|
|
|
|
Carissime
sorelle,
a nome dell’Usmi
Nazionale porgo il benvenuto a ciascuna di voi, partecipanti al Convegno di
Studio, che ormai da diversi anni costituisce una pietra miliare nel cammino
delle religiose animatrici vocazionali.
Il Convegno, per
la sua fisionomia e per la scelta dei temi affrontati, anno dopo anno, ci
permette di rinnovare e rinsaldare la nostra adesione al progetto di Dio che ci
chiede, quali animatrici vocazionali, di vivere innanzitutto e più di ogni altra
cosa, la duplice fedeltà a Dio che continuamente chiama e ai giovani che vivono
la propria faticosa e sofferta ricerca vocazionale.
Il nostro
compito di animatrici vocazionali - sono le parole del Santo Padre - è il più
delicato e difficile nella Chiesa, dunque richiede da parte nostra un
atteggiamento di continuo discernimento degli appelli che ci provengono da Dio e
dall’esistenza dei giovani: intercettando tali domande, saremo in grado di
tracciare delle piste che permettano ai giovani di cogliere i sogni di Dio e di
scoprirli inscritti nella propria vita. E’ l’incontro di ogni giovane con il
Signore della vita l’unico e assoluto obiettivo di un’animatrice vocazionale. La
nostra missione è dunque quella di condurre a Lui, essere un tramite tra il
Signore e i giovani. Di fatto, l’assenza di mediazioni educative costituisce un
grosso ostacolo per compiere seri cammini di ricerca e di discernimento
vocazionale.
Dopo questa
doverosa premessa, illustriamo i motivi che hanno portato alla scelta del tema
del Convegno.
I nostri Vescovi
negli Orientamenti Pastorali auspicano che i cristiani sappiano fermarsi per
ricordare, per ripensare al dono della fede che è stato consegnato, per
divenirne testimoni nel nuovo millennio. «Sono l’ascolto, la memoria e il
pensare a dischiudere il futuro, ad aiutarci a vivere il presente non solo come
tempo del soddisfacimento dei bisogni, ma anche come luogo dell’attesa, del
manifestarsi di desideri che ci precedono e ci conducono oltre, legandoci agli
altri uomini e rendendoci tutti compagni nel meraviglioso e misterioso viaggio
che è la vita».
Tale consegna è
proprio l’obiettivo che ci prefiggiamo in questo Convegno: fermarci per
ridefinire - attraverso tre giornate di studio, di riflessione, di ascolto -
identità e ruolo della Consacrata animatrice vocazionale nella Chiesa
italiana, oggi. Tale ridefinizione, che andrà precisandosi sempre di
più grazie ai preziosi contributi dei nostri relatori, sarà in funzione di una
riconsegna: consegnare ciascuna alla propria vocazione, al proprio carisma,
al ruolo specifico nella Chiesa, nella consapevolezza che, dentro il dono
della vocazione religiosa, è contenuta, potenzialmente e realmente, tutta la
ricchezza, la forza, l’efficacia del nostro agire pastorale, del nostro essere
animatrici vocazionali.
Nessuno di noi
conosce il segreto per la riuscita vocazionale, perché la vocazione è un mistero
e solo Dio può comprenderne lo svelarsi. Ciascuna di noi però è custode della
propria vita e vocazione, dentro la quale e grazie alla quale si possono
determinare anche le scelte di chi ci viene affidato o ci vive accanto. E’
questa la sfida che abbiamo accolto e che a nostra volta vogliamo lanciare:
comprendere e riconoscere che la nostra vocazione di donne consacrate racchiude
in sé una fecondità e forza vivificante e vivificatrice che vanno risvegliate,
pena la nostra sterilità spirituale. Si tratta, in altre parole di operare
una riscoperta vocazionale che condurrà anche a una corretta
animazione vocazionale e a uno specifico inserimento negli organismi di
partecipazione vocazionale: CDV – CRV – Consigli Pastorali, ecc.
Talvolta davanti
al mondo giovanile ci sentiamo disorientate, inadeguate, incapaci… Sembra
difficile comunicare con i giovani, il nostro mondo appare così lontano dal
loro… Eppure i giovani hanno bisogno di noi. Nonostante la molteplicità di
contatti e di mezzi di comunicazione, sperimentano la profonda solitudine e il
disorientamento esistenziale; si sentono soli davanti alla vita, alle decisioni
importanti da prendere; sanno di avere qualcosa di bello e di grande da offrire,
ma non conoscono la strada attraverso la quale esprimere ciò che portano dentro…
In questo vuoto di compagnia, di presenza, noi religiose nella Chiesa
abbiamo una missione importante e insostituibile da compiere; dal mondo
giovanile si leva un appello cui dobbiamo rispondere: siamo chiamate a vivere la
compagnia con i giovani, ad esserci, con lo stile vergine e materno,
tipicamente femminile, che costituisce il dono più bello da offrire al mondo di
oggi.
