n. 10
ottobre 2011

 

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Parola di Dio e vita

di ANTONIETTA AUGRUSO

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«Le parole sono anche atti, dei quali è necessario fronteggiare le conseguenze. Esse sembrano non avere peso e consistenza, sembrano entità volatili, ma sono in realtà meccanismi complessi e potenti, il cui uso genera effetti e implica (dovrebbe implicare) responsabilità".1 Come le parole, i gesti e gli sguardi rendono possibile una comunicazione, aprono alla speranza o indeboliscono i rapporti umani, rendendoli vuoti e tristi, analogamente si può dire dell’efficacia della parola di Dio: riprende la sua forza nella vita di chi l’assimila, l’ama e la testimonia.

"Viva lectio est vita bonorum"

Se i Padri sostenevano che la lectio è viva lezione nella vita dei santi, significa che anche la potenza e la corsa della Parola sono legate alla fragile bellezza delle azioni umane. Ogni gesto può essere creativo, misteriosamente, per molti aspetti. Il bene e il male sono nelle mani dell’uomo, la nuova creazione sembra incompiuta: ciò che non è compiuto è affidato e diventa attesa. Per voce di Mosè sappiamo che il Signore suggerisce l’ascolto al suo popolo, che opera in piena libertà: "Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza" (Dt 30,19).

Il documento post-sinodale Verbum Domini (VD), riprendendo al n.48 le parole di Leone Magno -"La vita dei buoni è lezione viva" - predilige e indica una strada: la testimonianza, intesa come trasmissione viva della Parola. È questo anche il significato del termine Tradizione. Il Verbo eterno, che ha preso piena visibilità nell’uomo Gesù di Nazaret (Gv 1,18), è ora affidato alla creatività umana, tra il già e il non ancora della storia progettata. Se dunque è vero per il credente che la Parola illumina i suoi passi e gli dona vera luce (cf Sal 118) è indubbio che essa è affidata anche all’opera dell’uomo perché possa brillare.

Interpretare per interpretarsi

Lo Spirito abita il cuore dell’uomo (cf Gal 4,6) e rende possibile l’interpretazione più profonda della Scrittura. Infatti, coloro che si lasciano "plasmare dalla parola di Dio attraverso l’ascolto, la lettura e la meditazione assidua" (VD 48), mostrano che la Parola è vivente e trasformatrice. La Chiesa, nel custodire l’autenticità dell’ascolto, sottolinea che la santità è una interpretazione della Scrittura, dalla quale nessuno può prescindere (VD 49): la vita ispirata e vissuta nella carità di Cristo è l’esegesi più autentica della verità vitale delle Scritture. Spazi, tempi storici e culture si diversificano, ma c’è una costante permanente e intramontabile: l’amore. Così uomini e donne di fede, pur essendo diversi per modalità espressive, cultura di provenienza e periodo storico in cui hanno vissuto, vivono di una radice comune: il vangelo della compassione di Cristo, attualizzandolo con originalità e potenza (exousia).

La VD cita figure particolarmente significative per far comprendere il senso della testimonianza dei santi: dall’iniziatore della vita monastica, Antonio abate, al padre del monachesimo occidentale, san Benedetto; dagli appassionati cercatori della verità come i Padri, alla sapienza del discernimento come Ignazio di Loyola, a Francesco, Domenico, Chiara di Assisi e Teresa d’Avila, il curato d’Ars, e altre figure più prossime a noi, come Edith Stein e Teresa di Calcutta. Illuminante un’espressione di Teresa di Gesù Bambino nel descrivere il fascino delle Scritture: "Appena getto lo sguardo sul Vangelo, subito respiro i profumi della vita di Gesù e so da che parte correre" (VD 48). Le parole della santa, ora anche dottore della Chiesa, sono profondamente evocative: la parola di Dio permette un respiro simile ad un profumo, è il profumo dell’Amato, che attira a sé e ispira le scelte fondamentali della vita. E se si riconosce il profumo di qualcuno, ciò vuol dire che con lui s’intrattiene un rapporto autentico ed intimo.

