Io so che il cielo e la terra e tutta la creazione,
sono grandi, generosi, buoni e belli.
Giuliana di Norwich
La
Scrittura si apre nell’Antico Testamento con la forza creativa della
Parola (dabar).
Dalla vitalità della Parola viene alla luce il mondo: «Dio disse: “Sia
la luce!” E la luce fu» (Gen 1,3). Anche il Nuovo Testamento ci presenta
la forza creativa del Verbo (Logos)
per mezzo del quale ogni cosa prende vita (cf Gv 1,2).
Parola nel cosmo
La
Parola è creativa in una molteplicità di direzioni: «Dalla parola del
Signore furono fatti i cieli, dal soffio della sua bocca ogni loro
schiera» (Sal 33,6). La Sapienza sottolinea che è possibile contemplare
l’Autore, partendo dalla bellezza della sua opera realizzata (cf Sap
13,1-9). Si legge una poesia, si contempla con ammirazione un’opera
d’arte, e si risale alla genialità dell’autore, ai suoi tratti, come se
le immagini esprimano la pienezza dell’energia che crea. I Salmi e tutta
la Scrittura sono suggestivi quando conducono il lettore ad una sorta di
stupore riconciliante. Come può essere altrimenti, davanti ad immagini
che evocano la creazione quasi un’armonia danzante? «I cieli narrano la
gloria di Dio, l’opera delle sue mani annuncia il firmamento» (Sal
19,2), proclama il salmista.
E la
stessa Parola eterna si rivolge alla sua creatura attraverso un dialogo
di libertà, la cerca con insistente cura della sua sorte: «Dove sei?» (Gen
3,9). La Parola che crea è la stessa che libera e salva. Il religioso
ascolto passa anche attraverso la possibilità di scorgere la premura
divina nei colori della natura e nella varietà dei suoi paesaggi. A
partire dalla convinzione della bontà del creato, l’esortazione
postsinodale può stigmatizzare la profanazione ecologica: «La
rivelazione, mentre ci rende noto il disegno di Dio sul cosmo, ci porta
anche a denunciare gli atteggiamenti sbagliati dell’uomo, quando non
riconosce tutte le cose come riflesso del Creatore, ma mera materia da
manipolare senza scrupoli » (VD 108).
Dunque, la parola di Dio fa appello al cuore dell’uomo, invitandolo a
non chiudersi nell’indifferenza o, peggio ancora, nei propri orizzonti,
pensando che i beni da salvaguardare e difendere siano unicamente quelli
della propria casa. La Parola, che prende forma nella creazione e in
essa brilla per chi la sa cogliere, è oggi profondamente deturpata nella
sua bellezza: rischia di subire una sorta di oscuramento proprio in uno
dei canali che ha ispirato poeti e santi: gli scritti che ora fanno
parte della letteratura mondiale. Per tutti, basti pensare al
Cantico delle creature
di
san Francesco d’Assisi.
«Lectio mundi»
Ma
la Parola stessa ci viene in aiuto, se l’ascoltiamo con cuore docile: è
la linfa a cui attingere per la formazione di coscienze che desiderano
ancora rendere abitabile il mondo. Benedetto XVI insiste sulla
maturazione di una visione teologica rinnovata come percorso educativo
allo stupore, e mostra di aver accolto le indicazioni dei Padri sinodali
là dove si afferma: “Accogliere la parola di Dio attestata nella
Scrittura e nella Tradizione viva della Chiesa genera un nuovo modo di
vedere le cose, promuovendo una ecologia autentica, che ha la sua radice
più profonda nell’obbedienza della fede... (e) sviluppando una rinnovata
sensibilità teologica sulla bontà di tutte le cose, create in Cristo» (VD
108).
La
Parola è comunicativa. Rivolgendosi al cuore dell’uomo lo incoraggia a
guardare con occhi nuovi l’intero cosmo, a realizzare progetti educativi
che facciano maturare il senso dello stupore e la scoperta delle sue
tracce. Stupore, ascolto e incontro con l'Altro educano al senso del
limite, suscitano in noi la domanda, la giusta verifica, soprattutto
quando ci si accorge di seminare distruzione per il profitto di pochi,
di elaborare e mettere in pratica strategie di morte e di distruzione
delle risorse non rinnovabili. La terra è davvero oggi un pianeta in
bilico. I mezzi di comunicazione ogni giorno c’informano di masse enormi
di scorie radioattive e rifiuti tossici seppelliti in luoghi
inimmaginabili: «Così l’uomo manca di quella essenziale umiltà che gli
permette di riconoscere la creazione come dono di Dio da accogliere e
usare secondo il suo disegno» (VD 108).
