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«Come avverrà questo, poiché io non conosco uomo?». E’ la
domanda di una giovane donna palestinese, “attesa dell’umanità”, come dice il
noto canto, al messaggero di Dio, alla voce dello Spirito che dimora in lei e la
spinge esattamente sul sentieri misteriosi dello stesso Dio.
Ci piace pensare qui Maria come donna interrogante. Maria è
una donna, che pur nella povertà di anni e di esperienza, ha la coscienza di non
poter andare contro quella che è stata la sua iniziale promessa a Dio: ‘non
conoscere uomo’, non avere rapporti di intimità umana.
Per questo interroga.
Negli Scrittura personaggi che pongono interrogativi se ne
trovano spesso. In occasioni diverse; con motivazioni dissimili. Proprie di
ognuno.
La prima interrogazione è quella del serpente tentatore,
perfido e menzognero, ad Adamo ed Eva: «E’ vero che Dio ha detto: Non dovete
mangiare di nessun albero del giardino”?». La seconda è di Dio stesso, il
Creatore e Signore, colui che aveva dato loro con lungimiranza infinita, in un
gesto di fiducia tutta sua, perciò divina, esistenza e poteri: «Dove sei?»,
domanda il Signore Dio all’uomo che aveva tratto dal nulla. E il dialogo, come è
scritto nel capitolo terzo della Genesi, continua sullo stesso tono. «Chi ti ha
detto che eri nudo? Hai dunque mangiato…?». Adamo ha bisogno di prendere
coscienza di sé, di rendersi conto di quelle che erano state le motivazioni
fondanti della sua disobbedienza, del perché del suo atteggiamento ribelle.
A Caino domanda il Signore Dio: «Dov’è tuo fratello? ». E
Caino di rimando nella ricerca di una propria giustificazione: «Sono forse io il
custode di mio fratello?». La vicenda di Caino è stata motivo di dubbi e di
interrogazioni anche in uno dei romanzi di Herman Hesse.
Gedeone, che in obbedienza al suo Signore era andato alla
guerra con una manciata di uomini e di mezzi, aveva sconfitto i Madianiti. Il
suo popolo, deluso per essere stato ignorato, inveisce: «Perché con noi ti sei
comportato in questo modo?».
Nel libro di Ester si legge che Mardocheo non aveva nessuna
intenzione di obbedire al re che gli ordinava di inchinarsi e prostrasi davanti
ad Aman. Egli, nell’ascolto della propria coscienza, non lo faceva. Il rimbrotto
è pronto e rapido: «Perché trasgredisci l’ordine del re?». C’è malignità nella
domanda; c’è voglia di denuncia, c’è sopruso.
Quelle antiche preghiere ebraiche che sono i salmi poi e
tutti i libri sapienziali hanno qua e là forti interrogazioni: «Che cos’è l’uomo
perché ti ricordi di lui?» si domanda il salmista affascinato dalle molteplici
preziosità presenti in sé tanto da attirare lo sguardo amoroso di Dio. Oppure,
ricordando la storia dei tempi andati – nella concretezza il ritirarsi delle
acque del Mar Rosso – il salmista domanda: «Che hai tu mare che fuggi?».
«Cos’è la verità?» è l’interrogazione esistenziale posta a
Gesù da Pilato, ferito dal dubbio, terribilmente incerto e debole, succube della
volontà altrui. Ma Pilato non attende la risposta. Ha altri interessi.
«Donna, chi cerchi?» domanda il Maestro risorto alla
discepola fedele e amante.
Ancora: «Chi sei, o Signore?» interroga Saulo, prostrato
sulla strada che lo porta a Damasco, con in tasca le lettere creditizie
offertegli dai capi della sinagoga geresolomitana che lo autorizzano a
imprigionare i credenti.
Ci fermiamo. Ogni uomo e ogni donna pongono domande: a sé,
agli altri, a Dio lo si chiami come si voglia.
