n. 12
dicembre 2011

 

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L'Anno della fede
Tempo di grazia


di MARIAMARCELLINA PEDICO

 

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Mi ha molto colpito leggere giorni fa una lettera datata 21 luglio 1944 scritta dal carcere berlinese di Tegel da D. Bonhoeffer ad un giovane pastore protestante pochi giorni prima della sua impiccagione ad opera dei nazisti (9 aprile 1945). «Noi - scriveva Bonhoeffer - ci eravamo posti molto semplicemente la domanda di che cosa volessimo effettivamente fare della nostra vita. Egli [il pastore francese] disse: vorrei diventare un santo (- e credo possibile che lo sia diventato -); la cosa a quel tempo mi fece una forte impressione. Tuttavia lo contrastai, e risposi press'a poco: io vorrei imparare a credere». Ma cosa significa imparare a credere? Perché è tanto difficile credere? E sappiamo che la risposta sta non tanto nel credere, quanto nel vivere la fede, nell’agire cioè da cristiani. Si tratta «di acconsentire alla grazia, di assumere un atteggiamento di accoglienza operosa, che consente a Dio di fare storia insieme a noi, al di là delle umane possibilità» (Cei, La verità vi farà liberi n. 88)».

In questo nostro tempo, in cui per molti la fede non è più qualcosa di ovvio, una realtà che impregna tutta la vita dalla culla fino alla morte, bensì una decisione libera, talora sofferta, spesso contrastata, sempre da rinnovare, con sorpresa Benedetto XVI l’11 ottobre u.s. con la lettera apostolica Porta fidei ha indetto l’Anno della fede. Esso inizierà l’11 ottobre 2012 (50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II) e si concluderà il 24 novembre 2013, solennità di Cristo Re dell’Universo. C’è già stato un precedente Anno della fede - ricorda il Papa – indetto da Paolo VI nel 1967, due anni dopo il Concilio: esso si iscriveva nel rinnovamento della Chiesa post-conciliare che, come qualsiasi rinnovamento, «passa anche attraverso la testimonianza offerta dalla vita dei credenti».

«Capita ormai non di rado - osserva Benedetto XVI - che i cristiani si diano maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come un presupposto ovvio del vivere comune. In effetti, questo presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato [...]. Oggi una profonda crisi di fede ha toccato molte persone». Tuttavia, ancora oggi, l’uomo «può sentire di nuovo il bisogno di recarsi come la samaritana al pozzo per ascoltare Gesù, che invita a credere in lui e ad attingere alla sua sorgente, zampillante di acqua viva (cf Gv 4,14)».

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«Dobbiamo ritrovare - continua il Santo Padre - il gusto di nutrirci della Parola di Dio, trasmessa dalla Chiesa in modo fedele, e del Pane della vita, offerti a sostegno di quanti sono suoi discepoli (cf Gv 6,51).

L’insegnamento di Gesù, infatti, risuona ai nostri giorni con la stessa forza (cf Gv 6,27). L’interrogativo posto da quanti lo ascoltavano è lo stesso anche per noi oggi: “Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?” (Gv 6,28)». Dice il Papa: «Conosciamo la risposta di Gesù: “Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato” (Gv 6,29). Credere in Gesù Cristo, dunque, è la via per poter giungere in modo definitivo alla salvezza». Sant’Agostino, citato da Benedetto XVI, c’insegna che i credenti “si fortificano credendo”. Grazie alla fede, la vita nuova ricevuta al Battesimo plasma tutta l’esistenza umana sulla radicale novità della risurrezione: pensieri e affetti, mentalità e comportamento dell’uomo vengono lentamente purificati e trasformati, in un cammino mai compiutamente terminato in questa vita. La fede che si rende operosa per mezzo della carità (cf Gal 5,6) diventa un nuovo criterio di intelligenza e di azione che cambia tutta la vita del fedele (cf Rm 12,2).

L’Anno della fede è un invito - precisa Benedetto XVI - ad un’autentica e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del mondo; vuole suscitare in ogni credente l’aspirazione a confessare la fede con rinnovata convinzione, fiducia e speranza; intende far riscoprire i contenuti della fede professata, celebrata, vissuta, pregata. Per intraprendere questo cammino di fede, il Papa delinea un percorso che aiuti a comprendere sia i contenuti della fede sia l’atto con cui decidiamo di affidarci totalmente a Dio, in piena libertà. Esiste, infatti, unità profonda tra l’atto con cui si crede e i contenuti a cui diamo il nostro assenso. Basti richiamare al riguardo l’apostolo Paolo quando scrive: «Con il cuore … si crede … e con la bocca si fa la professione di fede» (Rm 10,10). Il cuore indica che il primo atto con cui si viene alla fede è dono di Dio e azione della grazia che agisce e trasforma la persona fin nel suo intimo. Professare con la bocca indica che la fede implica una testimonianza ed un impegno pubblici. Il cristiano non può mai pensare che credere sia un fatto privato.

