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supplemento
n. 2 del 2001

 

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Presentazione
di Biancarosa Magliano
 

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“Uno dei problemi fondamentali della vita umana è di sapere e credere in chi si è”. Così veniva affermato in uno dei tanti convegni il cui tema di fondo era la donna. In sintesi, si tratta di conoscere la propria identità, ammetterla, accoglierla e viverla in pienezza. Molti sono i volumi e forse non meno le assise a tutti i livelli, da quelle internazionali a quelle territoriali, di partito, di categoria, raggruppamenti, associazioni, che hanno coinvolto esperti e affrontato la tematica in una gamma vastissima di punti di vista. La maggior parte e secondo modalità diverse sono state di particolare rilievo qualitativo.

I primi dell’era cristiana a parlarne, sono stati gli evangelisti. Secondo Matteo, Luca e anche Paolo Gesù ne consacra la dignità nascendo da una donna, ne esalta la fede, la provoca in un dialogo esistenziale (samaritana). Già risorto, le vuole testimoni della sua risurrezione. Luca scrive: “Gesù se ne andava per le città e i villaggi, predicando e annunciando la buona novella del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici e alcune donne…” e le nomina come in precedenza aveva elencato i nomi degli apostoli: “Maria di Magdala… Giovanna… Susanna e molte altre che lo assistevano con i loro beni”.

Paola Bignardi, Presidente nazionale dell’Azione Cattolica, durante l’ultima Assemblea USMI diceva testualmente: “Una vocazione non vale per i servizi che compie, ma per il ‘segno’ che essa è”, altrimenti detto, per il volto che essa esprime e presenta, il volto di chi rimanda all’uomo della strada. Ella ha pure affermato la necessità della “testimonianza di quel genio femminile di cui parla il papa e che oggi sembra essere diventato un obiettivo sfuocato, che non ci inquieta più di tanto…”.

Come donne consacrate siamo state chiamate e abilitate a essere segno, icona, immagine, “volto” dell’invisibile, della bellezza e della bontà di Dio. Sappiamo tutti che l’icona esprime figurativamente quell’esperienza di rapporto con l’ineffabilità di Dio che svela contemporaneamente la verità sull’uomo. L’icona perciò “non nasce nel laboratorio dell’artista, ma nel cuore dell’uomo. Lì si costruisce l’immagine visibile del Dio invisibile”. Parte da una tavola di legno, ma, quando è compiuta secondo le sue leggi, esprime l’invisibile.

Ecco la nostra vocazione: costruire nel nostro intimo e nella vita, ed essere quel segno che viene poi, comunque, espresso.

Nell’anno cinquantesimo della rivista, sorta per offrire un servizio di animazione, di formazione ma soprattutto di comunione all’interno della vita religiosa apostolica femminile, tentiamo di offrire alcuni appunti, poche annotazioni come linee di riflessione e operative che aiutino a essere l’icona dell’invisibile, a operare con quella significatività che è nell’essenza stessa della vita consacrata.

Le sfaccettature della nostra quotidianità sono molteplici. La vita nostra corre su diversi binari, ciascuna nel ruolo che la storia, l’istituto, il carisma personale e istituzionale, la qualificazione le hanno affidato; e il tutto si richiama e ha la sua fonte ultima in Dio, Signore del tempo e della storia. Ma alcune linee hanno un fondo comune. Per questo abbiamo interpellato persone che hanno o hanno avuto nella Chiesa o nel proprio Istituto qualifiche e mansioni diverse. Sono, anch’esse, volti diversificati che nell’insieme offrono l’icona di quella donna consacrata che a buon diritto può camminare sicura nel solco di questo inizio di millennio.

