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N essuno
può ignorare i gravi problemi che pone ai cattolici la ricerca biomedica
e biotecnologica. Accanto ai suoi numerosi meriti – e di questo dobbiamo
ringraziare il Signore e anche i pazienti ricercatori, che con la loro
perseveranza creativa spostano sempre più avanti gli orizzonti di
conoscenza, di assistenza e di cura delle nostre deficienze fisiche e
psichiche – ci sono anche proposte inaccettabili, che non rare volte
vengono travasate in modo semplicistico in leggi non rispettose della
dignità della persona umana.
Interrogativi circa le
nuove prospettive terapeutiche
In non poche nazioni, ad
esempio, è in atto una «biopolitica», che si arroga il diritto di
legiferare sulla nascita, sulla crescita e sulla morte delle persone,
decidendo su chi, come e quando deve nascere e su chi, come e quando
deve morire. Non è solo una intrusione indebita, ma una violazione dei
diritti fondamentali di ogni essere umano, soprattutto dei più deboli,
dei senza voce e dei non ancora nati, ma vivi e in piena crescita umana.
La persona viene espropriata della sua libertà di scelta.
La vicenda di Eluana è
ammonitrice al riguardo. La giovane è in coma da anni, ma è ancora viva.
E ha bisogno, come tutti noi, di acqua e di cibo. Non si tratta quindi
di medicine né di accanimento terapeutico, ma solo di ordinario
nutrimento. Nel caso specifico, ci si può chiedere: quando si sveglierà?
Non si sa. Può essere oggi, domani, fra un anno, fra molti anni. Alla
domanda poi: come fa la famiglia a prendersi cura per tanti anni di una
giovane immobile in un letto? La risposta, nel caso specifico di Eluana,
è data dalle Suore, che finora l’hanno assistita e intendono continuare
a farlo. Negli altri casi, le famiglie, con sacrificio ma anche con
grande amore, sostengono i loro cari in difficoltà, nella speranza,
spessissimo avveratasi, che si riprendano e tornino al più presto alla
normalità.
Vescovi, sacerdoti, teologi
sono quotidianamente interpellati da queste e da altre situazioni. Ma
sono soprattutto le consacrate a essere implicate esistenzialmente in
queste nuove sfide culturali. Per la vicinanza alle famiglie, per la
fiducia che i genitori hanno verso di loro, per la semplicità con cui i
giovani si confidano con loro, le consacrate sono le persone più idonee
a dare consiglio, a indicare il giusto comportamento morale e anche,
all’occasione – come nel caso di Eluana –, a prendersi personalmente
cura di esseri umani in difficoltà o abbandonati dai loro stessi
genitori e parenti.
Le consacrate costituiscono
il cuore misericordioso della Chiesa nei confronti di bambini rifiutati,
di giovani sfruttate ed emarginate, di malati cronici, di anziani
abbandonati. Esse, più di altri, riescono nte e al cuore delle mamme e
dei papà, dando loro una parola di conforto e di consolazione, ma anche
di discernimento e di guida. Come Maria, la nostra madre e maestra,
anche la consacrata può essere per i fedeli magistra vitae», maestra non
solo di esistenza spirituale, ma anche di vita umana realizzata, nella
famiglia e nella società, offrendo orientamenti su come comportarsi di
fronte alle molteplici proposte, che cercano di intaccare la vita umana
nel suo sbocciare, nel suo crescere e nel suo tramontare.
È poi paradossale e
contraddittoria da una parte, l’attenzione quasi maniacale che l’odierna
società pone nella preservazione genetica di cibi, nella cura e difesa
di ogni specie animale, e, dall’altra, la superficialità con cui
permette la manipolazione sfrenata degli embrioni umani, trattati come
semplice materiale biologico di cui disporre a piacimento. Mentre
vengono severamente rifiutati gli organismi geneticamente modificati, si
è invece molto permissivi nei confronti delle alterazioni genetiche
dell’essere umano.
Un sì alla vita
Per questo già nel 1987 la
Congregazione per la Dottrina della Fede aveva pubblicato una
Istruzione, Donum
Vitae (22
febbraio 1987), sulla dignità degli embrioni e sulla illiceità della
fecondazione artificiale. Dopo poco più di venti anni, lo stesso
dicastero della Santa Sede pubblica una seconda Istruzione, intitolata
Dignitas personae,
per venire incontro alle nuove prospettive terapeutiche.
