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Anche
per le persone consacrate arriva l’ora dell’anzianità, a meno che non muoiano
prima, come può avvenire per ogni mortale. Come per tutti, anche per i religiosi
l’età anziana è accumulo di esperienze e di maturità: senso dell’essenziale e
del relativo, mescolanza di serenità e di insicurezza, alternanza di speranze e
di timori, ai quali occorre aggiungere i molti limiti di salute, le stanchezze e
le fragilità di ogni tipo.
Lo sappiamo tutti: lo stile di vita è la variabile più
importante per godere di una luminosa salute fino a tarda età. L'attenzione ad
una alimentazione sana, al quotidiano movimento fisico, al giusto equilibrio tra
tempi di attività e di riposo (sonno incluso!), all'ecologia dell’ambiente in
cui si vive, alla qualità dell'equilibrio emotivo - che si nutre di affetti e di
stimoli culturali e spirituali - e alla vivacità di sguardo sulla vita, che
rinnova il piacere di sorprendersi e imparare, costituisce il pilastro più
affidabile su cui fondare l'arte di invecchiare.
Imparare a invecchiare è uno dei compiti fondamentali di ogni
persona, e quindi di ogni consacrato. Sulla vecchiaia sono state scritte fin
dall’antichità cose sapienti. In queste opere la vecchiaia è considerata sotto i
più disparati punti di vista. Ci sono i medici, che descrivono i processi fisici
dell’invecchiamento e le malattie senili; gli psicologi, che informano sui
cambiamenti che avvengono nell’autocoscienza; i sociologi, che vedono con timore
crescere il numero delle persone anziane a causa di una longevità assicurata dal
progresso scientifico e di una paurosa denatalità che rende precari gli
equilibri sociali. Altri analizzano il modo in cui vivono gli anziani nella
società e il modo in cui la società li tratta. I teologi rivolgono alla Bibbia
domande sulla vecchiaia, i parroci cercano nuove forme di pastorale per la terza
età. Ci sono non poche descrizioni in libri e filmati della propria e altrui
esperienza della vecchiaia.
La vecchiaia ha dunque molte facce e può essere osservata da
diversi aspetti. Vi è anche la vecchiaia o la giovinezza dello spirito. Qui i
parametri cronologici e sociologici si possono capovolgere. Ci sono, infatti,
giovani secondo l’anagrafe che sembrano avere già un piede nella tomba, perché
senza ideali, senza progetti e senza speranza. Ci sono vecchi d’età che hanno in
sé la freschezza della palma cantata dal Salmo 91: "Nella vecchiaia daranno
ancora frutti, saranno vegeti e rigogliosi".
Oltre al Salmo 91 l’anziano dovrebbe far proprio nella sua
preghiera quanto espresso nel Salmo 70. Commentando questo salmo di supplica
fiduciosa in Dio, mons. Gianfranco Ravasi osserva che il protagonista, un
anziano amareggiato, ricorre a preghiere già note e lungamente usate, per
esprimere a Dio la nostalgia del suo passato sereno e il lamento del presente
intessuto di umiliazioni, di ostilità, di prove, di un affievolirsi delle forze.
Eppure esso non si risolverà in un disperato sprofondare nei gironi infernali
dello Sheol, l’abisso degli inferi, e della morte. Infatti questo anziano
attende ancora un futuro di liberazione sperato nonostante l’esiguità degli anni
che ancora restano.
In questo ritratto della vecchiaia del Salmo 70 [ripreso e
sviluppato da Qoèlet nella sua conclusione (12,1-7)] è particolarmente
commovente il ricordo tenero e nostalgico dell’infanzia, anzi l’evocazione della
nascita stessa in cui Dio toglieva dal grembo materno la sua creatura e, come
una madre, se la poneva tra le ginocchia per tenerla in piedi: "Sei tu, Signore
la mia speranza / la mia fiducia fin dalla mia giovinezza. / Su di te mi
appoggiai fin dal grembo materno, / dal seno di mia madre tu sei il mio
sostegno;/ a te la mia lode senza fine" (vv. 5-6).
È uno sguardo retrospettivo su un’esistenza posta tutta sotto
il sigillo della fedeltà e dell’amore. Ad essa fa da contrasto la presente vita
perseguitata. Di grande efficacia è l’amara descrizione dello stato in cui
l’anziano versa attualmente: "Non mi respingere nel tempo della vecchiaia, / non
abbandonarmi quando declinano le mie forze. / Contro di me parlano i miei
nemici, / coloro che mi spiano congiurano insieme" (vv. 9-10).
Nonostante il deperimento fisico e la crisi interiore,
l’anziano in preghiera apre il cuore alla fiducia e alla speranza. La sua vita è
stata una lode a Dio; questa non verrà meno ora, come non mancheranno l’arpa e
la lira per ritmare il canto dello Spirito: "Io, invece, non cesso di sperare /
moltiplicherò le tue lodi. / La mia bocca annunzierà la tua giustizia, /
proclamerà sempre la tua salvezza, / che non so misurare. […]. Tu mi hai
istruito o Dio fin dalla giovinezza / e ancora oggi proclamo i tuoi prodigi. / E
ora, nella vecchiaia e nella canizie, Dio non abbandonarmi, / finché io annunzi
la tua potenza, / a tutte le generazioni le tue meraviglie. […]. Mi hai fatto
provare molte angosce e sventure: / mi darai ancora vita, / mi farai risalire
dagli abissi della terra, / accrescerai la mia grandezza / e tornerai a
consolarmi. / Allora ti renderò grazie sull’arpa, / per la tua fedeltà, o mio
Dio; / ti canterò sulla cetra, o santo d’Israele. / Cantando le tue lodi,
esulteranno le mie labbra / e la mia vita, che tu hai riscattato" (vv. 14-23).
Come non vedere in questa preghiera una luce che anima la
spiritualità della vecchiaia? Se si riesce a scoprire una serie di valori come
sostegno personale, tutto si trasfigura. Il nostro orante nutre anzitutto la
fede nel Signore, unico rifugio, sostegno, baluardo, rupe di difesa. Coltiva poi
la fedeltà nelle prove che gli piombano addosso senza pietà, né rispetto per la
canizie, umiliandolo. Si lascia rianimare dalla speranza, che lo ha guidato fin
dalla giovinezza. Sa anche valorizzare la musica e il canto per lodare il
Signore e rasserenare lo spirito contrastato.
Questo discorso appena accennato fa da prologo al ventaglio
di prospettive che colorano l’età anziana delle persone consacrate. L’arte di
invecchiare nel servizio di Dio e del prossimo ci insegna a combattere con
l’energia dello Spirito il venir meno delle forze umane. La vecchiaia è
vocazione, è profezia, è contemplazione dalla soglia, è dire "eccomi" ad appelli
mai uditi, è tempo di ritiro spirituale, è risorsa da ben impiegare da parte di
persone e comunità. Non solo invecchia il consacrato; anche le Congregazioni
invecchiano, soprattutto oggi quando le vocazioni sono rare e si attendono come
rugiada dal cielo.
Sono questi i temi accostati nel Dossier del presente numero
di Consacrazione e Servizio affidati alla lettura personale e allo scambio
fraterno in comunità. Anche il ritiro mensile, la riunione comunitaria, gli
Esercizi Spirituali, l’anniversario del 50° di Professione religiosa sono motivi
e occasioni perché ancora oggi siano vere le parole dell’antico salmista: "Nella
vecchiaia daranno ancora frutti".
Maria Marcellina Pedico
delle Serve di Maria Riparatrici
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