n. 9
settembre 2009

 

Altri articoli disponibili

English

 

Sull'atto del leggere

di LUCIO COCO

 

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

Un ottimo modo di leggere
è quello in cui si cerca la verità.
(DIEGO ALVAREZ DE PAZ)

La lettura è un’attività intellettuale che esige silenzio e concentrazione. L’atto del leggere sotto questo profilo ci vede raccolti su un testo, piegati su di esso in un circolo ideale che già di per sé rinvia alla riflessione e rende l’immagine di una esperienza immateriale: «Chi legge – scrive E. Bianchi – diviene anche per chi lo osserva, un’icona di interiorità, un’immagine di raccoglimento, un’allusione al viaggio della mente».

Scorrendo alcune pagine dei Padri della Chiesa, è possibile imbattersi in ritratti di lettori che restituiscono intatta questa impressione: per esempio quello dalle linee essenziali di Gerolamo che, a detta di Postumiamo, «era tutto immerso nella lettura e nei libri, senza fermarsi mai né di giorno né di notte, sempre leggendo o scrivendo qualcosa» (Sulpicio Severo, Dialoghi 1,8); oppure quello assai noto di sant’Agostino che rappresenta Ambrogio mentre legge: «Nel leggere scorreva le pagine con gli occhi e la mente era intenta a penetrarne il senso, mentre la voce e la lingua riposavano. Spesso entrando…, l’abbiamo visto leggere in silenzio, mai diversamente» (Le Confessioni VI, 3,3).

Ma bastano queste istantanee sulla lettura che ci sono state trasmesse dal passato a descrivere dall'interno l'atto del leggere? Quale intenzione particolare deve animare questa azione perché sia davvero “significativa” per noi, nel senso che il gesto così  comune del leggere lasci un segno, andando a incidersi dentro di noi?

Lectio cubicularis

Seguendo la fenomenologia patristica un primo carattere di questa lettura personale è che essa si interrompe per dare spazio alla meditazione e quasi non si ha più bisogno del libro e delle sue pagine. Un germe di questo modo di leggere lo si trova in san Gerolamo il quale a Demetriade scrive: «Stabilisci tu… per quanto tempo leggere, non per affaticarti ma per tuo diletto e formazione spirituale» (Epistole n.130,15). Nella vita monastica una simile lettura personale e privata è sovente collegata a un'attività complementare e parallela alla lectio divina (théia anágnosis) oppure allo studium.

Nella regola benedettina viene rubricata come legere sibi, come una lettura individuale per la quale vanno ricercati altri spazi e altri tempi durante la giornata (cf Regola 48,9). Nel corso dei secoli questa lettura svolta per conto proprio è stata sempre raccomandata. Per esempio Simeone il Nuovo Teologo ne dà una descrizione molto suggestiva e poetica: «Chiudi la porta e prendi un libro. Leggine due o tre pagine attentamente, quindi mettiti in preghiera, cantando quietamente e pregando Dio, come può fare chi non è ascoltato da nessuno» (Catéchèses 26).

Giulio Negroni, autore di un importante trattato sulla lettura (De lectione privata librorum spiritualium, Milano 1621) entra più nel dettaglio e, richiamando un detto di Plinio il Giovane secondo cui bisogna «multum legere non multa», stabilisce che per fare una lettura “qualitativa” non sono necessari i tempi lunghi della lectio regularis ma frazioni senz'altro minori di tempo, da affiancare alla preghiera e allo studio, «le quali non siano più brevi di un quarto d’ora né più lunghe di un’ora. Se sono più brevi di un quarto d’ora non si ricaverà dalla lettura alcuna utilità…, se sono più lunghe di un’ora ciò reca fastidio e affligge lo spirito» (§22). Tuttavia questa lettura svolta nel silenzio della propria camera (Negroni parla di lectio cubicularis) e in raccoglimento è ancora troppo legata a un aspetto esteriore, anche se personale, della lettura privata. Infatti non sappiamo quali sono i suoi contenuti e che cosa è necessario che accada perché l'atto del leggere si trasformi in un'esperienza spirituale e diventi una lettura spirituale.