L’Istruzione, che porta la
data dell’8 settembre 2008, festa della Natività della Beata Vergine
Maria, intende rispondere ad alcune nuove questioni di bioetica, che
provocano attese e perplessità in vasti settori della società. In tal
modo cerca di «promuovere la formazione delle coscienze» (n. 10) e di
incoraggiare la ricerca biomedica al rispetto della dignità di ogni
essere umano e della procreazione.
L’Istruzione inizia con le
parole Dignitas
personae, una
dignità che va riconosciuta ad ogni essere umano, dal suo concepimento
alla morte naturale. Questo principio fondamentale esprime un grande
“sì” alla vita umana, che deve essere al centro della riflessione etica
sulla ricerca biomedica. L’Istruzione è «di natura dottrinale» (n. 1),
approvata espressamente da Benedetto XVI. Appartiene, quindi, ai
documenti che partecipano del magistero ordinario del successore di
Pietro, da accogliere con religioso assenso (n. 37).
Preparazione e
struttura
La preparazione
dell’Istruzione è stata lunga e laboriosa. Nel procedere all’esame di
alcune nuove questioni, si è inteso sempre tenere presenti gli aspetti
scientifici, giovandosi dell’analisi della Pontificia Accademia per la
Vita e di un gran numero di esperti, per confrontarli con i principi
dell’antropologia cristiana. I destinatari sono tutti i fedeli della
Chiesa e tutti coloro che cercano la verità. Nel proporre principi e
valutazioni morali per la ricerca biomedica sulla vita umana, la Chiesa
«attinge alla luce sia della ragione sia della fede, contribuendo ad
elaborare una visione integrale dell’uomo e della sua vocazione, capace
di accogliere tutto ciò che di buono emerge dalle opere degli uomini e
dalle varie tradizioni culturali e religiose, che non raramente mostrano
una grande riverenza per la vita » (n. 3).
L’Istruzione comprende
tre parti: la prima richiama alcuni aspetti antropologici,
teologici ed etici di importanza fondamentale; la seconda
affronta nuovi problemi riguardanti la procreazione; la terza
prende in esame alcune nuove proposte terapeutiche che comportano la
manipolazione dell’embrione o del patrimonio genetico umano.
Due principi
fondamentali
Nella prima parte si
riaffermano due principi fondamentali della bioetica. Anzitutto si
ribadisce la dignità inalienabile di ogni essere umano: «L’essere umano
va rispettato e trattato come una persona fin dal suo concepimento e,
pertanto, da quello stesso momento gli si devono riconoscere i diritti
della persona, tra i quali anzitutto il diritto inviolabile di ogni
essere umano innocente alla vita» (n. 4).
Il secondo principio è la
riconferma del matrimonio come ambito di amore interpersonale da cui
nasce la vita: «L’origine della vita umana […] ha il suo autentico
contesto nel matrimonio e nella famiglia, in cui viene generata
attraverso un atto che esprime l’amore reciproco tra l’uomo e la donna.
Una procreazione veramente responsabile nei confronti del nascituro deve
essere il frutto del matrimonio» (n. 6).
A questo proposito si
sottolinea la sacralità degli atti matrimoniali, riflesso dell’amore
divino trinitario: «Lo Spirito Santo effuso nella celebrazione
sacramentale offre agli sposi cristiani il dono di una comunione nuova
d’amore che è immagine viva e reale di quella singolarissima unità, che
fa della Chiesa l’indivisibile Corpo mistico del Signore Gesù» (n. 9).
Nella valutazione etica di
alcuni risultati scientifici la Chiesa non intende interferire nella
scienza medica come tale, ma solo richiamare la responsabilità etica e
sociale della ricerca. Il valore etico della scienza biomedica si misura
in riferimento sia al rispetto incondizionato dovuto ad ogni essere
umano, in tutti i momenti della sua esistenza, sia alla tutela della
specificità degli atti personali che trasmettono la vita.
