n. 3
marzo 2009

 

Altri articoli disponibili

English

 

«Io, Paolo, scrivo a voi…»
Lettera di Saulo di Tarso alle religiose*

* Proposta immaginaria a cura della biblista Cristina Caracciolo
- Via Sette Santi, 54/C – 50131 Firenze

di CRISTINA CARACCIOLO

 

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

Care sorelle,

Io sono cittadino cosmopolita, nato a Tarso in Cilicia da genitori ebrei, educato nella tradizione dei padri, ma anche a contatto con la cultura greca che da sempre si è essa sulle tracce della verità. Educato a Gerusalemme alla scuola di Gamaliele, uomo retto che mi ha insegnato ad essere onesto nella mia ricerca di Dio e a non opporre ostacoli ai suoi disegni, posso dire di essere pienamente ebreo, ma anche con orgoglio di essere cittadino romano. Come vedete dunque mi porto nel sangue un’internazionalità che mi avvicina molto a quel mondo pluriculturale nel quale voi vivete e con il quale anche voi, come me, vi dovete confrontare.

Sono cresciuto fiero della mia appartenenza giudaica e sono stato sempre zelante verso la mia religione. Mi sono sempre sentito “a posto”, irreprensibile quanto alla legge e con tutte le carte in regola per potermi presentare davanti a Dio vantando le mie credenziali.

Da quando Benedetto XVI ha indetto un anno speciale per conoscere meglio la mia vita e la mia missione evangelizzatrice ho coltivato nel cuore il desiderio di scrivervi.

Quell’incontro verso Damasco…

Fui accanito sostenitore delle tradizioni religiose del mio popolo e diventai acerrimo nemico di una nuova forma di religiosità nata in seno al giudaismo della mia epoca. I seguaci di questa nuova dottrina predicavano che un uomo, Gesù di Nazareth, era che addirittura lui, che era morto ignobilmente sulla croce come un maledetto dalla legge, era risuscitato. Questo nuovo movimento sovvertiva tutto il sistema religioso nel quale confidavo e io sentivo che dovevo combatterlo accanitamente.

Un giorno assistetti alla lapidazione di un certo Stefano, uno della setta, che aveva pronunciato parole blasfeme contro le tradizioni dei padri e il tempio. Io ero troppo giovane per partecipare alla lapidazione, ma coloro che si sono occupati dell’esecuzione, per liberarsi le mani, hanno deposto i loro mantelli ai miei piedi e io ho pienamente approvato il loro operato. C’era qualcosa però nel volto di quel giovane, nel suo sguardo, nelle sue parole di perdono per quelli che lo stavano lapidando, che si è inciso profondamente nel mio cuore e ha cominciato a conficcarsi nel mio intimo come un pungolo, contro il quale però determinatamente indietreggiavo e opponevo resistenza.

Poi mi recai insieme ad altri verso Damasco, dove avevo l’incarico di arrestare i seguaci di Gesù nazareno detto il Cristo. Mentre stavamo quasi approssimandoci alle porte della città, all’improvviso una luce sfolgorante mi abbagliò e gettò a terra. Rimasi in mezzo alla polvere per un po’ senza capire cosa stesse succedendo e a un certo punto udii una voce potente che non dimenticherò mai che mi diceva: «“Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Duro è per te recalcitrare contro il pungolo”. E io dissi: “Chi sei o Signore?”. E il Signore rispose: “Io sono Gesù che tu perseguiti. Su, alzati e rimettiti in piedi; ti sono apparso infatti per costituirti ministro e testimone di quelle cose che hai visto e di quelle per cui ti apparirò ancora”».

Quando mi alzai non vidi più niente, tutto il mondo di prima era passato, tutto quello che mi ero costruito era crollato a terra, soprattutto l’immagine di Dio e l’immagine che avevo di me. Ho vissuto tre lunghi giorni nell’oscurità, come Gesù nel buio del sepolcro. Poi un discepolo del Signore, un certo Anania di Damasco, mi impose le mani e io ho riacquistato la vista. Da quel momento la mia visione delle cose è radicalmente cambiata e quello che fino a quel momento costituiva per me motivo di vanto e di orgoglio, ho cominciato a considerarlo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù per cui ho lasciato perdere tutte quelle cose e le considero spazzatura al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in Lui non con una mia giustizia personale, ma con quella derivante dalla fede.

