Il rimprovero mosso di frequente ai tradizionalisti
d’indugiare sulle lamentele e sui rimpianti non è del tutto fuori luogo.
Le rilevazioni dei nodi problematici non dovrebbero andare senza una
parallela sottolineatura delle conquiste e dei punti forti che
caratterizzano la famiglia.
Nodi problematici
* Si sa che le aspettative circa la durata della
vita coniugale sono rimaste mediamente le stesse, giacché il
matrimonio, che un tempo veniva interrotto dalle morti dovute
soprattutto ai parti per le femmine e alle guerre per gli uomini, oggi
va in frantumi per la libera volontà degli sposi (durata media dei
matrimoni che finiscono: per le separazioni: 13 anni, per i divorzi 17
anni). Se così non fosse, il miglioramento dello stato di salute, con il
relativo prolungamento della vita media, la quasi scomparsa delle morti
per parto e per guerra farebbero ragionevolmente prevedere numerose
coppie in grado di festeggiare i 50 anni di matrimonio. I matrimoni
finiscono quando i contraenti lo decidono.
* Che dire del tasso di natalità che fa la
meraviglia di quanti nel mondo sono abituati a pensare all’Italia come
al Paese "mammone" delle famiglie numerose? Del resto l’Italia è
allineata agli standard europei, anche se dal 2000 si registra un
incremento della natalità e alcuni esperti hanno promesso che l’"onda
lunga" della ripresa della fecondità sarebbe durata fino al 2010. Meglio
prendere atto che nel prossimo futuro il Paese potrà avere un adeguato
ricambio dei cittadini italiani grazie agli immigrati che si riversano
sulle nostre spiagge, che accettano di stare agli ultimi gradini della
scala sociale, che fanno fatica ad apprendere la lingua e integrarsi, ma
non rinunciano al piacere di procreare e all’impegno di far studiare i
figli.
* Un altro punto debole della famiglia d’oggi, che
interroga la società civile e la Chiesa, è la solitudine rispetto
alle responsabilità: giovani sposi abituati ai viaggi, allo sport, al
tempo libero, al gruppo dei pari, si ritrovano lontani da casa, con un
bambino da crescere, senza la grande famiglia solidale. Troppi non
reggono al brusco cambiamento dello stile di vita e i rapporti coniugali
si logorano.
* Lo stress è una conseguenza di questa
sproporzione tra carico di lavoro e solitudine dei coniugi: la casa, i
figli, il lavoro, la burocrazia, le piccole riparazioni, la
partecipazione a scuola, al condominio, al quartiere, al partito, alla
parrocchia…
Non si può dimenticare il tempo necessario a
rispondere ai messaggi e mail e usare Internet. Si chiede molto a
due giovani che decidono di mettere su famiglia, ma si dà ancora troppo
poco in termini di protezione del bene più importante che essi
possiedono: l’unità coniugale e familiare, quella che avrebbe bisogno di
tempo, di intimità, di solidarietà, per trovare le risorse per
rinnovarsi e rigenerare il gusto di rimettere l’amore al centro.
* Largamente condiviso è l’indebolimento, se non
l’abbandono del compito educativo, come una débacle della
cura, a favore della TV e degli strumenti tecnologici, mentre in
contemporanea si è ridotta l’alleanza tradizionale tra famiglia e
parrocchia. Nell’indagine dal titolo Ragazzi telematici,2
gli adolescenti attestano la libertà di cui godono da parte dei
genitori ("Mi lasciano vedere la TV fino a quando voglio la sera";
"Quando navigo in Internet non s’immischiano"…). La verità è palese: i
genitori stressati non vedono l’ora di prendersi un po’ di tempo per sé,
non hanno alcuna voglia di discutere con i figli: un "no" richiederebbe
uno sforzo educativo che è meglio evitare.
* La cultura contemporanea tende a scindere
amore-innamoramento e istituzione, il che vale sia per i matrimoni
civili che religiosi. Si pensi ai tanti giovani che rifiutano il
matrimonio come ogni vincolo pubblico e formale. È un’altra sfida per la
famiglia contemporanea, che tende a rinchiudersi nel ghetto dei "due
cuori e una capanna". Ora, se è vero che l’unione tra un uomo e una
donna è di per sé pregiuridica e che le istituzioni la suggellano, ma
non possono suscitarla, è anche vero che senza l’istituzione l’amore è
più fragile, la parte più debole è meno difesa, la società meno
impegnata a sostenere i compiti familiari.