Nuovi problemi
riguardanti la procreazione
Tra le tecniche volte a
superare l’infertilità sono attualmente poste in atto sia le tecniche di
fecondazione artificiale eterologa, volte a ottenere artificialmente un
concepimento umano a partire da gameti provenienti almeno da un
donatore diverso dagli sposi, che sono uniti in matrimonio; sia le
tecniche di fecondazione artificiale omologa, volte a ottenere
artificialmente un concepimento umano a partire dai gameti di due sposi
uniti in matrimonio. Ci sono inoltre tecniche che si configurano come un
aiuto all’atto coniugale e alla sua fecondità; interventi che mirano a
rimuovere gli ostacoli che si oppongono alla fertilità naturale. C’è,
infine, la procedura dell’adozione.
Cosa dire di tutto ciò?
Anzitutto, si possono ritenere lecite tutte le tecniche che rispettano
sia il diritto alla vita e all’integrità fisica di ogni sorta il diritto
dei coniugi a diventare padre e madre soltanto l’uno attraverso l’altro,
in modo che la procreazione umana sia il frutto dell’atto coniugale
specifico dell’amore tra gli sposi.
Sono quindi ammissibili
quelle tecniche che si configurano come un aiuto all’atto coniugale e
alla sua fecondità. L’intervento medico è in questo ambito rispettoso
della dignità delle persone, dal momento che mira ad aiutare l’atto
coniugale per facilitarne il compimento e per consentirgli di
raggiungere il suo fine, una volta che sia stato normalmente compiuto.
Sono quindi certamente leciti gli interventi che mirano a rimuovere gli
ostacoli che si oppongono alla fertilità naturale. È, poi, altamente
auspicabile incoraggiare, promuovere e facilitare la procedura
dell’adozione dei numerosi bambini orfani. Si tratta di una via che
permette a quegli sposi, impossibilitati a generare figli propri, di
donare il loro affetto a piccoli rifiutati e abbandonati, che così
trovano una famiglia e un nido di amore. È l’incontro provvidenziale di
due povertà che crea una famiglia completa con genitori e figli, uniti
dal dono dell’amore accogliente e generoso.
Cosa dire, invece, delle
tecniche di fecondazione artificiale in laboratorio? L’esperienza degli
ultimi anni ha dimostrato che nel contesto delle tecniche di
fecondazione in
vitro il numero
di embrioni sacrificati è altissimo: al di sopra dell’80% nei centri più
sviluppati. Vengono, infatti, scartati gli embrioni difettosi. Alcune
coppie, poi, ricorrono alle tecniche di procreazione artificiale con
l’unico scopo di poter operare una selezione genetica dei loro figli.
Infine, la tecnica del trasferimento di un numero maggiore di embrioni
rispetto al figlio desiderato, nella previsione che alcuni vengano
perduti, comporta di fatto un trattamento puramente strumentale degli
embrioni.
Le tecniche di
fecondazione illecite
Dato l’altissimo tasso di
abortività delle tecniche di fecondazione
in vitro
esse sono gravemente
illecite e dimostrano eloquentemente come la sostituzione dell’atto
coniugale con una procedura tecnica contribuisca ad indebolire il
rispetto dovuto ad ogni essere umano. Tale rispetto viene invece
favorito dall’intimità degli sposi animata dall’amore coniugale. Di
fronte alla strumentalizzazione dell’essere umano allo stadio
embrionale, occorre ripetere che l’amore di Dio non fa differenza fra il
neoconcepito ancora nel grembo di sua madre, e il bambino, o il giovane,
o l’uomo maturo o l’anziano. Non fa differenza perché in ognuno di essi
vede l’impronta della propria immagine e somiglianza. Per questo il
magistero della Chiesa ha costantemente proclamato il carattere sacro e
inviolabile di ogni vita umana, dal suo concepimento sino alla sua fine
naturale (n. 16).
Una variante della
fecondazione artificiale è l’Intra
Cytoplasmic SpermInjection
(ICSI). Anche questa
tecnica è moralmente illecita, perché opera una completa dissociazione
tra la procreazione e l’atto coniugale ed è attuata al di fuori del
corpo dei coniugi mediante gesti di terze persone la cui competenza e
attività tecnica determinano il successo dell’intervento. In tale
tecnica la vita e l’identità dell’embrione vengono affidate al potere
dei medici e dei biologi, instaurando così un dominio della tecnica
sull’origine e sul destino della persona umana (n. 17).
