Il mistero racchiuso in quelle parole
non potevo nemmeno sospettarlo.
SANT’AGOSTINO
«Qualcosa
lo teneva inchiodato lì, non sapeva che cosa. Si rese conto d’un tratto
che in tutto quel tempo aveva tenuto lo sguardo continuamente fisso sul
libro. Non riusciva a staccarne gli occhi. Era come se da quel libro
emanasse qualche straordinaria forza magnetica che lo attirava
irresistibilmente. Si avvicinò alla poltrona, allungò lentamente la
mano, toccò il libro, e in quello stesso istante dentro di lui qualcosa
fece “clic!”. Sapeva che non sarebbe mai potuto andarsene senza quel
libro. Adesso gli era chiaro che proprio a causa di quel libro era
venuto qui, era stato il libro a chiamarlo in quella sua misteriosa
maniera, perché voleva andare da lui, perché in fondo era già suo, gli
apparteneva da sempre!».
Toccare quel libro
Ogni volta che mi è
data l’occasione di riflettere sulla Scrittura, mi ritorna in mente
questa pagina iniziale de
La storia infinita
di M. Ende.
La Bibbia era per me un libro misterioso, indecifrabile. Conoscevo le
sue storie famose e in chiesa ascoltavo con attenzione i brani proposti
dalla liturgia. Ma avevo costantemente la sensazione ci fosse «un di
più». Rimanevo stupita ogni volta che avevo l’occasione – la grazia – di
ascoltare qualcuno che, anche soltanto dall’analisi di un termine
ebraico o greco, illuminava parole che, fino a quel momento non erano
per me che lettera più o meno morta.
La mia decisione di
dedicare la vita alla Bibbia affonda in questa esperienza «misteriosa»
di adolescente alle prese con un testo così famoso e così sconosciuto.
Nell’esperienza del piccolo protagonista del libro di M. Ende, il mio
groviglio di sensazioni verso la Scrittura:
l’avvicinarmi,
il timido tentativo di
allungarmi
e finalmente il
coraggio di toccare quel libro diverso da tutti gli altri. E sentire
quel «clic» che fa scattare la percezione di partecipare a una storia
più grande, data a me, ma non soltanto per me.
Toccare con mano ed
essere toccati nel cuore. Incontrare davvero Gesù nella sua Parola. Che
sia ancora possibile lo crede fermamente p. Elia Citterio. E la lettura
del suo libro
L’intelligenza
spirituale delle Sacre Scritture1
ricade in
quei momenti di «grazia» che fanno riscoprire nella
lettera
della Parola il fuoco
dell’amore di Dio (cf Gregorio Magno,
Omelie su Ezechiele,
II,X,1-2).
«Un ennesimo libro
sulla Bibbia». Sente di dover dare spiegazioni p. Elia sul perché
scrivere ancora sulla Sacra Scrittura. Non bastano le miriadi di
pubblicazioni sull’argomento? Negli scaffali delle librerie non c’è che
l’imbarazzo della scelta: dal commentario per specialisti al manuale
divulgativo, chiunque ha a disposizione pregevoli strumenti per
introdursi alla conoscenza della Bibbia e per progredire nella sua
comprensione.
Distanza tra credente e
Bibbia
La riscoperta della
centralità della parola di Dio nella vita della Chiesa è stata uno dei
maggiori frutti del Concilio Vaticano II. L’esperienza della
lectio divina,
un tempo riservata quasi esclusivamente ai monaci, è ora patrimonio
comune di tutti i fedeli che in parrocchia, nei gruppi ecclesiali e
nelle comunità religiose, hanno la possibilità di frequentare
assiduamente la Parola. Eppure, nonostante un lodevole entusiasmo che
perdura, non si possono nascondere stanchezze e problemi. La
lectio,
che doveva ritornare ad essere - così come lo è stata per lungo tempo
nella Chiesa -
il respiro della fede,
non ha dato gli esiti sperati e troppo spesso essa rimane una pratica
che risente, come tutte le esperienze, dell’usura e dell’abitudine.
Inoltre, nonostante le preziose conoscenze messe a disposizione dalla
scienza biblica e dalle discipline ad essa correlate, molti hanno come
l’impressione di rimanere lontani dalla Scrittura.
