n. 6
giugno 2011

 

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Nuovi modelli di famiglia

di GIULIA PAOLA DI NICOLA

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Nella cultura contemporanea sono diffusi orientamenti che considerano il matrimonio come un "prodotto della società", soggetto ad ogni sorta di cambiamenti e passibile anche di estinzione. 1 Analizzando le diverse forme di società, tribale o di casta, antica, feudale, industriale, postindustriale, troviamo una pluralità di forme matrimoniali, che variano in relazione a fattori quali il modo di produzione, la stratificazione sociale, il potere politico, le convinzioni religiose, le subculture…

Variabilità di forme matrimoniali

Certamente oggi si constata la morfogenesi di nuove forme di vita familiare. Esse contemplano forme neo-strutturali, ossia con coppie a doppia carriera, regolate da principi di reciprocità fra uomo e donna; forme neo-comunitarie, caratterizzate dalla forte spinta solidale, sia all’interno che verso l’esterno (partecipazione a gruppi di servizio); forme ricostituite, ossia famiglie che si ricompongono con altri soggetti dopo essersi disgregate; forme alternative, per esempio le unioni omosessuali o quelle con un solo genitore per scelta; forme problematiche nel senso della fragilità e debolezza del legame; forme di famiglie pendolari, in cui vi sono coppie week-end e i membri s’incontrano in maniera non continuativa. Cresce il numero delle famiglie, ma sempre più piccole: la diminuzione del numero dei componenti riguarda tutte le regioni. In aumento le famiglie formate da una sola persona, anche in conseguenza del progressivo invecchiamento della popolazione.

Può la constatazione di una tale variabilità condurre ad esaltare l’assoluto mutare dell’idea stessa di matrimonio, sino a includervi l’amore libero e le unioni omosessuali? In altri termini i divorzi, i legami forti al di fuori del matrimonio tra persone di sesso diverso o dello stesso sesso, il mercimonio, la pedofilia sono patologie oppure espressioni di relazioni affettive tutte ugualmente legittime e omologabili al matrimonio?

Abbandoniamo i rimpianti

Il rimprovero mosso di frequente ai tradizionalisti d’indugiare sulle lamentele e sui rimpianti non è del tutto fuori luogo. Le rilevazioni dei nodi problematici non dovrebbero andare senza una parallela sottolineatura delle conquiste e dei punti forti che caratterizzano la famiglia.

Nodi problematici

* Si sa che le aspettative circa la durata della vita coniugale sono rimaste mediamente le stesse, giacché il matrimonio, che un tempo veniva interrotto dalle morti dovute soprattutto ai parti per le femmine e alle guerre per gli uomini, oggi va in frantumi per la libera volontà degli sposi (durata media dei matrimoni che finiscono: per le separazioni: 13 anni, per i divorzi 17 anni). Se così non fosse, il miglioramento dello stato di salute, con il relativo prolungamento della vita media, la quasi scomparsa delle morti per parto e per guerra farebbero ragionevolmente prevedere numerose coppie in grado di festeggiare i 50 anni di matrimonio. I matrimoni finiscono quando i contraenti lo decidono.

* Che dire del tasso di natalità che fa la meraviglia di quanti nel mondo sono abituati a pensare all’Italia come al Paese "mammone" delle famiglie numerose? Del resto l’Italia è allineata agli standard europei, anche se dal 2000 si registra un incremento della natalità e alcuni esperti hanno promesso che l’"onda lunga" della ripresa della fecondità sarebbe durata fino al 2010. Meglio prendere atto che nel prossimo futuro il Paese potrà avere un adeguato ricambio dei cittadini italiani grazie agli immigrati che si riversano sulle nostre spiagge, che accettano di stare agli ultimi gradini della scala sociale, che fanno fatica ad apprendere la lingua e integrarsi, ma non rinunciano al piacere di procreare e all’impegno di far studiare i figli.

* Un altro punto debole della famiglia d’oggi, che interroga la società civile e la Chiesa, è la solitudine rispetto alle responsabilità: giovani sposi abituati ai viaggi, allo sport, al tempo libero, al gruppo dei pari, si ritrovano lontani da casa, con un bambino da crescere, senza la grande famiglia solidale. Troppi non reggono al brusco cambiamento dello stile di vita e i rapporti coniugali si logorano.