Sono tutte, o quasi, “donne”. Enrica Rosanna, delle Figlie di Maria Ausiliatrice, sociologa, è stata preside della Facoltà di Scienze dell’Educazione Auxilium, ha partecipato, invitata, al Sinodo sulla vita consacrata e al Convegno ecclesiale di Palermo come esperta. Paola Moschetti vive da oltre trent’anni in un eremo, ha fatto parte del collegamento dell’Ordine delle Vergini in Italia, è autrice di libri di spiritualità, campo in cui è particolarmente impegnata. Paola Magna, delle suore Ausiliatrici del Purgatorio, lavora come psicologa nel Centro di accompagnamento vocazionale e nella pastorale in un parrocchia di Milano, collabora alla scuola pratica di accompagnamento spirituale e nel suo istituto segue le juniores nel cammino formativo. Gabriella Tripani, è Missionaria di Maria Immacolata, ramo femminile del PIME; attualmente è vicaria generale del suo istituto, esperta in campo psicologico, è a conoscenza di problematiche e possibilità di popoli del terzo mondo. Maria Marcellina Pedico, delle Serve di Maria Riparatrici, esperta in mariologia, è docente alla Facoltà Teologica Pontificia Marianum, direttrice della rivista Riparazione Mariana, compie mansioni di animazione all’interno del suo Istituto. Costantina Kersbamer, delle Suore di Carità dette di Maria Bambina, ha avuto incarichi di formazione e di governo all’interno del suo Istituto, sparso nei cinque continenti. Maria Giampaolo, delle Figlie della Chiesa, istituto particolarmente qualificato per l’animazione liturgica e la catechesi, collabora in alcune riviste. Infine Ermes M. Ronchi, dell’ordine dei Serviti, vive nel convento di san Carlo al Corso in Milano di cui è priore e dove dirige l’ormai storico centro culturale Corsia dei Servi. è autore di libri di spiritualità. Attualmente offre al sabato su Avvenire spunti di riflessione sul vangelo festivo.

Così, partendo da un ragguaglio dell’attuale situazione della vita religiosa femminile, vengono esaminati alcuni aspetti fondamentali del nostro dover essere, come donne, amanti della bellezza e della comunione, del servizio e della gioia; creatrici di vita e suscitatrici di dialogo; capaci di cogliere i frammenti di bontà sparsi nella storia.

Il nostro non intende essere un discorso generico e dispersivo, che non servirebbe a nulla. Non vogliamo ripetere teorie astratte né essere mestieranti o manipolatori della cultura, sia pure religiosa. Il nostro dire e il nostro scrivere partono sempre da quella Parola che è unica e verace. Intende essere un contributo, pur modesto, per definire la configurazione e la dinamica della propria esistenza di donna secondo lo Spirito. Il nuovo millennio che abbiamo avuto la gioia di iniziare vedrà senz’altro uno sviluppo ancora maggiormente carico di significanza del discorso femminile. Noi siamo chiamate a dare il nostro apporto, pur minimo, ma - lo crediamo - necessario.

Vogliamo rileggere ancora una volta la donna con “gli occhi dello Spirito”, per prendere sempre maggiore coscienza della nostra identità. Vogliamo essere protagoniste della realizzazione piena delle promesse di Dio, nella semplicità, nella fratellanza con tutti, nella mutua collaborazione.

Oggi si parla molto di “rifondazione della vita consacrata”. E’ l’ideale che si è proposto nell’assumere le proprie responsabilità, all’inizio del quinquennio, l’attuale Consiglio di Presidenza dell’USMI nazionale. Insieme vogliamo camminare su questa strada. Rifondare la vita religiosa equivale a darle un volto nuovo: il volto nuovo della donna consacrata nuova. Ma il cambio autentico esige radicalità, non quantitativa, bensì qualitativa; richiede il superamento delle nostalgie del passato e il vedere con occhi nuovi la nuova realtà e incarnarvisi dentro. La rifondazione esige l’apertura allo Spirito che crea e ricrea, trasforma e fa nuove tutte le cose.

Affidiamo questo lavoro a Maria, donna libera di Dio, “Alba dei tempi nuovi, Stella del terzo millennio” - come l’ha definita il 1° gennaio Giovanni Paolo II - donna dell’accoglimento e della custodia della Parola. La donna in cui la pienezza è diventata potenza. Donna innamorata e perciò in ricerca e, come lei, sulla scia degli antichi padri, vogliamo sperare contro ogni speranza, così che la nostra vita diventi un pellegrinaggio di sapore mariano; non per rincorrere chissà quali chimere, ma perché, con mente lucida, prima che sia troppo tardi, possiamo riedificare il nostro essere oggi nel mondo.

Tutte, in qualche modo, abbiamo vissuto e celebrato il Grande Giubileo. Raccogliamo con coraggio la sfida di Giovanni Paolo II: Ripartire e Guardare lontano! Come Paolo: Protese verso il futuro…

Concretezza e canto, poesia e fatica. Oggi forse ancora più di prima la vita deve diventare, pur nella concretezza e nella fatica, canto e poesia.

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