«Il
popolo cristiano […] trova nel ministero ordinato i mezzi della
salvezza, nella vita consacrata lo stimolo a una piena risposta d'amore
in tutte le varie forme di diaconia» (Vita
consecrata
34). Traggo da
questo testo il motivo ispiratore di queste brevi note. Nella
prospettiva conciliare della Chiesa comunione, sottolineata con
insistenza da Giovanni Paolo II con la proposta della spiritualità di
comunione (Novo
millennio ineunte
42-45), mi fermo
su due coordinate fondamentali: la dimensione relazionale e la
condivisione di alte spinte ideali nel rapporto presbiteri e vita
religiosa femminile. Facendo memoria del mio cammino vocazionale dalla
fanciullezza al mio ingresso – adolescente - nell’Istituto delle Figlie
di Maria Ausiliatrice ove, affidata alla fedeltà di Dio non alle mie
forze, spero di perseverare fino alla fine, scorgo delle svolte
fondamentali in tale rapporto, svolte legate a mutamenti socio-culturali
e socio-religiosi complessi e molteplici che toccano i singoli e la
collettività.
Modernità incerta
Ricordo due sfide
in tali svolte: la società liquido-moderna con il primato delle
relazioni virtuali e la democrazia “in basso”, quella libertà
individualistica che si ferma all’opinione, rimuovendo il senso della
verità e del bene. La società liquido-moderna proibisce a se stessa,
come collettività, di pronunciarsi su ciò che è vero e ciò che è falso,
ciò che è bene e ciò che è male, non favorendo, così, la condivisione
dei valori che umanizzano la vita. Queste sfide incidono pure sul
rapporto tra presbiteri e vita religiosa femminile, interpellando le due
parti a relazioni di qualità e all’autorevolezza.
«L’identità è
relazionale» - affermava p. Dalmazio Mongillo - richiamando
l’antropologia biblico-cristiana.1 La Trinità è non solo
Patria, ma Sorgente e anche Nutrimento nel cammino di comunione. La
secolarizzazione, anzi il secolarismo, tende a cancellare tale
riferimento, prediligendo fra le tre dimensioni relazionali sottolineate
dalla Bibbia - la relazione con Dio che è a fondamento, quella tra le
persone umane e quella con il cosmo che ne derivano: le relazioni umane
io-tu, o, ancora più provocatoriamente, il rapporto degli uomini con il
mondo animale.
Zygman Bauman dal
punto di vista socio-culturale riflette spesso sull’identità-relazione-valori,
segnalando che l’uomo senza identità è l’uomo senza relazione; il
cittadino solitario nello sciame di consumatori è uno tra i tanti di
corsa,
senza una meta, attento
a
prendere il treno
della velocità senza sapere per “dove”.
Partendo dal romanzo di Musil,
L'uomo senza
qualità,
conclude che questi è l'uomo senza relazioni.2 Con il suo
ingegno e acume è alla conquista di qualunque qualità, di “qualunque
legame” entri nel suo desiderio. L’esito è l’isolamento. Si connette e
sconnette “liberamente” nei rapporti, perché «le “relazioni virtuali”
sono facili da instaurare e altrettanto facili da troncare […]. Puoi
sempre premere il pulsante “cancella”».3
La solidarietà
umana ne è la prima vittima. «Il diritto del più forte, del più astuto,
abile o scaltro nel fare tutto ciò che occorre per sopravvivere al più
debole e sventurato è una delle lezioni più terrificanti della storia. È
una lezione raccapricciante, spaventosa […]. Oggi il mondo sembra
cospirare ai danni della fiducia».4 L’ansia e la paura fanno
innalzare i
muri
tra individui,
gruppi, popoli, scaricando su coloro che sono al di là i motivi del
proprio malessere.
Democrazia in crisi
Un rilievo sulla
crisi
delle
democrazie
oggi. L’ideale dei
grandi fondatori delle società democratiche, si pensi a De Gasperi, è
stato elevare il popolo a livello morale, culturale, economico: una
forma democratica “in alto”. La società liquido-moderna, enfatizzando la
libertà individuale dell’uomo senza qualità, porta a una democrazia “in
basso”, senza valori accolti collettivamente. Questo incide sul senso e
valore dell’autorità, sulla sua autorevolezza, sulla sua dimensione
educativa e formativa, sulla solidarietà. Il popolo – soggetto della
democrazia -, come il singolo, laddove trova l’autorità autorevole
testimone di un’alta spinta ideale, scorge un punto di riferimento per
la propria crescita in umanità. In una società di pari sul tipo dello
sciame di consumatori ciascuno decide per sé, becca il mangime per
terra, non alza lo sguardo verso i valori. Le relazioni sono virtuali o
al più funzionali, non di reciprocità costruttiva. Manca
l’autorevolezza, quel di “più” -
magis
da cui
magister
– che fa
crescere.
