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"Per ogni cosa c'è il suo momento
il suo tempo per ogni faccenda
sotto il cielo (Qo 3,1ss)
C'è
un tempo per nascere e un tempo per morire
Riscoprire la pazienza
dell'istante. La disponibilità a vivere ogni momento della vita, gioia
o dolore, felicità o lutto, come se fosse la totalità della nostra
esistenza. Questa calma interiore, questo accettare l'istante come già
fosse eternità, ci immette direttamente nel cuore di Dio. Ci riporta a
quell'infanzia che garantisce la nostra permanenza nell'Essere che ci ha
creati, nell'essenza stessa dell'esistere. Interrompe il ritmo ossessivo
di giornate a perdere, a consumarsi nella corsa affannosa che brucia
l'istante, lo svuota nella sua dimensione di microcosmo che contiene le
impronte e i segni della vita e del destino umano. Il ricupero
esistenziale dell'istante ricolloca nella loro successione naturale il
nascere e il morire, riconsegna al principio e alla fine dell'esistere
la pienezza della loro complementarietà nell'armonia e nell'equilibrio
dell'universo.
Un tempo allora per
nascere. La nascita non come atto definitivo e limitato alla sua
cronologia temporale, ma come realtà che si rinnova di continuo in ogni
istante e giorno della vita. Come disponibilità a rimettersi di
continuo nella condizione di innocenza, di stupore, di apertura verso
gli altri, di totale disponibilità e attesa. Rinascere di continuo alla
vita significa guardare se stessi e l'altro con occhi senza veli, con
mente sgombra da pregiudizi, con cuore puro da interessi personali, in
tutto e per tutto come bambini alle soglie dell'esistenza. Vuol dire
ricuperare l'entusiasmo della novità e della scoperta propri
dell'infanzia, aprirci verso quanto abbiamo in noi e fuori di noi, per
partecipare al mistero della creazione non solo come spettatori, ma
anche come attori.
Creare con Dio,
sentirsi chiamati a vivere e a dare la vita, senza schemi e rigidità
che impediscano il libero movimento dell'amore, con il coraggio
del rischio e il fervore di ogni inizio. Già, l'amore. Dio è innanzi
tutto Amore, soprattutto Amore, è soltanto Amore. L'amore è il
supporto indispensabile per ogni nascita che si rinnova di continuo. E'
il contenitore dell'eroismo feriale della nostra vocazione di uomini e
di donne. Il tempo della nascita chiede di amare totalmente, senza
riserve, gratuitamente con quella fiducia e abbandono che permette
all'intelligenza del cuore e della mente di inventare la vita, di
inventarsi individualmente e come comunità, di coltivare la speranza e
la fiducia, nonostante le delusioni e i pesanti limiti che sempre ci
accompagnano.
Ma il tempo
dedicato al nascere ha come compimento quello dedicato al morire,
indispensabile per il rinascere successivo. La morte allora non come
momento definitivo, ma transito per ricuperare la possibilità di
un'integrità che le dinamiche e i meccanismi del crescere e dello
svilupparsi finiscono con l'intaccare. Sì, c'è un tempo, ogni giorno,
per morire. Per avvolgerci come in un sudario nel silenzio, nel
raccoglimento, nella prova generale di quello che sarà l'addio finale.
Per rientrare in quell'intimità del nostro essere più vero e
autentico, per ricuperare valori e significati dimenticati. Morire come
momento di bilanci, di valutazioni, di confronti, di chiarezze. Ma anche
come spoliazione delle nostre superbie e false certezze, come antidoto
alla tentazione di crederci assoluti e invulnerabili, di identificarci
con il possedere e l'avere, le mete raggiunte, le gratificazioni e i
successi ottenuti, con i privilegi rastrellati.
Cristo rimase per tre
giorni avvolto nel silenzio del sepolcro, nascosto agli occhi di tutti,
per testimoniare l'importanza del tempo della morte. Non c'è vita senza
morte, non c'è resurrezione senza l'interruzione del fare e del
divenire, per ricomporsi nella immobilità di ogni fine. Una immobilità
che permette di vedere, di ascoltare, di capire con occhi, orecchi,
mente sempre nuovi. In attesa della visione e della conoscenza di Dio.
Come il nascere in ogni momento ci permette di ricuperare le potenzialità
e l'integrità di ogni inizio, così il morire in ogni istante ci offre
la possibilità di anticipare nei limiti della nostra dimensione umana,
i passi dell'eternità. Praticare il tempo del morire significa
prepararsi a quello del nascere e del risorgere. Stabilire dei
contatti con quell'invisibile che l'individuo contemporaneo ha
emarginato e che solo il silenzio della fine, accolto dentro di noi,
permette di ricuperare nella sua intrinseca e dinamica capacità di far
rinascere. Il tempo del morire diventa allora una pratica quotidiana di
immersione nel mistero dell'al di là, di ascolto di quelle presenze in
Dio che ci hanno preceduti, di profondi contatti interiori che ci
permettono di camminare già nell'eternità immersi nell'Assoluto.
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