1. L’Anno del Rosario: ottobre 2002-ottobre
2003
Ci
sono alcune novità in questa Lettera Apostolica del Santo Padre: 1. la
proclamazione dell’Anno del Rosario; 2. l’introduzione di cinque nuovi
misteri, chiamati «misteri della luce»; 3. la ridistribuzione dei
misteri lungo la settimana: i misteri della luce da recitarsi al giovedì
e quelli gaudiosi al sabato; 4. l’elevazione del rosario da preghiera
riservata agli illetterati e ai semplici a una vera e propria “via”
mariana di orazione e di spiritualità cristiana.
Dopo
la grandiosa Enciclica Redemptoris Mater (1987) e la Lettera
Apostolica Mulieris dignitatem (1988) e dopo il ciclo biennale di
catechesi mariana (6 settembre 1995-12 novembre 1997)2,
il Santo Padre ci offre all’inizio del terzo millennio una preziosa
lezione di spiritualità mariana, concentrata sul pio esercizio del
Rosario. Il linguaggio semplice e brillante e la sua indole
profondamente autobiografica, fanno di questo documento una delle pagine
più ispirate del suo magistero.
«Il
rosario è la mia preghiera prediletta. Preghiera meravigliosa!
Meravigliosa nella sua semplicità e nella sua profondità» (n. 2). Così
si esprime il Santo Padre sul Rosario, una preghiera che, fin dai suoi
anni giovanili, ha avuto un posto importante nella sua vita spirituale,
accompagnandolo nei momenti della gioia come in quelli della prova:
«Quante grazie ho ricevuto in questi anni dalla Vergine Santa attraverso
il Rosario: Magnificat anima mea Dominum! Desidero elevare
il mio grazie al Signore con le parole della sua Madre Santissima, sotto
la cui protezione ho posto il mio ministero petrino. Totus tuus!» (n.
2).
Col
Rosario, una preghiera amata dai Santi e incoraggiata dal Magistero,
preghiera dal cuore cristologico, preghiera che quasi compendia il
messaggio evangelico, il popolo cristiano si mette alla scuola di Maria,
per contemplare la bellezza del volto di Gesù e sperimentare la
profondità del suo amore.
Per
promuovere e facilitare questa contemplazione il Santo Padre proclama
«l’anno che va dall’ottobre di quest’anno all’ottobre del 2003 Anno del
Rosario» (n. 3).
Si
tratta, certo, di una novità, che riprende, però, una iniziativa
analoga, già collaudata felicemente nei tre anni di preparazione al
grande Giubileo dell’anno 2000, durante i quali la Chiesa intera fu
impegnata nella meditazione del mistero dell’incarnazione salvifica del
Figlio, della carità dello Spirito e della misericordia del Padre.
La
riscoperta del Rosario «porta al cuore stesso della vita cristiana e
offre un’ordinaria quanto feconda opportunità spirituale e pedagogica
per la contemplazione personale, la formazione del popolo di Dio e la
nuova evangelizzazione» (n. 3). Alle due obiezioni che si rivolgono più
frequentemente a questa pratica, considerata da alcuni antiliturgica e
antiecumenica, il Papa risponde che essa «non si oppone alla Liturgia,
ma le fa da supporto»; inoltre, essendo una preghiera essenzialmente
cristologica, «il Rosario è un aiuto, non certo un ostacolo
all’ecumenismo!» (n. 4).
Il
Rosario, infine, si situa nella migliore e più sperimentata tradizione
della contemplazione cristiana. Sviluppatosi in Occidente, il Rosario è
preghiera tipicamente meditativa e corrisponde, in qualche modo, alla
«preghiera del cuore» o «preghiera di Gesù» germogliata nell’humus
dell’Oriente cristiano (cf n. 5).
