n. 6
giugno 2011

 

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Famiglia, diventa ciò che sei!
A trent’anni dalla "Familiaris consortio"

di BASILIO PETRÀ

 

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Con il passare degli anni e il precisarsi delle linee evolutive della dottrina cattolica sulla famiglia, il significato dell’Esortazione apostolica Familiaris consortio (=FC) si fa sempre più rilevante. Essa, come è noto, fu pubblicata da Giovanni Paolo II a seguito del Sinodo dei vescovi del 1980 ed ha come tema i compiti della famiglia cristiana nel mondo di oggi.

Il Concilio era terminato da appena 16 anni; l’eco dell’Humanae vitae (1968) era ancora ben viva; dall'ottobre del 1978 sedeva sul seggio di Pietro il beato Giovanni Paolo II, che aveva posto tra i princìpi ispiratori della sua missione la fedeltà al Concilio e la rivendicazione del carattere profetico dell’Humanae vitae: era il Papa scelto da Dio per guidare la Chiesa verso il terzo millennio della storia cristiana.

In questo contesto temporale diventa comprensibile il carattere duplice dell’Esortazione: da una parte, raccoglie l’eredità conciliare e il magistero di Paolo VI sul matrimonio, offrendo un quadro teologico dell’identità comunionale della famiglia cristiana; dall’altra,a partire da esso articola la Missione della famiglia cristiana determinando in maniera dettagliata i suoi compiti dinanzi alle sfide del terzo millennio (cf FC 17).

Chiamati alla comunione d’amore

Se in altri momenti e in altri documenti magisteriali la famiglia era considerata specialmente alla luce della legge naturale, come una formazione sociale naturale stabilita dal consenso dei coniugi e finalizzata al loro bene così come alla generazione/educazione della prole (si vedano le tracce di tale visione nei nn. 2201-2203 del Catechismo della Chiesa Cattolica), nella FC la visione è primariamente teologica:la famiglia è vista nella luce del mistero comunionale di Dio, ad immagine del quale l'umanità è creata.

L'uomo e la donna sono mistero di comunione, chiamati a vivere nella comunione: la sessualità stessa scaturisce dalla chiamata comunionale che struttura intimamente il suo essere. Essi sono così fatti perché invitati a realizzarsi come esseri di comunione, a diventare comunione viva di amore, a generare la vita attraverso la totale comunione delle loro esistenze. Una comunione che si chiama matrimonio e che genera la comunione familiare.

Matrimonio e Famiglia sono due termini che in fondo indicano la stessa realtà: il primo sottolinea il cuore di tale realtà, la comunione amorosa dei coniugi nella donazione totale delle loro esistenze; il secondo mette in rilievo il frutto e la consistenza sociale di tale comunione. Nel fondamentale numero 17, la FC afferma che la famiglia, sviluppo intrinseco della comunione coniugale, "poiché, secondo il disegno divino, è costituita quale "intima comunità di vita e di amore" (GS 48), [...] ha la missione di diventare sempre più quello che è, ossia comunità di vita e di amore, in una tensione che, come per ogni realtà creata e redenta, troverà il suo compimento nel regno di Dio".

Le parole che ho evidenziato in corsivo mostrano chiaramente che per la FC la famiglia è definita nella sua essenza e nei suoi compiti dalla comunione di vita e di amore. Ciò vale di ogni famiglia, in modo eminente e pieno, però, vale per la famiglia cristiana, che riceve la specifica "missione di custodire, rivelare e comunicare l’amore, quale riflesso vivo e reale partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità e dell’amore di Cristo Signore per la Chiesa sua sposa" (FC 17).

La famiglia cristiana infatti è radicata nel sacramento del matrimonio, nella "grazia" nuziale del sacramento che fa della comunione coniugale "il simbolo reale della nuova ed eterna alleanza, sancita nel sangue di Cristo. Lo Spirito, che il Signore effonde, dona il cuore nuovo e rende l'uomo e la donna capaci di amarsi, come Cristo ci ha amati. L'amore coniugale raggiunge quella pienezza a cui è interiormente ordinato: la carità coniugale, che è il modo proprio e specifico con cui gli sposi partecipano e sono chiamati a vivere la carità stessa di Cristo che si dona sulla croce" (FC 13).

Per questa sua radice sacramentale, la comunione familiare cristiana diventa vera epifania della Chiesa. Essa infatti è "una rivelazione ed attuazione specifica della comunione ecclesiale" (FC 21). La famiglia cristiana rivela ed attua la Chiesa, è una forma concreta della Chiesa, è visibilità storica del mistero di comunione che è la Chiesa stessa. Non a caso, rinviando a celebri passi conciliari (LG 11; AA 11) l’Esortazione ricorda che la famiglia cristiana "anche per questo può e deve dirsi "chiesa domestica" " (n. 21).

