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Il desiderio di cogliere la
profondità dell’incontro di Gesù con Maria di Màgdala, per contemplare
l’attimo vissuto da entrambi nell’intimità, ci spinge a rivisitare
l’essenza del nostro essere in relazione. Non a un uomo si è rivelato
per primo Gesù dopo la Risurrezione, ma a una donna, a colei che è stata
creata per vedere e vivere ogni frammento con il cuore.
Se all’origine il rapporto tra
Maria e Gesù appare asimmetrico, in questa pagina evangelica Gesù
stabilisce con Maria una relazione paritaria, pur nel rispetto della
diversità di condizione.
Maria, piangendo vicino al
sepolcro, esprime un sentimento profondo di dolore, poiché non riesce a
collegare il senso logico ed emotivo degli avvenimenti. La morte di Gesù
la colloca in un sentimento di abbandono, che mette in crisi la
definizione di sé, il senso di appartenenza, il riconoscimento affettivo
da parte dell’altro. L’incontro con lui le aveva permesso il contatto
con se stessa, la sua morte invece la riporta, attraverso un sentimento
di smarrimento e di confusione, all’esperienza della non esistenza.
Maria piange, vivendo fino in fondo
il dolore per la separazione dalla persona amata, perché ha sperimentato
l’unicità, la preziosità nel cuore di Gesù… l’appartenenza a qualcuno
che l’ama. Si sarebbe accontentata di avere la sicurezza del corpo di
Gesù nel sepolcro e invece anche quello ha perso: «Hanno portato via il
mio Signore e non so dove l’hanno posto» (Gv 20,13), dove quel “mio”,
aggettivo possessivo, esprime tutta l’intensità e la profondità
dell’affetto verso Gesù.
Quando una donna ama, si coinvolge
con tutta l’esistenza e, armonizzando la mente, il cuore e la volontà,
pensa con il calore del cuore, sente mentre pensa, agisce in ogni
istante con la profondità della sua esistenza.
Maria ha bisogno di vedere, di
toccare l’amato, di condividere i sentimenti, le emozioni, le sensazioni
con colui che le ha dimostrato la gioia del suo esserci e Gesù la chiama
per nome…
Immaginiamo di ascoltare il tono
della voce di Gesù, le parole pronunciate da lui. Empaticamente
fermiamoci accanto a Maria per sentire la parola di Gesù vibrare nel
cuore di chi, nella solitudine, cerca segni di vita. Per Gesù Maria non
è una persona qualsiasi, è una donna che, incontrandolo, ha deciso di
viversi fino in fondo, a ogni livello della sua esistenza.
Maria si sente chiamata a coagulare
tutti i sentimenti intorno a un nome, «Maestro», pur separando il suo
sentire da quello di Gesù, la sua esistenza dall’alterità del Maestro,
per esprimere tutta la profondità di un amore che non ha bisogno di
orpelli, commenti, aggiunte… un nome che esprime soltanto l’esserci
della persona amata.
Nell’intimità profonda con Gesù,
Maria definisce se stessa: passa dalla condivisione dell’esistenza con
lui per sussistere a una scoperta di sé per esistere e diffondere la
vita. «Non mi trattenere» (v. 17), dice Gesù: non fermarti alla
relazione per poter vivere. «Va’ dai miei fratelli e di’ loro: io salgo
al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro» (v. 17). L’incontro
con Gesù, con Colui che ha vinto la morte, porta Maria ad avere una
nuova consapevolezza di sé. Attraverso la relazione autentica impara a
non manipolare l’altro: gode dell’esserci di sé e dell’amato, custodisce
in modo dinamico la propria e altrui solitudine, dove ognuno dilata la
propria esistenza, pienezza di vita, segno di risurrezione.
«Maria di Màgdala andò subito ad
annunziare ai discepoli: “Ho visto il Signore” e anche ciò che le aveva
detto» (v. 18). Ormai resa amante, è inserita pienamente nel circuito
dell’amore, al di là dello spazio e del tempo. Maria, come ogni
consacrata, porta nel cuore la presenza dell’Amato che, vinta la morte,
liberando la vita di ogni vivente, chiama ancora oggi a essere con la
propria esistenza fondata sull’amore… testimone del Risorto!
Sr. Diana Papa
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