L’esortazione invita a riformulare le scelte anche a partire dalla
Parola presente ed eloquente nel cosmo che attende una sua liberazione:
«Sappiamo infatti che tutta la creazione geme e soffre le doglie del
parto» (Rm 8,22). Si tratta di nutrire una relazione viva e costante con
il
Logos
vivo
e operante nella storia (cf Gv 1,2).
Delle quattro colonne ideali su cui poggia la Parola nel Nuovo
Testamento - annuncio, fraternità, frazione del pane e preghiera - una è
la predicazione del
kérigma:
la speranza nella risurrezione di Cristo spinge alla comunicazione là
dove la vita chiama ad operare e a confrontarsi con gli altri. Gesù
rimane il
filo
luminoso
di
ogni sorta di lettura delle Scritture, ma chi spiega e interpreta la
Bibbia deve scendere nel presente di chi ascolta: Gesù stesso l’aveva
fatto nell’itinerario da Gerusalemme ad Emmaus in compagnia di due suoi
discepoli. È quello che farà il diacono Filippo sulla strada verso Gaza,
quando incontra il funzionario etiope, con il quale intesse quel dialogo
emblematico: «Capisci cosa stai leggendo?». E riceve la risposta: «E
come potrei capire se nessuno mi guida?» (At 8,30-31). Interpretare la
Parola e farla entrare nella storia di ciascuno non è frutto di
improvvisazione. Non si può tralasciare il dato “carnale e letterale”
della Parola, né mettere tra parentesi la diversità degli uditori e
delle culture a cui essa viene annunciata.
«Gli innamorati della bellezza»
Ciascun uomo vive la propria storia unica; la comunicazione richiede
sempre ascolto umile dell’altro e attenzione, per individuare linguaggi
corretti, in grado di generare il dialogo. Come la cura del Padre si è
espressa nel dono dell’incarnazione, anche la Chiesa, custode e
interprete della Parola, da sempre si adopera perché i popoli non
vengano privati di una relazione profonda con le Scritture: «Dio non si
rivela all’uomo in astratto, ma assumendo linguaggi, immagini ed
espressioni legati alle diverse culture. Si tratta di un rapporto
fecondo, testimoniato ampiamente nella storia della Chiesa» (VD 109).
La
Parola, con la docilità e la forza che vengono dallo Spirito, più di
ogni altro strumento trasfigura l’animo umano, fa gioire il cuore e
illumina gli occhi (cf Sal 19,9) di chi s’illumina alla luce della
Parola: gli occhi “contemplano” il mondo nella sua bellezza e, nel
guardarlo, lo cantano con il cuore o lo rivelano in forme creative.
Quando la Parola diventa musica, canto, immagine, davvero i suoi frutti
sono abbondanti e ridestano l’apertura alla trascendenza.
«Con
i Padri sinodali, si legge nell’esortazione, la Chiesa tutta esprime
apprezzamento, stima e ammirazione per gli artisti ‘innamorati della
bellezza’, che si sono lasciati ispirare dai testi sacri» (VD 112). La
Parola si è resa visibile e udibile attraverso la genialità degli
artisti ispirati dallo Spirito Santo; non si può certo immaginare il
mondo privo delle opere artistiche e musicali che hanno espresso il
mistero dell’amore del Padre nella rivelazione. Benedetto XVI in questi
anni in tante occasioni ha incontrato gli artisti e non ha tralasciato
mai di valorizzarne il contributo, anche in ordine all’evangelizzazione:
«Esorto gli organismi competenti affinché si promuova nella Chiesa una
solida formazione degli artisti riguardo alla Sacra Scrittura alla luce
della Tradizione viva della Chiesa e del magistero» (VD 112).