* Lo stress è una conseguenza di questa sproporzione tra carico di lavoro e solitudine dei coniugi: la casa, i figli, il lavoro, la burocrazia, le piccole riparazioni, la partecipazione a scuola, al condominio, al quartiere, al partito, alla parrocchia…

Non si può dimenticare il tempo necessario a rispondere ai messaggi e mail e usare Internet. Si chiede molto a due giovani che decidono di mettere su famiglia, ma si dà ancora troppo poco in termini di protezione del bene più importante che essi possiedono: l’unità coniugale e familiare, quella che avrebbe bisogno di tempo, di intimità, di solidarietà, per trovare le risorse per rinnovarsi e rigenerare il gusto di rimettere l’amore al centro.

* Largamente condiviso è l’indebolimento, se non l’abbandono del compito educativo, come una débacle della cura, a favore della TV e degli strumenti tecnologici, mentre in contemporanea si è ridotta l’alleanza tradizionale tra famiglia e parrocchia. Nell’indagine dal titolo Ragazzi telematici,2 gli adolescenti attestano la libertà di cui godono da parte dei genitori ("Mi lasciano vedere la TV fino a quando voglio la sera"; "Quando navigo in Internet non s’immischiano"…). La verità è palese: i genitori stressati non vedono l’ora di prendersi un po’ di tempo per sé, non hanno alcuna voglia di discutere con i figli: un "no" richiederebbe uno sforzo educativo che è meglio evitare.

* La cultura contemporanea tende a scindere amore-innamoramento e istituzione, il che vale sia per i matrimoni civili che religiosi. Si pensi ai tanti giovani che rifiutano il matrimonio come ogni vincolo pubblico e formale. È un’altra sfida per la famiglia contemporanea, che tende a rinchiudersi nel ghetto dei "due cuori e una capanna". Ora, se è vero che l’unione tra un uomo e una donna è di per sé pregiuridica e che le istituzioni la suggellano, ma non possono suscitarla, è anche vero che senza l’istituzione l’amore è più fragile, la parte più debole è meno difesa, la società meno impegnata a sostenere i compiti familiari.

Aspetti positivi

Veniamo ora ad alcuni aspetti positivi che non possono essere sottovalutati.

* I figli nella società premoderna erano spesso "braccia" o peggio "forza lavoro" per lavorare la terra, il che la dice lunga sulle famiglie numerose. Neanche c’è troppo da illudersi sullo spirito materno delle madri che - si dice - non lavoravano. Come ormai è dimostrato, la gran parte delle madri, specie delle classi inferiori, lavorava sodo per la casa, in campagna, per aiutare il marito a tirare avanti la bottega. I piccoli erano affidati a zie, sorelle più grandi, comari litigiose, o addirittura all’ombra di un albero… Per quel che riguarda le classi superiori, l’affidamento alle balie era di prassi e non garantiva un’educazione soddisfacente. Pare dunque che lo spirito materno, in fatto di presenza costante accanto alle culle, non fosse così sublime come si tende a descrivere. Oggi la ricerca psicologica incoraggia le madri nella cura personale dei figli. Anche gli studi sulla paternità riconoscono la necessità della presenza paterna già a cominciare dalla vita prenatale.

* L’igiene e la cura esteriori hanno raggiunto livelli ottimali se non ossessivi, che hanno abbassato in modo significativo i tassi di morbilità e mortalità infantile rispetto a quando si viveva in promiscuità e anche in compagnia di animali di ogni tipo.

* Non si può sottovalutare l’importanza dell’intesa affettiva. La coppia premoderna era in gran parte "combinata" dagli interessi dei genitori, dal calcolo della dote, dalle funzioni lavorative. Il rispetto della volontà, della responsabilità degli sposi è una conquista nella linea della personalizzazione dei rapporti. Molti lamentano l’assoluta ininfluenza dei genitori, ma oggi formare una famiglia è un atto d’amore e di libera scelta, non un fatto funzionale. Serve meno a proteggere le donne dalla invisibilità pubblica, dalla necessità di avere un marito e il necessario per la sussistenza grazie al di lui lavoro. Sposarsi serve meno anche agli uomini, un tempo sollecitati a garantirsi una cameriera- amante-madre, allontanando lo spauracchio di una vecchiaia in solitudine. Chi si sposa sa molto più di prima che si tratta di accordare la propria personalità a quella di un’altra persona e che il compito non è facile; c’è meno familismo e più famiglia.

