La prima parola che Dio pronuncia è: "Sia la luce!".
Il narratore a questa prima parola fa seguire una semplice e puntuale
constatazione: "E la luce fu" (Gen 1,3).
Quando si tratta della creazione dell’uomo e della
donna Dio cambia formula e intesse una sorta di dialogo con se stesso:
"Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza:
dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su
tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla
terra" (Gen 1,26).
Da tale dialogo intradivino scaturisce un essere
dialogico costituito dalla coppia "maschio e femmina" (Gen 1,27).
A questa coppia umana, oltre alla capacità di dominio
su tutti gli esseri viventi che Dio ha creato (cf 1,26), questi dà in
cibo "ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni
albero fruttifero che produce seme" (1,29). Dio dunque si mette da
parte, decide di non esercitare direttamente la sua signoria sugli
animali, ma ne affida il dominio all’uomo, sua creatura, alla quale
mette a disposizione come cibo ogni forma di vita vegetale.
Tale gratuità emerge con altrettanta chiarezza nel
secondo racconto della creazione, in cui il Signore Dio pianta un
lussureggiante giardino di delizie e vi colloca l’uomo plasmato dal
suolo (cf Gen 2,8-15). Di fronte a questa creatura collocata in mezzo ad
uno splendido giardino in cui non manca niente, Dio constata che
tuttavia c’è una lacuna: "Non è bene che l’uomo sia solo" (2,18) e crea
ogni sorta di animale. Ma - afferma il narratore - "per l’uomo non trovò
un aiuto che gli corrispondesse" (2,20).
A questo punto Dio fa scendere un torpore sull’uomo e
dal suo fianco trae la donna e gliela conduce. Davanti a tale creatura
l’uomo apre per la prima volta la bocca per esplodere nell’esclamazione
stupita ed estasiata: "Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla
mia carne" (2,23a). L’uomo, dopo aver ricevuto ogni sorta di dono, si
trova davanti questo essere nel quale si riconosce e che costituisce il
dono più sublime che il suo Creatore poteva fargli.
Una promessa gratuita
Così, come la storia del cosmo e dell’umanità
scaturisce dall’atto gratuito del Creatore, anche la storia del popolo
eletto, che è storia di salvezza a favore di tutta l’umanità, comincia
con un atto gratuito del Signore che sceglie un uomo arrivato a un’età
in cui non ci si aspetterebbe più niente dalla vita, per promettergli
una terra tutta sua e una discendenza numerosa (cf Gen 12,1-4; 15,1-19;
17,6-8; 18,10-14).
Quando gli vengono fatte la prima volta tali
promesse, quest’uomo non ha ancora compiuto assolutamente niente di
meritevole, si tratta di doni che gli vengono promessi a motivo di una
decisione libera, del tutto gratuita e incondizionata, come sottolineerà
Paolo nella Lettera ai Romani 4,1-25: ad Abramo gli viene accreditata la
giustizia "indipendentemente dalle opere" (Rm 4,6).
Tale promessa si realizzerà nella storia della
discendenza di Abramo in modo progressivo, fino al momento in cui, di
fronte alla condizione dei figli d’Israele in Egitto, il Signore
dichiara: "Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito
il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze.
Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire verso
una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele"
(Es 3,7-8).
Quando il popolo si troverà sulla soglia della terra
promessa, Mosè pronuncerà queste parole: "Il Signore si è legato a voi e
vi ha scelti, non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli –
siete infatti il più piccolo di tutti i popoli - ma perché il Signore vi
ama e perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri" (Dt
7,7-8).
La motivazione dell’elezione divina non risiede in
qualche qualità peculiare del popolo d’Israele, ma unicamente nell’amore
del suo Dio, e l’amore non ha altra motivazione se non in se stesso:
"L’amore basta a se stesso; esso è a se stesso merito e ricompensa; io
amo perché amo; amo al fine di amare" (Bernardo di Chiaravalle,
Sermoni sul Cantico dei Cantici, - LXXXIII 4).
L’amore del Signore per Israele sarà sempre
caratterizzato da tale gratuità, come viene costantemente ricordato dai
profeti lungo il corso della sua storia tormentata.
Una presenza gratuita
Nella società umana il rapporto dotato di maggiore
gratuità è quello del padre e della madre nei confronti dei figli.
L’amore paterno- materno normalmente è incondizionato: si ama il proprio
figlio perché è il proprio figlio e basta, e gli si dona tutto senza
pretendere niente in cambio. Tale è la metafora che gli scrittori sacri
utilizzano per parlare dell’amore di Dio verso Israele.