Aspetti positivi
Veniamo ora ad alcuni aspetti positivi che non
possono essere sottovalutati.
* I figli nella società premoderna erano spesso
"braccia" o peggio "forza lavoro" per lavorare la terra, il che la dice
lunga sulle famiglie numerose. Neanche c’è troppo da illudersi sullo
spirito materno delle madri che - si dice - non lavoravano. Come ormai è
dimostrato, la gran parte delle madri, specie delle classi inferiori,
lavorava sodo per la casa, in campagna, per aiutare il marito a tirare
avanti la bottega. I piccoli erano affidati a zie, sorelle più grandi,
comari litigiose, o addirittura all’ombra di un albero… Per quel che
riguarda le classi superiori, l’affidamento alle balie era di prassi e
non garantiva un’educazione soddisfacente. Pare dunque che lo spirito
materno, in fatto di presenza costante accanto alle culle, non fosse
così sublime come si tende a descrivere. Oggi la ricerca psicologica
incoraggia le madri nella cura personale dei figli. Anche gli studi
sulla paternità riconoscono la necessità della presenza paterna già a
cominciare dalla vita prenatale.
* L’igiene e la cura esteriori hanno raggiunto
livelli ottimali se non ossessivi, che hanno abbassato in modo
significativo i tassi di morbilità e mortalità infantile rispetto a
quando si viveva in promiscuità e anche in compagnia di animali di ogni
tipo.
* Non si può sottovalutare l’importanza dell’intesa
affettiva. La coppia premoderna era in gran parte "combinata" dagli
interessi dei genitori, dal calcolo della dote, dalle funzioni
lavorative. Il rispetto della volontà, della responsabilità degli sposi
è una conquista nella linea della personalizzazione dei rapporti. Molti
lamentano l’assoluta ininfluenza dei genitori, ma oggi formare una
famiglia è un atto d’amore e di libera scelta, non un fatto funzionale.
Serve meno a proteggere le donne dalla invisibilità pubblica, dalla
necessità di avere un marito e il necessario per la sussistenza grazie
al di lui lavoro. Sposarsi serve meno anche agli uomini, un tempo
sollecitati a garantirsi una cameriera- amante-madre, allontanando lo
spauracchio di una vecchiaia in solitudine. Chi si sposa sa molto più di
prima che si tratta di accordare la propria personalità a quella di
un’altra persona e che il compito non è facile; c’è meno familismo e più
famiglia.
* L’istruzione diffusa ha lasciato dietro le
spalle i problemi dell’analfabetismo e dell’ignoranza. Il matrimonio se
ne è avvantaggiato. Attualmente è ancora solo la Chiesa a operare per la
formazione dei fidanzati, mentre la società civile e lo Stato
sottovalutano questo compito, cui pure dovrebbero essere interessati
alla loro riuscita, se non altro per le deleterie conseguenze che hanno
i divorzi sull’equilibrio psicologico, sull’economia e soprattutto sui
figli.
* La gerarchia interna alla famiglia un tempo
definiva con precisione i ruoli, strutturandoli attorno al capofamiglia,
sino a tollerare talvolta la sua trasformazione in una piccola prigione.
Oggi l’amicizia coniugale e il rapporto franco con i figli
delineano una migliore qualità dei rapporti. Non si può dire che il
rifiuto della gerarchia e il rispetto delle differenze si traducano in
maniera automatica in armonia familiare. Oggi come ieri resta il compito
di accordare nel miglior modo possibile rispetto e amore, differenze e
unità.
* Il lavoro femminile è un argomento
controverso (le donne un tempo non lavoravano o non venivano retribuite
personalmente per il lavoro svolto). È vero che molti lavori restano un
vero sfruttamento delle donne e che spesso si tratta di una indiretta
costrizione per necessità economiche, ma è anche vero che il lavoro ha
dato alle donne il senso della cittadinanza, il gusto della paga,
maggiore istruzione, aggiornamento, partecipazione. Ha dato la
possibilità di un livello più profondo e paritario di dialogo tra marito
e moglie e con i figli. Sulla conciliazione dei due fronti dell’attività
umana, famiglia e lavoro, si giocano le politiche familiari e gli
scenari della famiglia futura. Non mancano motivi di speranza.
Nonostante gli aumenti delle convivenze, la fragilità dei legami nei
PACS, i divorzi e le separazioni, la società italiana è oggi più
consapevole di un tempo che dipende dalle famiglie la vita della
Nazione; essa va verso l’estinzione, se non promuove una cultura della
famiglia e un "umanesimo familiare".