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Il tema della relazione è Il salto di qualità. Qui vogliamo
vivere insieme un triplo salto vitale. Prima di avventurarci in questo
vortice di vita, facciamo una brevissima introduzione. Una
indispensabile premessa per evitare che cosa? Primo: un salto nel buio.
Voi, animatrici vocazionali, non siete le prime ad avventurarvi in
quest’opera a servizio dei giovani e della Chiesa. C’è un cammino che la
Chiesa ha realizzato, in modo particolare a partire dal Concilio
Vaticano II, e sarebbe un atteggiamento di grande superbia, ma anche di
profonda stoltezza, non coglierlo, non valorizzarlo, non assimilarlo.
Allora l’animatrice vocazionale non può non aver;e una piccola
biblioteca reale, fatta di sussidi, di documenti a cui fare
continuamente riferimento, ma soprattutto una biblioteca virtuale, per
realizzare la quale occorre che i documenti siano assimilati,
interiorizzati, tradotti in atteggiamento pastorale.
Quali documenti?
Certamente i documenti del Concilio Vaticano Il, che il Papa ci ha
riconsegnato dopo il Giubileo e che rappresentano la Magna Charta,
ma soprattutto i documenti che hanno un carattere prettamente
vocazionale. Il Papa, poi, insieme con i vescovi, nei Sinodi di questi
ultimi 20 anni, si è soffermato a riflettere sul carattere e la missione
delle diverse vocazioni e ci ha consegnato nelle esortazioni
post-sinoidali il risultato di queste riflessioni. Infine, nel 1997, è
stato emanato il documento conclusivo del Congresso Europeo: Nuove
Vocazioni per una Nuova Europa (NVNE). Questo documento sarà il
punto di riferimento della mia relazione: più precisamente il numero 13
di NVNE sarà il punto di partenza e la sintesi di quanto vi andrò
dicendo. Vorrei sottolineare una caratteristica del documento in
questione, per poter cogliere una metodologia nuova, che fino a oggi
credo sia unica nei testi del magistero. Dopo una prima parte in cui si
fa un esame della situazione dell’Europa, in modo particolare del
contesto socio-culturale e degli atteggiamenti prevalenti nei giovani
del nostro continente, si passa a riflettere sulla teologia della
vocazione e sulla pastorale della vocazione. Fin qui non ci sarebbe
nulla di nuovo, se non le considerazioni che sono frutto di un
discernimento al passo con i tempi.
La novità è data dal quarto capitolo: La Pedagogia della vocazione.
In questi ultimi anni, proprio grazie alle esortazioni post-sinoidali
sui laici, sui sacerdoti, sulla vita consacrata, abbiamo le idee un po’
più chiare a livello di teologia, di ecclesiologia delle vocazioni. Ciò
che a volte ci manca è la capacità di tradurre queste verità teologiche
in itinerari educativi. Il documento NVNE dedica il quarto capitolo
proprio a questo desiderio di sollecitare a tradurre in atteggiamenti e
itinerari educativi quelle verità, perché incidano profondamente nella
vita dei giovani che incontriamo. Vorrei invitarvi a cogliere questo
forte input che ci viene dal documento: l’attenzione antropologica e
pedagogica di ogni nostro agire pastorale, in modo particolare del
nostro agire vocazionale. Credo che questo sia anche l’anima che guida
l’agire del Centro Nazionale Vocazioni in questi ultimi anni.
Il Centro Nazionale ha fatto la scelta di dare un volto nuovo al
convegno di gennaio: un convegno non più solo di studio, ma sbilanciato
sul versante antropologico e pedagogico. Tale nuovo orientamento è
riassunto in quel “come” che accompagna la formulazione di ogni tematica
del convegno: «Come annunciare l’amore verginale ai giovani», «Come
educare i giovani nel nostro contesto socio-culturale», «come...».
Noi ci giochiamo il futuro della nostra pastorale vocazionale sulla
capacità di rispondere a quel come. Non si può fare pastorale
vocazionale senza tener presenti i destinatari, il contesto
socio-culturale in cui si è inseriti.
