Nel
tempo di Avvento la Chiesa si dispone a celebrare la nascita di Cristo
atteso: atteso ieri, oggi, sempre, poiché egli è colui che è venuto,
viene e verrà1.
Attende cioè, con vigile attesa e con cuore sponsale, la venuta gloriosa
del suo Signore, la consumazione nell’amore, la propria trasformazione
in Regno santo. L’Avvento allora si configura come il tempo dell’attesa
che non delude e si fa conversione, della disponibilità accogliente che
diviene lode incessante, della speranza gioiosa che si volge in amore e
in preghiera, della meraviglia e dello stupore che portano alla
contemplazione.
Il
credente che «prende il largo» nel periodo dell’Avvento, ripartendo dal
fissare lo sguardo sul volto di Cristo2,
è orientato necessariamente all’incontro con la Madre di Dio,
«indissolubilmente congiunta» al Figlio. Maria è colei che ha vissuto in
modo compiuto l’attesa del Natale di Gesù, l’Emmanuele, il Dio-con-noi (cf
Sacrosanctum concilium 102-103).
L’Avvento è spazio sacramentale per una frequente memoria cultuale
della Vergine. In questo tempo la liturgia romana spesso ricorda la
Vergine Maria, anzi la valorizza in modo esemplare, ponendo
particolarmente in rilievo la sua relazione e cooperazione al mistero
della redenzione.
Le
luci del mistero di Maria sono racchiuse nelle orazioni presidenziali
che aprono, accompagnano e chiudono ogni celebrazione eucaristica. Si
pensi all’orazione iniziale chiamata colletta, a quella denominata
“orazione sulle offerte” (o super oblata), oppure all’“orazione di
ringraziamento” (o dopo la comunione). Portare l’attenzione su questo
tesoro di testi del Messale Romano costituisce - al dire dei liturgisti
- un punto di partenza per una spiritualità mariana che abbia nella
preghiera liturgica un suo perno qualificante. Una costante e assidua
lettura/meditazione delle orazioni distribuite nei vari momenti della
celebrazione permette di trarne un grande arricchimento spirituale: i
tratti del volto di Maria risultano evidenti a ravvivare il ricordo di
ciò che crediamo, per guidarne l’agire.
Questo tesoro prezioso dell’eucologia mariana occidentale non si
esaurisce nei soli testi della celebrazione eucaristia, ma si prolunga
nella Liturgia delle Ore, dove convergono molti elementi. Un posto
principale lo hanno i salmi, intercalati da antifone; le letture,
intercalate da responsori; gli inni, le preghiere d’intercessione.
Questi testi, che ci sono stati consegnati fin dall’antichità, riservano
alla Vergine un posto di rilievo. Come tali, possono aiutarci,
nell’«oggi» liturgico, a pregare, a formulare in modo essenziale la
nostra fede, a derivarne motivazioni e indicazioni per la nostra
crescita interiore, a disegnare un percorso su cui ordinare la vita.
Per
cogliere inoltre tutta la ricchezza teologica offerta dal rito romano
attraverso i formulari liturgici, è necessario tener presente i due
volti dell’Avvento. Ogni anno la Chiesa vive questo tempo liturgico come
il periodo in cui è chiamata a contemplare e celebrare le due venute del
suo Signore: la prima, nell’umile silenzio, quando il Figlio di
Dio - nella pienezza dei tempi (cf Gal 4,4) - prese carne nel grembo
della Vergine Maria; la seconda, nella gloria, quando alla fine
dei tempi Cristo tornerà per giudicare i vivi e i morti e condurre i
giusti nella casa del Padre, dove la Vergine li ha preceduti e da dove
continuamente intercede per essi.
Nella
prospettiva di questo particolare progetto - unico all’interno dell’anno
liturgico - che abbraccia l’inizio e il compimento della storia della
salvezza, la Chiesa - come abbiamo accennato - rivolge di frequente lo
sguardo di fede a Maria per invocarla nel proprio cammino e per assumere
gli stessi atteggiamenti con cui ella, quale «figlia della stirpe
d’Israele», ha vissuto l’attesa3.