Il profeta Isaia parla dell’amore divino
paragonandolo a quello di una madre ponendo la domanda: "Si dimentica
forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio
delle sue viscere?" (Is 49,15a). Anche nell’ipotesi che esistesse tale
madre snaturata, il Signore dichiara: "Io invece non ti dimenticherò
mai" (49,15b).
Il profeta Geremia, dopo aver ricordato l’iniquità e
i peccati del popolo (cf Ger 30,14) e il conseguente in patria e
dichiara il motivo di tale gesto di misericordia: "Perché io sono un
padre per Israele, Èfraim è il mio primogenito " (Ger 30,9). E nello
stesso contesto, ribadisce: "Non è un figlio mio carissimo per me Èfraim,
il mio bambino prediletto? Ogni volta che lo minaccio, me ne ricordo
sempre con affetto. Per questo il mio cuore si commuove per lui e sento
per lui profonda tenerezza " (Ger 31,20).
Lo stesso linguaggio ricorre nel profeta Osea:
"Quando Israele era fanciullo, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato
mio figlio […]. A Èfraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma
essi non compresero che avevo cura di loro. Io li traevo con legami di
bontà, con vincoli d’amore, ero per loro come chi solleva un bimbo alla
sua guancia, mi chinavo su di lui per dargli da mangiare" (Os 11,1.3-4).
Tale amore paterno di Dio è ostinato e inalterabile, nonostante il
popolo d’Israele non gli sia riconoscente. Si tratta di un amore dotato
di quella gratuità che solo un padre e una madre possono comprendere.
L’agire gratuito verso il nemico
Ci fu un uomo, Davide figlio di Iesse, che venne
scelto per diventare re d’Israele, perché ritenuto dal Signore "secondo
il suo cuore" (1Sam 13,14). Davide agirà sempre in modo del tutto
gratuito anche nei confronti dei suoi più acerrimi nemici. Ricordiamo
l’episodio in cui a Saul, che lo inseguiva per ucciderlo, capitato nelle
mani di Davide, viene risparmiata la vita: "Ecco, in questo giorno i
tuoi occhi hanno visto che il Signore ti aveva messo nelle mie mani
nella caverna; mi si diceva di ucciderti, ma ho avuto pietà di te e ho
detto: "Non stenderò
le mani sul mio signore, perché egli è il consacrato
del Signore". Guarda, padre mio, guarda il lembo del tuo mantello nella
mia mano, quando ho staccato questo lembo dal tuo mantello nella
caverna, non ti ho ucciso. Riconosci dunque e vedi che non c’è in me
alcun male né ribellione, né ho peccato contro di te; invece tu vai
insidiando la mia vita per sopprimerla " (1Sam 24,11-12).
Benché Saul agisca da nemico furioso nei confronti di
Davide, questi continua a chiamarlo "padre mio" e "mio signore" e
rifiuta di fargli del male, quando ha l’occasione di farlo, ritenendolo
l’intoccabile "consacrato del Signore". In questo caso Davide agisce con
spirito di totale gratuità verso il suo nemico e dimostra di essere
veramente un uomo secondo il cuore di Dio.
Un altro episodio della vita del sovrano d’Israele è
la rivolta del figlio Assalonne, che vuole diventare re al suo posto (cf
2Sam 15,10). Davide è costretto a fuggire davanti al figlio e ai suoi
alleati (cf 2Sam 15,13-14). Quando però verranno a portargli la notizia
della morte del ribelle invitandolo a gioire, perché il Signore lo ha
liberato da quanti erano insorti contro di lui, Davide al contrario
gridando a gran voce: "Figlio mio Assalonne, Assalonne, figlio mio,
figlio mio!" (2Sam 19,1). Tale struggente scena ci apre uno squarcio sul
cuore paterno del re, scelto perché "secondo il cuore del Signore".
Gesù educa alla gratuità
Si potrebbe dire che tutto il Nuovo Testamento altro
non è che annuncio della Buona Notizia dell’amore totalmente gratuito
del Padre, che manda il suo unico Figlio per salvare l’umanità. Per i
limiti del nostro contributo dobbiamo tuttavia selezionare soltanto
alcuni testi più significativi al riguardo.