Dopo il Convegno Europeo, e su sua sollecitazione, la Conferenza
Episcopale Italiana ha dedicato due assemblee generali ai giovani
(novembre 1998; maggio 1999). Sono due assemblee staccate nel tempo, ma
profondamente legate l’una all’altra. La prima si è occupata in modo
particolare della pastorale giovanile, è ha raccolto le sue riflessioni
nella nota pastorale Educare i giovani alla fede.
Nell’assemblea di maggio del 1999 i vescovi Italiani si sono fermati a
riflettere sulla pastorale vocazionale. Ed è venuta fuori la nota
pastorale: Le Vocazioni al Ministero Ordinato e alla Vita
Consacrata nelle nostre comunità cristiane. Naturalmente non ci è
dato, di leggere l’una senza l’altra. Queste note pastorali sono il
patrimonio della Chiesa, presentano ricchezza di riflessione, ma anche
suggerimenti operativi abbastanza concreti che, a partire dal vissuto,
rilanciano a livello nazionale esperienze ormai condivise in molte
diocesi.
Chi è all’inizio nel cammino di animazione vocazionale e vuole dare
un’impronta chiara, iniziando con qualche proposta da offrire ai
giovani, trova lì, in quella nota pastorale alcune iniziative già in
atto e già collaudate. Un salto, quindi, ma non un salto nel buio.
Abbiamo una bussola abbastanza eloquente, abbastanza chiara che ci può
orientare nel nostro cammino. Ma voi, non siete certamente qui solo per
rubacchiare qualche ricetta da mettere subito in pratica, qualche
consiglio semplicemente operativo, qualcosa che dia uno slancio, un
dinamismo nuovo, rinnovato alla vostra attività. Nessuna animatrice
vocazionale può esaurire il proprio impegno nelle attività esteriori, Se
le iniziative, le attività, le programmazioni, i piani non si radicano
nella vita, in una vita autenticamente vissuta nella fedeltà dinamica
alla propria vocazione, rischiano di essere una buona propaganda, ma di
non trovare dei testimoni credibili. Noi siamo portatori sani di
un bene che siamo chiamati a donare agli altri, quasi per contagio. Si
tratta di essere prima che annunciatori, prima che animatori, testimoni.
Emerson, un filosofo americano, afferma: «Quello che tu sei grida
così forte che mi impedisce di ascoltare quello che tu dici». È la
vita. Ce lo ricordava già Paolo VI: «Il mondo contemporaneo ascolta
più volentieri i testimoni che i maestri». Se ascolta
i maestri, lo fa perché sono testimoni. Non è possibile un’animazione
vocazionale che non parta dalla testimonianza della vita.
Fatta questa necessaria premessa, compiamo il triplo salto vitale a cui
è chiamata la pastorale vocazionale oggi, e - dentro la pastorale
vocazionale della Chiesa Italiana e delle nostre Chiese locali - anche
l’animazione vocazionale degli Istituti religiosi.
Primo salto vitale:
passare dalla paura alla speranza
Il
Papa, iniziando la riflessione sulla esortazione post-sinodale
Pastores dabo vobis, al numero uno, quasi come chiave di ingresso
per comprendere il contenuto della esortazione post-sinodale, dice:
«Dinanzi al problema delle vocazioni, la prima risposta che la Chiesa è
chiamata a dare è una grande fiducia nell’azione dello Spirito Santo».
Non la paura, ma una grande fiducia, una grande certezza. Prima che noi
parliamo, mentre noi stiamo parlando, quando noi, scoraggiati e delusi
pieghiamo le vele in barca lo Spirito Santo è al lavoro e, quando meno
ce lo aspettiamo, quel seme che noi abbiamo gettato, fiorisce. Come? Non
lo sappiamo, perché forse dormiamo, o ci siamo dimenticati di quanto
abbiamo seminato; ma il Signore accompagna la sua Parola, perché giunga
a compimento. Il passaggio dalla paura alla speranza è vitale,
necessario. Non siamo annunciatori di una eutanasia di un amore. Siamo
annunciatori del Signore della vita, che è risorto e non muore più.