Il recente Sinodo dei
Vescovi si sofferma su questa difficoltà e, richiamando l’insegnamento
della Dei
Verbum 13,
ribadisce ad ogni lettore, anche il più semplice, quel necessario
impegno ad «avere una proporzionata conoscenza del testo sacro
ricordando che la Parola è rivestita di parole concrete a cui si piega e
adatta per essere udibile e comprensibile all’umanità», per non cadere
nel fondamentalismo che «nega l’incarnazione della parola divina nella
storia, non riconosce che quella parola si esprime nella Bibbia secondo
un linguaggio umano, che deve essere decifrato, studiato e compreso, e
ignora che l’ispirazione divina non ha cancellato l’identità storica e
la personalità propria degli autori umani».2
Ma il Sinodo riafferma
anche la necessità di ricercare continuamente l’equilibrio tra le
dimensioni «carnale» e «trascendente» della Bibbia che, in quanto «è
anche Verbo eterno, esige
un’altra comprensione,
data dallo Spirito Santo». Un equilibrio, questo, che a quanto pare è
ancora lontano dall’essere vissuto come esperienza quotidiana dai
cristiani. Se le conoscenze sulla Bibbia sono aumentante - rileva p.
Elia nella sua
Introduzione
- rimane ancora la
percezione di una distanza tra la Bibbia e il credente, «come se a una
più grande conoscenza non fosse corrisposta una più intima familiarità,
un dischiuderne il senso secondo l’attesa di un credente che legge un
testo scritto
per
credenti e
da
credenti» (p. 12).
L’intuizione di fondo
Il problema di
come incontrare
davvero il Signore nella sua Parola
rimane. Come accogliere
la sua rivelazione? Come sperimentare la
potenza
della Parola e la consolazione rigeneratrice che essa contiene?
«Tutti i
testi di spiritualità sono lì a ripetere che guida fondamentale
alla
preghiera è la parola di Dio, ma sono molti a dirci che non
sanno come
mettere insieme preghiera e lettura della Bibbia» (p. 8).
È questo
«come» che p. Elia tenta di ritrovare. Ed ecco il perché di
questo libro
«nato dal vivo», frutto di un cammino «cresciuto sotto
gli occhi e
nel cuore, lungo un trentennio» di umile ascolto dei grandi
commentatori
dell’Antico e del Nuovo Testamento, in compagnia
dei Padri,
guidato dagli straordinari saggi ebrei e illuminato dalla sapiente
sintesi
della liturgia d’oriente e d’occidente, luogo originario
di lettura
della Bibbia nella Chiesa.
Il p. Elia non propone
un corso di esegesi e nemmeno si sofferma sulle questioni filosofiche e
teologiche che l’interpretazione biblica comporta. Il suo percorso è
però sorretto da un’intuizione di fondo:«Se Dio parla all’uomo nella
Bibbia, vuol dire che l’uomo è
adatto
a Dio; se la Bibbia narra di un Dio alla ricerca dell’uomo perché l’uomo
torni a lui, vuol dire che Dio e l’uomo vivono la stessa
nostalgia.
La nostalgia non è un affare privato dell’anima; è il riflesso del
desiderio di Dio di stare in compagnia dell’uomo, interessa l’uomo nelle
sue radici profonde e nella sua storia, lo caratterizza come
essere
aperto,
non semplicemente a Dio, ma alla sua vocazione all’umanità
» (p. 16). Non un libro che procede per concetti astratti, rivolgendosi
semplicemente all’intelligenza. «Si rivolge piuttosto al cuore e a tutta
la persona, e in questo senso chiede al lettore la disponibilità ad
“aprirsi”, a mettersi in discussione» (p.10).
Organizzato attorno a
sette tappe, ognuna delle quali è suddivisa in due momenti: il primo di
riflessione e di approfondimento, il secondo di suggerimenti pratici, il
lavoro di p. Elia mostra la continua corrispondenza delle «infinite
connessioni di senso che emergono nel gioco di specchi tra Scrittura e
cuore dell’uomo, connessioni capaci di inglobare in dinamiche precise di
fede e di vita» poiché per giungere alla
intelligenza spirituale
della Scritture
non basta sapere il
«che cosa» Dio dice, quanto piuttosto lasciarsi afferrare dal movimento
che la Parola suscita. «Ciò che ha attinenza con il cuore è una dinamica
più che un contenuto. Il contenuto di una parola si rivela nella
dinamica che la trasporta tra i due soggetti in relazione» (p. 17).
1. E. Citterio,
L’intelligenza spirituale delle Sacre Scritture, Edizioni
Dehoniane, Bologna, 2008
2. XII
ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI,
La parola di Dio nella
vita e nella missione della Chiesa. Messaggio finale,
II, 5.
Silvia Zanconato
Biblista
silvia.zanconato@fastwebnet.it