Compiti e caratteristiche

La famiglia cristiana, dunque, è mistero di comunione e il suo primo compito sta proprio qui: diventare quello che è, realizzando sempre più la comunione nel vivere quotidiano e nelle concrete relazioni tra i suoi membri. Essa può autenticamente vivere, crescere e compiersi in pienezza solo se sviluppala comunione di amore tra tutti i suoi membri. Come annota la FC: "L’amore tra l’uomo e la donna nel matrimonio e, in forma derivata e allargata, l’amore tra i membri della stessa famiglia – tra genitori e figli, tra fratelli e sorelle,tra parenti e familiari - è animato e sospinto da un interiore e incessante dinamismo, che conduce la famiglia ad una comunione sempre più profonda ed intensa, fondamento e anima della comunità coniugale e familiare" (n. 18).

L'Esortazione apostolica dedica numerose pagine a delineare le vie attraverso le quali la famiglia cristiana può diventare quello che intrinsecamente è, in ragione della sua origine sacramentale e teologica. Sono vie che passano tutte attraverso l'impegno personale dei membri della famiglia, nessuno escluso. Se è vero, infatti, che la comunione è prima di tutto dono sacramentale dello Spirito, è altresì vero che nessun dono di grazia agisce magicamente: opera nell’alleanza tra potenza dall'alto e impegno dal basso, tra gratuità dell'offerta e responsabilità di chi ad essa si apre.

Ogni membro della famiglia perciò è chiamato a fare la sua parte in modo che la famiglia possa diventare immagine viva della comunione divina ed insieme, straordinaria esperienza umana di comunione tra le persone.

La FC al n. 21 non dimentica infatti quanto dice Gaudium et Spes al n. 52 ove si parla della famiglia come "una scuola di umanità più completa e più ricca", e sottolinea come questo si realizzi "con la cura e l’amore verso i piccoli, gli ammalati e gli anziani; col servizio reciproco di tutti i giorni; con la condivisione dei beni, delle gioie e delle sofferenze". Enumerazione di caratteristiche che hanno un significato morale, ma ancor prima, a ben vedere, un significato teologico: esse descrivono l'amore stesso di Dio fatto uomo, delineano il modo di esistenza del Signore stesso, un riflesso dell'esistenza trinitaria.

Scambio educativo

Naturalmente la FC sa bene che la concreta costruzione quotidiana della comunione non è cosa facile, ci vuole "un grande spirito di sacrificio" (n. 21). La comunione infatti è aggredita e mortalmente ferita da varie realtà: l’egoismo, il disaccordo, le tensioni, i conflitti. Ognuno deve far proprie alcune attitudini preziose: pronta e generosa disponibilità, comprensione, tolleranza, perdono e riconciliazione. Inoltre, essere consapevole di poter sempre attingere alla forza dall'alto, che la vita sacramentale (eucaristia e riconciliazione) costantemente rafforza e rinnova.

Grande attenzione è dedicata poi dalla FC a quello che essa chiama lo "scambio educativo tra genitori e figli, nel quale ciascuno dà e riceve" (n. 21). I figli – essa dice - contribuiscono a costruire la famiglia come comunione di persone attraverso l’amore, il rispetto, l’obbedienza verso i loro genitori; i genitori, dal canto loro, sono chiamati in particolare ad esercitare l’"irrinunciabile autorità " come un vero e proprio "ministero ", cioè "un servizio ordinato al bene umano e cristiano dei figli ", specialmente "ordinato a far loro acquistare una libertà responsabile ". E possono farlo, se mantengono viva in loro "la coscienza del "dono", che continuamente ricevono dai figli" (FC 21).

Queste parole potrebbero far credere a qualcuno che l’Esortazione pensi in termini gerarchici al rapporto tra genitori e figli; in realtà, pensa in termini di carità, di regola dell'amore, di necessità del "farsi servi" gli uni degli altri. Regola dell'amore familiare infatti è "accogliere, rispettare e promuovere ciascuno dei suoi membri nell’altissima dignità di persone, e cioè di immagini viventi di Dio". L’amore non può non farsi cura per la promozione "della dignità e della vocazione delle singole persone " (FC 22).

Nella luce di questa stessa regola la FC espone i diritti e i compiti dei vari membri della famiglia (la donna, l'uomo, il bambino, gli anziani). Ad essi l'Esortazione dedica in particolare sei numeri, dal 22 al 27.

Come si vede, nel delineare l'identità e la missione della famiglia cristiana la FC parte dalle vette teologiche e passa alle pianure del quotidiano, senza fratture e incoerenze. Prende avvio dalla comunione di vita e di amore che Dio stesso è nella sua trinitaria intimità e giunge semplicemente alla comunione di vita e di amore che la famiglia cristiana è nella sua molteplice intimità. Tutto questo avviene senza alcun tradimento della pienezza umana della vita familiare, anzi prospettandone un'immagine così intensamente umana che non può non prendere il cuore. Non potrebbe essere diversamente, per altro, giacché Dio ha fatto l'uomo e la donna a sua immagine e somiglianza e soltanto in Dio il loro cuore può trovare la pace.

Basilio Petrà
Seminario Vescovile
Via del Seminario 32 – 59100 Prato

 

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