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Prendersi cura
delle sorelle anziane e malate, sia a livello di assistenza che di
animazione, è un servizio che non può essere standardizzato o
incasellato in un elenco di atteggiamenti da assumere, ma dovrebbe
nascere, maturare e concretizzarsi in una “scelta” personale che
richiede l’adesione della mente, del cuore, della volontà. Dovrebbe
diventare “passione”, che vuole condividere, mettersi a fianco, amare le
sorelle…spinte da forti motivazioni. Facile forse a dirsi e scriversi,
spesso difficile da concretizzare nella routine di un servizio che
richiede abnegazione, energie sempre nuove, creatività. Servizio forse
non adatto a tutte, perché non può essere frutto di spontaneismo,
volontarismo o fugace compassione che, se pur meritevoli, risulterebbero
poco adeguati per un impegno che assorbe molte energie psico-fisiche e
spirituali e che per risultare qualitativamente adeguato necessita di
un’idonea preparazione.
Negli interventi pubblicati nei precedenti numeri della rivista è stato
rilevato come nell’ambiente religioso la terza e quarta età e la stessa
malattia sono vissute, generalmente, in un atteggiamento di interiorità
e di ascolto della vita, come tempo in cui la persona consacrata è
particolarmente chiamata a fare sintesi della propria esperienza, a
entrare gradualmente nell’accoglienza dei passaggi più o meno dolorosi
dell’avanzare degli anni, con tutti i distacchi e le morti che tale
avanzamento comporta.
Ciò
assume un significato particolare per le sorelle che, nella vita
religiosa, sono state educate a essere attive per gli altri, a spendere
energie umane, spirituali e affettive, tempo per annunciare il Vangelo e
per rispondere alle necessità pastorali dell’evangelizzazione nei
diversi ambienti di vita e di cultura. Vivendo con queste sorelle
anziane si percepisce chiaramente che le forti motivazioni apostoliche
coltivate negli anni giovanili hanno esercitato su di loro una forza
propulsiva capace di orientare tutta la vita. Queste sorelle, sorrette
da una spiritualità essenziale, da una fede maturata in mezzo alle
difficoltà apostoliche, giunte alla vecchiaia, sentono che i giorni e le
ore vissute danno gioia e senso di pienezza, insieme a una profonda
gratitudine a Dio per la propria realizzazione.
Coloro che hanno maturato queste convinzioni accolgono la solitudine,
propria dell’età avanzata e del distacco dalle attività, come tempo
favorevole per un ulteriore sviluppo della vita spirituale e una
possibilità di ritorno a se stesse.
Altre sorelle, alle quali la vecchiaia impone di essere passive, vivono
con fatica il tempo prolungato che hanno a disposizione per riflettere,
per pregare, e per rileggere con sapienza la propria esperienza di vita.
Vivono questo passaggio come un disorientamento psicologico e un
sentirsi escluse da mansioni, senza responsabilità dirette. Subentra in
loro lo scoraggiamento e la depressione, poiché credono di non valere
più per gli altri e provano tristezza per il corpo che invecchia,
affermando spesso di desiderare di essere ancora attive e utili agli
altri e all’ambiente in cui vivono. Alcune di loro, avendone la
possibilità e la volontà, svolgono con piacere un servizio all’interno
della casa e/o della comunità e offrono un sostegno concreto ad altre
sorelle più bisognose.
Ci
sono casi in cui, purtroppo, forse per una mancata formazione
all’invecchiamento come apertura serena alle piccole morti e graduale
disponibilità a cambiare ritmo di vita, il necessario passaggio
dall’attività e dall’esteriorità all’interiorità e alla “passività
attiva” viene vissuto con fatica, spesso come dramma, soprattutto quando
le sorelle interessate faticano ad accettare di rendersi utili per
piccoli lavori.
L’assistenza
come “essere con” e “essere per”
Ci
si rende conto che l’assistenza, il semplice accompa-gnamento o la stessa
convivenza con queste sorelle anziane e/o malate assume diverse
sfumature a secondo della situazione che ognuna vive. Da qui la
necessità per chi sta loro accanto di adattarsi ed assumere i giusti
atteggiamenti che possono aiutarle a vivere in maniera più rispondente
alla loro dignità e necessità di consacrate.
