n.9
settembre 2007

 

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E quando ad invecchiare è tutta la congregazione

di Paola Paganoni

 

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A tutte le sorelle anziane ed ammalate

La mia Congregazione, specchio di una situazione abbastanza comune nelle Famiglie religiose femminili (e non solo) d’Europa, presentava nel Capitolo celebrato due anni fa un’età media di 72 anni. Di fronte a questa situazione siamo sovrastate dalle problematiche emergenti, che richiedono soluzioni immediate: problemi assistenziali per le sorelle inferme, sconcerto per l’esiguo numero di giovani vocate, preoccupazione per le giovani suore impegnate nelle attività apostoliche, lavoro per il conseguente ridimensionamento delle opere, accumulo di impegni sulle persone in attività apostolica con conseguenti situazioni di stress.

Uno studio di A. Pardilla1 indica che in questi ultimi 40 anni il calo dei religiosi per gli Istituti maschili è stato del 59,13%. Se si considera altresì l’andamento delle vocazioni soprattutto nel vecchio mondo,2 possiamo considerare che la vita religiosa è in calo progressivo, l’età media è sempre più alta e le prospettive non promettano uno sviluppo diverso. Eppure, non sono queste le uniche considerazioni da fare in questo cambio epocale.

Nel libro della Genesi si racconta che Dio aprì gli occhi ad Agar così che potesse vedere il pozzo per attingere acqua per suo figlio e per lei, pozzo che era presente, ma invisibile (cf Gn 21,19). Anche noi dobbiamo permettere al Signore di aprirci gli occhi con la sua luce così da vedere "i pozzi", le occasioni di vita presenti nelle nostre Congregazioni.

L’anzianità, tempo di saggezza e di grazia

Giovanni Paolo II ha indicato l’anzianità come tempo di saggezza e di grazia: "Gli anziani, con la saggezza e l’esperienza frutto di una vita, sono entrati in una fase di grazia straordinaria, che apre loro inedite opportunità di preghiera e di unione con Dio. Sono loro concesse nuove energie spirituali, che essi sono chiamati a porre a servizio degli altri, facendo della propria vita una fervente offerta al Signore".3 Forse è questa una delle chiavi interpretative per accogliere ed amare le nostre congregazioni.

Per alcune Famiglie religiose, invece, l’anzianità appare un segno di fallimento. La vicenda di Lazzaro, che esce dal sepolcro, ci mostra che la potenza di Dio è all’opera in un uomo debole e vulnerabile, già consegnato alla morte. Questa stessa potenza non potrà far risorgere spiritualmente un intero corpo congregazionale? La nostra vita può esprimere la potenza del Regno anche in età avanzata, nello stato di debolezza, di piccoli numeri. Anzi, può parlare con potenza maggiore proprio a causa della nostra fragilità.

L’avanzare dell’età preoccupa e provoca commenti sul futuro. Ciò è legittimo per il fatto che le congregazioni sono spesso impegnate su fronti che richiedono lavoro per incarichi non lievi. Ma può diventare fuorviante quando tutta la questione viene guardata soltanto o principalmente da tale prospettiva. La nostra esistenza consacrata nella sua totalità e concretezza è dono al Padre, indipendentemente dall’efficienza apostolica. Il battesimo e la professione religiosa collocano tutta la vita sotto il segno particolare dell’amore. Lo Spirito comunica la stessa fecondità all’energia giovanile, alla maturità adulta, alla stagione dell’anzianità.4

Guardando alla nostra congregazione anziana, pertanto, riconosciamo che il Signore ci benedice proprio con la longevità. Molte nostre consorelle raggiungono un’età ricca di anni, impensabile fino a qualche anno fa. Alcune, favorite da una particolare energia fisica e psichica, continuano in piena attività nelle mansioni che l’obbedienza loro affida. Altre vivono in serena operosità con un ritmo più misurato, dopo anni di impiego pieno in compiti apostolici e responsabilità comunitarie. Altre si trovano nelle infermerie, talvolta per lunghi anni nella completa inattività.

Ma la crescita e la vita nello Spirito non si ferma, né con gli anni né con la malattia. La costruzione dell’uomo interiore non è questione d’età, ma di adesione sempre più profonda all’opera dello Spirito Santo in noi (cf 2Cor 4,16).

Chiamate ad essere segni di vita

Siamo chiamate, dunque, a essere segni di vita anche quando siamo più deboli. È ininfluente il fatto di aver perso altri tipi di potenza, come la potenza della ricchezza e quella legata alla guida di istituzioni importanti. Noi abbiamo una potenza datrice di vita, se lo Spirito attraverso di noi può rendere manifesto il Regno.

Anche la malattia alla luce del mistero pasquale può essere vissuta come grazia. Già Teolepto di Filadelfia nella Filocalia scriveva: "Finché hai respiro, non lasciare la preghiera a causa della malattia, nemmeno un giorno solo, ascoltando colui che dice: "Quando sono debole allora sono forte". Perché facendo così riceverai maggiore utilità, ed essa in breve ti farà rialzare con la sinergía della grazia. Perché dove c’è invocazione dello Spirito, non rimangono né malattia né accidia".5

La malattia che alberga in una congregazione se vissuta come mistero pasquale diventa consolazione e ricchezza, ricaduta di grazia per l’intera famiglia religiosa. Ho visto tante sorelle che nella sofferenza e anche di fronte alla morte, hanno testimoniato la gioia della presenza di Dio nella loro vita e la coscienza di vivere in prospettiva dell’eternità. Il ricordo frequente della morte introduce nella vita spirituale una verità feconda che riporta tutto alla realtà di Gesù Cristo, perché Cristo per noi è morte e risurrezione. La morte è la fine del nostro vivere quaggiù, è l’incontro con il Signore crocifisso e risorto, è l’ingresso nella vita trinitaria.6

Quale nuova possibilità di evangelizzazione e testimonianza può significare allora una congregazione di anziane! Le sorelle anziane sono segni di una crescita ininterrotta in Dio, crescita dove si rafforzano i valori del Vangelo. La mitezza della religiosa, la sua umiltà, la sua pazienza e la sua fede sono messe alla prova. Tali prove sono considerate nella Scrittura e nei Padri un grande dono di Dio; esse predispongono all’esichia (quiete, pace interiore), nella quale si acquista una purificazione più rigorosa e, quindi, un’illuminazione più abbondante.