 

… mi ha trasformato

La fede ha preso con prevalenza il posto dell’osservanza scrupolosa della legge - in verità

mi sono reso conto di non aver mai avuto la forza di osservarla fino in fondo - e ho capito che la salvezza è un dono gratuito che Dio Padre ci dà, non per i nostri meriti, ma per sua libera iniziativa nel Figlio suo Gesù Cristo, mio amato Signore.

È lui che mi ha afferrato, mi ha conquistato e io l’ho seguito con la stessa passionalità con la quale seguivo la legge. Per me ormai la mia vita è interamente vissuta nella sfera dell’amore di Cristo,anzi, per me ormai il vivere è  Cristo, non sono infatti più io a vivere, ma Cristo vive in me e questa vita che vivo nella carne la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me.

In viaggio ha avuto luogo la mia vocazione e in viaggio il Signore mi ha mandato a percorrere tutte le strade del mondo sopportando disagi e contrattempi, pericolo di vita, fame, nudità, minacce di ogni genere. Ma insieme alle tribolazioni e alle sofferenze dell’apostolato il Signore mi ha anche concesso di toccare con mano la sua grazia che scioglie i cuori, che apre gli occhi, che fa uscire dalle tenebre e spezza le catene! Nei miei viaggi ho conosciuto successi e insuccessi, fatiche e gratificazioni, vittorie e sconfitte, sono stato iniziato a tutto, alla ricchezza e alla povertà, alla prosperità e alla fame.

Il vangelo mi ha messo in cammino non solo fisicamente, ma mi ha fatto percorrere un viaggio interiore verso Cristo mio Signore e meta ultima del mio vagare. Un viaggio nel quale è cambiato progressivamente il mio paesaggio interiore, i cui scenari sempre nuovi mi hanno fatto scoprire l’ebbrezza di essere nuova creatura risorta in Cristo: in lui le cose di prima sono passate e ne sono nate di nuove.

Certamente io ho mantenuto il mio carattere focoso e anche irascibile, la vocazione mi ha reso una nuova creatura, però mi sono rimaste alcune caratteristiche che tuttavia il Signore ha saputo veicolare, indirizzare, incanalare nella giusta direzione. La mia irruenza è stata  totalmente messa a servizio del vangelo … il vangelo, cuore del mio cuore, al quale ho consacrato la mia intera esistenza da quando l’ho ricevuto in dono! Tutto io faccio infatti per il vangelo, per esserne reso partecipe insieme agli altri.

 

A voi consacrate…

Ed ecco che allora io, Paolo, consacrato al vangelo di Gesù Cristo, scrivo ora a voi consacrate, che siete nelle chiese del mondo: pace a voi e grazia da Dio Padre del Signore nostro Gesù Cristo, da Colui che vi ha chiamate, secondo il disegno da sempre prestabilito, per appartenergli nel vincolo indelebile del battesimo e della professione religiosa! Voi siete state consacrate, ossia “messe da parte” per appartenere a lui soltanto. Vi siete affidate alla Parola di Dio che non viene meno, che è certa, sicura, incrollabile.

A voi consacrate, appassionate di Cristo come me, radicate nella sua Parola, io scrivo. A voi che, essendo libere da tutto, vi sapete fare serve di tutti, sorelle tra i fratelli, madri per gli uomini che camminano al vostro fianco spesso senza riuscire a intravedere una luce  all’orizzonte.

A voi io scrivo per ringraziare colui che vi ha chiamate a una vocazione santa, non già in base ai vostri meriti, ma per pura grazia del Signore nostro Gesù Cristo che vi ha scelte dall’eternità e da sempre vi ha conosciute, amate, custodite nel grembo fecondo del disegno eterno del Padre, affinché siate nel mondo un segno vivente del suo amore gratuito e fedele.

Considerate, sorelle, la vostra chiamata, non ci sono tra voi molte donne facoltose; Dio infatti ha scelto la vostra pochezza e debolezza per confondere l’arrogante orgoglio umano e per dimostrare che tutto proviene dalla sua libera iniziativa e dalla sua pura grazia.

Non abbiate di voi una concezione troppo alta, ma una giusta valutazione, che tuttavia tenga   sempre presente l’altissima dignità e il compito sublime che il Signore vi ha assegnato.

