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Giovanni
all’inizio del suo Vangelo inaugura la missione pubblica di Gesù con il racconto
delle nozze di Cana. L’evangelista, uno dei commensali, ricorda e interpreta
quello che per lui è un segno, un
fatto cioè che rinvia ad una realtà più intima e profonda, al mistero stesso di
Cristo. Gesù non ha declinato l’invito, accetta di far festa con chi fa festa (cf
Rm 12,15). Israele era pieno di situazioni tragiche, morti, croci, drammi…
eppure Gesù va a una festa di matrimonio, alla festa dell’amore, per dirci che
l’amore è una forza, l’unica, in grado di riempire di miracoli la terra. L’amore
è già in sé un miracolo, una vitalità capace del prodigio di cambiare la vita.
Ma c’è un momento di crisi in questo racconto: il vino viene a mancare, qualcosa
di non necessario, se non alla festa. Il vino è simbolo dell’amore, è il motore
della festa della vita. Se finisce l’amore, si spegne pure la festa della vita,
termina l’entusiasmo, lo slancio.
L’episodio di Cana rispecchia la vicenda perenne di ognuno di
noi. Anche a noi manca non tanto il necessario, ma qualcosa che dà qualità alla
vita; ci viene a mancare un non so che di gioia, di amicizia, di passione, che
dona profumo e sapore alle cose e allo scorrere dei giorni, che fa avanzare "la
fragile barca di canne che è il nostro cuore" (E. Ronchi). Maria se ne accorge
per prima, lei la creatura dal cuore nuovo, la sposa che dà gioia allo sposo (cf
Is 62,5). "Non hanno più vino", dice. Davanti a Dio l’unico nostro merito è la
povertà, il finire del vino. L’apostolo Paolo fa testo: "Di cosa mi vanterò
davanti al mio Signore? Di nulla se non della mia debolezza" (2Cor 11,30).
Infatti, "quando sono debole, è allora che sono forte" (2Cor 12,10), perché la
mia pochezza preme, "fa piaga sul cuore di Dio" (G. Ungaretti). "Non hanno più
vino": sembra sia legge, per tutte le vicende umane, la diminuzione, il venir
meno, il tramontare.
Invece, chi si unisce in matrimonio non si rassegna a questa
legge. Neanche Dio, neppure Maria. Con lei ogni discepolo di Gesù sa che è
possibile ripartire, riempire le giare vuote, non attraverso i nostri sforzi, ma
secondo la via tracciata dalle stesse parole della Madre di Gesù: "Quello che
egli vi dirà, fatelo!". Queste ultime parole di Maria registrate da Giovanni
sono il suo testamento, e come ogni testamento divengono legge carissima per noi
suoi figli. Dice Maria: fate le sue parole; fate il Vangelo; non solo
ascoltatelo, rendetelo vita e gesto. E allora si riempiranno le giare vuote
della nostra vita.
A pensarci bene, il vuoto è una situazione di rischio: può
essere riempito dal bene o dal male. L’esperienza ci fa riconoscere tante forme
di vuoto. Il vuoto di Dio è il più tragico, perché spezza il naturale legame tra
creatore e creatura, lasciandoci aperti al primo padrone e privi dell’ossigeno
necessario al respiro dell’anima. Il vuoto di verità, di ideali, di valori fa
diventare l’esistenza appiattita, privandoci di dignità. Il vuoto di amore, di
vita, di fedeltà, di gioia, di pace rende impossibile la vita. "A Cana di
Galilea - dice Giovanni Paolo II nella Redemptoris Mater - viene mostrato
solo un aspetto concreto dell’indigenza umana, apparentemente piccolo e di poca
importanza ("Non hanno più vino"). Ma esso ha un valore simbolico: quell’andare
incontro ai bisogni dell’uomo significa, al tempo stesso, introdurli nel raggio
della missione messianica e della potenza salvifica di Cristo" (n. 21).
Elisabeth Ann Johnson - una delle figure più rappresentative
della teologia cattolica negli Stati Uniti - infonde nell’implorazione di Maria
il gemito delle donne oppresse ai nostri giorni. "Le parole di Maria - scrive -
continuano a risuonare lungo i secoli. Le donne, nei paesi poveri, ascoltano lei
che dice: "Non hanno più vino", e proseguono col dire: né cibo, né acqua pulita
da bere, né alloggio, né istruzione, né cure sanitarie, né impiego, né libertà,
né protezione contro lo stupro, né diritti umani. Maria sta fra la gente
emarginata, lei stessa in compagnia di un gruppo che non ha vino, e parla della
speranza dei poveri. Il suo forte senso di misericordia che reclama sollievo,
corrisponde al più ardente desiderio di Dio stesso, quello di espandere
accoglienza sulla terra. Come le sue parole spinsero Gesù ad agire a Cana, così
la sua richiesta, che suona come sfida, interpella oggi la coscienza della
Chiesa, corpo di Cristo, nelle nazioni del primo mondo, anche se non ne fossero
al corrente: "Non hanno più vino… Voi dovete agire"" (Testo citato da A. Serra,
Le nozze di Cana (Gv 2,1-12), Padova 2009, 229-230).
