Chiunque si occupi o si interessi di mondo giovanile ha oggi a disposizione uno straordinario osservatorio in più per «capire chi sono veramente i giovani, cosa si propongono, in cosa hanno fiducia, che sentimenti nutrono nei confronti della politica e dell'impegno pubblico, quali progetti hanno circa la famiglia, la professione, il proprio futuro». Questo straordinario nuovo punto di osservazione è il «Rapporto Giovani» (dal cui sito www.rapportogiovani.it sono tratte le parole citate), promosso dall'Istituto Giuseppe Toniolo, Ente fondatore dell'Università Cattolica, in collaborazione con la Fondazione Cariplo. Il primo frutto di ricerca di questo nuovo laboratorio dedicato al mondo giovanile è il recente volume intitolato La condizione giovanile in Italia. Rapporto Giovani 2013, pubblicato a fine dello scorso anno dall'editrice bolognese il Mulino.
La fotografia dei giovani italiani che questo volume ci restituisce si basa, scrive Alessandro Rosina nell'Introduzione, su «una rilevazione effettuata operativamente dall'Ipsos nel 2012 tramite tecnica mista Cati-Cawi su un campione di 9000 persone tra i 18 e i 29 anni, rappresentativo a livello nazionale. L'indagine è impostata in modo da poter seguire un panel di intervistati con osservazione a cadenza annuale per un periodo di cinque anni». Le aree di interesse poste a sondaggio riguardano in modo specifico il cammino dei giovani italiani verso il loro ingresso nell'età adulta. Concretamente sono stati messi a tema il loro legame con la famiglia d'origine, con il mondo del lavoro, con l'ambito della partecipazione politica e della comunicazione mass-mediale e infine con le istituzioni pubbliche. Ne viene fuori una "bella" fotografia: bella, innanzitutto, perché realizzata con particolare cura e professionalità e bella, in secondo luogo, in quanto mostra che, pur in mezzo ad un periodo difficile di crisi economica e di profonde mutazioni culturali, i giovani italiani mantengono ancora alto il desiderio di impegnarsi e di onorare la missione inscritta nel loro nome, quella appunto di ringiovanire e rinnovare le dinamiche della società. Il termine "giovane" deriva, infatti, dal latino "iuvare" che significa appunto "portare un aiuto".
Un rinforzato legame con la famiglia
Nell'attuale fase di crisi la famiglia, per i giovani italiani, vede aumentare la sua importanza su tutti i fronti del suo agire: sul fronte del sostegno emotivo ed affettivo, sul fronte della spinta a trovare una collocazione nel mondo lavorativo e infine sul fronte di una forma di compensazione rispetto al mancato sostegno da parte dello Stato al percorso di autonomizzazione delle nuove generazioni. Il «Rapporto Giovani» evidenzia pure come sono cambiati i rapporti all'interno della famiglia tra genitori e figli: non ci troviamo più di fronte a grandi elementi di conflittualità e di tensione, ma piuttosto ad un inedito avvicinamento tra le generazioni. Questo fatto ha certamente delle ricadute positive sulle giovani generazioni, in quanto il clima familiare positivo dà ampio spazio alla loro realizzazione personale, ma non è del tutto esente dall'ambiguità di un legame che alla fine può pure rallentare quel distacco necessario al conseguimento dell'età adulta.
La famiglia rischia insomma di diventare una sorta di "rifugio" a tempo indeterminato. Un rischio, questo, alimentato pure dal fatto che, come scrivono Eugenia Scabini e Elena Marta, «i genitori, prolungando gli aspetti protettivi in famiglia, compensano l'ingiustizia del sociale che essi inconsapevolmente contribuiscono a produrre. Cruciale, per un effettivo traghettamento alla vita adulta della giovane generazione è il ruolo che la generazione adulta svolge non solo in famiglia ma anche nel contesto sociale in termini di socializzazione al ruolo lavorativo, comunitario e sociale in senso ampio, ma anche, e soprattutto, in termini di costruzione di legami sociali, ossia basati sulla fiducia e la reciprocità».