Lo
avevano sottolineato da tempo i liturgisti e lo ha ricordato Paolo VI in
un testo spesso citato:
«Vogliamo [...]
osservare come la liturgia dell’Avvento, congiungendo l’attesa
messianica e quella del glorioso ritorno di Cristo con l’ammirata
memoria della madre, presenti un felice equilibrio cultuale, che
può essere assunto quale norma per impedire ogni tendenza a distaccare
[...] il culto della Vergine dal suo necessario punto di riferimento che
è Cristo» (MC 4).
Il
cammino della comunità cristiana, sostenuto dalla preghiera liturgica
della Chiesa, trova in Maria, madre e vergine, un modello esemplare.
Ispirandosi a lei, che ha accolto la potenza educatrice dello Spirito
santo, anche il discepolo di Cristo si sentirà attratto dal medesimo
Spirito e sarà avvolto dalla sua nube. In tal modo, come è avvenuto per
Maria, lo Spirito crea anche nel credente il clima idoneo perché il
grande evento dell’incarnazione divenga vita della sua vita.
Maria, la donna adombrata in
vaticini, profezie
e simboli dell’Antico Testamento
Nella celebrazione dell’Avvento la liturgia richiama profezie e
vaticini dell’Antico Testamento che illuminano in modo nitido la figura
di Maria, tutta protesa verso l’attesa del Figlio. Questo orientamento
viene sottolineato dal Concilio Vaticano II:
«I libri dell’Antico Testamento, così come vengono letti nella Chiesa e
come vengono compresi alla luce della successiva piena rivelazione,
mettono sempre più chiaramente in evidenza la figura di una donna: la
Madre del Redentore» (LG 55).
Nella solennità dell’Immacolata la liturgia presenta già adombrata la
Vergine nella pagina biblica del primo annuncio di salvezza (Gn 3,15):
l’uomo e la donna non sono abbandonati nella misera condizione in cui si
sono posti aderendo al serpente, perché il Signore susciterà una
irriducibile inimicizia tra il serpente e la donna, tra la stirpe di lui
e quella di lei, e la discendenza della donna schiaccerà la testa del
serpente. La liturgia facendosi eco dei Santi Padri e del Magistero
riconosce nella donna la Vergine Maria e nella sua discendenza
Cristo Signore.
La
liturgia romana della IV domenica prenatalizia vede compiuta nel
concepimento verginale di Cristo la profezia di Isaia rivolta ad Acaz:
«Ecco la vergine concepirà e partorirà un figlio che chiamerà Emmanuele»
(Is 7,14). Riconosce in Maria di Nazaret la donna profetizzata da Michea,
la quale «deve partorire» a Betlemme, città di Davide, il luogo da cui
uscirà il dominatore d’Israele, il nuovo Davide4.
Queste ed altre pagine dell’Antico Testamento costituiscono lo sfondo
sul quale si dispongono e dal quale traggono ispirazione numerosi testi
liturgici, come ad es. l’antifona dell’ora Terza, che proclama fin
dall’inizio dell’Avvento: «I profeti l’avevano annunziato: il Salvatore
nascerà dalla Vergine Maria».
È ancora con Maria,
la«Figlia di Sion» per eccellenza, che dopo la lunga attesa si compiono
i tempi della promessa e il Figlio di Dio assume da lei la natura umana.
La liturgia infatti intende avverata pienamente in Maria la rassicurante
parola rivolta a Gerusalemme, la città-sposa, perdonata e riammessa
all’Alleanza: «Gioisci, Figlia di Sion, [...] il Signore tuo Dio in
mezzo a te è un salvatore potente» (Sof 3,14.17)5.
Anche la celebrazione del dono di maternità straordinarie, frutto di un
particolare intervento misericordioso di Dio, rimandano a quella della
Madre del Redentore. Le protagoniste di tali maternità sono donne
umiliate e disprezzate per la loro sterilità, innalzate e rese gioiose
da Dio con il dono di figli insigni, consacrati al suo servizio.
Così
la liturgia ricorda la moglie di Manoach, una donna sterile che
«non aveva mai partorito» (Giud 13,2), la quale divenne madre di Sansone6;
Anna, di cui «il Signore aveva reso sterile il grembo» (1Sam 1,6), che
pure diede alla luce il profeta Samuele7;
Elisabetta, «sterile e [...] avanti negli anni» (Lc 1,7) che generò
Giovanni il Battista8.
Per la liturgia queste maternità sono preludio e profezia della
maternità della Vergine di Nazaret, più prodigiosa per l’evento di
grazia che la produsse, più sublime per il frutto che da essa germogliò:
il Messia.
