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supplemento
n. 2 del 2003

 

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Introduzione
di Sr. Antonia Castellucci omvf
Responsabile Usmi - Ufficio Animazione Vocazionale
 

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Carissime sorelle,

a nome dell’Usmi Nazionale porgo il benvenuto a ciascuna di voi, partecipanti al Convegno di Studio, che ormai da diversi anni costituisce una pietra miliare nel cammino delle religiose animatrici vocazionali.

Il Convegno, per la sua fisionomia e per la scelta dei temi affrontati, anno dopo anno, ci permette di rinnovare e rinsaldare la nostra adesione al progetto di Dio che ci chiede, quali animatrici vocazionali, di vivere innanzitutto e più di ogni altra cosa, la duplice fedeltà a Dio che continuamente chiama e ai giovani che vivono la propria faticosa e sofferta ricerca vocazionale.

Il nostro compito di animatrici vocazionali - sono le parole del Santo Padre - è il più delicato e difficile nella Chiesa, dunque richiede da parte nostra un atteggiamento di continuo discernimento degli appelli che ci provengono da Dio e dall’esistenza dei giovani: intercettando tali domande, saremo in grado di tracciare delle piste che permettano ai giovani di cogliere i sogni di Dio e di scoprirli inscritti nella propria vita. E’ l’incontro di ogni giovane con il Signore della vita l’unico e assoluto obiettivo di un’animatrice vocazionale. La nostra missione è dunque quella di condurre a Lui, essere un tramite tra il Signore e i giovani. Di fatto, l’assenza di mediazioni educative costituisce un grosso ostacolo per compiere seri cammini di ricerca e di discernimento vocazionale.

Dopo questa doverosa premessa, illustriamo i motivi che hanno portato alla scelta del tema del Convegno.

I nostri Vescovi negli Orientamenti Pastorali auspicano che i cristiani sappiano fermarsi per ricordare, per ripensare al dono della fede che è stato consegnato, per divenirne testimoni nel nuovo millennio. «Sono l’ascolto, la memoria e il pensare a dischiudere il futuro, ad aiutarci a vivere il presente non solo come tempo del soddisfacimento dei bisogni, ma anche come luogo dell’attesa, del manifestarsi di desideri che ci precedono e ci conducono oltre, legandoci agli altri uomini e rendendoci tutti compagni nel meraviglioso e misterioso viaggio che è la vita».

Tale consegna è proprio l’obiettivo che ci prefiggiamo in questo Convegno: fermarci per ridefinire - attraverso tre giornate di studio, di riflessione, di ascolto - identità e ruolo della Consacrata animatrice vocazionale nella Chiesa italiana, oggi. Tale ridefinizione, che andrà precisandosi sempre di più grazie ai preziosi contributi dei nostri relatori, sarà in funzione di una riconsegna: consegnare ciascuna alla propria vocazione, al proprio carisma, al ruolo specifico nella Chiesa, nella consapevolezza che, dentro il dono della vocazione religiosa, è contenuta, potenzialmente e realmente, tutta la ricchezza, la forza, l’efficacia del nostro agire pastorale, del nostro essere animatrici vocazionali.

Nessuno di noi conosce il segreto per la riuscita vocazionale, perché la vocazione è un mistero e solo Dio può comprenderne lo svelarsi. Ciascuna di noi però è custode della propria vita e vocazione, dentro la quale e grazie alla quale si possono determinare anche le scelte di chi ci viene affidato o ci vive accanto. E’ questa la sfida che abbiamo accolto e che a nostra volta vogliamo lanciare: comprendere e riconoscere che la nostra vocazione di donne consacrate racchiude in sé una fecondità e forza vivificante e vivificatrice che vanno risvegliate, pena la nostra sterilità spirituale. Si tratta, in altre parole di operare una riscoperta vocazionale che condurrà anche a una corretta animazione vocazionale e a uno specifico inserimento negli organismi di partecipazione vocazionale: CDV – CRV – Consigli Pastorali, ecc.

Talvolta davanti al mondo giovanile ci sentiamo disorientate, inadeguate, incapaci… Sembra difficile comunicare con i giovani, il nostro mondo appare così lontano dal loro… Eppure i giovani hanno bisogno di noi. Nonostante la molteplicità di contatti e di mezzi di comunicazione, sperimentano la profonda solitudine e il disorientamento esistenziale; si sentono soli davanti alla vita, alle decisioni importanti da prendere; sanno di avere qualcosa di bello e di grande da offrire, ma non conoscono la strada attraverso la quale esprimere ciò che portano dentro… In questo vuoto di compagnia, di presenza, noi religiose nella Chiesa abbiamo una missione importante e insostituibile da compiere; dal mondo giovanile si leva un appello cui dobbiamo rispondere: siamo chiamate a vivere la compagnia con i giovani, ad esserci, con lo stile vergine e materno, tipicamente femminile, che costituisce il dono più bello da offrire al mondo di oggi.