Partendo dal presupposto che ogni sorella che noi abbiamo di fronte è un
soggetto unico che bisogna cercare di comprendere nel processo storico
del suo divenire e, soprattutto, trovandoci di fronte a una sorella
malata, a parte tutte le considerazioni scientifiche che abbiamo già
rilevato e da cui desideriamo partire, dobbiamo constatare che quasi
sicuramente essa vive uno stato di decadenza psicofisica. Ma i valori, i
desideri, i progetti, l’autentica essenza della vita interiore possono
non declinare, anzi proprio in questa situazione di precarietà le
risorse interiori possono trovare spazio e uno spessore più consistente.
A questo proposito san Paolo ci dice: «Anche se il nostro uomo esteriore
cade in sfacelo, il nostro uomo interiore si rinnova di giorno in
giorno» (2Cor 4,16).
Di
fronte a ciò ci sembra di poter affermare che un aspetto peculiare del
rapporto assistenziale o di animazione alle sorelle anziane è la forma
comunicativa-esistenziale ed è un servizio che trova nell’«essere con» e
nell’«essere per», le motivazioni più profonde.
Anche
in questa tappa della vita si tratta, non solo di mantenere vivo, ma
anche di rendere più profondo e vero il clima fraterno e di famiglia
all’interno delle comunità e che diventa sempre più significativo quando
molti contatti vengono a mancare. Uno degli impegni importanti è perciò
quello di favorire un ambiente fatto di relazioni semplici, vere,
rispettose, accoglienti, aperte agli orizzonti apostolici. A questo
contribuiscono non poco il tratto fraterno, delicato, caldo, capace di
raccogliere con stima le confidenze che vengono fatte.
La
serenità e la fiducia sono il premio di questo rapporto instaurato ed
efficace fra la persona che ha bisogno e coloro che la curano, nella
dimensione della comunione che è l’autentico modo di essere della
famiglia radunata dall’amore del Signore.
La “relazione di
aiuto” tra sorella anziana/malata e chi assiste o anima
Coloro che assistono o animano le persone anziane sono quelli che hanno
con esse maggiori contatti, e a loro le sorelle malate si rivolgono per
chiedere informazioni, per stabilire i contatti con il medico, per
essere rassicurate sui sintomi, per avere una “presenza” nei momenti di
ansia e di solitudine.
E’
opportuno pertanto precisare, con chiarezza, il contesto che definisce
il rapporto tra la sorella nel bisogno e chiede di essere aiutata e
l’altra che si adopera per sopperire a tale bisogno. Esso si inscrive in
quella che normalmente viene definita “relazione d’aiuto” che,
impropriamente, si ritiene avere una modalità unilaterale, in cui coloro
che assistono o animano la persona anziana e/o malata si prendono cura
della loro malattia, favorendo così nelle persone assistite un
atteggiamento di passività, dipendenza, sottomissione e deleghe di
responsabilità. Ora, se è pur giusto sottolineare che l’aiuto faccia
parte dell’ambito professionale sanitario, è ugualmente importante
tenere presente come questo rapporto è autentico nel momento in cui
l’incontro tra i due soggetti della relazione, tra chi assiste e la
persona assistita, riconosce e valorizza le rispettive competenze.
La
sorella anziana ha la competenza di riconoscersi soggetto della
malattia, protagonista attiva; chi assiste o anima ha la competenza atta
a risolvere il bisogno di cui è portatrice la persona anziana.
Un
incontro tra queste due realtà, supera “la somma” delle esperienze e lo
schema dei ruoli e allo stesso tempo costruisce un “qualcosa d’altro”
che possiamo definire esperienza comune, condivisa, in cui non c’è più
un modello di relazione standard, assoluto, ma un rapporto che ogni
volta è da calibrare durante l’iter della malattia; è irrepetibile, come
unici e irrepetibili sono gli esseri umani.
Partendo da questa premessa, chi assiste o anima le sorelle anziane
deve tenere conto della propria storia personale, della propria
struttura psicologica, in cui possono albergare problematiche relative
all’angoscia di morte, morte con la quale viene oggettivamente a
contatto. E’ importante e significativo imparare a riconoscere i propri
limiti. Ciò permette di trasmettere un’immagine umana e sana, che
favorisce la comunicazione, permette di condividersi e sviluppa tutta
quella parte sotterranea e profonda della dinamica interpersonale che
qualifica il rapporto con la persona assistita.
Da
quanto sopra esposto si rileva che, insieme all’aspetto assistenziale,
quello dell’animazione nelle comunità di sorelle anziane e/o malate
riveste un’importanza particolare e se ne rende conto chi è chiamata a
viverla ogni giorno. E’ difficile poter standardizzare anche questa
realtà e poter dare delle indicazioni valide per ogni occasione o
situazione, soprattutto quando all’interno di una stessa comunità ci
sono sorelle di diverse nazionalità, costumi, esperienze.