Siate amorevoli come madri premurose verso coloro che il Signore vi affida nel vostro servizio, disposte a dare non solo il vangelo ma la vostra stessa vita!

Vi voglio senza preoccupazioni terrene, perché non essendo sposate vi preoccupiate delle cose del Signore, come potete piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al coniuge. La donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere a lui, per essere santa nel corpo e nello spirito. Dico questo per il vostro bene, non per gettarvi un laccio, ma per indirizzarvi a ciò che è degno e vi tiene unite al Signore senza distrazioni.

In ognuna di voi per la fede abiti Cristo nel cuore e la sua pace dimori in voi abbondantemente!

A questo infatti siete state chiamate: ad accogliere e far germogliare in voi il seme della pace di Cristo che sorpassa ogni intelligenza e conoscenza.

Al di sopra di tutto poi vi sia la carità che è vincolo di perfezione, la carità che è paziente e benigna; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia; non tiene  conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità; tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine.

 

…promesse a un unico Sposo

Io provo per voi una specie di gelosia divina, avendovi promesse a un unico sposo, per presentarvi quali vergini caste a Cristo. A lui vi siete unite per formare con lui un solo spirito. Il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo ce è in voi e voi non appartenete più a voi stesse. Infatti siete state comprate a caro prezzo! Glorificate dunque Dio nel vostro  corpo di donne, mettendo la vostra tenerezza femminile a servizio del vangelo che è buona notizia di amore ineffabile rivolta a tutte le creature alle quali Dio vuol far pervenire il suo amore.

Non temete i vostri limiti, i difetti, la vostra debolezza, ma ricordate che è quando siete deboli che siete forti! Anche a ciascuna di voi, come un giorno disse a me, Gesù assicura con ferma tenerezza: «Ti basta la mia grazia». Anche voi allora, come me, potrete dire con gioia piena e determinazione: «Tutto posso in colui che mi dà forza».

Quando lui si sarà impiantato profondamente nella vostra fragile carne e dimorerà per sua grazia nei vostri cuori, così da muovere dall’interno tutto il vostro essere, allora anche voi potrete scoprire e dire al mondo: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita che vivo nella carne la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amata e ha dato se stesso per me». È per te, infatti, o donna consacrata, che il Signore Gesù ha dato se stesso facendosi simile agli uomini, apparendo in forma umana e umiliando se stesso fino alla morte e alla morte di croce. In tal modo Dio gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome e ha sottomesso a lui tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra. Perciò non temere mai, per nessun motivo, perché chi ti potrà mai separare dall’amore di Dio in Cristo Gesù? Forse l’affievolirsi della significatività della vita religiosa agli occhi del mondo? Forse la stanchezza, la mancanza di vocazioni, la tua inettitudine, il tuo peccato, quello delle tue sorelle, le incomprensioni da parte degli altri, gli ostacoli che ti fanno deviare dai tuoi buoni progetti e propositi, la malattia, i cambiamenti imprevisti e tutte le possibili forze avverse dentro e fuori di te? Chi mai potrà dunque separarti dall’amore di Dio in Cristo Gesù? Il Padre da sempre ti ha conosciuta, amata, scelta, chiamata ad essere conforme all’immagine del Figlio suo e di lui ti puoi fidare perché Egli è fedele e porterà a compimento tutto questo. Se tu manchi di fede infatti, egli rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso.

Su tale fedeltà incrollabile appoggiati e costruisci l’edificio della tua esistenza. Edifica te stessa

nel suo amore e sarai costruttrice di comunità, pietra viva nel tempio del Dio vivente, il quale si adatta alla forma che ti chiama ad assumere. Il Signore ti ha affidato un tesoro prezioso: la tua vocazione e il carisma della tua Congregazione che tu porti nel fragile vaso di creta della tua piccola esistenza terrena, soggetta a vacillare, cadere, frantumarsi in mille pezzi, portare in sé profonde crepe e incrinature. Ma il tesoro che lui ti ha affidato è ugualmente nelle tue mani e tu ne sei responsabile, maneggialo con cura e amore, custodiscilo in te e ravvivalo quando rischia di perdere il suo splendore e la sua lucentezza!