Essere animatrici vocazionali, infatti, significa essenzialmente partecipare alla funzione materna della Chiesa che, nella fede, continuamente genera e rinnova i suoi figli; è vivere la maternità secondo lo spirito. E’ a questa missione che ciascuna di noi è chiamata in forza dell’impegno che ci è stato affidato: siamo state generate, chiamate e consacrate per generare. Vivere la maternità spirituale significa dunque affidarsi unicamente alla fruttuosità che viene dalla fede e continuamente imparare a credere, se si vuole vincere la sterilità della propria vita. Talvolta il nostro compito sembra superiore alle nostre forze, tuttavia se non ci fidiamo, l’alternativa alla fede è la sterilità. La nostra fecondità spirituale è dunque strettamente legata alla fede, piuttosto che a capacità o competenze particolari. La vita inoltre viene destata e accesa solo dalla vita. La più potente forza di educazione consiste nel fatto che io stesso mi protendo in avanti e mi affatico a crescere…. E’ dunque il nostro amore, la nostra passione per Dio e per i giovani, che farà accadere il miracolo della generazione.

Con la nostra azione di animatrici vocazionali viviamo la maternità spirituale anche accompagnando i giovani verso la riscoperta del senso del mistero racchiuso nella propria esistenza.

Le domande nei giovani rimangono mute, inespresse, sembra che l’orizzonte della loro esistenza si giochi nel frammento di vita che tentano di succhiare quasi fino all’ultima goccia. In quanto donne consacrate, noi siamo, ontologicamente «laghi di senso», persone totalmente immerse in un Mistero che continuamente ci supera e che instancabilmente ci interpella e ci spinge oltre… E’ a questo Mistero che possiamo aprire la vita dei nostri giovani, perché siano capaci di ricomporre, di tenere insieme gli estremi della loro esistenza. Nell’attuale contesto sociale caratterizzato dalla dispersione e dalla frammentazione delle esperienze e proposte, la nostra vocazione è quella di essere madri e sorelle, custodi della storia dei giovani, capaci di raccogliere i frammenti della loro esistenza, di riconoscerne l’unicità e di sostenere il compito faticoso di ricondurre tutto all’unità, restituendo il giovane a se stesso, al progetto originario di Dio, attorno al quale ciascuno ritrova pienamente se stesso.

Essere animatrici vocazionali, inoltre, significa vivere la maternità dentro i nostri Istituti di appartenenza, sentirsi madri anche dei propri Istituti. Non possiamo pensare di vivere sempre come «figlie», che aspettano di ricevere tutto dall’alto; non è sufficiente essere semplici esecutrici di un progetto. Vivere una vera appartenenza al progetto di Dio affidato al nostro Istituto significa sentire e comprendere che la vita e il carisma dell’Istituto cui apparteniamo ci sono affidati, sono affidati alla creatività nell’incarnare il dono ricevuto, per restituirlo arricchito dalla nostra esperienza.

Essere animatrici vocazionali, dunque, significa, animare i nostri Istituti, perché ciascuna sorella si senta corresponsabile nel generare nuovi figli alla Chiesa e all’Istituto stesso, secondo il piano inarrestabile di Dio, che continuamente chiama. Si tratta di operare nel cuore stesso della vita dei nostri Istituti, là dove il carisma si apre al futuro. E’ un grande atto di fiducia di Dio nei nostri riguardi, che richiede da parte nostra soprattutto un attento ascolto del carisma, delle nostre Superiore e sorelle, della nostra storia, per essere fedeli trasmettitrici del dono ricevuto, in continuità con la storia e in prospettiva per il futuro.

Ci rendiamo conto che, per riappropriarci della nostra più autentica identità e per assumere coscientemente il ruolo che Dio ci affida nella Chiesa italiana oggi, è necessario un lungo cammino, tanto tempo per maturarlo dentro di noi, dentro i nostri Istituti … La strada che abbiamo intrapreso comunque è quella giusta, è l’unica che ci permette di porre solide fondamenta all’esistenza nostra e dei fratelli e sorelle che ci sono affidati, è soprattutto la strada verso l’autentica comunione dei carismi nella Chiesa, verso la realizzazione del sogno di Dio sull’umanità e sulla storia: l’unità nella comunione. Dunque, coraggio! «Cammina l’uomo quando sa bene dove andare», diceva una canzone di qualche anno fa. Noi sappiamo dove andare. Possiamo partire!

 

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