n. 5
maggio 2011

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Nuove forme
del dono di sé
Inventare
un altro volontariato
di ROSARIO CARELLO
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Se
incontrate un ateo, che mette tanti se e tanti ma ai segni
che Dio lascia nella nostra vita e nella natura, parlategli del
volontariato. Il volontariato è una vertigine: è guardare il mondo
dall’alto. Se incontrate un ateo, chiedetegli: perché, secondo te,
milioni di persone in tutto il pianeta, persone normali, coi loro
difetti e ingiustizie, non superuomini, né eroi e non tutti santi,
dedicano la cosa più preziosa che hanno (cioè se stessi e il proprio
tempo) agli altri? Perché e per chi, in un tempo frenetico e un po’
egoista come quello che viviamo, si è affermata questa felice sosta di
uomini in mezzo ad altri uomini, che li rende fratelli e amici? E che
solo in Italia vede impegnati 1 milione 125 mila persone (dati
Fondazione Roma - Terzo Settore), di cui oltre la metà in maniera
sistematica, cioè un vero e proprio lavoro non retribuito che si
affianca al lavoro vero?
Un diffuso donarsi
Temo che l’ateo non abbia risposta, perché il
volontariato, cioè il dono di sé gratuito e appassionato, è
inspiegabile senza Dio. Se, infatti, l’uomo fosse autonomamente capace
di prossimità così misericordiose, vivremmo nella pace da millenni e
se tutto dipendesse solo dall’uomo, senza neppure una scintilla di Dio
ad illuminare questo diffuso donarsi, quale logica spiegherebbe il fatto
che, mentre milioni di estranei si aiutano tra di loro, volontari nelle
mense, negli ospedali, nelle parrocchie, accanto agli anziani, agli
immigrati, ai disoccupati, nello stesso momento c’è una mamma che
decide di far morire il suo bambino, talmente solo suo, che ne è
custode unica. Viene in mente quella meravigliosa e terribile domanda di
Madre Teresa: "Se una madre può eliminare il proprio figlio, come
possiamo pretendere che esista la pace fra gli uomini?".
Credo che siano troppe le contraddizioni nel cuore
umano, perché il mistero del dono di sé, cioè il volontariato, si
possa spiegare guardandosi allo specchio da soli. Il volontariato è un
pezzo di paradiso rimasto sulla terra, come pegno e prova che il
paradiso esiste sul serio. È una grande contraddizione, se confrontato
con il male che c’è nel mondo, un vera follia. Come può un ateo
spiegare il volontariato? Potrà dire che è solo una parentesi d’amore
persa in un universo nichilista. Che tristezza! Il cristiano, invece,
sa. Sa che dietro ogni sofferenza c’è Cristo sofferente, e quindi non
ci si può stancare di servire il sofferente. Ma sa anche che il dono di
sé, in se stesso, appare come una piccola goccia, ma in realtà è
immensa, visto quello che ha detto Gesù: "Tutto quello che avete
fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a
me". Solo Cristo dà senso pieno al volontariato perché è lui il
primo dei sofferenti ed è contemporaneamente lui il primo dei
volontari: lui che avrebbe potuto evitarsi il calvario e la Croce e non
lo ha fatto.
Meriti e responsabilità
I cristiani hanno un grande merito e una terribile
responsabilità. Il merito è di non essersi mai tirati indietro:
se esiste – ed esiste – una fantasia dello Spirito, loro l’hanno
rincorsa, invocata e perfino piegata con la forza dolce della preghiera
(i grandi santi, i grandi fondatori, maestri del dono di sé, sono stati
spesso grandi mistici). Questo dialogo tra cielo e terra ha permesso che
il mondo conoscesse gli ospedali, le farmacie, le scuole, prima ancora
che fossero servizi sociali statali, e quando il "per tutti"
ancora non esisteva, i cristiani hanno spalancato le porte ai poveri e
nelle loro strutture è stato dato spazio alla carità, alla giustizia,
alla ricerca scientifica (le prime scuole di chirurgia nascono nei
monasteri). "Venite e mangiatene tutti" è stato declinato
letteralmente: il dono di sé. Vogliamo riconoscere che hanno del
miracoloso le migliaia di mense sparse nelle nostre parrocchie, gestite
a staffetta tra decine di mamme, papà e ragazzi, con l’aiuto di
sacerdoti, religiosi e religiose, e che funzionano perfettamente? Ma
come? Falliscono le banche, ma le mense delle parrocchie vanno avanti?
