Senza
dubbio Internet è uno strumento di cui sarebbe molto difficile, oggi,
fare a meno. Le offerte della Rete sono ormai tanto numerose da rendere
la “vita
online”
un’esperienza quasi indispensabile per il lavoro, per la pastorale, per
la comunità e per la Chiesa. L’impossibilità di fare a meno di qualcosa
si allaccia subito a un concetto che suona come negativo e insidioso, il
concetto di dipendenza. L’essere “dipendente” è una condizione
connaturata alla nostra vita in ogni suo aspetto. Abbiamo necessità di
mangiare e dormire, come anche di avere una vita sociale e affettiva.
Senza tutto questo non staremmo bene con noi stessi. In questo senso
Internet ci consente di soddisfare bisogni importanti, da quelli legati
al desiderio di apprendere, fino a quelli legati alla relazione con
l’altro. Per chi ha scelto la vita consacrata la Rete rappresenta un
altro terreno su cui seminare e far crescere gli insegnamenti del
Vangelo. Questo, senza sottovalutare, però, i rischi in cui possiamo
incappare: la possibilità di sviluppare una
dipendenza patologica
da
Internet è dietro l’angolo per ognuno di noi. Anche nelle comunità di
consacrate e consacrati. Entriamo ora, passo passo, in un chiarimento
che potrebbe sembrare difficile, ma che è indispensabile per capire
tutto il peso e la gravità di un eccesso d’uso della Rete.
Di
cosa si tratta?
Quando sentiamo la necessità irrefrenabile di ripetere in modo coatto,
ripetitivo e compulsivo una determinata abitudine con lo scopo di
modificare il nostro stato mentale, con conseguente manifestazione di
condizioni quali il
craving
(astinenza e assuefazione), siamo nel campo della dipendenza patologica.1
Il
craving
mette in luce la caratteristica della bramosia e del desiderio
incontrollabile che inizialmente è associato a uno stato di benessere e
che diviene ben presto l’unico modo per provare piacere ed evitare
sentimenti negativi come ansia e depressione. Nel momento in cui ci si
rende conto di non poter vivere senza quel comportamento e si tenta di
evitarlo, si sperimenta uno stato di
astinenza
che
si manifesta attraverso sintomi quali irritabilità, ansia, tremori e
insonnia.
Il
nostro corpo sviluppa una soglia di tolleranza psico-fisica che è
variabile e prende il nome di
assuefazione,
condizione che porta la persona ad aumentare l’assunzione della sostanza
o la reiterazione del comportamento per raggiungere lo stato di
benessere.2 All’interno del contesto della
dipendenza patologica si riconoscono due ambiti distinti la cui
definizione presenta aspetti problematici, almeno per la lingua
italiana. La nostra lingua, infatti, traduce con lo stesso termine due
vocaboli inglesi che indicano due fenomeni diversi. Se con
dependance
ci si riferisce alla dipendenza fisica e chimica da una sostanza, senza
la quale un organismo non riesce a portare a termine le proprie
funzioni, con
addiction
si
sottolinea la dipendenza da esperienze, comportamenti o oggetti. Questi
ultimi, contribuendo a evitarci stati di ansia, favoriscono l’attuazione
di sequenze di comportamento che noi percepiamo come gratificanti, ma
che si sostituiscono, piano piano, alle relazioni umane faccia a faccia.3
La dipendenza da Internet rientra in questa seconda categoria - in cui
sono presenti lo
shopping
compulsivo, la dipendenza da videogiochi, dal gioco d’azzardo e altre -
che viene definita categorie delle
new
addiction
o
nuove dipendenze, proprio perché la dipendenza non ha come oggetto una
sostanza chimica,4 ma non per questo è meno
pericolosa.
Non
lasciarsi intrappolare
Il
primo a parlare di
Internet Addiction Disorder
(IAD) è stato Goldberg nel 1995. Ha descritto il disturbo mettendo in
evidenza tutti gli aspetti della dipendenza, ma si è visto obbligato,
nel 1999, a specificare meglio il concetto e ha coniato una nuova sigla:
Pathological
Internet Use Disorder
(PIU)5
o Disordine Patologico dovuto all’Uso di Internet. Questo
“disordine” è caratterizzato da una compromissione delle attività
lavorative (scolastiche per gli alunni, professionali per gli adulti,
pastorali e comunitarie per noi) e relazionali. In Italia, molte delle
considerazioni su questo tema si devono a Cantelmi6
che sottolinea come i “retomani” possano essere affetti o meno da altre
psicopatologie pregresse, ed evidenzia in particolare come sono proprio
le caratteristiche tecniche della Rete a favorire l’insorgenza del
disturbo. L’Autore riconosce, all’interno di questa patologia, due
momenti principali: la
tossicofilia,
caratterizzata da attenzioni ossessive per la posta elettronica, da
sguardi ripetuti a molteplici siti Internet, da un malessere percepito
quando non si è
online;
e la
tossicomania,
fase più grave che sembra essere associata a situazioni psicopatologiche
già presenti nella persona e insorge in chi fa un uso eccessivo di
Internet.
Cantelmi ritiene che sia riduttivo parlare esclusivamente di IAD
(Internet Addiction Disorder)
e
propone, invece, di chiamare il disturbo
psicopatologia
collegata all’uso di Internet (Internet
Related Psychopatology
- IRP), perché ritiene che la natura complessa della Rete e la
molteplicità dei bisogni umani, che trovano soddisfazione nell’uso della
Rete, abbiano bisogno di distinzioni più precise. Per questo motivo,
riconosce all’interno del contesto “dipendenza e Internet” alcune
categorie come il gioco d’azzardo compulsivo
online,
la dipendenza dal cyber-sesso, la dipendenza dalle cyber-relazioni, la
dipendenza dalle eccessive informazioni e la dipendenza da
shopping
compulsivo
online,
per esemplificare. Le insidie a cui prestare attenzione sono numerose e
stanno “dentro” le nostre comunità, comodamente installate nel cavo di
rete o aleggianti in modalità wireless. È fondamentale prenderne
coscienza. Avere un comportamento corretto non significa semplicemente
non visitare i siti che, per i contenuti proposti, sono negativi.
