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Care
sorelle,
Io
sono cittadino cosmopolita, nato a Tarso in Cilicia da genitori ebrei,
educato nella tradizione dei padri, ma anche a contatto con la cultura
greca che da sempre si è essa sulle tracce della verità. Educato a
Gerusalemme alla scuola di Gamaliele, uomo retto che mi ha insegnato ad
essere onesto nella mia ricerca di Dio e a non opporre ostacoli ai suoi
disegni, posso dire di essere pienamente ebreo, ma anche con orgoglio di
essere cittadino romano. Come vedete dunque mi porto nel sangue
un’internazionalità che mi avvicina molto a quel mondo pluriculturale
nel quale voi vivete e con il quale anche voi, come me, vi dovete
confrontare.
Sono cresciuto fiero della mia appartenenza
giudaica e sono stato sempre zelante verso la mia religione. Mi sono
sempre sentito “a posto”, irreprensibile quanto alla legge e con tutte
le carte in regola per potermi presentare davanti a Dio vantando le mie
credenziali.
Da quando Benedetto XVI ha indetto un anno
speciale per conoscere meglio la mia vita e la mia missione
evangelizzatrice ho coltivato nel cuore il desiderio di scrivervi.
Quell’incontro verso Damasco…
Fui accanito sostenitore delle tradizioni
religiose del mio popolo e diventai acerrimo nemico di una nuova forma
di religiosità nata in seno al giudaismo della mia epoca. I seguaci di
questa nuova dottrina predicavano che un uomo, Gesù di Nazareth, era che
addirittura lui, che era morto ignobilmente sulla croce come un
maledetto dalla legge, era risuscitato. Questo nuovo movimento
sovvertiva tutto il sistema religioso nel quale confidavo e io sentivo
che dovevo combatterlo accanitamente.
Un giorno assistetti alla lapidazione di un
certo Stefano, uno della setta, che aveva pronunciato parole blasfeme
contro le tradizioni dei padri e il tempio. Io ero troppo giovane per
partecipare alla lapidazione, ma coloro che si sono occupati
dell’esecuzione, per liberarsi le mani, hanno deposto i loro mantelli ai
miei piedi e io ho pienamente approvato il loro operato. C’era qualcosa
però nel volto di quel giovane, nel suo sguardo, nelle sue parole di
perdono per quelli che lo stavano lapidando, che si è inciso
profondamente nel mio cuore e ha cominciato a conficcarsi nel mio intimo
come un pungolo, contro il quale però determinatamente indietreggiavo e
opponevo resistenza.
Poi mi recai insieme ad altri verso Damasco,
dove avevo l’incarico di arrestare i seguaci di Gesù nazareno detto il
Cristo. Mentre stavamo quasi approssimandoci alle porte della città,
all’improvviso una luce sfolgorante mi abbagliò e gettò a terra. Rimasi
in mezzo alla polvere per un po’ senza capire cosa stesse succedendo e a
un certo punto udii una voce potente che non dimenticherò mai che mi
diceva: «“Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Duro è per te recalcitrare
contro il pungolo”. E io dissi: “Chi sei o Signore?”. E il Signore
rispose: “Io sono Gesù che tu perseguiti. Su, alzati e rimettiti in
piedi; ti sono apparso infatti per costituirti ministro e testimone di
quelle cose che hai visto e di quelle per cui ti apparirò ancora”».
Quando mi alzai non vidi più niente, tutto il
mondo di prima era passato, tutto quello che mi ero costruito era
crollato a terra, soprattutto l’immagine di Dio e l’immagine che avevo
di me. Ho vissuto tre lunghi giorni nell’oscurità, come Gesù nel buio
del sepolcro. Poi un discepolo del Signore, un certo Anania di Damasco,
mi impose le mani e io ho riacquistato la vista. Da quel momento la mia
visione delle cose è radicalmente cambiata e quello che fino a quel
momento costituiva per me motivo di vanto e di orgoglio, ho cominciato a
considerarlo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di
Cristo Gesù per cui ho lasciato perdere tutte quelle cose e le considero
spazzatura al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in Lui non
con una mia giustizia personale, ma con quella derivante dalla fede.
… mi ha trasformato
La fede ha preso con prevalenza il posto
dell’osservanza scrupolosa della legge - in verità
mi sono reso conto di non aver mai avuto la
forza di osservarla fino in fondo - e ho capito che la salvezza è un
dono gratuito che Dio Padre ci dà, non per i nostri meriti, ma per sua
libera iniziativa nel Figlio suo Gesù Cristo, mio amato Signore.