Chiudono le aziende, le multinazionali, ma le mense delle parrocchie e
delle diocesi restano lì a presidiare la strada? Sì. Cito il caso di
Radio Maria. Senza pubblicità e contributi pubblici, con la sola forza
del volontariato e delle offerte, è la radio italiana con la migliore
copertura, con il più alto numero di ripetitori. Nessun’altra
emittente, né la Rai né le private, con dietro colossi dell’editoria,
riescono a tenerne il ritmo. Ed è contemporaneamente capofila di un
network mondiale che non ha paragoni su tutto il pianeta. Questi sono
segni, segni di benedizione, strade e ponti che dovrebbero condurci
verso una riflessione felice e amara. Felice: Dio è con noi e
quando realizziamo il bene è uno scudo e una corazza invincibili.
E qui arriviamo alla terribile responsabilità che
anticipavo prima Amara: ma lo operiamo questo bene? Abbiamo
confinato il volontariato in un solo tipo di sociale, quello delle
povertà materiali, e invece c’è un’altra povertà che fatichiamo a
riconoscere: quella del cuore, della Verità. Fare la carità della
Verità è diventata la nuova emergenza. L’uomo di oggi è frastornato
dai mille cicalecci che gli risuonano nella testa: a volte è la
banalità di letture e spettacoli vuoti (non per forza sporchi o cattivi
in sé, ma inconsistenti) a renderlo un automa incapace di riflettere
sui grandi valori, spesso è il fascino di teorie ascoltate dai più
svariati pulpiti ad impoverire mente e cuore.
Urge un nuovo volontariato
È arrivato il momento di un nuovo volontariato:
dei libri, delle librerie, dei giornali, delle tv, dei siti internet,
delle radio. Un volontariato culturale che abbia il suo inizio nelle
parrocchie, nelle associazioni, che si ramifichi nelle diocesi, nelle
regioni, che costituisca un’ossatura culturale sulla quale transitino
i valori umani, spirituali. Un volontariato che per contagio generi
iniziative personali, associative. Si dirà che c’è già. Ci sono
già la San Paolo e le Paoline, nate dalla mente fervida e innamorata di
Cristo del beato Alberione. È vero, esistono già e insieme a loro ci
sono anche altre esperienze. Ma accanto a queste, chiamiamole capofila,
è arrivato il momento di una nuova diffusione virale di iniziative che
seminino dal basso.
Un Progetto culturale diffuso, disseminato, che
incroci le grandi esperienze nazionali e le rilanci o addirittura le
anticipi, un’esplosione di Centri culturali vivaci e attivi per
interpretare, leggere, scrivere la realtà cristianamente. I vescovi lo
chiedono: animatori della cultura e della comunicazione. Mi pare invece
che si preferisca fare il catechismo a 10 bambini della comunione, che
pensare a tutti gli altri, grandi e piccoli. Su questo dobbiamo
interrogarci, perché, se non comprendiamo che la pastorale tradizionale
rischia di diventare un binario morto, senza un contesto intorno che
accolga quei bambini e quei ragazzi, se non rivediamo l’offerta delle
nostre parrocchie, diocesi e associazioni, vuol dire solo una cosa:
abbiamo smesso di leggere i segni dei tempi, camminiamo per abitudine su
orme che conosciamo; in definitiva è l’immagine di un volontario che
avanza guardando a terra, afflitto, e non al cielo. Che soddisfa un suo
bisogno di abitudine e non si chiede mai: Signore, cosa vuoi che faccia,
oggi?
Il mistero del dono ricevuto
E infine c’è il grande mistero del dono ricevuto.
Perché Dio non può essere battuto in generosità da nessuno e per
questo il volontariato non è mai veramente gratuito: Dio non ci chiama
senza darci una giusta ricompensa. Lo comprendiamo dall’esperienza di
chi dice: "Ho preso più di quello che ho dato". "Non mi
stanco, anzi: mi rigenero", così parlano i volontari più
entusiasti. Che paga è mai questa? Come arriva? Come la sento? Come mi
cambia? Cosa mi resta? La promessa di Gesù del centuplo già su questa
terra (Marco, 10 29-30) è mantenuta. E ci sono milioni di testimoni, in
ogni epoca e in ogni tempo, che guardando la loro mano generosa, non la
trovano vuota e consumata ma ricca e florida, come pianta rigogliosa,
come mamma di tanti figli, generati se non nel corpo, certamente nello
spirito.
Rosario Carello
Responsabile di "A Sua Immagine"
posta@rosariocarello.it
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