Essere
animatrici vocazionali, infatti, significa essenzialmente partecipare alla
funzione materna della Chiesa che, nella fede, continuamente
genera e rinnova i suoi figli; è vivere la maternità secondo lo
spirito. E’ a questa missione che ciascuna di noi è chiamata in forza
dell’impegno che ci è stato affidato: siamo state generate, chiamate e
consacrate per generare. Vivere la maternità spirituale significa dunque
affidarsi unicamente alla fruttuosità che viene dalla fede e continuamente
imparare a credere, se si vuole vincere la sterilità della propria vita.
Talvolta il nostro compito sembra superiore alle nostre forze, tuttavia se non
ci fidiamo, l’alternativa alla fede è la sterilità. La nostra fecondità
spirituale è dunque strettamente legata alla fede, piuttosto che a capacità o
competenze particolari. La vita inoltre viene destata e accesa solo dalla vita.
La più potente forza di educazione consiste nel fatto che io stesso mi
protendo in avanti e mi affatico a crescere…. E’ dunque il nostro amore, la
nostra passione per Dio e per i giovani, che farà accadere il miracolo della
generazione.
Con la nostra
azione di animatrici vocazionali viviamo la maternità spirituale anche
accompagnando i giovani verso la riscoperta del senso del mistero racchiuso
nella propria esistenza.
Le domande nei
giovani rimangono mute, inespresse, sembra che l’orizzonte della loro esistenza
si giochi nel frammento di vita che tentano di succhiare quasi fino all’ultima
goccia. In quanto donne consacrate, noi siamo, ontologicamente «laghi di senso»,
persone totalmente immerse in un Mistero che continuamente ci supera e che
instancabilmente ci interpella e ci spinge oltre… E’ a questo Mistero che
possiamo aprire la vita dei nostri giovani, perché siano capaci di ricomporre,
di tenere insieme gli estremi della loro esistenza. Nell’attuale contesto
sociale caratterizzato dalla dispersione e dalla frammentazione delle esperienze
e proposte, la nostra vocazione è quella di essere madri e sorelle, custodi
della storia dei giovani, capaci di raccogliere i frammenti della loro
esistenza, di riconoscerne l’unicità e di sostenere il compito faticoso di
ricondurre tutto all’unità, restituendo il giovane a se stesso, al progetto
originario di Dio, attorno al quale ciascuno ritrova pienamente se stesso.
Essere
animatrici vocazionali, inoltre, significa vivere la maternità dentro i
nostri Istituti di appartenenza, sentirsi madri anche dei
propri Istituti. Non possiamo pensare di vivere sempre come «figlie», che
aspettano di ricevere tutto dall’alto; non è sufficiente essere semplici
esecutrici di un progetto. Vivere una vera appartenenza al progetto di Dio
affidato al nostro Istituto significa sentire e comprendere che la vita e il
carisma dell’Istituto cui apparteniamo ci sono affidati, sono affidati alla
creatività nell’incarnare il dono ricevuto, per restituirlo arricchito dalla
nostra esperienza.
Essere
animatrici vocazionali, dunque, significa, animare i nostri Istituti,
perché ciascuna sorella si senta corresponsabile nel generare nuovi figli alla
Chiesa e all’Istituto stesso, secondo il piano inarrestabile di Dio, che
continuamente chiama. Si tratta di operare nel cuore stesso della vita dei
nostri Istituti, là dove il carisma si apre al futuro. E’ un grande atto di
fiducia di Dio nei nostri riguardi, che richiede da parte nostra soprattutto un
attento ascolto del carisma, delle nostre Superiore e sorelle, della nostra
storia, per essere fedeli trasmettitrici del dono ricevuto, in continuità con la
storia e in prospettiva per il futuro.
Ci rendiamo
conto che, per riappropriarci della nostra più autentica identità e per assumere
coscientemente il ruolo che Dio ci affida nella Chiesa italiana oggi, è
necessario un lungo cammino, tanto tempo per maturarlo dentro di noi, dentro i
nostri Istituti … La strada che abbiamo intrapreso comunque è quella giusta, è
l’unica che ci permette di porre solide fondamenta all’esistenza nostra e dei
fratelli e sorelle che ci sono affidati, è soprattutto la strada verso
l’autentica comunione dei carismi nella Chiesa, verso la realizzazione del sogno
di Dio sull’umanità e sulla storia: l’unità nella comunione. Dunque, coraggio! «Cammina
l’uomo quando sa bene dove andare», diceva una canzone di qualche anno fa.
Noi sappiamo dove andare. Possiamo partire!
|