Ascoltare per obbedire

L’amore mette nell’animo il desiderio di familiarità, di frequentazione assidua. Quando chi ci ama non è fisicamente presente, se riceviamo un suo scritto, non ci limitiamo a leggerlo solo una volta, torniamo più volte al messaggio, quasi per non farci sfuggire nulla o per carpire allo scritto qualcosa che va oltre lo scritto stesso. Un atteggiamento analogo ce lo richiede la conoscenza della Scrittura, con la quale è necessario "frequentarsi": solo allora gli impegni e i progetti quotidiani possono rendere visibile la fonte da cui si attinge (Is 55,1-3). La Parola indica la strada, non rettilinea, né priva di difficoltà e di domande: i momenti di oscurità appartengono all’amore. Nell’amore le scelte si compiono secondo criteri inusuali, poiché il cambiamento del cuore non corrisponde a logiche di profitto e di visibilità, come proclama il profeta: "Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro patrimonio, per ciò che non sazia?" (Is 55,2). Il credente non può tralasciare di rispecchiarsi nella Parola, se desidera entrare nel mistero dell’ascolto che costruisce i nuovi cieli e la nuova terra:"Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e voi vivrete" (Is 55,3). Nella Bibbia l’ascolto non è un atteggiamento passivo; ascoltare significa "andare a lui", sentirsi interpellati per fare (ob-audire, cioè obbedire), vale a dire maturare la convinzione nell’accoglienza della presenza e nella consapevolezza che la misericordia del Signore appartiene alla sua trascendenza e dunque non è vincolata ai pensieri umani di moda, né ai codici culturali (Is 55,8). Analogamente la relazione con la sua Parola richiede spirito itinerante.

L’imperativo dell’ascolto è un appello al credere e al fare, la parola udita è una parola da eseguire, non da conservare come una conoscenza iniziatica, come un talento non trafficato. Il primo orante nella Bibbia è colui che per primo ha prestato orecchio a Dio, Abramo.2 Fedeltà e fiducia sono dimensioni di cui parlano ampiamente i Padri della Chiesa, ripresi dall’esortazione postsinodale Verbum Domini:"Il Sinodo è tornato più volte ad insistere sull’esigenza di un approccio orante al testo sacro come elemento fondamentale della vita spirituale di ogni credente, nei diversi ministeri e stati di vita, con particolare riferimento alla lectio divina. La parola di Dio, infatti, sta alla base di ogni autentica spiritualità cristiana" (VD 86). La pratica della lectio divina è per chiunque si apre con passione e fedeltà al desiderio di essere abbracciato e rinnovato dall’Amore. "Come dice sant’Agostino: "La tua preghiera è la tua parola rivolta a Dio. Quando leggi è Dio che ti parla; quando preghi sei tu che parli a Dio"" (VD 86).

A casa nostra

La Parola brilla nella storia quotidiana di chi desidera identificarsi con la sua luce, e la cerca e l’attende. È ciò che leggiamo di Maria nel Magnificat: in lei prende forma una vera esperienza di ascolto maturata nella conoscenza della storia del suo popolo. Benedetto XVI, riprendendo una frase della sua prima enciclica Deus caritas est, riafferma:"Così si rivela che lei nella parola di Dio è veramente a casa sua, ne esce e vi rientra con naturalezza. Ella parla e pensa con la parola di Dio; la parola di Dio diventa parola sua, e la sua parola nasce dalla parola di Dio" (DV 28).

Essere nella propria casa può avere molti significati. Nella propria abitazione si può essere se stessi senza troppe inibizioni e immagini da salvaguardare. Per certi aspetti alla propria casa si consegnano le fragilità e le insicurezze e in essa si cerca riposo. Si può abitare una casa senza sentirla propria e allora la vita diventa ancora più difficile. La Parola è la casa di tutti coloro che hanno l’opportunità, come Maria, di abitarla con fiducia e silenzio, pazienza e dedizione, desiderio di giustizia e discernimento appassionato. Infatti, "la parola di Dio spinge l’uomo a rapporti animati dalla rettitudine e dalla giustizia, attesta il valore prezioso di fronte a Dio di tutte le fatiche dell’uomo per rendere il mondo più giusto e più abitabile" (VD 100).