Suggerimenti concreti
Cercheremo timidamente di offrire qualche suggerimento che, partendo da
alcune situazioni concrete che già si vivono in vari Istituti, possono
essere valorizzate in altre realtà comunitarie.
Nelle
comunità che ospitano queste sorelle sarebbe opportuno dividere le
anziane afflitte da infermità di carattere fisico da coloro che soffrono
depressioni o altri disturbi psichici. Ciascun gruppo dovrebbe avere la
suora animatrice e che coordina le eventuali suore infermiere, laici e
altri professionisti della salute. Un medico clinico dovrebbe poter
visitare le sorelle, periodicamente, per un controllo generale (2 volte
al mese circa); se si dovesse porre la necessità sarebbe opportuno
trasferirle nell’Ospedale più vicino.
Luoghi da prevedere
Ogni
suora dovrebbe avere, possibilmente, una sua camera e bagno privato. Ci
sembra necessario che la sorella anziana disponga di un suo spazio
personale dove poter riposarsi, leggere, ascoltare la radio o pregare,
quando lo ritiene necessario, senza disturbare nessuno. Tuttavia, per
evitare il rischio dell’isolamento, facile nelle persone anziane, ci
dovrebbero essere ampie sale comunitarie, bene illuminate e
confortevoli, in cui riunirsi per guardare la televisione, bere qualche
bevanda o mangiare anche un dolce, prendere parte alle ricreazioni,
ricevere visite o semplicemente riunirsi.
Assistenza spirituale e orizzonti
apostolici
Spiritualmente dovrebbero essere ben assistite e con molta premura,
possibilmente ogni giorno dovrebbero poter partecipare alla celebrazione
eucaristica e ascoltare omelie appropriate, avere momenti di preghiera e
di riflessioni periodiche guidate da suore o da sacerdoti.
All’interno del gruppo delle sorelle anziane si potrebbero costituire
anche delle équipe per varie attività: celebrazioni liturgiche,
relazioni sociali, ricreazioni, gruppi di preghiera e di lettura
spirituale, catechesi. Quelle che possono, potrebbero aiutare nei
compiti domestici, le autosufficienti potrebbero visitare o assistere le
sorelle più malate, oppure semplicemente conversare con loro e tenere
loro compagnia. Dovrebbero essere tenute informate delle necessità
missionarie e pastorali, essere sollecitate alla preghiera dopo essere
state informate sulle iniziative apostoliche della Congregazione per
alimentare il senso di appartenenza che si rivela molto importante per
la salute psichica delle sorelle.
In
tutto questo è molto importante che si sentano utili e impegnate ad
accrescere la stima di sé che tende a essere intaccata. Poiché
l’obiettivo è di raggiungere l’equilibrio del corpo, della mente e dello
spirito, sarebbe efficace offrire la possibilità di avere, nei giorni di
sole, un’ora di passeggio nel parco per respirare aria pulita e per
coltivare i rapporti umani.
In
questo modo le sorelle mantengono le loro abilità e ne acquisiscono
altre che potrebbero dimostrare in occasione di qualche festa o riunione
della Congregazione in cui vengono invitate le superiore o le suore
della case vicine. Questi momenti di scambio, di accoglienza, e di
piccoli regali, farà loro molto bene.
Favorire la creatività
Durante l’utilizzo del tempo libero sarebbe necessario favorire
l’attività manuale, intellettuale, ricreativa e sociale. Oltre ad
occupare il tempo, si potrebbe fare in modo che le sorelle giungano a
modificare alcuni comportamenti e sviluppare nuove capacità creative e
vitali.
L’attività crea un rapporto affettivo con l’oggetto prodotto e fa sì che
questo sia sentito come qualcosa di proprio e gratificante. Le attività
di questo tipo di terapia dovrebbero essere adattate alle necessità e
possibilità delle sorelle e, soprattutto, che si sentano partecipi della
missione della Congregazione col frutto dei loro piccoli lavoretti. Le
suore dovrebbero avere piena libertà di parteciparvi o meno, ma
sentendosi motivate dai buoni risultati è difficile che manchino.
Quanto detto pone in evidenza l’importanza che le persone preposte
all’assistenza delle sorelle anziane mettano in atto la loro creatività.