L’Avvento dunque è il tempo in cui la Chiesa legge profezie antiche per
interpretare fatti ed eventi nuovi. Con le sue luci e le sue ombre
l’esperienza d’Israele che attende il Messia costituisce per la liturgia
romana insegnamento e monito nella quotidiana attesa-accoglienza del
Signore che viene. Essere cristiani non significa essenzialmente
divenire persone in perenne attesa? Si pensi ad es. alle pagine
evangeliche riferite ai servi che attendono l’arrivo del padrone (cf Mt
24,45-50; 25,14-30), oppure a quella sulle vergini che con le lampade
accese vegliano in attesa dello sposo (cf Mt 25,1-13).
Oltre ai vaticini e alle profezie, anche i simboli caratterizzano
l’Avvento. L’assidua meditazione del racconto dell’annunciazione conduce
infatti la Chiesa a evocare numerosi simboli biblici (talamo, vello,
casa, tempio, terra, porta) che celebrano la maternità di Maria o hanno
un riferimento al mistero dell’Incarnazione. Essi, trasferiti alla
liturgia, sono veicolo per l’espressione della fede ecclesiale.
Soffermiamoci sui simboli della terra e della porta9.
Innanzitutto la terra, quale simbolo primordiale del grembo materno.
Esso si ricollega a Isaia 4,2: «In quel giorno il germoglio del Signore
crescerà in onore e gloria e il frutto della terra sarà a magnificenza e
ornamento per gli scampati d’Israele». La liturgia con le sue peculiari
categorie interpretative, intende riferita a Cristo l’espressione «il
germoglio del Signore» ed in Cristo vede ancora il «frutto della terra»,
e nella «terra» vede Maria10.
Il
simbolo della terra richiama pure Isaia 45,8: «Stillate, cieli,
dall’alto e le nubi facciano piovere la giustizia; si apra la terra e
produca la salvezza e germogli insieme la giustizia». La liturgia vede
compiuto lo struggente desiderio di Israele ed esaudita la sua accorata
invocazione nell’incarnazione del Verbo: Cristo infatti è il Salvatore e
il Giusto definitivo; la terra che si apre perché nasca il Salvatore è
Maria. Il testo di Isaia costituisce una delle antifone introitali più
poetiche e più esaltanti dell’Avvento11.
Il
simbolo della terra evoca anche il salmo 84,12-13: «La verità
germoglierà dalla terra / e la giustizia si affaccerà dal cielo. /
Quando il Signore elargirà il suo bene, / la nostra terra darà il suo
frutto». Al seguito di sant’Agostino e di altri Padri della Chiesa, la
liturgia si compiace di salutare nella Verità che germoglia dalla terra,
Cristo (cf Gv 14,6), e di riconoscere nel frutto nato dalla nostra
terra, il frutto benedetto del grembo di Maria (cf Lc 1,42). Vede quindi
nella terra evocata dal salmo la Vergine Maria12.
Il
simbolo della porta indica passaggio ad una nuova condizione,
ingresso, apertura, accoglienza. Nell’Avvento i testi biblici che danno
luogo all’applicazione del simbolo porta alla Vergine sono due.
Ezechiele 44,2-3: «Questa porta rimarrà chiusa: non verrà aperta,
nessuno vi passerà perché c’è passato il Signore, Dio d’Israele. Perciò
resterà chiusa. Ma il principe siederà in essa per cibarsi davanti al
Signore; entrerà dal vestibolo della porta e di lì uscirà». In questo
passo i Padri videro un’allusione al mistero dell’incarnazione e alla
verginità di Maria. Il Signore, il principe che passa per la porta del
tempio è Cristo, che nasce dal grembo di Maria; la porta che resta
chiusa è Maria, vergine prima del parto e nel parto13.
Salmo
23,7: «Sollevate, porte, i vostri frontali, / alzatevi porte antiche, /
ed entri il re della gloria». Tra le letture cristologiche del salmo 23,
una delle più antiche interpreta il v. 7 come un’allusione
all’incarnazione del Verbo. In questo ambito, il simbolo è spesso
riferito a Maria, porta che prima accoglie il Figlio di Dio e da
cui poi esce nel mondo il Salvatore14.
