Paoline
Via del Castro Pretorio, 16 - 00185 Roma

 

 

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