I
Santi ne hanno fatto un’autentica scuola di orazione. Si citano, al
riguardo, san Luigi Maria Grignion de Montfort, Padre Pio da Pietrelcina
e soprattutto il beato Bartolo Longo, apostolo del Rosario, che
affermava: «Chi propaga il Rosario è salvo!» (n. 8).
Dopo
questa introduzione, la Lettera si suddivide in tre parti, dedicate
rispettivamente alla contemplazione di Gesù in compagnia di Maria, alla
meditazione dei misteri vecchi e nuovi del Rosario e alle concrete
modalità della sua recita.
In un
tempo, come il nostro, in cui affiora una nuova esigenza di
spiritualità, spesso sollecitata dai richiami e dagli influssi di altre
religioni, il Rosario può costituire una forma sobria e popolare, ma
altamente educativa, della pietà e della santità cristiana.
2. La contemplazione del
volto di Gesù in compagnia di Maria
2.1. Gli occhi di Maria fissi su Gesù
Sul
Tabor e solo per breve tempo, Pietro, Giacomo e Giovanni furono rapiti
dalla bellezza del Redentore, trasfigurato dalla luce della sua
divinità. Maria, invece, si dedicò assiduamente alla contemplazione del
suo Figlio divino a Betlemme come a Nazareth, a Cana come sul Calvario.
In tal modo, la contemplazione di Cristo trova in lei un modello
insuperabile: «Il volto del Figlio le appartiene a titolo speciale» (n.
10).
A
questo punto si fa altamente poetica la modulazione che il Papa fa dello
sguardo adorante di Maria nei confronti di Gesù:
«Sarà talora uno sguardo interrogativo, come nell’episodio dello
smarrimento nel tempio: “Figlio, perché ci hai fatto così?” (Lc 2,48);
sarà
in ogni caso uno sguardo penetrante, capace di leggere
nell’intimo di Gesù, fino a percepirne i sentimenti nascosti e a
indovinarne le scelte, come a Cana (cf Gv 2,5);
altre volte sarà uno sguardo addolorato, soprattutto sotto la
croce, dove sarà ancora, in certo senso, lo sguardo della “partoriente”,
giacché Maria non si limiterà a condividere la passione e la morte
dell’Unigenito, ma accoglierà il nuovo figlio a Lei consegnato nel
discepolo prediletto (cf Gv 19,26-27);
nel
mattino di Pasqua sarà uno sguardo radioso per la gioia della
risurrezione
e,
infine, uno sguardo ardente per l’effusione dello Spirito nel
giorno di Pentecoste (cf At 1,14)» (n. 10).
Maria
ha vissuto con gli occhi fissi su Gesù, facendo tesoro di ogni sua
parola e azione. E i ricordi di Gesù, impressi nella sua anima,
costituirono in un certo senso «il “rosario” che Ella stessa ha
costantemente recitato nei giorni della sua vita terrena» (n. 11).
2.2. Il Rosario, preghiera contemplativa
A
partire da questa esperienza mariana, il Rosario si qualifica come una
preghiera spiccatamente contemplativa.
Sono
cinque le dimensioni che ne definiscono il carattere contemplativo.
1.
Ricordare Cristo con Maria. Il ricordare qui viene inteso nel senso
biblicamente pieno della memoria, che attualizza nell’oggi le opere
compiute da Dio nella storia della salvezza. Questa attualizzazione si
realizza particolarmente nella Liturgia. Ma, se la Liturgia è azione
salvifica per eccellenza, «il Rosario, quale meditazione su Cristo con
Maria, è contemplazione salutare» (n. 13). In tal modo, con la
partecipazione alla Liturgia e con la recita del Rosario, il fedele vive
l’impegno evangelico della preghiera incessante e dell’assimilazione
esistenziale del mistero della salvezza.
2.
