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Ciao
Giona,
ti scrivo da Ninive. Sì
hai letto bene: Ni-ni-ve, là dove tu ti rifiutasti ostinatamente di
andare mettendo alla prova anche la proverbiale pazienza di Dio.
Ninive non è cambiata
poi molto, sai, da tremila anni a questa parte, anche se le luci al
neon, le vetrine scintillanti e i clacson che strombazzano potrebbero
farti pensare il contrario. Ma si tratta di un inganno, mera apparenza:
basta che, come già facesti tu ai tuoi tempi, ci si incammini qualche
isolato più in là del centro brulicante di turisti, che si coglie la
vera natura di Ninive, l’essenza della grande città: agglomerato di
contraddizioni dove speranza ed illusioni, vita e morte, gioia e dolore
si mischiano e creano un ingorgo caotico come il traffico nelle ore di
punta.
Dove ci sono famiglie
che organizzano parties in verdi prati di ville principesche e altre che
si ammassano per sopravvivere in misere baracche di fango. Dove ci sono
giovani che arrivano con una borsa di studio per frequentare l'università
e altri con un sacchetto di plastica da riempire con i regali ricavati
dal commercio del proprio corpo.
Questa è la grande
città, il mondo in cui non si vorrebbe andare; in cui non volevi andare
tu, in cui non vorrei andare io, in cui non vorrebbero andare le nostre
famiglie religiose. Perché la grande città è come il grande pesce che
tutto fagocita, persino il profeta, persino il consacrato…
…e allora, molto
meglio scegliere luoghi più sicuri e nelle programmazioni
post-capitolari è bene preferire Tarsis anche se ormai essa pullula di
Congregazioni religiose. Perché è risaputo, a Tarsis il clima è
migliore e la gente è più buona e più accogliente. A Ninive invece
c’è tutto da perdere: covo di peccatori, gente senza speranza di
redenzione e, soprattutto, quella dimensione da far paura… tre
giornate di cammino di baraccati, di fango, di vicoli ciechi, di ragazzi
di strada, di malati di AIDS, di prostitute bambine, di immondezza a
cielo aperto, di usurai affittuari di catapecchie.
Sì, il problema di
Ninive, della città, è proprio questo: che essa è grande, troppo
grande, così grande da non vederne la fine. La fine delle sue strade e
la fine delle sue miserie.
E allora come
Novecento, il protagonista de La leggenda del pianista sull’Oceano,
non ce la sentiamo proprio di scendere dalla nave delle nostre vite
religiosamente pianificate.
Forse anche noi, come
capitò a te, avremmo bisogno di qualcuno che “ci butti a mare”,
facendoci così capire che la via della missione, del lieto annuncio ai
poveri, non può e non deve evitare di passare attraverso i vicoli delle
grandi città, soprattutto del sud del mondo, dove milioni di fratelli
impoveriti vivono, sopravvivono, più spesso muoiono.
Del resto anche tu,
alla fine, a Ninive ci sei andato, anche se non proprio col sorriso
sulle labbra. Ci sei andato, ti sei addentrato in essa, hai camminato,
ti sei fermato, sei rimasto. Non hai costruito opere e neppure hai
predicato un granchè. E’ bastata la tua semplice presenza di profeta,
supportata ovviamente dalla Grazia di Dio, che mai si lascia vincere in
generosità, per operare miracoli.
Allora, Giona, aiutaci
a vincere le nostre resistenze, che furono anche le tue e a decidere
finalmente il “santo viaggio” verso la grande città, verso tutte le
Ninive di questo mondo soprattutto verso quelle del Sud del mondo.
L’inventore di Ninive,
della città è Caino: forse per questo in essa è così difficile
vivere la fraternità e (come già Padre Haring ricordava agli inizi
degli anni ’80) in essa manca la dimensione umana del “vicinato”.
Come non capire che lì sono indispensabili presenze religiose
femminili, comunità-comunione, segni di fraternità condivisa?
Ogni Ninive è un po’
Babele, dove vengono aggregati e dispersi popoli differenti per lingua,
cultura, fede e dove quindi le radici etnico-culturali-religiose
rischiano inesorabilmente di spezzarsi, frantumarsi. Come non accogliere
la chiamata a vivere lì il nostro essere “sorelle universali”
presenze che promuovono ed esaltano la ricchezza delle “diversità?”
Aiutaci a vincere le
nostre resistenze…
E l’esempio della tua
storia, a noi così vicina, ci doni il coraggio di fidarci più di Dio
che non delle nostre idee, sicurezze … ribellioni.
Così da rischiare di
vedere miracoli.
Saluti da Ninive
Maria
Mori
Missionaria in Tanzania
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