La stessa professione della fede è un atto personale ed insieme comunitario. Attesta il Catechismo della Chiesa Cattolica: «“Io credo”: è la fede della Chiesa professata personalmente da ogni credente, soprattutto al momento del Battesimo. “Noi crediamo”: è la fede della Chiesa confessata dai vescovi riuniti in Concilio, o più generalmente, dall’assemblea liturgica dei fedeli. “Io credo”: è anche la Chiesa nostra Madre, che risponde a Dio con la sua fede e che ci insegna a dire: “Io credo”, “Noi crediamo”» (n. 167). Per confessare la fede «in pienezza e con rinnovata convinzione, con fiducia e speranza», sarà fondamentale, aggiunge il Papa, «intensificare la celebrazione della fede nella liturgia, e in particolare nell’Eucaristia» e riscoprire il Credo.

Il Papa termina la lettera con le seguenti parole: «Noi crediamo con ferma certezza che il Signore Gesù ha sconfitto il male e la morte. Con questa sicura fiducia ci affidiamo a lui: egli, presente in mezzo a noi, vince il potere del maligno (cf Lc 11,20) e la Chiesa, comunità visibile della sua misericordia, permane in lui come segno della riconciliazione definitiva con il Padre. Affidiamo alla Madre di Dio, proclamata “beata” perché “ha creduto” (Lc 1,45), questo tempo di grazia».

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Amiche lettrici e cari lettori, il fascicolo di Consacrazione e Servizio che avete tra le mani - il n. 12, l’ultimo del 2011 - si apre con le tre solite rubriche. Nella prima: «Vi affido alla Parola», la nostra collaboratrice Antonietta Augruso indugia - alla luce della Verbum Domini - sulla bellezza e bontà delle cose. La seconda rubrica: «E tu chi dici che io sia?», ospita un’intervista di Paola Bignardi a Edio Costantini, direttore del Centro Studi del Centro Sportivo Italiano, originario di San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno). La rubrica «Orizzonti» arricchisce il fascicolo con il contributo di attualità di Angelo Bertani, giornalista e scrittore.

Una parola particolare per il «Dossier». Sotto il titolo: «Siate santi, perché io sono santo», tratto dal libro del Levitico (11,44), sono raccolti sette studi sul tema: «Chiamati alla santità». L’argomento è svolto da qualificati esperti secondo varie angolature: cristologica (A. Matteo), pneumatologia (A. Langella), ecclesiologica (V. Mignozzi), spirituale (B. Secondin), biblica (R. Torti Mazzi), mariana (A. Amato), pedagogica (P. Ruffinatto). Una fede pienamente vissuta non può che sfociare in una pienezza di grazia e in una trasfigurazione di tutta l’esistenza. Per questo ci sembra che ben si coniugano il tema dell’Anno della fede e il nostro Dossier sulla santità, quale «misura alta della vita cristiana» (NMI 31).

Seguono le rubriche: «Religiose digitali» a cura di Caterina Cangià; «Vedere-Leggere-Ascoltare» sul film: «Miral» (Teresa Braccio), le «Segnalazioni» di libri a cura di Rita Bonfrate e Emma Zordan. Un’attenzione va data al volume indicato dal «Libro del mese»: La riconciliazione “sorella del Battesimo” di Gianmarco Busca, presentato da Maria Campatelli del Centro Aletti. Conclude il fascicolo l’Indice dell’annata 2011 e del Supplemento: Dio seduce ancora.

A tutti e a ciascuno il mio augurio che esprimo con un brano dell’invocazione alla Vergine della Conferenza Episcopale Italiana, riportata nel documento Educare alla vita buona del Vangelo:

Maria, Vergine del silenzio,
non permettere che davanti
alle sfide di questo tempo
la nostra esistenza sia soffocata
dalla rassegnazione e dall’impotenza.
Aiutaci a custodire l’attitudine all’ascolto,
grembo nel quale la parola diventa feconda
e ci fa comprendere
che nulla è impossibile a Dio.

Maria Marcellina Pedico
Serve di Maria Riparatrici
Via Monte Velino, 30 - 00141 ROMA
m.pedico@smr.it