È lui che mi ha afferrato, mi ha conquistato
e io l’ho seguito con la stessa passionalità con la quale seguivo la
legge. Per me ormai la mia vita è interamente vissuta nella sfera
dell’amore di Cristo,anzi, per me ormai il vivere è Cristo, non sono
infatti più io a vivere, ma Cristo vive in me e questa vita che vivo
nella carne la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha
dato se stesso per me.
In viaggio ha avuto luogo la mia vocazione e
in viaggio il Signore mi ha mandato a percorrere tutte le strade del
mondo sopportando disagi e contrattempi, pericolo di vita, fame, nudità,
minacce di ogni genere. Ma insieme alle tribolazioni e alle sofferenze
dell’apostolato il Signore mi ha anche concesso di toccare con mano la
sua grazia che scioglie i cuori, che apre gli occhi, che fa uscire dalle
tenebre e spezza le catene! Nei miei viaggi ho conosciuto successi e
insuccessi, fatiche e gratificazioni, vittorie e sconfitte, sono stato
iniziato a tutto, alla ricchezza e alla povertà, alla prosperità e alla
fame.
Il vangelo mi ha messo in cammino non solo
fisicamente, ma mi ha fatto percorrere un viaggio interiore verso Cristo
mio Signore e meta ultima del mio vagare. Un viaggio nel quale è
cambiato progressivamente il mio paesaggio interiore, i cui scenari
sempre nuovi mi hanno fatto scoprire l’ebbrezza di essere nuova creatura
risorta in Cristo: in lui le cose di prima sono passate e ne sono nate
di nuove.
Certamente io ho mantenuto il mio carattere
focoso e anche irascibile, la vocazione mi ha reso una nuova creatura,
però mi sono rimaste alcune caratteristiche che tuttavia il Signore ha
saputo veicolare, indirizzare, incanalare nella giusta direzione. La mia
irruenza è stata totalmente messa a servizio del vangelo … il vangelo,
cuore del mio cuore, al quale ho consacrato la mia intera esistenza da
quando l’ho ricevuto in dono! Tutto io faccio infatti per il vangelo,
per esserne reso partecipe insieme agli altri.
A voi consacrate…
Ed ecco che allora io, Paolo, consacrato al
vangelo di Gesù Cristo, scrivo ora a voi consacrate, che siete nelle
chiese del mondo: pace a voi e grazia da Dio Padre del Signore nostro
Gesù Cristo, da Colui che vi ha chiamate, secondo il disegno da sempre
prestabilito, per appartenergli nel vincolo indelebile del battesimo e
della professione religiosa! Voi siete state consacrate, ossia “messe da
parte” per appartenere a lui soltanto. Vi siete affidate alla Parola di
Dio che non viene meno, che è certa, sicura, incrollabile.
A voi consacrate, appassionate di Cristo come
me, radicate nella sua Parola, io scrivo. A voi che, essendo libere da
tutto, vi sapete fare serve di tutti, sorelle tra i fratelli, madri per
gli uomini che camminano al vostro fianco spesso senza riuscire a
intravedere una luce all’orizzonte.
A voi io scrivo per ringraziare colui che vi
ha chiamate a una vocazione santa, non già in base ai vostri meriti, ma
per pura grazia del Signore nostro Gesù Cristo che vi ha scelte
dall’eternità e da sempre vi ha conosciute, amate, custodite nel grembo
fecondo del disegno eterno del Padre, affinché siate nel mondo un segno
vivente del suo amore gratuito e fedele.
Considerate, sorelle, la vostra chiamata, non
ci sono tra voi molte donne facoltose; Dio infatti ha scelto la vostra
pochezza e debolezza per confondere l’arrogante orgoglio umano e per
dimostrare che tutto proviene dalla sua libera iniziativa e dalla sua
pura grazia.
Non abbiate di voi una concezione troppo
alta, ma una giusta valutazione, che tuttavia tenga sempre presente
l’altissima dignità e il compito sublime che il Signore vi ha assegnato.
Siate amorevoli come madri premurose verso
coloro che il Signore vi affida nel vostro servizio, disposte a dare non
solo il vangelo ma la vostra stessa vita!