La congregazione può affermare di vivere nella sua interezza la tensione verso una crescita ininterrotta come risposta alla chiamata del Signore. Tale movimento comporta attenzione all’esperienza spirituale che si va sviluppando in noi, per cui scopriamo con sempre maggiore profondità l’opera di Dio nella nostra vita. Di fronte ad essa spontaneamente sgorga il ringraziamento. Scriveva Barsanufio il Grande a uno dei suoi discepoli: "Sii pronto a ringraziare in ogni cosa, secondo le parole del santo Apostolo: "rendete grazie in tutto". Sia nelle tribolazioni sia nelle necessità sia nelle angustie sia nelle malattie sia nelle fatiche del corpo: in tutto ciò che ti sopravviene ringrazia Dio. Io spero, infatti, che tu possa entrare nel Suo riposo. Giacché è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio. Dunque, non esitare nella tua anima e non essere debole nel tuo cuore, ma ricorda la parola dell’Apostolo: "se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo quello interiore si rinnova di giorno in giorno".

Tempo fecondo di frutti

L’anzianità, dunque, può essere identificata come il tempo propizio in cui far lentamente riaffiorare nella preghiera le tante verità sempre credute, ascoltate, annunciate, eventualmente insegnate. Il passato, con i suoi mali e i suoi tristi ricordi, è cancellato dall’orizzonte del pensiero in preghiera. Non esistono più le preoccupazioni del presente con le sue esigenze, e scompare l’angoscia del futuro con le sue incognite. Ormai l’anima riposa in Dio, ha posto in lui una fiducia illimitata, simile a quella del bimbo che riposa sul seno di sua madre.7 Nell’anzianità si raccolgono i frutti di quanto si è imparato e praticato nel cammino di fedeltà alla propria vocazione.

Allora, per la congregazione l’età anziana è tempo di grazia da vivere nella pace e nella gioia del Signore; è tempo fecondo di frutti per sé e per gli altri. Per la congregazione le sorelle anziane, custodi di sapienza spirituale e madri spirituali, sono segno manifesto che l’amore non avrà mai fine (cf 1Cor 13,8), rimane per sempre, è l’unica realtà sconfinata e incorruttibile. Tutta l’arte di questa stagione della vita consiste allora nel saper avvolgere le cose e la propria esistenza nell’amore.

La congregazione anziana guardando alle cose che non muoiono non sarà tanto orientata e impegnata nell’azione diretta evangelizzante, ma piuttosto volta a testimoniare i valori fondanti del Vangelo. Non più azione, piuttosto illuminazione effusiva di ciò che davvero vale. Infatti, chi ha ormai accolto la morte come "compagna vicina" nella propria vita, non diventa attivo, bensì luminoso.

Con ragione diceva Romano Guardini: "A mano a mano che si diventa vecchi, la dymamis (cioè la forza vitale) diminuisce. Tuttavia, nella misura in cui l’uomo consegue le sue vittorie interiori, la sua persona lascia - per così dire - trasparire il senso delle cose a cui è pervenuto. Egli non diventa attivo, bensì irradia. Non affronta con aggressività la realtà, non la tiene più sotto controllo, non la domina, bensì rende manifesto il senso delle cose e, con il suo atteggiamento disinteressato, gli dà un’efficacia particolare".8

Le sorelle anziane sono la nostra memoria carismatica. Da loro abbiamo ricevuto il carisma, custodito e tramandato con fedeltà, i valori e le strutture. Questa loro memoria esperienziale aiuta l’intera congregazione a evitare superficialità e improvvisazioni senza storia, dà fondamento a nuovi progetti e continuità a proiezioni profetiche.

PAOLA PAGANONI Superiora generale delle Suore Orsoline di San Carlo

Via Lanzone, 53 - 20123 MILANO

NOTE

1.      A. Pardilla, I religiosi, ieri, oggi e domani, Edizioni Rogate, Roma 2007. (Torna al testo)

2.      Cf i dati statistici della Plenaria USIG 2007. (Torna al testo)

3.      Testo citato in Nella vecchiaia daranno ancora frutto, Chirico, Napolio 2006, 62. (Torna al testo)

4.      Cf J. Vecchi, «Malattia e anzianità. Siamo un capitale vivo», in Testimoni, n. 20. 2001, 20-29. (Torna al testo)

5.      5. Teolepto di Filadelfia, in La Filocalia, a cura di Nicodemo Aghiorita e Macario di Corinto, III, Gribaudi, Torino 1985, 512. (Torna al testo)

6.      CF E. Bianchi, «Editoriale», in Parola, Spirito e Vita, n. 49/2004, 3-7. (Torna al testo)

7.      Cf Matta el Meskin, L’esperienza di Dio nella preghiera, Qiqajon, Comunità di Bose 1999. (Torna al testo)

8.      Cf R. Guardini, Le età della vita. Loro significato educativo e morale, Vita e P.ensiero, Milano 1986, 64. (Torna al testo)

 

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