Parola e
new
media
Tutti i popoli nella diversità di spazi e di tempo hanno lasciato un
patrimonio inestimabile di arte e costruzioni, istituzioni e simboli,
tradizioni religiose e prodotti letterari per trasmettere la fede. Le
gioie e le fatiche, i ritorni e gli esili di ogni popolo – rischiarati e
consolati dalla Parola - sono stati narrati tramite i diversi codici
culturali e hanno trovato spesso nella parola di Dio la possibilità di
esprimere sogni e speranze: è la bellezza dell’Incarnazione! «La parola
di Dio, come del resto la fede cristiana, manifesta così un carattere
profondamente interculturale, capace di incontrare e di far incontrare
culture diverse» (VD 114). Un processo così complesso trova nei
tradizionali mezzi di comunicazione e nelle nuove forme uno strumento
prezioso per far conoscere il mistero dell’amore di Dio che entra nella
storia dei popoli e di ogni uomo.
Per
questo, l’acquisire nuovi metodi per conoscere il Vangelo è parte
integrante dell’evangelizzazione, anche se rimane fermo che essa «potrà
usufruire della virtualità offerta dai
new
media
per
instaurare rapporti significativi, solo se si arriverà al contatto
personale, che resta insostituibile» (VD 113).
La
Parola è vivente, consola e chiama al cambiamento, interroga e indica i
sentieri della luce. Ecco perché il rapporto personale è la strada da
seguire: una relazione tra viventi. Non si comprendono a fondo le
persone se non si ascoltano, se non si conosce la loro storia. Esiste
un’empatia che si vive soltanto con i propri occhi, le proprie emozioni
e il proprio cuore. Analogamente è per la Parola del Signore, che
penetra in profondità il cuore umano, rispettando un eventuale rifiuto.
Cristo sta alla porta e bussa, ma bisogna spalancare le porte (cf Ap
3,20).
Incontri e volti
Si
può avere familiarità con tutte le tecniche esistenti e progettare siti
diversificati, ma ciò rimane pura strumentalità: «Il mondo virtuale non
potrà sostituire il mondo reale» (VD 113). L’esortazione mette in
guardia dalla convinzione e dall’abitudine radicata nell’uomo digitale
di abitare la realtà virtuale come se fosse l’unica e quella reale con
la convinzione di comunicare con tutti, dire tutto a tutti. Il risultato
sarà di non aver niente da dire (F. Ferrarotti).
La
vita quotidiana è fatta d’incontri, di volti, di ascolto. Gesù ha sempre
privilegiato il linguaggio legato alla vita, e il suo annuncio avviene
nelle situazioni più ordinarie, e soprattutto a partire da similitudini
e narrazioni comprensibili dai suoi ascoltatori. Se da una parte la
tecnologia rimane uno strumento insostituibile, dall’altra comporta una
seria riflessione sui limiti e lo stile della comunicazione che veicola
e produce. Lo stile dell’homo
zapping
non
è certamente caratterizzato dai tempi lunghi, tipici
dell’interiorizzazione.
Il
Messaggio
dell’assemblea sinodale infatti avvertiva: «Questa nuova comunicazione
ha adottato una specifica grammatica espressiva ed è, quindi, necessario
essere attrezzati, non solo tecnicamente, ma anche culturalmente per
questa impresa». C’è un tempo per tutto: l’amore chiede fedeltà e
accoglienza, creatività e pause. Nella trasmissione della Parola la
comunità cristiana dona ai fratelli di fede il suo prezioso bagaglio, ma
bisogna curiosare con insistenza e intelligenza per trovare la perla
preziosa e soprattutto fare memoria, cercare una relazione vitale, come
dice l’angelo al veggente di Patmos: «Prendilo e divoralo; ti riempirà
di amarezza le viscere; ma in bocca ti sarà dolce come il miele» (Ap
10,9). Nel viaggio verso la pienezza l’umanità è sostenuta dal suo
amore: «… nell’umanità che sarà salvata è compreso tutto, voglio dire
tutto ciò che è creato e il creatore di tutto, perché nell’uomo c’è Dio,
e in Dio c’è tutto» (Giuliana di Norwich).
Antonietta Augruso
Docente di Religione
Via
Eurialo, 91 - 00181 Roma