Un forte desiderio di lavoro e di autonomia
Nelle ultime righe abbiamo accennato alla questione centrale messa a tema dall'indagine dell'Istituto Toniolo: l'incredibile "ingiustizia sociale" che pesa sui giovani italiani. Pur essendo pochi di numero, sono quelli che trovano più difficilmente un'occupazione stabile e ricevono meno incentivi al loro percorso verso l'autonomia (si pensi alla mancata politica per la casa e per il sostegno alla natalità nel nostro Paese) rispetto ai loro coetanei del resto d'Europa. A dispetto di ciò, i giovani italiani attribuiscono una grande importanza al lavoro, credono in esso e vi riscontrano una grande possibilità di riscatto rispetto all'attuale situazione negativa. Per questo motivo sono ben disponibili alla fatica e al sacrificio necessari per mantenerlo, quando riescono a trovarlo. Il problema, purtroppo, è che normalmente lo trovano con difficoltà e quasi sempre non adeguatamente tutelato. In questo momento storico inoltre continua ad aumentare il numero dei Neet, cioè di coloro che non cercano il lavoro e non sono impegnati in alcun iter di formazione scolastica.
Risalta poi molto positivamente il dato che riguarda il desiderio di famiglia dei ventenni e trentenni italiani. Annotano Alessandro Rosina e Emiliano Sironi che questi ultimi «non sembrano arretrare di fronte alla crisi e alle difficoltà. In particolare i giovani non rinunciano a pensare di poter formare una propria famiglia e in larga maggioranza la vedono formata di non meno di due figli [...]. Anche quando si chiede a essi, oltre al numero ideale, quanti figli pensano realisticamente di riuscire ad avere, tre giovani su quattro rispondono due o più».
Internet e la partecipazione politica
Risulta particolarmente interessante la sezione del "Rapporto Giovani" dedicata alla sfera mediale e al consumo di informazioni da parte delle nuove generazioni del nostro Paese. Emerge, del tutto atteso, il dato di un netto sorpasso, in termini di consumo, da parte dei nuovi mezzi di comunicazione rispetto a quelli tradizionali, insieme, questo sì forse inatteso, al dato che i giovani si mostrano utenti molto competenti e riflessivi rispetto al nuovo ambiente mass-mediale nel quale si trovano a vivere.
Allo stesso modo viene del tutto confermato il largo disinteresse e la scarsa sfiducia per il mondo delle istituzioni politiche, in particolare per i partiti. Risultato più che scontato visto che negli ultimi venti anni le categorie meno sostenute dall'apparato istituzionale italiano sono state le donne e i giovani. Suscitano, al contrario, un giusto sentimento di ottimismo la chiarezza e la pertinenza con le quali i giovani fissano quelli che a loro avviso dovrebbero essere le priorità di una buona politica. Al primo posto pongono le politiche di crescita e di innovazione, al secondo quelle legate all'esigenza di proteggere le fasce più deboli della popolazione e al terzo, come annota Rita Bichi, indicano quella di «tutelare il patrimonio ambientale e culturale, scelto dal 32,8% degli intervistati. Su questo tema e sulla possibilità di incentivare le politiche di sviluppo anche e proprio su questo patrimonio, si discute da qualche tempo senza però pervenire a risultati rilevanti. I giovani dimostrano di avere chiara l'importanza culturale ma anche economica di questa grande ricchezza italiana».
Moderatamente pessimisti
È con l'espressione di un certo "pessimismo moderato" che si può in generale segnalare la posizione dei giovani verso il domani. Scrive Pierpaolo Triani che il mondo dei giovani italiani sembra farsi poche illusioni nei confronti del futuro. Ciò non significa che essi rinuncino ai loro sogni (il futuro è per definizione incerto). Non rinunciano all'impegno per realizzare le proprie aspettative, ma lo vivono con uno spirito nel quale si intrecciano realismo e sfiducia che il domani possa portare qualcosa di meglio rispetto all'oggi.
Su questo sfondo si comprende pure la generalizzata sfiducia dei giovani italiani nei confronti delle istituzioni sociali, con le significative eccezioni dell'istituzione del Presidente della Repubblica e dell'Unione Europea. Per quel che riguarda la componente religiosa, il "Rapporto Giovani" evidenzia la scarsa capacità di identificazione della religione cattolica (solo un giovane su due si dichiara cattolico), la partecipazione rarefatta alla pratica religiosa, l’erosione della fiducia nell’istituzione Chiesa. Per quel che riguarda la questione della differenza di genere, emerge una disuguaglianza in merito all’autodichiarazione di cattolicità, che tende però a sfumare nella pratica. Il punto di convergenza è il passaggio verso un'adesione alla religione sempre più scelta anche se meno diffusa.
Un'ultima annotazione riguarda il fatto che l'indagine sin qui molto velocemente presentata continua ad essere oggetto di analisi più specifiche ed aggiornate, che possono essere seguite sul sito del "Rapporto Giovani". Ci piace qui segnalare quella del rapporto dei giovani italiani con Papa Francesco. Il risultato? Amore a prima vista!
Armando Matteo
Pontificia Università Urbaniana
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