Imparare Cristo da Maria. Se Gesù è il Maestro per eccellenza, il
rivelatore e la rivelazione, «non si tratta solo di imparare le cose che
Egli ha insegnato, ma di “imparare Lui”» (n. 14). In questo
apprendimento nessuno è più esperto di Maria, dal momento che «tra gli
esseri umani, nessuno meglio di Lei conosce Cristo, nessuno come la
Madre può introdurci a una conoscenza profonda del suo mistero» (n. 14).
Il meditare, quindi, le scene del Rosario è mettersi alla scuola di
Maria, per leggere Cristo, penetrarne i segreti, comprenderne la lezione
di verità e di vita.
3.
Conformarsi a Cristo con Maria. Questo apprendimento implica non
soltanto una conoscenza teorica, ma una esperienza vitale del mistero di
comunione con Gesù. È questa la spiritualità cristiana, che significa
conformazione a Cristo, avere gli stessi sentimenti che furono in Cristo
Gesù (cf Fil 2,5), rivestirsi di Cristo (Rm 13,14; Gal 3,27). Il Rosario
consente a Maria di educarci e di plasmarci con sollecitudine materna,
fino a quando Cristo non sia formato pienamente in noi (cf Gal 4,19).
Qui viene opportunamente
richiamata la dottrina mariana del Montfort, secondo il quale, essendo
Maria la creatura più conforme a Gesù Cristo, ne consegue che, tra tutte
le devozioni, quella che consacra e conforma di più un’anima a Nostro
Signore è la devozione a Maria, sua santa Madre. (cf n. 15)3.
4.
Supplicare Cristo con Maria. La conformazione a Cristo implica
una incessante vita di preghiera. Il Rosario sostiene la preghiera dei
fedeli e l’insistente implorazione della Madre di Dio poggia sulla
fiducia che Ella, come a Cana, può tutto sul cuore del Figlio. Dice il
Papa:
«Ella
è “onnipotente per grazia”, come, con audace espressione da ben
comprendere, diceva nella sua Supplica alla Vergine il beato
Bartolo Longo. Una certezza, questa, che, a partire dal Vangelo, si è
andata consolidando per via di esperienza nel popolo cristiano. Il sommo
poeta Dante la interpreta stupendamente, nella linea di san Bernardo,
quando canta: “Donna, se’ tanto grande e tanto vali, / che qual vuol
grazia e a te non ricorre, / sua disianza vuol volar sanz’ali” (Par.
XXXIII,13-15). Nel Rosario Maria, santuario dello Spirito Santo (cf Lc
1,35), mentre è supplicata da noi, si pone per noi davanti al Padre che
l’ha colmata di grazia e al Figlio nato dal suo grembo, pregando con noi
e per noi» (n. 16).
5.
Annunciare Cristo con Maria. Il Rosario oltre che preghiera
contemplativa diventa anche «una significativa opportunità catechetica»
(n. 17). Come nei secoli passati il Rosario è stato utilizzato a difesa
della retta fede contro le eresie, così oggi, nei confronti delle nuove
sfide, esso «conserva tutta la sua forza e rimane una risorsa non
trascurabile nel corredo pastorale di ogni buon evangelizzatore» (n.
17).
3. Il Rosario «compendio del Vangelo»
3.1. Una opportuna integrazione
Alla
contemplazione del volto di Gesù nella prima parte, segue, nella seconda
parte, la meditazione dei misteri della sua proesistenza salvifica.
Nonostante la sua indole profondamente evangelica, il Rosario, però,
addita solo alcuni dei tanti misteri della vita di Cristo. Per
potenziare il suo spessore cristologico, il Papa ritiene opportuna
un’integrazione, che consenta di abbracciare anche i misteri della
vita pubblica di Cristo tra il Battesimo e la Passione, nei
quali Gesù si presenta come «luce del mondo» (Gv 9,5).
Di
conseguenza, «dopo aver ricordato l’incarnazione e la vita nascosta di
Cristo (misteri della gioia), e prima di soffermarsi sulle
sofferenze della passione (misteri del dolore), e sul trionfo
della risurrezione (misteri della gloria), la meditazione si
porti anche su alcuni momenti particolarmente significativi della vita
pubblica (misteri della luce)» (n. 19).
