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Dopo
i 40 giorni dell’esperienza quaresimale di conversione e di purificazione, nel
«giorno dei giorni» esplode di nuovo, in tutto il suo fragore, l’Alleluia
pasquale. Cantiamolo
con le labbra, soprattutto con il cuore e con la vita, con uno stile di vita
«azzimo», cioè semplice, umile, e fecondo di azioni buone. La risurrezione è il
«cuore» del cristianesimo, è il «fatto» più sorprendente e inatteso della
storia. Da lì tutto è ri-partito: da quel «terzo giorno» è cominciata
l’avventura cristiana. Eppure non è un mistero facile da credere e da accettare.
Quando si parla di “risurrezione” si rischia d’imbattersi in una totale
incomprensione, simile a quella dei discepoli che discendevano dal monte dopo la
trasfigurazione (cf Mc 9,10). Karl Rahner, uno dei massimi teologi del secolo
scorso, meditando sul mistero della Pasqua,si chiedeva: «Cristo è risorto dai
morti, sì o no? Noi crediamo nella sua risurrezione!È proprio vero? Crediamo
quanto è in ciò racchiuso?». L’interrogativo è sempre attuale, per ciascuno.
Benedetto XVI al Convegno
ecclesiale di Verona (19 ottobre 2006) ha pronunciato parole cariche di afflato
spirituale: «La risurrezione di Cristo è la più grande “mutazione” mai accaduta,
il “salto” decisivo verso una dimensione di vita profondamente nuova, l'ingresso
in un ordine decisamente diverso, che riguarda anzitutto Gesù di Nazaret, ma con
lui anche noi, tutta la famiglia umana, la storia e l'intero universo…». E la
porta per entrare in questo mistero, continua il Papa, è l’amore: «[…] soltanto
nella logica dell'amore esso può essere accostato e in qualche modo compreso
[…]. Nell'Ultima Cena Gesù ha anticipato e accettato per amore la propria morte
in croce, trasformandola così nel dono di sé, quel dono che ci dà la vita, ci
libera e ci salva. La sua risurrezione è stata dunque come un'esplosione di
luce, un'esplosione dell'amore che scioglie le catene del peccato e della morte.
Essa ha inaugurato una nuova dimensione della vita e della realtà, dalla quale
emerge un mondo nuovo, che penetra continuamente nel nostro mondo, lo trasforma
e lo attira a sé».
In concreto, che cosa
significa per noi sperimentare e testimoniare la risurrezione di Gesù? È
difficile quanto raro sentir parlare delle proprie esperienze di risurrezione, o
meglio, di un incontro con il Risorto. Non è semplice capire, vivere o anche
solo esprimere questa realtà. Possiamo introdurci alla sua comprensione
contemplando l’icona orientale della “risurrezione”, per esempio quella
riprodotta in copertina della rivista. Gesù, rivestito di un manto bianco,
scende negli inferi e per la potenza della sua risurrezione strappa dalle catene
dell’Ade Adamo che si protende verso di lui dal lato destro, accompagnato dai re
Davide e Salomone e dai profeti Isaia e Giovanni Battista; e dall’altro lato vi
è Eva, la madre dei viventi, con Mosè il legislatore, Abramo, Isacco Giacobbe,
Noè. Significativa per comprendere meglio questa icona, è un’antica
Omelia sul Sabato Santo
che la
Liturgia delle Ore
ci fa meditare in questo giorno
nell’Ufficio delle Letture. Eccone alcuni brani: «Dio è morto nella carne ed è
sceso a scuotere il regno degli inferi… Dio e il Figlio suo vanno a liberare
dalle sofferenze Adamo ed Eva che si trovano in prigione. Il Signore entrò da
loro portando le armi vittoriose della croce… e disse: “Io sono il tuo Dio… e
nella mia potenza ordino a coloro che erano in carcere: uscite! A coloro che
erano nelle tenebre: siate illuminati! A coloro che erano morti: risorgete! A te
comando: svegliati tu che dormi! Infatti non ti ho creato perché rimanessi
prigioniero nell'inferno. Risorgi
dai morti. Io sono la vita dei
morti. Risorgi, opera delle mie mani! Risorgi mia effige, fatta a mia immagine!
Risorgi, usciamo di qui!”».
Davanti all’evento della
risurrezione, il più sorprendente di tutti i tempi, la nostra risposta è di
rendere grazie, perché il Signore Gesù ci concede di fare l’esperienza della
risurrezione nella nostra vita. Ripensiamo a quando ci dice: «Beati coloro che
non hanno visto e crederanno! » (Gv 20,29); a quando rotola via con forza la
pietra del nostro sepolcro imbiancato, cioè ipocrisia, amore per le comodità,
sclerosi spirituale; a quando ci tira fuori dalle nostre schiavitù per farci
gustare il passaggio dalla legge alla gratuità dei figli di Dio; a quando
illumina la nostra esistenza manifestandoci la sua misericordia; a quando ci
libera dalle nostre catene affinché professiamo pubblicamente che solo lui è il
Signore e soltanto in lui c’è salvezza; a quando ci conduce fuori dalle nostre
paure, prima fra tutte quella della morte.