La
vicenda personale di Maria: momento di storia salvifica
La
celebrazione dell’Avvento non è solo memoria di vaticini, di profezie,
di simboli riguardanti la Madre del Messia. È soprattutto spazio per la
celebrazione della Vergine nella sua vicenda personale. La vita della
Vergine non è mai solo cronaca, ma sempre momento di storia salvifica,
non è fatto puramente individuale, ma mistero riguardante tutta la
Chiesa, non è episodio isolato, ma sintesi del tempo che la precede e
profezia del tempo avvenire.
Di Maria la liturgia
dell’Avvento evidenzia - nel breve arco di quattro settimane - ben tre
grandi misteri: l’Immacolata Concezione (8 dicembre), l’annunzio a Maria
(20 dicembre) e la visita ad Elisabetta (21 dicembre). Questi ultimi due
misteri verranno a loro volta celebrati in modo autonomo in altri tempi
dell’anno liturgico.
Il concepimento immacolato della Vergine
Nello sfondo dell’Avvento, il mistero del concepimento immacolato è
innanzitutto anticipazione dell’azione salvifica di Cristo. «In
previsione della morte di Cristo», il Padre ha preservato Maria da ogni
macchia di peccato. L’evento salvifico compiuto da Dio nel primo istante
dell’esistenza della Vergine - la Concezione Immacolata - svela la
potenza redentrice della Croce: essa è tanta che agisce, per così dire,
prima ancora di essere attuata storicamente. Nessuno più di Maria ha
reso grazie a Dio per questa opera di salvezza. La Vergine di Nazaret
proclama per prima che Dio l’ha salvata: «il mio spirito esulta in Dio,
mio salvatore» (Lc 1,47). Maria è «figlia del suo Figlio» perché dal suo
sangue è nata alla vita della grazia. La «veste di santità» che Maria ha
ricevuto nella Concezione Immacolata è «veste candida» perché è stata
lavata «con il sangue dell’Agnello» (Ap 7,14).
Il
mistero di Maria Immacolata appare inoltre una preparazione immediata
e radicale della nascita del Messia. Per la liturgia, il
privilegio della preservazione della Vergine dal peccato originale e il
dono della «giustizia» conferitole fin dal primo istante della sua
esistenza, sono ordinati alla maternità divina, a rendere degna la Madre
della santità trascendente del Figlio. Proclama la colletta:
«Nell’immacolata concezione della Vergine hai preparato Padre una degna
dimora per il tuo Figlio», e si afferma nel prefazio: «Tu hai preservato
la Vergine Maria da ogni macchia di peccato originale, perché, piena di
grazia, diventasse degna Madre del tuo Figlio». Maria cioè
diventa un luogo dove Dio, che è santità, immacolatezza e amore, abita
come nella propria casa.
Nell’Immacolata si rivela la vocazione di tutti noi: l’immacolatezza di
Maria coincide con la santità e si realizza nella carità.
Il
mistero di Maria Immacolata appare ancora una nobilitazione del
genere umano. La grazia effusa su Maria nel concepimento immacolato
non si esaurisce nella sua prima destinataria, è dono che trabocca e si
riversa su tutto il genere umano e sulla creazione. L’Immacolata per la
Chiesa, nuovo Israele, è ciò che Giuditta fu per l’antico: onore del
genere umano e gloria del creato. «Tu gloria di Gerusalemme - canta la
2a antifona dei Vespri - tu letizia di Israele, tu onore del nostro
popolo» (Giudt 15,9).
L’annuncio a Maria e l’incarnazione del Verbo
Fin
dal primo giorno di Avvento, la pagina lucana dell’annuncio di Gabriele
a Maria, è presente nella Liturgia delle Ore all’ora Sesta e Nona. In
realtà, per la Chiesa orante che vive questo tempo come preparazione
alla festa del Natale, il racconto dell’annunciazione costituisce il
testo obbligato di riferimento, soprattutto a partire dal 17 dicembre.
Di conseguenza, la liturgia dell’Avvento presenta la «Vergine» con
alcuni tratti caratteristici.
• Maria è la Vergine «piena di grazia», la «benedetta fra le
donne», la «sposa» di Giuseppe, la «serva del Signore». Questi
appellativi, derivati soprattutto dal testo di Luca 1,26-38, ricorrono
spesso nelle antifone, nei responsori, nei versetti. Essi vanno intesi
anzitutto nel senso che dà loro la Scrittura, ma anche nel significato e
con le sfumature che hanno acquistato nell’uso patristico-liturgico.