Questa integrazione, da
una parte, conferma il Rosario come “compendio del Vangelo”, dall’altra,
lo arricchisce di contenuto spirituale, quale «vera introduzione alla
profondità del Cuore di Cristo, abisso di gioia e di luce, di dolore e
di gloria» (n. 19).
3.2. I cinque nuovi «Misteri della luce»
Dopo
un accenno ai misteri della gioia che si irradia
dall’Incarnazione (n. 20), il Santo Padre elenca e commenta i cinque
nuovi misteri della luce.
Se è
vero che tutto il mistero di Cristo è luce, essendo egli «la luce del
mondo» (Gv 8,12), è altrettanto vero che questa dimensione emerge
particolarmente negli anni della vita pubblica, quando
Egli annuncia il vangelo del Regno:
Volendo indicare alla comunità cristiana cinque momenti significativi –
misteri ‘luminosi’ – di questa fase della vita di Cristo, ritengo che
essi possano essere opportunamente individuati:
Il
primo mistero di luce contempla il Battesimo di Gesù (Mt 3,17).
Qui, mentre il nostro Redentore scende nell’acqua del fiume Giordano, il
cielo si apre e la voce del Padre lo proclama Figlio diletto, mentre lo
Spirito Santo scende su di Lui per investirlo della missione che lo
attende.
Il
secondo mistero di luce considera l’inizio dei miracoli di
Gesù alle nozze di Cana (cf Gv 2,1-12), quando il nostro Redentore (cf
Gv 2,1-12), cambiando l’acqua in vino, apre alla fede il cuore dei
discepoli grazie all’intervento di Maria, la prima dei credenti.
Il
terzo mistero di luce contempla la predicazione con la quale Gesù
annuncia l’avvento del Regno di Dio e invita alla conversione
(cf Mc 1,15), rimettendo i peccati di chi si accosta a Lui con umile
fiducia (cf Mc 2,3-13; Lc 7,47-48): è l’inizio del ministero di
misericordia che Egli eserciterà sino alla fine del mondo, specie
attraverso il sacramento della Riconciliazione affidato alla sua Chiesa
(cf Gv 20,22-23).
Il
quarto mistero di luce medita la Trasfigurazione sul Monte Tabor.
La gloria della divinità sfolgora sul volto di Gesù, mentre il Padre lo
accredita presso gli Apostoli estasiati, perché lo ascoltino (cf Lc 9,35
e par) e si dispongano a vivere con Lui il momento doloroso della
Passione, per giungere con Lui alla gioia della Risurrezione e a una
vita trasfigurata dallo Spirito Santo.
Il
quinto mistero di luce contempla l’istituzione dell’Eucaristia,
nella quale Gesù si fa nutrimento con il suo Corpo e il suo Sangue sotto
i segni del pane e del vino, testimoniando “sino alla fine” il suo amore
per l’umanità (Gv 13,1), per la cui salvezza si offrì in sacrificio.
In
questi cinque misteri la presenza di Maria rimane sullo sfondo.
Tuttavia, l’ammonizione che, a partire da Cana, Ella rivolge a tutta la
Chiesa: «Fate quello che vi dirà» (Gv 2,5), introduce opportunamente le
parole e i segni di Cristo durante la sua vita pubblica, «costituendo lo
sfondo mariano di tutti i “misteri della luce”» (n. 21).
Il
Santo Padre si sofferma poi brevemente sui misteri del dolore,
fortemente evidenziati nei Vangeli e profondamente vissuti dalla pietà
cristiana, soprattutto in Quaresima, mediante la pratica della Via
Crucis (n. 22); e sui misteri della gloria, che costituiscono
il vertice della contemplazione di Gesù: «La contemplazione del volto di
Cristo non può fermarsi all’immagine di Lui crocifisso. Egli è il
Risorto!» (n. 23).