Vi voglio senza preoccupazioni terrene,
perché non essendo sposate vi preoccupiate delle cose del Signore, come
potete piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose
del mondo, come possa piacere al coniuge. La donna non sposata, come la
vergine, si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere a lui,
per essere santa nel corpo e nello spirito. Dico questo per il vostro
bene, non per gettarvi un laccio, ma per indirizzarvi a ciò che è degno
e vi tiene unite al Signore senza distrazioni.
In ognuna di voi per la fede abiti Cristo nel
cuore e la sua pace dimori in voi abbondantemente!
A questo infatti siete state chiamate: ad
accogliere e far germogliare in voi il seme della pace di Cristo che
sorpassa ogni intelligenza e conoscenza.
Al di sopra di tutto poi vi sia la carità che
è vincolo di perfezione, la carità che è paziente e benigna; non è
invidiosa, non si vanta, non si gonfia; non tiene conto del male
ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità; tutto
copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai
fine.
…promesse a un unico Sposo
Io provo per voi una specie di gelosia
divina, avendovi promesse a un unico sposo, per presentarvi quali
vergini caste a Cristo. A lui vi siete unite per formare con lui un solo
spirito. Il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo ce è in voi e voi
non appartenete più a voi stesse. Infatti siete state comprate a caro
prezzo! Glorificate dunque Dio nel vostro corpo di donne, mettendo la
vostra tenerezza femminile a servizio del vangelo che è buona notizia di
amore ineffabile rivolta a tutte le creature alle quali Dio vuol far
pervenire il suo amore.
Non temete i vostri limiti, i difetti, la
vostra debolezza, ma ricordate che è quando siete deboli che siete
forti! Anche a ciascuna di voi, come un giorno disse a me, Gesù assicura
con ferma tenerezza: «Ti basta la mia grazia». Anche voi allora, come
me, potrete dire con gioia piena e determinazione: «Tutto posso in colui
che mi dà forza».
Quando lui si sarà impiantato profondamente
nella vostra fragile carne e dimorerà per sua grazia nei vostri cuori,
così da muovere dall’interno tutto il vostro essere, allora anche voi
potrete scoprire e dire al mondo: «Non sono più io che vivo, ma Cristo
vive in me. Questa vita che vivo nella carne la vivo nella fede del
Figlio di Dio che mi ha amata e ha dato se stesso per me». È per te,
infatti, o donna consacrata, che il Signore Gesù ha dato se stesso
facendosi simile agli uomini, apparendo in forma umana e umiliando se
stesso fino alla morte e alla morte di croce. In tal modo Dio gli ha
dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome e ha sottomesso a lui
tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra. Perciò non temere
mai, per nessun motivo, perché chi ti potrà mai separare dall’amore di
Dio in Cristo Gesù? Forse l’affievolirsi della significatività della
vita religiosa agli occhi del mondo? Forse la stanchezza, la mancanza di
vocazioni, la tua inettitudine, il tuo peccato, quello delle tue
sorelle, le incomprensioni da parte degli altri, gli ostacoli che ti
fanno deviare dai tuoi buoni progetti e propositi, la malattia, i
cambiamenti imprevisti e tutte le possibili forze avverse dentro e fuori
di te? Chi mai potrà dunque separarti dall’amore di Dio in Cristo Gesù?
Il Padre da sempre ti ha conosciuta, amata, scelta, chiamata ad essere
conforme all’immagine del Figlio suo e di lui ti puoi fidare perché Egli
è fedele e porterà a compimento tutto questo. Se tu manchi di fede
infatti, egli rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso.
Su tale fedeltà incrollabile appoggiati e
costruisci l’edificio della tua esistenza. Edifica te stessa
nel suo amore e sarai costruttrice di
comunità, pietra viva nel tempio del Dio vivente, il quale si adatta
alla forma che ti chiama ad assumere. Il Signore ti ha affidato un
tesoro prezioso: la tua vocazione e il carisma della tua Congregazione
che tu porti nel fragile vaso di creta della tua piccola esistenza
terrena, soggetta a vacillare, cadere, frantumarsi in mille pezzi,
portare in sé profonde crepe e incrinature. Ma il tesoro che lui ti ha
affidato è ugualmente nelle tue mani e tu ne sei responsabile,
maneggialo con cura e amore, custodiscilo in te e ravvivalo quando
rischia di perdere il suo splendore e la sua lucentezza!