Le pongono con innocenza, candore, semplicità, pur nel
desiderio di conoscere, i bambini: “cos’è”?, “perché?”, “chi è”?
Le pongono con angoscia e tormento gli ammalati: “Perché
proprio a me?”. Le pongono gli incerti, i dubbiosi, i tormentati, gli onesti:
“Dio esiste? lo si inventa o lo si scopre? Perché tante ingiustizie e tanti
soprusi?”.
Effettivamente da sempre l’uomo si interroga.
L’interrogazione è uno dei tanti test della sua sete di verità e di giustizia,
dei suoi travagli nella ricerca e nella sperimentazione. Tutti gli uomini e
tutte le donne, siano essi filosofi – gli umanisti del XV secolo come gli
esistenzialisti del secolo XX – o tecnici, poeti o scienziati, premi nobel od
operatori ecologi, gazzettieri, uomini di governo, si pongono grossi
interrogativi, a volte inquietanti. Giorgio Basadonna parla del «perenne
problema del male: come capirlo, come giustificarlo, come accettarlo tanto più
nell’ipotesi religiosa di una creazione voluta e realizzata da Dio».
Concretamente: cosa è, da dove viene, quale finalità può avere. Serve a
qualcuno, a qualcosa?
Etty Hillesum scriveva di una vecchia donna che in uno dei
tanti campi di concentramento le domandava completamente smarrita: «ma lei sa
perché dobbiamo soffrire così tanto noi ebrei?». A tuttoggi non c’è ancora la
risposta.
E torniamo a Maria. In lei la domanda è espressione della
sua fedeltà a se stessa, alle promesse fatte, e al suo Signore. Ella è cosciente
che con gli impegni assunti non si scherza. Ma è anche la donna limpida e
libera, diafana e trasparente, saggia e consapevole, che sa vivere in pienezza
“l’attimo fuggente”, il momento da cui dipende la salvezza di tutti. Ella sa che
quanto il Signore le va chiedendo per mezzo del suo inviato, non può distruggere
quello che per ispirazione e grazia di lui aveva antecedentemente promesso.
Fondata sul suo Signore come su roccia ferma, come dice la parabola evangelica,
ella è lì in atteggiamento di domanda e di ascolto. Non si nega nel domandare:
traduce in parole, che diventeranno accoglienza della Parola e del mandato che
sta per esserle affidato, l’intimità con Dio, la disponibilità allo Spirito che
la inabita. Ella è sotto la copertura dello Spirito. Assorta nel grembo della
contemplazione più pura, il suo orizzonte è quello della donna che cerca la
verità, la cui unica misura è quella della volontà del sommo, amante e amabile
Dio.
Spinta dalla sua fede luminosa, pur avvertendo una
difficoltà apparentemente insormontabile, non esprime un dubbio, non pretende un
segno; espone un desiderio, esterna un desiderio. Commenta Ermes Ronchi:
«Zaccaria aveva chiesto un segno, Maria domanda il senso».
In lei “ragione e fede” non sono in antitesi; non sono
antinomie, sono in rapporto armonico, in reciproca alterità; per lei la
razionalità si coniuga con la fede. Per lei, “donna del silenzio e
dell’ascolto”, il paradosso dei contrari - maternità e verginità - non sono
contraddittori. Vuol soltanto sapere: come? Dio le si rivela e la sua persona,
che fa a meno della dialettica, con l’apporto delle sue capacità umane, è
disposta all’obbedienza.
E a lei il messaggero risponde e ne chiarisce il senso: «Lo
Spirito Santo scenderà sopra di te; la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la
sua ombra; perciò quello che nascerà da te sarà chiamato santo, Figlio di
Dio...».
Per Maria valeva quello che Mosè molti secoli prima diceva
al popolo ebreo là, oltre il Giordano, nel deserto: «Il Signore è il nostro Dio,
il Signore è uno solo».
Il Signore è uno solo anche per noi. O no?!
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