Significa anche non lasciarsi intrappolare dall’abuso delle
cyber-relazioni, pur edificanti, se vissute a scapito delle relazioni
costruttive faccia-a-faccia nella propria comunità. Quali, allora, le
buone pratiche da mettere in atto?
La
prevenzione: le buone pratiche
Le
dipendenze patologiche possono coinvolgere anche chi ha votato la
propria esistenza a Dio? Sì. Certo. Non siamo immuni dal fascino che le
nuove tecnologie esercitano sulla mente e sul cuore, soprattutto perché
attraverso la comunicazione cibernetica passano oggi tante delle
relazioni umane che intessiamo. Spesso, anche l’evangelizzazione vive
della comunicazione che intratteniamo con gli altri, vive delle
riflessioni attorno alla Parola di Dio che ci scambiamo attraverso tutti
i mezzi che abbiamo a disposizione, vive dei messaggi sul nostro carisma
che affidiamo a Internet oltre che ad altri mezzi di comunicazione di
massa. L’entusiasmo che mettiamo in questa missione può, a volte,
travolgerci lasciandoci prigionieri di un
mezzo
che
ci fa dimenticare la finalità che avevamo nella mente e nel cuore quando
abbiamo iniziato a utilizzare le nuove tecnologie. Stiamo dunque
all’erta, per noi stessi e per chi ci sta accanto. Parliamone con i
ragazzi delle nostre scuole, con le loro famiglie, con i giovani che
collaborano con noi nella pastorale e nell’educazione. Soprattutto
bambini e adolescenti rischiano di venire risucchiati dal vortice delle
nuove tecnologie e dal loro enorme potere di attrazione. Passiamo in
rassegna alcuni comportamenti che aiutano a prevenire il rischio della
dipendenza.
Le
strategie da mettere in atto sono diversificate. Intervallare momenti di
fruizione tecnologica con la lettura, anzi, più si è costretti a
utilizzare la Rete per lavoro, più ci si deve immergere nella lettura,
attività che arricchisce, allontana dagli schermi, ci mette in contatto
con i nostri cyberspazi interiori. Rendiamo ancora più intense la
meditazione e la preghiera che rinnovano il contatto con quanto di
vitale nutre la nostra consacrazione.
Rede
in te ipsum,
questo l’invito di s. Agostino, che prosegue invitandoci a trascendere
anche noi stessi in favore della Verità e di Dio. Lettura, meditazione,
preghiera e vita comunitaria assaporata in pienezza prevengono la
dipendenza da Internet e ci consentono di sfruttarne le straordinarie
potenzialità senza rimanerne abbagliati. Uso intelligente della
tecnologia, sempre. Abuso, mai.
Prevenzione nei confronti di noi stessi e degli altri, si diceva. Con lo
sguardo attento e amorevole, osserviamo il comportamento dei ragazzi dei
quali ci occupiamo nei corsi di catechismo, a scuola, negli incontri
formativi. È sufficiente sfogliare i risultati delle ultime indagini di
Eurispes e Telefono Azzurro7 per renderci
conto di quanto il rischio “dipendenza” sia alto. Nove adolescenti su
dieci utilizzano Internet e ben il 50,7% degli intervistati ha
dichiarato di aver iniziato a collegarsi alla Rete tra i sei e gli otto
anni di età. I nostri ragazzi ci stanno a cuore e allora parliamone con
loro. Illuminare bambini, ragazzi e genitori su come e quanto utilizzare
la Rete per evitare di sviluppare dipendenza, oltre che essere per noi
un nostro dovere, è una missione.
1 V. CARETTI-D.
LA BARBERA
(a cura di),
Le dipendenze patologiche. Clinica e psicopatologia,
Raffaello Cortina Editore, Milano 2005; V. CARETTI-G.
DI
CESARE,
«Psicodinamica delle dipendenze», in V. CARETTI-D.
LA BARBERA
(a cura di),
Le dipendenze patologiche,
11-32.
2 C. PRACUCCI,
All in. Il gioco d’azzardo patologico,
Alimat Edizioni, Cesena 2010.
3 Cf C. GUERRESCHI,
New Addictions.
Le nuove dipendenze,
San Paolo, Cinisello Balsamo 2005; M. VALLEUR,
Le condotte di addiction,
in U. NIZZOLI-M.
PISSACROIA,
Trattato completo degli abusi e delle dipendenze. I. Storiografia -
Fenomenologia - Epidemiologia - Aspetti legislativi e giuridici nei
reati di abuso e nelle situazioni di dipendenza,
Piccin Nuova Libreria, Padova 2004, 265-268.
4 C. GUERRESCHI,
New Addictions. Le nuove dipendenze,
San Paolo, Cinisello Balsamo 2005.
5 Cf L. VALLARIO,
Naufraghi nella Rete: adolescenti e abusi mediatici,
Franco Angeli, Milano 2008.
6 T. CANTELMI,
La mente in Internet. Psicopatologie delle condotte on line,
Piccini Nuova Libreria, Padova 2000.
7 EURISPES-TELEFONO
AZZURRO,
10° Rapporto Nazionale sulla condizione dell’infanzia e
dell’adolescenza. Sintesi,
2009.
Caterina Cangià fma
Facoltà di Scienze della Formazione
Università LUMSA – Roma
sisternet@thesisternet.it