Anche il congelamento degli
embrioni o “crioconservazione” è incompatibile con il rispetto dovuto
agli embrioni umani: presuppone la loro produzione
in vitro;
li espone a gravi rischi di morte o di danno per la loro integrità
fisica, in quanto un’alta percentuale non sopravvive alla procedura di
congelamento e di scongelamento; li priva almeno temporaneamente
dell’accoglienza e della gestazione materna; li pone in una situazione
suscettibile di ulteriori offese e manipolazioni (n. 18).
Per quanto riguarda il gran
numero di embrioni congelati già esistenti si pone la domanda: che fare
di loro? Finora le soluzioni proposte risultano moralmente
insoddisfacenti: occorre constatare che le migliaia di embrioni in stato
di abbandono determinano una situazione di ingiustizia di fatto
irreparabile. Perciò Giovanni Paolo II lanciò un appello alla coscienza
dei responsabili del mondo scientifico ed in modo particolare ai medici
perché venga fermata la produzione di embrioni umani, tenendo conto che
non si intravede una via d’uscita moralmente lecita per il destino umano
delle migliaia e migliaia di embrioni “congelati”, i quali sono e
restano pur sempre titolari dei diritti essenziali e quindi da tutelare
giuridicamente come persone umane (n. 19).
L’Istruzione dà poi
valutazioni etiche sul congelamento degli ovociti, sulla riduzione
embrionale, sulla diagnosi preimpiantatoria, sulle nuove forme di
intercezione e contragestazione. Data la loro particolare specificità,
si invitano le lettrici e i lettori a ricorrere al testo dell’Istruzione
per avere una informazione più dettagliata al riguardo.
Proposte terapeutiche
con manipolazione dell’embrione
1.
Tra le nuove proposte, l’Istruzione considera, nella sua terza parte,
anzitutto la
terapia genica,
che è l’applicazione all’uomo delle tecniche di ingegneria genetica con
una finalità terapeutica, vale a dire, con lo scopo di curare malattie
su base genetica (n. 25). C’è sia una terapia genica somatica, che si
propone di eliminare o ridurre difetti genetici presenti a livello delle
cellule somatiche, sia una terapia genica germinale, che mira a
correggere difetti genetici presenti in cellule della linea germinale,
al fine di trasmettere gli effetti terapeutici ottenuti sul soggetto
all’eventuale discendenza del medesimo.
Quanto agli
interventi di terapia genica somatica, essi sono in linea di principio
moralmente leciti. Tuttavia, bisogna osservare il principio deontologico
generale, secondo cui, per attuare un intervento terapeutico, è
necessario assicurare previamente che il soggetto trattato non sia
esposto a rischi per la sua salute o per l’integrità fisica, che siano
eccessivi o sproporzionati rispetto alla gravità della patologia che si
vuole curare. È anche richiesto il consenso informato del paziente o di
un suo legittimo rappresentante (n. 26). Quanto alla terapia genica
germinale, i rischi legati ad ogni manipolazione genetica sono
significativi e ancora poco controllabili e, pertanto, allo stato
attuale della ricerca non è moralmente ammissibile agire in modo che i
potenziali danni derivanti si diffondano nella progenie (n. 26).
Quanto all’ipotesi di
applicare l’ingegneria genetica per presunti fini di miglioramento e
potenziamento della dotazione genetica, si deve osservare che tali
manipolazioni favorirebbero una
mentalità eugenetica,
enfatizzando doti apprezzate da determinate culture e società, che non
costituiscono di per sé lo specifico umano. Ciò contrasta con la verità
fondamentale dell’uguaglianza tra tutti gli esseri umani. Inoltre, nel
tentativo di creare un nuovo tipo di uomo si ravvisa una dimensione
ideologica, secondo cui l’uomo pretende di sostituirsi al Creatore (n.
27).
2.
Cosa dire, poi, della
clonazione umana,
e cioè della riproduzione asessuale e agamica dell’intero organismo
umano, allo scopo di produrre una o più “copie” dal punto di vista
genetico sostanzialmente identiche all’unico progenitore?
La clonazione è
intrinsecamente illecita, in quanto intende dare origine ad un nuovo
essere umano senza connessione con l’atto di reciproca donazione tra due
coniugi e, più radicalmente, senza legame alcuno con la sessualità. Tale
circostanza dà luogo ad abusi e a manipolazioni gravemente lesive della
dignità umana (n. 28).