3.3. La via di Maria
Il
Rosario non esaurisce certo il Vangelo, ma ne richiama l’essenziale e
introduce il fedele «al gusto di una conoscenza di Cristo che
continuamente attinge alla fonte pura del testo evangelico» (n. 24).
Tutto
nella vita di Gesù è segno del suo Mistero e a ciascun fedele è rivolto
l’auspicio dell’Apostolo: «Che il Cristo abiti per la fede nei vostri
cuori» (Ef 3,17):
«Il
Rosario si pone a servizio di questo ideale, offrendo il ‘segreto’ per
aprirsi più facilmente a una conoscenza profonda e coinvolgente di
Cristo. Potremmo dirlo la via di Maria» (n. 24).
Nel
Rosario «i misteri di Cristo sono anche, in certo senso, i misteri della
Madre, persino quando non vi è direttamente coinvolta, per il fatto
stesso che Ella vive di Lui e per Lui» (n. 24). Ma nel Rosario batte
anche il ritmo della vita umana, dal momento che il mistero di Cristo
ricapitola, svela e redime il mistero dell’uomo.
Questa seconda parte si conclude con una finissima analisi
antropologica, per cui, ripercorrendo i misteri di Gesù, il fedele
ritrova la verità della sua esistenza umana:
«Contemplando la sua nascita impara la sacralità
della vita,
guardando alla casa di Nazareth apprende la verità
originaria sulla famiglia secondo il disegno di Dio,
ascoltando il Maestro nei misteri della vita pubblica
attinge la luce per entrare nel Regno di Dio
e, seguendolo sulla via del Calvario, impara il senso
del dolore salvifico.
Infine, contemplando Cristo e sua Madre nella gloria,
vede il traguardo a cui ciascuno di noi è chiamato, se si lascia sanare
e trasfigurare dallo Spirito Santo.
Si può dire così che
ciascun mistero del Rosario, ben meditato, getta luce sul mistero
dell’uomo» (n. 25).
4. Il Rosario, via di
assimilazione a Cristo
La
terza parte tratta della modalità di recitazione del Rosario, che si
fonda su due caratteristiche: la ripetizione e la riflessione. La
ripetizione dell’Ave Maria costituisce una manifestazione di
amore alla Vergine ed esprime il desiderio di una sempre più piena
conformazione a Cristo.
L’apostolo Paolo ha espresso questo programma con espressioni
memorabili:
«Per
me il vivere è Cristo e il morire un guadagno» (Fil 1,21);
«Non
sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20).
Ma perché il Rosario
possa raggiungere questo obiettivo deve essere ulteriormente migliorato.
A questo proposito, il Santo Padre suggerisce alcune modalità di
recitazione. Si tratta di sette suggerimenti che possono potenziare il
Rosario, come metodo di meditazione (n. 28).
1.
Anzitutto l’enunciazione del mistero può essere opportunamente
accompagnata dalla contemplazione di un’icona, che lo raffiguri. Si
tratta di una specie di “compositio loci”, presente nella tradizione
spirituale occidentale e proposta, ad esempio, da sant’Ignazio di Loyola
nei suoi Esercizi Spirituali. Il ricorso ad elementi visivi e
immaginativi possono favorire la concentrazione dell’animo sul mistero
da meditare (n. 29).
2.
All’enunciazione del mistero può essere utile unire la proclamazione
di un passo biblico corrispondente, che, a seconda delle
circostanze, può essere più o meno ampio. Si tratta di lasciar parlare
Dio e di ascoltarne la parola ispirata, pronunciata per me oggi con una
straordinaria efficacia di grazia (n. 30).
3.
È poi opportuno che, dopo l’enunciazione del mistero e la proclamazione
della Parola, ci sia un adeguato periodo di silenzio: «La riscoperta del
valore del silenzio è uno dei segreti per la pratica della
contemplazione e della meditazione» (n. 31).