Sperimentare la gioia
liberante dell’annuncio del Risorto significa aderire alla vita nuova, donataci
con il battesimo, che sta a noi far germogliare ogni giorno «aspirando alle cose
di lassù» e aprendoci al soffio dello Spirito. È l’esperienza di chi intende
percorrere il cammino degli apostoli e dei primi discepoli che passarono dalla
delusione e dallo sconforto della Passione e della morte del Maestro allo
stupore e alla gioia dell’incontro con il Risorto. Significa pure lasciare che
la speranza e l’amore ci aiutino a leggere ogni situazione, anche dolorosa, come
occasione di grazia. Il nostro «materiale di scarto», costituito da peccati,
limiti, debolezze, fallimenti, può diventare - se riconosciuto con onestà e
offerto con amore - energia» di grazia che ci fa crescere nell’umiltà e ci
spinge ad abbandonarci con fiducia nelle mani amorose del Padre. Con la
risurrezione di Gesù il Padre è in festa per noi, è felice per noi, a tal punto
da farci condividere la sua vita per l’eternità. La fede nel Risorto sveglia
alla gioia della fede. «Dove diavolo nascondete la vostra gioia? Non dovrebbe
irraggiarvi dal viso?», recita la famosa provocazione di Bernanos rivolta ai
cristiani, manifestando l’impressione diffusa che siamo gente infelice,
pessimista, malinconica, poco entusiasta. Tristi e sconsolati non potremo mai
trasmettere la verità dell’incontro con Cristo.
Possiamo essere testimoni
dell’evento della risurrezione se lo lasciamo accadere in noi; se permettiamo a
Cristo di risorgere in noi, di operare il bene attraverso il nostro cuore e le
nostre mani, di continuare a lottare contro il male, l’egoismo, la cattiveria
che c’è dentro e fuori di noi. Se risorgiamo da una vita ripiegata e depressa,
da una fede sbiadita, da una speranza spenta; se ci convertiamo da una vita
cristiana incolore e insapore, noi diventiamo i discepoli appassionati e
convinti, i testimoni umili e gioiosi, i messaggeri credibili e convincenti del
Signore risorto. Così si esprimeva don Oreste Benzi: «Come si riesce a vivere da
risorti? Si vive da risorti nella misura in cui siamo innamorati del Risorto. È
l’amore che abbiamo verso Cristo che travolge coloro ai quali parliamo di
Cristo; è la nostra vita stravolta da Cristo che stravolge la vita di chi ci
ascolta. Se tu non sei un facchino di Cristo, ma un innamorato di lui,
trasformerai il mondo perché diventi principio attivo che forma la nuova
umanità».
Non testimonieremo
esistenzialmente l’evento della risurrezione se non saremo capaci di “precedere”
il Risorto, secondo la promessa fatta ai discepoli (cf Mt 28,7), aprendo cammini
di speranza e liberando i germogli di vita dalla necrofilia dominante; fino a
quando non sapremo
scorgere possibilità insperate
là dove gli altri vedono solo fallimento e distruzione. La Pasqua è il canto
dell’impossibile che diventa attuabile:non nel portento e nel prodigio, ma nel
vivere quotidiano, intriso di sudore,di malattia, paura, morte. La Pasqua vive
nella coscienza di chi sa che si è veramente liberi, quando si è liberi per
amare e benedire.
Amiche lettrici e cari
lettori, il quarto numero del 2010 di
Consacrazione e Servizio
che avete tra mano si apre
con la rubrica:
«Figlie della promessa»,
affidata al biblista Tiziano Lorenzin, in sintonia con il tema annuale indicato
dalla Presidenza USMI. Continua il nostro pellegrinaggio alla scoperta del
rapporto tra Dio e Abramo, la cui esistenza, pur segnata dalla presenza del
Signore, è ancora quella di «un uomo incredulo», in cammino verso la piena
obbedienza al volere divino.
«Anno Sacerdotale»
e
«Orizzonti».
Nella prima rubrica Paola Bignardi intervista don Giuseppe Zanon, della diocesi
di Padova, incaricato per la formazione dei preti. In questo ruolo ha ideato
percorsi di formazione per sacerdoti: un modello formativo che si va diffondendo
in altre Diocesi. La seconda rubrica arricchisce il numero con tre contributi di
genere diverso. Il primo, di mons. Karl Golser, vescovo di Bolzano-Bressanone,
sull’approccio biblico al tema della creazione e sull’uomo responsabile del
creato. Il secondo contributo, di suor Elisa Kidané missionaria comboniana,
presenta una sintesi della sua relazione pronunciata al Claretianum il 21
gennaio 2009 sul tema: «La vita consacrata dalla prospettiva del Sinodo per
l’Africa». Il terzo contributo del teologo Ugo Sartorio, direttore de
Il Messaggero di
Sant’Antonio, fa
conoscere come è stata vissuta dal popolo di Dio l’esperienza di fede suscitata
dall’ostensione dei resti mortali del Santo di Padova nei giorni 15-20 febbraio
2010.
Una parola particolare per
il «Dossier».
Sotto il titolo: «Cristo ci ha liberati per la libertà!» (Gal 5,1), sono
raccolti sei contributi su un tema di viva attualità, come esplicita il
sottotitolo: «Nuove schiavitù e nuove diaconie». Autrici e autori, competenti in
questo settore, offrono un ricco materiale da conoscere, su cui riflettere e da
cui lasciarsi provocare. Anche il presente
Editoriale
si pone su questa linea. Il
discorso rimane aperto per la complessità dell’argomento.
Oltre alle consuete
esplorazioni sui film (Teresa Braccio) e le segnalazioni di libri (Rita
Bonfrate), un accenno va alla rubrica:
«Facce di preti»,
affidata alla teologa Cettina Militello, che rilegge in maniera critica romanzi
classici che vedono protagonisti i preti: in questo numero viene presentato il
Diario di un parroco
di campagna, dello
scrittore toscano Nicola Lisi.
«Il Signore è risorto! È
veramente risorto!»: con questo saluto che i cristiani d’Oriente ancora oggi si
scambiano incontrandosi nel giorno di Pasqua, vogliamo esprimere a tutti i
nostri abbonati il nostro augurio di gioia e di pace.
Maria Marcellina Pedico
Serve di Maria Riparatrici
Via Monte Velino, 30 - 00141 ROMA
m.pedico@smr.it
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