* L’istruzione diffusa ha lasciato dietro le spalle i problemi dell’analfabetismo e dell’ignoranza. Il matrimonio se ne è avvantaggiato. Attualmente è ancora solo la Chiesa a operare per la formazione dei fidanzati, mentre la società civile e lo Stato sottovalutano questo compito, cui pure dovrebbero essere interessati alla loro riuscita, se non altro per le deleterie conseguenze che hanno i divorzi sull’equilibrio psicologico, sull’economia e soprattutto sui figli.

* La gerarchia interna alla famiglia un tempo definiva con precisione i ruoli, strutturandoli attorno al capofamiglia, sino a tollerare talvolta la sua trasformazione in una piccola prigione. Oggi l’amicizia coniugale e il rapporto franco con i figli delineano una migliore qualità dei rapporti. Non si può dire che il rifiuto della gerarchia e il rispetto delle differenze si traducano in maniera automatica in armonia familiare. Oggi come ieri resta il compito di accordare nel miglior modo possibile rispetto e amore, differenze e unità.

* Il lavoro femminile è un argomento controverso (le donne un tempo non lavoravano o non venivano retribuite personalmente per il lavoro svolto). È vero che molti lavori restano un vero sfruttamento delle donne e che spesso si tratta di una indiretta costrizione per necessità economiche, ma è anche vero che il lavoro ha dato alle donne il senso della cittadinanza, il gusto della paga, maggiore istruzione, aggiornamento, partecipazione. Ha dato la possibilità di un livello più profondo e paritario di dialogo tra marito e moglie e con i figli. Sulla conciliazione dei due fronti dell’attività umana, famiglia e lavoro, si giocano le politiche familiari e gli scenari della famiglia futura. Non mancano motivi di speranza. Nonostante gli aumenti delle convivenze, la fragilità dei legami nei PACS, i divorzi e le separazioni, la società italiana è oggi più consapevole di un tempo che dipende dalle famiglie la vita della Nazione; essa va verso l’estinzione, se non promuove una cultura della famiglia e un "umanesimo familiare".

Complessità e discernimento

I nuovi modelli familiari comprendono le famiglie ricostituite, nelle quali diviene più difficile ricostruire la traiettoria lineare di una persona e di un singolo gruppo familiare. Prevale il corso di vita individuale, che s‘intreccia con una e più esperienze familiari. S’indebolisce così anche la continuità intergenerazionale. A ciò si aggiunge il pluralizzarsi di culture e subculture che convivono in una famiglia, in relazione alle diverse appartenenze politiche, sociali e culturali e religiose di ognuno dei membri, da richiedere una più forte maturità umana e relazionale, se si vuole che la complessità non produca la rottura del legame o le patologie (malattie mentali, violenza...). Di fronte alle sfide della società e della cultura, le famiglie devono combattere la cultura individualistica della rivendicazione della libertà e dei diritti (diritti dei giovani, delle donne, dei bambini, dei padri, degli anziani…) svincolati dalla solidarietà familiare. Esse devono apprendere a riorganizzarsi di continuo. Resta fermo che, pur nel variare delle forme, la famiglia fa riferimento ad una base etico-naturale stabile, radicata nel desiderio di sentire assicurata e assicurare la permanenza del legame e della cura reciproca, nonché la necessità dell’assistenza e dell’educazione dei figli, che richiedono la continuità dell’unione e l’esclusività dell’amore tra genitori. Se variano pertanto modalità, attribuzioni di ruolo, coinvolgimento della parentela, peso della classe sociale, uguaglianza e disuguaglianza tra i coniugi, il matrimonio rimane l’istituto garante dell’alleanza tra un uomo e una donna, in una stabilità sostanziale che fa da riferimento etico per ogni forma di legame sociale.

1 Cf J. RUMNEY-J. MAIER, Sociologia. La scienza della società. Traduzione di A. Ballardini, Il Mulino,

Bologna 1955, 123; D. COOPER, La morte della famiglia. Il nucleo familiare nella società capitalista.

Traduzione di Carla Costantini Maggiori, Einaudi, Torino 1991.

2 G. P. DI NICOLA (a cura di), Ragazzi telematici. Indagine sui consumi mediatici degli adolescenti

abruzzesi, Edigrafital, Teramo 2005.

Giulia Paola Di Nicola
Sociologa
Via Torre Bruciata, 17 - 64100 Teramo

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