Così si potrà valorizzare le ricchezze di ogni sorella e ciò che si
costruisce sarà frutto dell’impegno di tutte; nessuna sorella sia
privata della sua responsabilità di “persona”; ciò che si fa sia
veramente per il bene della persona e non un’occasione di soddisfare il
proprio bisogno di fare del bene; non essere iperprotettive: a qualsiasi
età la persona dovrebbe essere lasciata libera di rischiare, anche
perché possa accettare più serenamente i propri limiti.
Ecco
perché nell’assistenza o nell’animazione alle sorelle anziane non si può
improvvisare, ma è necessario che la pianificazione venga fatta bene e
la preparazione delle persone impegnate in questo servizio, venga
adeguatamente curata.
Un ministero da vivere “alla pari”
Assistere o animare le persone anziane non è un ministero a senso
unico. Come ogni altro tipo di servizio al prossimo comporta non
soltanto donare, ma anche ricevere. E specialmente questo avviene quando
si vive la stessa situazione e si è alla pari con coloro che si curano.
Il
ministero è avere cura di loro, ma lo scopo principale non è dar loro
qualcosa da fare, distrarle, o tenere loro compagnia. Non è neppure dare
loro dei consigli, insegnare qualcosa e nemmeno guarirle. Si è insieme a
loro perché ci si preoccupa di loro, ma lasciando che ognuna sia se
stessa, una persona importante qualunque sia la sua età, la sua salute
fisica e psichica.
Le
sorelle anziane con la loro storia e vita sono in grado di insegnare a
chi le assiste o le anima a spogliarsi della propria illusione di essere
“immortali”. Vedendo i loro occhi annebbiarsi, l’udito diminuire, la
memoria svanire, non ci si può esimere dal pensare che questa è la
vicenda di ogni essere umano. Ma dietro tutta questa serie di
“diminuzioni” sicuramente possiamo scorgere la bellezza della persona.
Quando si vede una sorella anziana sgranare il suo Rosario o dirigersi
come può, faticosamente, verso la cappella, si può toccare con mano la
speranza. Le sorelle anziane ci insegnano con la loro vita che ogni
giorno è tempo di comunicazione, perché ogni giorno è tempo di amare,
purché il cuore sappia restare giovane.
Ci
ricorda a questo proposito il Papa: «Allorché questo corpo è
profondamente malato, totalmente inabile e l’uomo è quasi incapace di
vivere e di agire, tanto più si mettono in evidenza l’interiore maturità
e grandezza spirituale, costituendo una commovente lezione per gli
uomini sani e normali» (Salvifici Doloris, n° 26).
L’invecchiamento, spesso, è una tappa della vita associata alla
malattia, ma non è essa stessa una malattia, al contrario è una tappa di
grandi energie, e l’energia di ogni persona consacrata è la
spiritualità. Questa spiritualità germoglia da un impegno generoso,
sempre rinnovato che è testimone della fedeltà amante di Dio alla sua
creatura e della risposta d’amore della creatura al suo Creatore e
Signore. E’ un impegno grande che vive dell’essenziale, una spiritualità
dell’essere intero, della preghiera e della sofferenza. E’ la
realizzazione missionaria dell’essere completo.
La
vigna del Signore aspetta operai, non solo a tutte le ore, ma anche a
tutte le età. Nella terza e quarta età, o nella malattia si possono
ancora riscoprire aspetti nuovi del carisma del proprio istituto,
lasciare che penetri fino nelle profondità dell’essere, permettergli di
formare in ognuna un modo nuovo di stare attente ai segni dei tempi
servendosi di letture, riflessioni, dialoghi, discernimenti e scambi.
L’apostolato apre al cuore orizzonti sconfinati per la preghiera di
lode, di domanda, di intercessione, di riparazione. Anche se la sorella
anziana è chiamata a ritirarsi dall’attività apostolica e dalle varie
responsabilità, si apre davanti a lei un campo di apostolato forse
ancora sconosciuto, ma fecondo per la propria Congregazione e la Chiesa.
Ci sembra di poter affermare che la più grande apostola delle sorelle
anziane è un’altra sorella anziana. Non soltanto a livello individuale,
ma anche comunitario, partecipando nei gruppi come lievito nella massa,
o dando testimonianza del multiforme Vangelo. Le sorelle maggiori
possono fare molto, ma soprattutto vivendo gioiosamente e
coraggiosamente questo aspetto definitivo della loro vita.*
I
precedenti articoli sono stati pubblicati su CONSACRAZIONE E SERVIZIO,
nn. 11/novembre 2002 e n.
1/gennaio 2003.
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