Lectio spiritualis

È in Giovanni Crisostomo che troviamo per la prima volta l’espressione lectio spiritualis (pneumatiké anágnosis). Il brano è quello molto noto dove si censura il malcostume di comprare e possedere libri solo per esibirli e farne mostra sugli scaffali. Infatti la domanda che pone suona chiaramente retorica: «Chi di voi – scrive – trovandosi a casa, prende in mano un libro cristiano, esamina ciò che vi è scritto ed esplora le Scritture?» (Omelie su Giovanni 32,3). Il tono è acceso e vibrante, come spesso accade nei suoi scritti. Ma è quello che aggiunge dopo che ci porta oltre una sia pure calzante critica di costume, quando scrive che «le Scritture non ci sono state date perché rimangano solo sui libri, ma perché le incidiamo nei cuori. Un possesso di tal genere coincide con un’aspirazione giudaica: l’essere riposti i precetti soltanto nella lettera, a noi invece neppure all’inizio la legge fu data in questo modo, ma fu scritta sulle pagine di carne del cuore».

La lettura spirituale è questa legge scritta nei cuori e definisce, indicandola, tutta la distanza dell’opposizione tra la lettera e lo spirito (cf 2Cor 3,6): essa infatti trasforma in vita, rende vivo ciò che invece potrebbe restare lettera morta. Il confronto in questo passo è con la legge giudaica, ma può valere per tutte le interpretazioni che non sanno trasferire al cuore quello che si è letto, che non sanno leggersi «sulle pagine di carne del cuore».

Quando parla di lettura spirituale Giovanni Crisostomo allude ad un orizzonte dinamico, non statico, di confronto con se stessi, di relazione di sé a sé che si riflette in ogni azione dell’uomo, per cui la lettura in quanto chiuso nel quale ricoverarsi e distaccarsi dal mondo, ma è un modo per attingere ai significati «Onora la tua intelligenza» più profondi di sé, a una conoscenza di sé che non esclude il mondo, anzi lo presuppone come luogo della sua azione e della sua realizzazione e come capacità di testimoniare con la propria vita ciò che diversamente si è studiato soltanto.

Lectio cordialis

Per indicare questo tipo di lettura «dove il libro si vaporizza e scompare» (G. Brillet) e ciò che si è letto non diventa un deposito astratto di cultura ma fa appello alla nostra autenticità e verità, i Padri parlavano di lectio cordialis, una lettura cioè che ci chiama in causa e interpella il nostro cuore: «Se uno vuole esamini i suoi pensieri... Se uno vuole, legga col cuore», scrive Barsanufio a Giovanni di Gaza (Correspondence 143).

Leggere con il cuore e sulle sue pagine di carne (per riprendere la metafora del Crisostomo) significaentrare in contatto con quello che si legge, vuol dire mettersi in ascolto di sé mediante il libro, sfruttarne la trasparenza per giungere attraverso le sue righe a se stessi.

In tal modo la lettura svolge una funzione simile a quella del padre spirituale e ne integra per così dire il lavoro. Questa relazione è colta chiaramente da Baltasar Alvarez, direttore di santa Teresa d'Avila, per il quale «la vita ha comunicato ai libri quel maestro che parla attraverso di essi e istruisce il nostro cuore» (Luis de la Puente, Vita B. Alvarez 22).

Come la mediazione del padre spirituale sviluppa una risposta di senso e di verità agli interrogativi che il discepolo porta, così la lettura spirituale si concentra su un’esperienza capitale in cui il libro è capace di entrare in contatto con il nostro vissuto in una relazione che attraverso la pagina e le parole che si leggono, si fa ascolto di sé e decifrazione di sé.

«Un ottimo modo per leggere è quello in cui si cerca la verità e si desidera la sua bellezza», scrive il gesuita Alvarez de Paz per rappresentare la verità stessa dell'atto del leggere (De vita spirituali, Lugduni 1608, 329). In tal modo lo spirituale della nostra lettura coincide con la ricerca, con lo scoprimento di sé, con l'apertura che il testo sollecita dentro di noi quando esso riesce a toccare le corde più profonde del nostro animo, ponendo al centro di un gesto così comune e antico una domanda di autenticità che lo scritto sottende e a cui il lettore non può esimersi di corrispondere se non vuole mancare alla sua essenza e alla sua alétheia.

Lucio Coco
Studioso di letteratura
cristiana antica greca e latina
Via dei Castani, 1 - 28813 Bée (VB)

 

Torna indietro