Dopo aver istituito i dodici (cf Mt 10,1-4) Gesù li
invia a predicare il Regno con i segni che ne accompagnano l’annuncio:
"Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi,
scacciate i demòni" (Mt 10,8), e aggiunge: "Gratuitamente avete
ricevuto, gratuitamente date" (10,8b). Tale frase può essere estesa a
tutti i battezzati che hanno ricevuto la salvezza gratis e sono
chiamati a comportarsi altrettanto gratuitamente nei confronti dei
fratelli, soprattutto verso i più deboli, che hanno ricevuto meno dalla
vita.
Gesù educa ancora i suoi alla gratuità raccomandando
a colui che gli aveva offerto un banchetto, d’invitare "poveri, storpi,
zoppi e ciechi" (Lc 14,13) dichiarando che costui sarà beato perché essi
non hanno da ricambiarlo. Il Maestro istruisce i suoi dando per primo
l’esempio, poiché "il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito,
ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" (Mc 10,45).
C’è un episodio, prima dell’istituzione
dell’eucaristia - in cui Gesù donerà gratuitamente il suo Corpo e il suo
Sangue per tutti gli uomini - che mette in risalto il gesto totalmente
gratuito di una donna, identificata da Giovanni con Maria, sorella di
Lazzaro (cf Gv 12,3). Si narra che essa rompe un prezioso vasetto di
alabastro e versa il profumo di puro nardo sul capo di Gesù (cf Mt
26,6-13; Mc 14,3-9) o sui suoi piedi (Gv 12,1-8). Come sappiamo, i
discepoli s’indignano di fronte a ciò che ai loro occhi risulta uno
"spreco" (Mc 14,4). Gesù invece apprezza il gesto della donna e
pronuncia a suo riguardo delle parole che riecheggiano addirittura
quelle che accompagneranno l’istituzione dell’eucarestia: "In verità io
vi dico: dovunque sarà proclamato il vangelo, per il mondo intero, in
memoria di lei si dirà anche quello che ha fatto" (Mc 14,9).
L’apostolo, segno di amore gratuito
Paolo di Tarso potrebbe essere definito l’"Apostolo
della gratuità ". Nessuno come lui ha saputo mettere in evidenza la
totale gratuità della salvezza offertaci da Dio in Cristo Gesù. In
Romani 3,23-24 egli sottolinea che "tutti hanno peccato e sono privi
della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua
grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù".
L’Apostolo ha talmente incisa nel suo cuore la totale
gratuità dell’amore di Dio in Cristo Gesù, che dall’evento di Damasco in
poi spenderà la sua vita a servizio del vangelo senza risparmio e senza
mai attendersi qualcosa in cambio: "Qual è dunque la mia ricompensa?
Questa: che annunciando il vangelo, io offra il vangelo gratuitamente,
senza valermi del diritto che il vangelo mi dà" (1Cor 9,18). "Ho forse
commesso peccato quando, abbassando me stesso perché voi foste
innalzati, vi ho annunciato il vangelo di Dio gratuitamente?" (2Cor
11,7).
Alla fonte dell’acqua della vita
Nel nostro percorso siamo partiti dalle prime pagine
della Bibbia in cui emerge la gratuità di Dio nel creare. Giungiamo ora
alle ultime pagine in cui affiora per l’ultima volta la nozione di
"gratuità" nella promessa di Colui che siede sul trono (cf Ap 21,5) il
quale proclama: "A colui che ha sete io darò gratuitamente da bere alla
fonte dell’acqua della vita" (Ap 21,6). Tale promessa risuona nei
versetti conclusivi del libro come un invito: "Chi ha sete, venga; chi
vuole, prenda gratuitamente l’acqua della vita" (Ap 22,17). In tal modo
si realizza definitivamente e in modo perfetto l’invito di Isaia 55,1:
"O voi tutti assetati, venite all’acqua, voi che non avete denaro,
venite, comprate e mangiate; venite, comprate senza denaro, senza
pagare, vino e latte". Il Signore Dio, che ha dato gratuitamente la vita
all’uomo e a tutte le
creature (cf Gen 1-2) offre definitivamente la vita,
simboleggiata dall’acqua, in modo sovrabbondante: "Ogni cosa è compiuta.
Io sono l'Alfa e l'Omega, il Principio e la Fine. A colui che ha sete io
darò gratuitamente da bere alla fonte dell'acqua della vita" (Ap 21,6).
Tra tutti i battezzati, la persona consacrata in modo
particolare è chiamata ad essere nel mondo segno e strumento di amore
gratuito di Dio verso ogni sua creatura, ridonando gratuitamente ciò che
gratuitamente ha ricevuto.