La storia umana è come una grande tela i cui fili, tratti dalle storie di ciascun uomo, s’intrecciano con i fili della parola di Dio: così è avvenuto per la Madre del Signore. Alla luce di questi principi si può capire perché l’esortazione dedichi vari paragrafi alla relazione fra Parola e vita, secondo le varie situazioni: troviamo così delle indicazioni per il servizio ai "più piccoli" e i poveri (VD 99, 103, 107), l’impegno per la giustizia e i diritti umani (VD 100-101), le situazioni di conflitti interetnici e religiosi (VD 102), la formazione dei giovani (VD 104), l’accoglienza dei migranti (VD 105), il mondo della cultura e le istituzioni sociali (VD 109-112). Interessante è anche riscontrare tracce di quotidianità nella parte centrale del documento, dove si trattano i temi concreti della celebrazione della Parola: si richiama l’attenzione sul Lezionario e le omelie, l’ambone e i microfoni, le benedizioni e il ruolo dei lettori, il canto e la comunicazione con i disabili (cf VD 57-71). Altro panorama da considerare è quello che, sotto la prospettiva di "Parola di Dio e vocazioni" (VD 77), elenca con dettagli pratici come la Parola debba essere ascoltata e vissuta secondo i diversi stati di vita.

Dai vescovi ai preti, dai diaconi ai religiosi, dai seminaristi ai laici, alle famiglie, tutti sono chiamati ad una familiarità con la Parola nel quotidiano (VD 78-85). Le dettagliate descrizioni non sono lungaggini, ma segno di una centralità e quotidianità che sta molto a cuore a Benedetto XVI, come del resto lo si vede nei suoi discorsi.

Nello Spirito di libertà

L’artigiano principale dell’opera di obbedienza e fedeltà alla Parola è lo Spirito Santo, è lui che plasma l’umanità come discepola della Parola: "La parola di Dio raggiunge gli uomini attraverso l’incontro con testimoni che la rendono presente e viva" (VD 97). Attraverso la circolarità tra Parola e testimonianza prende corpo la credibilità. Il mondo intero è stato stupito e commosso al leggere le parole così cristiane ed evangeliche del testamento di Shahbaz Bhatti, il ministro pachistano per le minoranze religiose, ucciso il 2 marzo 2011: "Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora - in questo mio battagliero sforzo di aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan - Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita. Voglio vivere per Cristo e per lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo paese [...]. Io dico che, finché avrò vita, fino al mio ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi, i poveri". L’amore per il Signore, nella strada del dialogo pacifico e chiaro a difesa delle minoranze del suo popolo, è stato il segno più eloquente dell’efficacia della parola di Dio nella sua vita. "La divina Parola illumina l’esistenza umana e mobilita le coscienze a rivedere in profondità la propria vita" (VD 99). È la sua forza che diventa provocazione e stimolo e genera la sana inquietudine di chi decide di viaggiare insieme a Cristo, "il testimone fedele" (Ap 1,5) dell’amore supremo per l’umanità, a partire dai piccoli della storia. È la Parola che sollecita l’attenzione verso quelli che sono caduti giù dal carretto del protagonismo, e sono affamati, assetati, angariati, chiusi in prigione, senza più volto, senza storia. L’amore agli ultimi della storia è ciò che in modo eloquente testimonia se il seme della Parola ha afferrato il cuore dell’uomo. "La Parola di Dio ci rende attenti alla storia e a quanto di nuovo in essa germoglia" (VD 105). E chi è guidato dalla luce intima della Parola impara a discernere, a prendere posizione, a sfidare paure e minacce, perché la verità rende liberi (cf Gv 8,32-36).

La storia è impegnativa, la ragione armata continua a produrre disastri, e la Parola invita con forza a non conformarsi alle mode del tempo, ma a camminare, sognare e sperare.

Antonietta Augruso
Docente di Religione
Via Eurialo, 91 - 00181 Roma

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