A imitazione di Maria le persone consacrate in particolare, e
la Chiesa tutta, sono chiamate ad attuare il comando di Gesù: "Riempite di acqua
le giare!" (Gv 2,7). Anche le giare della comunità del nostro tempo sono vuote:
Maria addita le carenze che impediscono di vivere la gioia nuziale della vita,
della fraternità. A Cana è singolare la profezia esercitata dalla Vergine-Madre:
ella sa scrutare e vedere cosa manca in ordine alla festa, e sa indicare cosa
fare. Al riguardo, facciamo nostre le sei carenze umane - individuate da Michele
Giulio Masciarelli - che attendono con urgenza d’essere riempite: 1) carenza di
festività, 2) carenza di dono, 3) carenza di memoria, 4) carenza di profezia, 5)
carenza di bellezza, 6) carenza di silenzio. Di quest’ultima, Masciarelli
afferma: "Cana ci ricorda come riempire la sesta giara vuota, carente di
silenzio. Oggi il mondo pullula di esistenze senza contemplazione, senza
ascolto, senza dialogo: a "Babele" nessuno ascolta più nessuno; ed è cosa assai
preoccupante, poiché denota una crisi di relazione, di affettività, di tenerezza
dalle proporzioni smisurate" (La maestra. Lezioni mariane a Cana, Città
del Vaticano 2002, 10).
Amiche lettrici e cari lettori, il fascicolo di
Consacrazione e Servizio che avete tra le mani - il 6° del 2011 - si apre con
le solite due rubriche. Nella prima: "Vi affido alla Parola", Antonietta
Augruso indugia – alla luce della Verbum Domini - sul dono della gioia
come espressione del bello, della gratitudine, della comunione. L’altra rubrica:
"E tu chi dici che io sia?", ospita un’intervista di Paola Bignardi a
suor Annamaria Marconi: vive a Milano e presta il suo servizio di Assistente
spirituale presso l’Associazione CasAmica.
La rubrica "Orizzonti" arricchisce il fascicolo con
tre studi. Nel primo, Katia Roncalli, giovane suora alcantarina, rievoca la
notte di veglia che i giovani delle centinaia GMG diocesane hanno vissuto in
tutte le diocesi d’Italia. Nel secondo, Giulio Albanese, missionario comboniano,
riflette sull’attuale scenario mondiale quale sfida per il mondo occidentale. Il
terzo contributo di mons. Francesco Lambiasi, vescovo di Rimini, ospita la
Prefazione al nuovo libro di Amedeo Cencini sulla formazione permanente.
Una parola particolare per il "Dossier". Sotto il
titolo: "Questo mistero è grande" - espressione tratta dalla Lettera di Paolo
agli Efesini (5,32) - sono raccolti sei studi su un tema di viva attualità, come
evoca il sottotitolo: "La famiglia comunione di persone". La Redazione ha inteso
dedicare il Dossier ad alcune riflessioni in vista del 30° anniversario della
Lettera post-sinodale Familiaris consortio, firmata il 22 novembre 1981,
e preparare all’Incontro mondiale delle famiglie che si svolgerà a Milano dal 30
maggio al 3 giugno 2012 sul tema: "La famiglia, il lavoro, la festa".
Affidati a qualificati studiosi e testimoni, gli articoli
invitano a riscoprire la viva sollecitudine della Chiesa per la famiglia e a
dare indicazioni opportune per un rinnovato impegno pastorale in questo
fondamentale settore della vita umana ed ecclesiale. Anche il presente
Editoriale si pone su questa prospettiva.
Oltre alle consuete esplorazioni sui film (Teresa Braccio) e
le segnalazioni di libri (Rita Bonfrate e Emma Zordan), va posta l’attenzione
alla lettura del volume indicata dal "Libro del mese": Luce del mondo di
Benedetto XVI, presentato da Armando Matteo, Assistente Nazionale della FUCI.
Con un vivo ringraziamento per le espressioni di stima e simpatia che ci
giungono da più parti, auguriamo ad ogni lettrice e lettore: buona lettura!
Maria Marcellina Pedico
Serve di Maria Riparatrici
Via Monte Velino, 30 - 00141 ROMA
m.pedico@smr.it
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