Quanto alla clonazione
riproduttiva,
essa imporrebbe al soggetto clonato un patrimonio genetico preordinato,
sottoponendolo di fatto ad una forma di schiavitù biologica dalla quale
difficilmente potrebbe affrancarsi. Il fatto che una persona si arroghi
il diritto di determinare arbitrariamente le caratteristiche genetiche
di un’altra persona, rappresenta una grave offesa alla dignità di
quest’ultima e all’uguaglianza fondamentale tra gli uomini (n. 29).
Quanto alla clonazione
terapeutica,
occorre precisare che creare embrioni con il proposito di distruggerli,
anche se con l’intenzione di aiutare i malati, è del tutto incompatibile
con la dignità umana, perché fa dell’esistenza di un essere umano, pur
allo stadio embrionale, niente di più che uno strumento da usare e
distruggere. È gravemente immorale sacrificare una vita umana per una
finalità terapeutica (n. 30).
3.
L’Istruzione
tratta anche l’uso terapeutico delle
cellule staminali,
che sono cellule indifferenziate che possiedono due caratteristiche
fondamentali: a) la capacità prolungata di moltiplicarsi senza
differenziarsi; b) la capacità di dare origine a cellule progenitrici di
transito, dalle quali discendono cellule altamente differenziate, per
esempio, nervose, muscolari, ematiche. Per la valutazione etica occorre
considerare soprattutto i metodi impiegati per la raccolta delle cellule
staminali. Si rileva, comunque, che numerosi studi tendono ad
accreditare alle cellule staminali adulte risultati più positivi
rispetto a quelle embrionali.
Ci sono anche tentativi di
ibridazione
con
l’utilizzazione di ovociti umane, al fine di estrarre cellule staminali
embrionali senza dover ricorrere all’uso di ovociti umani. Dal punto di
vista etico simili procedure rappresentano un’offesa alla dignità
dell’essere umano, a causa della mescolanza di elementi genetici umani
ed animali capaci di turbare l’identità specifica dell’uomo (n. 33).
4.
Quanto poi
all’impiego da parte di ricercatori di
materiale biologico
di origine illecita,
che è stato prodotto fuori dal loro centro di ricerca o che si trova in
commercio, vale sempre l’esigenza morale che non vi sia stata complicità
alcuna con l’aborto volontario e che si sia evitato il pericolo di
scandalo. A tale proposito è insufficiente il criterio dell’indipendenza
formulato da alcuni comitati etici, vale a dire, affermare che sarebbe
eticamente lecito l’utilizzo di “materiale biologico” di illecita
provenienza, sempre che esista una chiara separazione tra coloro che
producono, congelano e fanno morire gli embrioni e i ricercatori che
sviluppano la sperimentazione scientifica: «il dovere di rifiutare quel
“materiale biologico” […] scaturisce dal dovere di separarsi,
nell’esercizio della propria attività di ricerca, da un quadro
legislativo gravemente ingiusto e di affermare con chiarezza il valore
della vita umana. Perciò il sopra citato criterio di indipendenza è
necessario, ma può essere eticamente insufficiente» (n. 35).
****
L’insegnamento morale della
Chiesa è quindi un insieme di divieti? No. Esso riconosce e promuove
tutti i doni che il Creatore ha concesso all’uomo, come la vita, la
conoscenza, la libertà, l’amore. Purtroppo, talvolta questi doni sono
usati contro la dignità dell’essere umano, soprattutto dei più deboli e
indifesi. Anche la società civile ammette divieti giuridico-politici,
quando, ad esempio, proibisce ogni forma di razzismo, di schiavitù, di
ingiusta discriminazione delle donne, dei bambini, delle persone malate
o disabili. La legittimità di ogni divieto si fonda sulla necessità di
tutelare un autentico bene morale.
Similmente la Chiesa quando
dice “no” ai tentativi di manipolazione genetica in realtà dice un “sì”
chiaro e convinto alla dignità di ogni essere umano, a partire dal suo
concepimento fino alla sua morte naturale: «Dietro ogni “no” rifulge,
nella fatica del discernimento tra il bene e il male, un grande “sì” al
riconoscimento della dignità e del valore inalienabile di ogni singolo
ed irripetibile essere umano chiamato all’esistenza» (n. 37).
Questo prezioso richiamo
del magistero della Chiesa è un importante sussidio per il la missione
delle consacrate a favore delle famiglie cristiane.
Angelo Amato
Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi
Piazza Città
Leonina, 1 - 00193 Roma
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