 

… conquistate da Cristo

Siate donne nuove di giorno in giorno; dimentiche del passato e tutte protese verso il futuro, correte verso la meta per arrivare a conquistare il premio, così come voi siete state conquistate da Cristo. Rallegratevi sempre nel Signore, ve lo ripeto ancora, rallegratevi, il mondo ha bisogno della letizia evangelica che risplende sul volto di una donna che si sente profondamente amata e abitata da Cristo Signore! La vostra vita sia nascosta con lui in Dio e quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, anche voi sarete manifestate con lui nella gloria. Abbiate sempre consapevolezza del compito a voi affidato di essere presenze amorevoli in mezzo agli uomini; siate umili, servizievoli, grate, pacificate, ministre di carità premurosa soprattutto verso i più deboli. Sappiate che a voi è affidato anche il ministero della Parola. Io sono conosciuto spesso come un misogino, che raccomanda alle donne di tenere la bocca chiusa e di stare sottomesse! Ma molti si dimenticano che proprio a Febe, a una donna diaconessa della chiesa di Cencre in Corinto, io ho affidato il compito altissimo e delicato di essere latrice della Lettera ai Romani. A lei ho affidato il compito, non solo di esserne fisicamente la portatrice, ma anche di leggerla ed eventualmente spiegarne i passaggi più

difficili. Anche Prisca e Giunia sono state donne da me tenute in altissima considerazione, aventi dei compiti di prestigio nelle comunità romane. Di Giunia ho scritto nella mia Lettera ai Romani che è un’«insigne apostola»!

Vi esorto dunque a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni

umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare

l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Nelle vostre comunità formate insieme un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete state chiamate, quella della vostra vocazione. Gareggiate nello stimarvi a vicenda, siate liete nello svolgere il compito a voi affidato; non mirate al protagonismo, ma abbiate chiara consapevolezza che siete membra di un corpo dove la mano non può essere l’occhio, la bocca non può essere il piede e così via. A ognuna è stato affidato un carisma particolare da vivere all’interno del più ampio carisma della sua famiglia religiosa. Siate coscienti che ognuna di voi è il tassello di un mosaico: senza di esso mancherebbe qualcosa. Siate serenamente coscienti che non potreste essere dappertutto e fare tutto…! Accettate i vostri limiti e cercate soprattutto tra di voi la collaborazione, la complementarietà, la solidarietà, l’unione di intenti e la sinergia.

Perdonatevi a vicenda costantemente come Cristo ha perdonato a voi, non stancatevi mai di essere operatrici di pace tra voi e nel mondo!

 

… innamorate e felici

Siate donne proiettate in avanti, che sanno segnalare agli altri la direzione da imboccare per percorrere sentieri di speranza nonostante l’incertezza e l’oscurità che oggi ogni persona incontra sul suo cammino. L’essenziale è invisibile agli occhi e voi sapete che la speranza, se si vede, non è più speranza ma è già visione. Se invece sperate quello che non vedete, lo attendete con perseveranza. Siate donne che rendono visibile l’invisibile, che additano agli altri una meta spesso dimenticata lungo il percorso accidentato dell’esistenza.

A voi dunque mi rivolgo con tutta la tenerezza del mio cuore paterno e con l’ardore di un’esistenza totalmente afferrata da Cristo Signore: siate felici, siate sempre riconoscenti; in ogni cosa rendete grazie e la pace di Cristo, alla quale siete state chiamate, dimori abbondantemente nei vostri cuori e trabocchi per comunicarsi ad ogni creatura che geme e soffre nelle doglie del parto del mondo che verrà.

A voi consacrate incamminate verso la santità, che non avete ancora raggiunto la meta, ma vi sforzate di correre per conquistare il premio, rivolgo l’ augurio di comprendere, con tutti i santi, quale sia l’ampiezza, la larghezza,  l’altezza e la profondità della vostra chiamata e conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolme di tutta la pienezza di Dio.

Gesù Cristo, nato da donna, prenda anche da voi, come da Maria, carne e sangue e si lasci rivestire della vostra umanità incarnandosi nel tessuto del vostro quotidiano per portare ancora agli uomini e alle donne del nostro tempo, avidi di parole di speranza e di vita eterna, la Buona

Notizia che dona la vita al mondo!

Salutatevi a vicenda con il bacio santo. Il saluto è di mia propria mano, di me.

Paolo

 

 

Torna indietro