In questo contesto
il rapporto presbiteri-vita religiosa femminile è sottoposto a verifiche
e domanda qualità, fedeltà, rispetto della propria e altrui dignità
personale e vocazionale. Ciò è possibile anche nella società
liquido-moderna, perché «credere nel Dio di Abramo, il Dio della Bibbia,
è credere in colui del cui amore ci si può fidare. Ma è anche fonte di
fede in noi stessi, nella nostra capacità di promettere e di mantenere
fede alle nostre promesse, nonostante la coscienza della nostra
fragilità, incostanza, vulnerabilità di esseri dipendenti dal
trascorrere del tempo e dalle variazioni dei sentimenti […]. Grazie a
Dio possiamo promettere e fidarci delle promesse altrui».5
Esperti di comunione
La fede fonda
l’antropologia relazionale: la creatura è fatta a immagine di Dio amore,
ne porta l’impronta nella vocazione all’amore, alla comunione; la Chiesa
ne è sacramento, segno e strumento (cf
Lumen gentium
1).
In essa oggi
presbiteri e religiose sono interpellati dalle due sfide per una più
esplicita qualità evangelica nell’identità e missione, crescendo e
favorendo la crescita nella spiritualità di comunione.
I documenti e gli
studi relativi a queste due forme vocazionali sottolineano la loro
dimensione relazionale e l’alta spinta ideale, presupposti per un
reciproco arricchimento nell’essere e nella missione nella Chiesa e nel
mondo (cf
Pastores dabo
vobis; Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri; Vita
consecrata).
«È all'interno del mistero della Chiesa, come mistero di comunione
trinitaria in tensione missionaria, che si rivela ogni identità
cristiana, e quindi anche la specifica identità del sacerdote e del suo
ministero». Di qui «la connotazione essenzialmente “relazionale”
dell'identità del presbitero». Per cui non si può definire la sua natura
e missione «se non in questa molteplice e ricca trama di rapporti, che
sgorgano dalla Santissima Trinità e si prolungano nella comunione della
Chiesa». Pertanto l'ecclesiologia di comunione è il contesto per
«cogliere l'identità del presbitero, la sua originale dignità, la sua
vocazione e missione nel Popolo di Dio e nel mondo» (Pastores
dabo vobis
2).
Nella stessa
prospettiva si collocano le persone consacrate, in particolare le donne
che nella relazionalità hanno una peculiare competenza. Devono «essere
davvero esperte di comunione e praticarne la spiritualità, come
testimoni e artefici di quel “progetto di comunione” che sta al vertice
della storia dell'uomo secondo Dio. Il senso della comunione ecclesiale,
sviluppandosi in
spiritualità di
comunione,
promuove un modo di pensare, parlare ed agire che fa crescere in
profondità e in estensione la Chiesa».
Creatività ministeriale
La vita di
comunione è un
segno
per il mondo e una
forza
che
attira a Cristo. La comunione si apre, così, alla
missione,
si fa missione;
la comunione
genera comunione.
«Dalla loro testimonianza trae forza ed incisività la loro azione
apostolica che […] si qualifica in genere per compiti di speciale
collaborazione con l'ordine gerarchico » (Vita
consecrata
46). È una grazia
e una scommessa per entrambe le forme vocazionali oggi interpellate a
rinnovarsi.
Circa i
presbiteri: «sul piano della vita quotidiana poche “strutture” sono
state travolte dalla rivoluzione sociale degli ultimi decenni quanto il
prete, in particolare il parroco dei centri medi e piccoli».6
Non da meno accade per la vita religiosa specie femminile, talvolta
menzionata per segnalarne la riduzione numerica e l’anzianità, quindi il
tramonto. A volte si parla delle suore per stereotipi, misconoscendone
l’apporto non solo funzionale, ma spirituale, alla Chiesa e alla società.7
Riguardo ai
presbiteri dal Concilio si è operato un notevole spostamento: «dalla
loro ontologia (l'essere) si è passati prima al
come essere,
cioè alla configurazione della loro spiritualità; poi si è giunti alla
natura del loro
essere con,
cioè alle condizioni di rapporto e di comunione con gli altri nella
chiesa e poi nel mondo». Pertanto «occorre un ricupero a vari livelli, a
cominciare da quello umano: precisando e consolidando le due relazioni
fondamentali, verticale e orizzontale […]. Su questa piattaforma di
relazionalità vissute in pienezza secondo la propria fisionomia
spirituale e umana, è possibile costruire il servizio sacerdotale […].