• Maria è «la Vergine del fiat». La risposta gioiosa di
Maria è vista essenzialmente dalla liturgia in due prospettive diverse e
complementari:
- come parola di obbedienza, pronunziata da colei che, vera
serva del Signore, accoglie la sua volontà e risponde all’angelo:
«Eccomi sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto»15;
-
come parola di misericordia verso i suoi progenitori, verso i
patriarchi e i giusti dell’Antico Testamento, verso l’umanità tutta. La
liturgia esprime questo orientamento facendo ricorso ad una pagina
celebre di san Bernardo, in cui è messo in luce il «valore
misericordioso» del sì di Maria16.
• Maria è la Vergine «dell’ascolto», «dell’accoglienza», «del
dialogo». La liturgia dell’Avvento dispiega e amplia il motivo della
«Vergine del fiat», mettendo in luce altri aspetti dello stesso
atto salvifico: l’ascolto, l’accoglienza, il dialogo17.
Il dialogo è l’elemento che caratterizza molti testi liturgici, che
ripropongono, variandolo, quello svolto tra Gabriele e Maria, o
introducono la comunità ecclesiale a un colloquio diretto con la Vergine18
.
La
visita a Elisabetta e la santificazione di Giovanni
Nel
tempo di Avvento la liturgia romana legge ogni anno la pagina biblica di
Luca 1,39-45 (21 dicembre), resoconto stilizzato della visita di Maria a
Elisabetta. E con ritmo triennale la proclama in un giorno ancor più
significativo: la IV domenica dell’Anno C. Il tal modo il Lezionario
romano mette in luce l’importanza dell’incontro delle due madri in
ordine al compimento del disegno salvifico di Dio Padre.
Maria
ed Elisabetta sono le prime ad avere consapevolezza di portare in grembo
due bimbi chiamati a imprimere una svolta decisiva alla storia della
salvezza; sono le testimoni privilegiate di singolari fatti di grazia
che si compiono in occasione del loro incontro; sono ancora le
profetesse-protagoniste dell’evento capitale che segna l’inaugurazione
dei tempi messianici. Maria ed Elisabetta riconoscono che i «tempi
nuovi» sono già iniziati e con essi l’effusione della gioia messianica (cf
Lc 1,41.44), del dono dello Spirito (cf Lc 1,41) e del carisma della
profezia.
In
occasione della visita ad Elisabetta, Maria pronuncia il Magnificat, il
canto della riconoscenza pura, l’inno che annuncia l’adempimento delle
promesse fatte ai Padri e l’instaurazione di un nuovo ordine non più
fondato sul potere e sulla ricchezza.
Sant’Ambrogio
ha compreso l’immenso valore cultuale di quel cantico e ancor più la
genuina religiosità del cuore che lo espresse. Egli augura che «in
ciascuno sia l’anima di Maria per glorificare il Signore; in ciascuno lo
spirito di Maria per esultare in Dio». La felice espressione del santo
ha incontrato costante favore nella storia della spiritualità cristiana
fino a divenire testo emblematico della dottrina su «Maria e la
preghiera della Chiesa».
Per concludere
Nel
tempo dell’Avvento la liturgia romana celebra di frequente e in modo
esemplare la beata Vergine:
-
rinvia alla lunga attesa del Messia e richiama testi profetici che,
partendo da Genesi 3,15, sfociano nel saluto di Gabriele alla «piena di
grazia» (Lc 1,28) e nell’annuncio della nascita del Salvatore (cf Lc
1,31-33);
-
ricorda alcune donne dell’Antica Alleanza quali figura e profezia della
missione di Maria;
-
esalta gli atteggiamenti di fede, di umiltà, di gioia con cui Maria di
Nazaret aderì al progetto d’amore di Dio;
-
mette in luce la sua presenza negli avvenimenti di grazia che hanno
preceduto la nascita del Salvatore.
Nel
tempo di Avvento dunque si delinea sempre più nitida la figura della
Vergine dell’attesa, terra gravida del seme della Parola, spiga gonfia
del Grano che, un giorno, caduto in terra, produrrà molto frutto (cf Gv
12,24).
Al
credente accogliere il dono di lasciarsi condurre da Maria all’incontro
con l’Emmanuele, il Dio-con-noi.
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