L’esortazione post-sinodale Vita Consecrata ci ricorda che la vita:
consacrata è un bene della Chiesa e non verrà mai meno. Il Signore non
smette mai di chiamare, neppure nei contesti che sembrano più refrattari
all’annuncio vocazionale. Diceva Mons. Francesco Lambiasi al convegno di
gennaio: «L’angoscia per le vocazioni ha provocato tanta angoscia e
poche vocazioni». Il Papa al numero 29 della Novo millennio ineunte
ci ricorda che non una formula ci salverà, ma una persona, Gesù Cristo,
e la certezza che lui è con noi sempre. Non una formula, non una
ricetta, non l’ultima trovata potrà salvare la vita delle nostre
Congregazioni, della pastorale vocazionale in Italia, ma Gesù Cristo, e
la certezza che egli, con la forza del suo santo Spirito, è sempre con
noi. Non si può chiamare a una vita di consacrazione con la tristezza
nel cuore, con la sfiducia, con il pensiero della morte imminente, del
disfacimento. Dobbiamo essere un centro di vita, non di morte!
Il
secondo passaggio, estremamente vitale:
passare dalle opere alla
persona
Nei contenuti, la vocazione non può essere un «tema» da affrontare con
delicatezza, con discrezione, da presentare senza tanta forza
propositiva, per paura di turbare i nostri ragazzi. La vocazione da
argomento occasionale deve diventare dimensione della pastorale
ordinaria. Non a caso Gesù, quando ha chiamato, ha chiamato sempre
nell’ordinarietà. Nel numero 29 del documento NVNE è detto chiaramente:
«La pastorale vocazionale deve andare nei luoghi dove la gente, in un
modo particolare i giovani, vivono». Le iniziative speciali,
particolari, straordinarie, forti, non ci esonerano dal condividere il
cammino quotidiano dei giovani. Il piano pastorale per le vocazioni
della Chiesa Italiana, al numero 26, fa la seguente affermazione che può
aiutarci a dare smalto nuovo e incisività profonda al nostro agire
vocazionale: «La pastorale vocazionale non è qualcosa in più da fare, ma
è l’anima stessa di ogni azione di ogni comunità cristiana». Che
significa? Per esempio non posso immaginare di fare catechismo senza che
la dimensione vocazionale attraversi il cammino di catechesi.
Tutti i catechismi della CEI alla quinta unità introducono nella
comunità cristiana e presentano le varie vocazioni. Il catechista deve
avvertire che il suo è un servizio alla scoperta del progetto di Dio
nella vita di ogni ragazzo; non può limitarsi ad accompagnare il bambino
alla prima confessione, alla prima comunione. Il catechismo non è
finalizzato al sacramento. Allora ogni catechista deve partire da questa
certezza: «A me sono affidati dei figli di Dio che devo aiutare a
crescere nella consapevolezza di essere amati da Dio e di essere
chiamati alla vocazione alla santità attraverso la scoperta e
l’accoglienza della specifica vocazione». Del resto il numero 33 del
Rinnovamento della Catechesi ci ricorda che il compito di chi fa la
catechesi è aiutare ogni battezzato a scoprire e a vivere la propria
vocazione nella Chiesa e nel mondo. E al numero 38 ci viene ricordata
qual è la meta a cui dobbiamo guidare: amare come Gesù ha amato, pensare
come Gesù ha pensato, agire come Gesù ha agito in comunione con il Padre
e con lo Spirito Santo. Un cammino affascinante in cui è in gioco la
vita. All’animatrice vocazionale spetta il compito di aiutare i
catechisti, perché riscoprano la gioia di essere educatori nella fede
che assume il volto concreto della vocazione che il Signore ci affida.
Anche l’anno liturgico, itinerario di fede, rappresenta un meraviglioso
cammino vocazionale. L’ Avvento fa emergere le domande della vita e
aiuta a prendere coscienza che l’esistenza ha una senso se è vissuta
nella pienezza dell’amore. Segue il Natale: l’incontro con Cristo che si
fa carne, chiede che anche noi diventiamo tempio santo in cui la parola
di Dio possa nuovamente incarnarsi. Anche la Quaresima, ha una forte
valenza vocazionale perché aiuta i giovani, gli adolescenti, gli adulti,
a pensare alla propria vita con dei criteri non mondani, ma evangelici.