4.
Al silenzio segue la preghiera del Padre nostro, fondamento della
meditazione cristologico-mariana, che si sviluppa con la ripetizione
dell’Ave Maria (n. 32).
5.
Le dieci Ave Maria costituiscono l’elemento più
appariscente e corposo del Rosario, facendone la preghiera mariana per
eccellenza: «Ripetere il nome di Gesù – l’unico nome nel quale ci è dato
di sperare salvezza (cf At 4,12) – intrecciato con quello della Madre
Santissima, e quasi lasciando che sia Lei stessa a suggerirlo a noi,
costituisce un cammino di assimilazione, che mira a farci entrare sempre
più profondamente nella vita di Cristo» (n. 33).
6.
Il Gloria, con la sua dossologia trinitaria, rappresenta il
traguardo e il culmine di questa contemplazione di Cristo in compagnia
di Maria. Lungi dal costituire una rapida conclusione, il Gloria,
che potrebbe anche essere cantato, eleva l’animo all’altezza del
Paradiso, facendoci rivivere in qualche modo l’esperienza del Tabor,
quando Pietro esclamò: «È bello per noi stare qui» (Lc 9,33)» (n. 34).
7.
Infine la stessa corona può dare, col suo simbolismo, un
ulteriore spessore alla contemplazione:
-
essa, infatti, parte e arriva al Crocifisso, che in tal modo apre e
chiude il cammino stesso dell’orazione: tutto inizia da Lui e tutto
tende a Lui e, mediante Lui, al Padre, nella carità dello Spirito santo;
-
come strumento di conteggio, che scandisce l’avanzare della preghiera,
essa evoca l’incessante cammino della contemplazione e della perfezione
cristiana;
- la
corona, infine, ci ricorda il vincolo di comunione e di fraternità che
tutti ci lega in Cristo (n. 37).
5. Il Rosario, preghiera dei consacrati
«Conto su di voi, consacrati e consacrate, chiamati a titolo
particolare a contemplare il volto di Cristo, alla scuola di Maria» (n.
43). È questo l’invito che il Papa rivolge ai consacrati,
particolarmente esperti in questa preghiera mariana. Del resto,
storicamente parlando, si deve ai consacrati, in modo particolare ai
Domenicani, la diffusione di questo pio esercizio.
La
corona del Rosario non manca mai tra le mani dei consacrati. Per loro il
Rosario è la preghiera di tutte le ore e di tutte le stagioni. Recitato
comunitariamente o sgranato personalmente nei momenti di silenzio e di
pausa apostolica, il Rosario costituisce il respiro della loro preghiera
personale. Col Rosario essi consolidano i vincoli di comunione e di
carità fraterna. Nel Rosario trovano ancora una proposta apostolica
avvincente anche per i giovani del terzo millennio, come dimostrano le
giornate mondiali della gioventù.
L’esistenza consacrata, pertanto, sembra inverare in pieno la supplica
pompeiana del Beato Bartolo Longo:
«O
Rosario benedetto di Maria,
catena dolce che ci rannodi a Dio,
vincolo di amore che ci unisci agli Angeli,
torre di salvezza negli assalti dell’inferno,
porto sicuro nel comune naufragio,
noi non ti lasceremo mai più.
Tu ci sarai conforto nell’ora dell’agonia.
A te l’ultimo bacio della vita che si spegne» (n. 43).
1. Giovanni Paolo II,
Lettera Apostolica Rosarium Virginis Mariae, Libreria Editrice Vaticana,
Città del Vaticano 2002, n. 1. I numeri tra parentesi che si trovano nel
testo si riferiscono a questo documento.
2. Giovanni Paolo II, Maria
nel mistero di Cristo e della Chiesa (= Catechesi sul Credo V), Libreria
Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1998.
3. Si veda il Trattato della
vera devozione a Maria, n. 120.
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