La crisi pluridimensionale che ha travolto il prete è un invito a
ridimensionare la sua funzione, qualificando altri ministeri e mettendo
in luce diverse responsabilità ecclesiali, non necessariamente di tipo
clericale […]. Di qui la necessità di sottolineare alcuni aspetti
essenziali della vita del prete e di orientare conseguentemente la sua
formazione ».8
Un apporto prezioso
Nel rinnovamento
evangelico si può realizzare quella reciprocità che favorisce una più
luminosa trasparenza della fede e un più ardente slancio missionario.
Vita
consecrata
ai numeri 57 e 58
sottolinea l’apporto peculiare della donna consacrata nella Chiesa
comunione, vivendo e comunicando i valori espressi nella triade
simbolica della verginità sponsalità-maternità alla luce di Maria.
Mentre si chiedono per essa nuovi spazi missionari, si sottolinea il
bisogno di una formazione più adeguata «alle nuove urgenze [prevedendo]
tempo sufficiente e valide opportunità istituzionali per un'educazione
sistematica, estesa a tutti i campi, da quello teologico-pastorale a
quello professionale» (Vita
consacrata
58).
Già prima il
messaggio profetico di Giovanni Paolo II sul genio femminile spingeva
verso una presenza delle donne nella pastorale vocazionale e alla
pertinente preparazione di precise figure educative.
«C'è urgenza di
maestri di vita spirituale, di figure significative, capaci di evocare
il mistero di Dio e disposte all'ascolto per aiutare le persone ad
entrare in un serio dialogo con il Signore». Questi «non sono soltanto
alcune persone particolarmente dotate di carisma», ma sono il frutto di
una formazione attenta al primato assoluto dello Spirito. Al riguardo si
pongono due attenzioni: «da una parte rendere esplicita e vigile la
coscienza educativa vocazionale in tutte quelle persone che sono già
chiamate ad operare nella comunità accanto ai ragazzi e ai giovani
(sacerdoti, religiosi e laici); dall’altra va accuratamente incoraggiata
e formata la
ministerialità
educativa della donna,
perché sia soprattutto accanto alle giovani una figura di riferimento e
una guida sapiente. Di fatto la donna è ampiamente presente nelle
comunità cristiane e sono risapute le capacità intuitive del “genio
femminile” e la grande esperienza della donna in campo educativo».
L’apporto della donna è prezioso, anzi decisivo, «soprattutto
nell'ambito del mondo giovanile femminile […], bisognoso di una
riflessione più attenta e specifica, soprattutto sul versante
vocazionale […]. Mentre in passato anche le vocazioni femminili
scaturivano da figure significative di padri spirituali, autentiche
guide di persone e di comunità, oggi le vocazioni al “femminile” hanno
bisogno di riferimento a figure femminili, personali e comunitarie,
capaci di dare concretezza alla proposta di modelli oltre che di valori».9
1
D. MONGILLO,
«Identità maschile femminile: rilievi teologici», in C. MILITIELLO
(a
cura di),
Che
differenza
c’è. Fondamenti antropologici del maschile e del femminile,
SEI, Torino 1996, 239-248.
2 Cf Z. BAUMAN,
Amore liquido,
Laterza, Bari-Roma 2004, V-XIII.
3
Idem,
XII.
4
Idem,
118, 127.
5 G. FERRETTI,
«Nel futuro con speranza e coraggio», in P. CIARDELLA-M.
GRONCHI
(a
cura di),
Le
relazioni,
Paoline, Milano 2007, 15-16.
6 B. BAROFFIO-V.
VIOLA,
«Sacerdozio», in D. SARTORE-A.
M. TRIACCA-C.
CIBIEN,
Liturgia.
Dizionari
San
Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2001, 1729.
7
Interessante la ricerca promossa da Cism-Usmi nel Nordest d’Italia: G. DAL
PIAZ
(a
cura di),
Giovani e
vita consacrata,
Messaggero, Padova 2006.
8 B. BAROFFIO-V.
VIOLA,
«Sacerdozio», 1732.
9 PONTIFICIA
OPERA
DELLE
VOCAZIONI
ECCLESIASTICHE,
Nuove vocazioni per una nuova Europa,
in
EV,
16, Bologna 1997, III, n. 29 d.
Marcella Farina
fma
Pontificia Facoltà
Scienze dell’Educazione «Auxilium»
Via
Cremolino, 141 - 00166 Roma