Così la Pasqua, la vita nuova nel Cristo, nello Spirito Santo, ci
ricorda che la vocazione non è una sistemazione, ma la disponibilità a
lasciarsi continuamente interpellare e provocare. E infine, il Tempo
Ordinario: la risposta a Dio nella realtà concreta, feriale della nostra
vita. Vedete quanta ricchezza abbiamo? E noi pensiamo ancora di doverci
ritagliare degli spazi per dire una parola sulla vocazione. Tutta la
vita, non può che essere vocazionale.
Il Papa ci invita a creare una cultura vocazionale. Ciò significa
parlare della vita come vocazione e presentare tutte le vocazioni, senza
paura. Com’è straordinario allora l’impegno di una religiosa che sente
la gioia di prestare il proprio tempo, la propria fatica, la propria
generosità, nel Centro Diocesano Vocazioni, l’organismo della diocesi,
che ha a cuore che tutte le vocazioni siano conosciute, stimate, amate,
annunciate.
Terzo
passaggio:
dall’iniziativa all’itinerario
Qui ci giochiamo la riuscita della pastorale vocazionale. Già il
documento della Chiesa Italiana Evangelizzazione e Testimonianza
della Carità ci aveva detto: «Non manchino mai nelle nostre Chiese
locali dei progetti di pastorale giovanile attenti alla dimensione
vocazionale». Progetti, non iniziative, itinerari, non incontri
occasionali. In questi itinerari quali sono i punti fondamentali? La
vita come dono. La risposta vocazionale. Dice il documento NVNE: «la
risposta di una vita che si consacra gratuitamente al Signore nel
servizio dei fratelli, nasce da un sentimento di profonda gratitudine».
Quindi non deve mai mancare nei nostri itinerari una educazione alla
virtù della gratitudine. Aiutare i giovani a leggere la propria vita con
cuore pensante, per scoprire un Dio che ci segue passo dopo passo.
Quanto è importante legare i frammenti della nostra vita e non fame una
matassa!
Poi, il riferimento a Cristo. La pastorale vocazionale si radica
nell’incontro con Cristo. Il Papa, a Santiago di Compostela, fece un
meraviglioso discorso vocazionale e si introdusse con questa domanda:
«Giovane, hai scelto Cristo Via, Verità e Vita?». E spiegò le diverse
vocazioni, alla vita consacrata, alla vita claustrale, alla vita
sacerdotale e matrimoniale. Questo è l’obiettivo prioritario. L’incontro
con Cristo è l’elemento fondamentale in ogni itinerario di educazione
alla fede, aperto alla dimensione vocazionale.
Altro salto di qualità:
dai pochi a tutti
L’attuale Pontefice, nel suo primo messaggio per la Giornata Mondiale di
Preghiera per le Vocazioni, del 1980, diceva: «Voi chiamate, il Signore
fa il resto, ma dovete chiamare». Dovete chiamare, quanto è importante!
Un annuncio rivolto a tutti. Ditemi: voi, animatrici vocazionali,
avreste mai fatto la proposta vocazionale a un certo Saulo di Tarso che
andava in giro ammazzando i cristiani? No, invece Gesù l’ha chiamato.
Allora non mettere tanti filtri tra la proposta vocazionale e il
destinatario. Tu semina e basta. Perché nella Chiesa c’è chi semina, c’è
chi irriga, c’è chi ara, c’è chi raccoglie. Tu semina e basta. Ti
troverai a raccogliere ciò che non hai seminato, altri raccoglieranno
ciò che tu hai seminato. Questa è la bellezza, la gioia di vivere nella
Chiesa.
E, infine, dalla delega alla corresponsabilità nei confronti di tutti,
specialmente all’interno della comunità parrocchiale e diocesana. Quale
conclusione? La affido a una frase di un prete che ha consumato la sua
vita con i giovani e che vi consegno come piccolo programma di vita.
Diceva, con brevissime parole, così: «Se tu, animatrice vocazionale,
rallenti, essi, i giovani, si fermano. Se tu ti scoraggi, essi
desistono. Se tu ti siedi, essi si coricano. Se tu dubiti, essi
disperano. Se tu critichi, essi demoliscono. Se tu li precedi, essi ti
oltrepasseranno. Se dai la mano, essi daranno la vita. Se tu preghi,
allora essi diventeranno santi».
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