… conquistate da Cristo
Siate donne nuove di giorno in giorno;
dimentiche del passato e tutte protese verso il futuro, correte verso la
meta per arrivare a conquistare il premio, così come voi siete state
conquistate da Cristo. Rallegratevi sempre nel Signore, ve lo ripeto
ancora, rallegratevi, il mondo ha bisogno della letizia evangelica che
risplende sul volto di una donna che si sente profondamente amata e
abitata da Cristo Signore! La vostra vita sia nascosta con lui in Dio e
quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, anche voi sarete
manifestate con lui nella gloria. Abbiate sempre consapevolezza del
compito a voi affidato di essere presenze amorevoli in mezzo agli
uomini; siate umili, servizievoli, grate, pacificate, ministre di carità
premurosa soprattutto verso i più deboli. Sappiate che a voi è affidato
anche il ministero della Parola. Io sono conosciuto spesso come un
misogino, che raccomanda alle donne di tenere la bocca chiusa e di stare
sottomesse! Ma molti si dimenticano che proprio a Febe, a una donna
diaconessa della chiesa di Cencre in Corinto, io ho affidato il compito
altissimo e delicato di essere latrice della Lettera ai Romani. A lei ho
affidato il compito, non solo di esserne fisicamente la portatrice, ma
anche di leggerla ed eventualmente spiegarne i passaggi più
difficili. Anche Prisca e Giunia sono state
donne da me tenute in altissima considerazione, aventi dei compiti di
prestigio nelle comunità romane. Di Giunia ho scritto nella mia Lettera
ai Romani che è un’«insigne apostola»!
Vi esorto dunque a comportarvi in maniera
degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni
umiltà, mansuetudine e pazienza,
sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare
l’unità dello spirito per mezzo del vincolo
della pace. Nelle vostre comunità formate insieme un solo corpo, un solo
spirito, come una sola è la speranza alla quale siete state chiamate,
quella della vostra vocazione. Gareggiate nello stimarvi a vicenda,
siate liete nello svolgere il compito a voi affidato; non mirate al
protagonismo, ma abbiate chiara consapevolezza che siete membra di un
corpo dove la mano non può essere l’occhio, la bocca non può essere il
piede e così via. A ognuna è stato affidato un carisma particolare da
vivere all’interno del più ampio carisma della sua famiglia religiosa.
Siate coscienti che ognuna di voi è il tassello di un mosaico: senza di
esso mancherebbe qualcosa. Siate serenamente coscienti che non potreste
essere dappertutto e fare tutto…! Accettate i vostri limiti e cercate
soprattutto tra di voi la collaborazione, la complementarietà, la
solidarietà, l’unione di intenti e la sinergia.
Perdonatevi a vicenda costantemente come
Cristo ha perdonato a voi, non stancatevi mai di essere operatrici di
pace tra voi e nel mondo!
… innamorate e felici
Siate donne proiettate in avanti, che sanno
segnalare agli altri la direzione da imboccare per percorrere sentieri
di speranza nonostante l’incertezza e l’oscurità che oggi ogni persona
incontra sul suo cammino. L’essenziale è invisibile agli occhi e voi
sapete che la speranza, se si vede, non è più speranza ma è già visione.
Se invece sperate quello che non vedete, lo attendete con perseveranza.
Siate donne che rendono visibile l’invisibile, che additano agli altri
una meta spesso dimenticata lungo il percorso accidentato
dell’esistenza.
A voi dunque mi rivolgo con tutta la
tenerezza del mio cuore paterno e con l’ardore di un’esistenza
totalmente afferrata da Cristo Signore: siate felici, siate sempre
riconoscenti; in ogni cosa rendete grazie e la pace di Cristo, alla
quale siete state chiamate, dimori abbondantemente nei vostri cuori e
trabocchi per comunicarsi ad ogni creatura che geme e soffre nelle
doglie del parto del mondo che verrà.
A voi consacrate incamminate verso la
santità, che non avete ancora raggiunto la meta, ma vi sforzate di
correre per conquistare il premio, rivolgo l’ augurio di comprendere,
con tutti i santi, quale sia l’ampiezza, la larghezza,
l’altezza
e la profondità della vostra chiamata e conoscere l’amore di Cristo che
sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolme di tutta la pienezza di
Dio.
Gesù Cristo, nato da donna, prenda anche da
voi, come da Maria, carne e sangue e si lasci rivestire della vostra
umanità incarnandosi nel tessuto del vostro quotidiano per portare
ancora agli uomini e alle donne del nostro tempo, avidi di parole di
speranza e di vita eterna, la Buona
Notizia che dona la vita al mondo!
Salutatevi a vicenda con il bacio santo. Il
saluto è di mia propria mano, di me.
Paolo
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