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«Passiamo all’altra riva». E’ l’invito
che Gesù fa al suo gruppo di discepoli, «fattasi sera», quindi dopo una giornata
tutta intesa a offrire messaggi, lezioni, insegnamenti attraverso parabole e
guarigioni. Aveva parlato della semente che cade in luoghi diversi, dove a volte
è soffocata dalle spine, ossia «dalle cure del mondo», come scrive Marco, o
«dalla seduzione delle ricchezze» o è abbandonata a se stessa, tra le pietre,
oppure dove produce frutti più o meno abbondanti: il trenta, il sessanta o il
cento per uno. Aveva parlato del seme, simbolo del regno di Dio, che viene posto
sotto terra e l’uomo faccia pure quel più gli piace, dorma o vegli, esso
comunque verrà in superficie…
Passare all’altra riva
significa cambiare sede, spostarsi, traslocare. Include una partenza, un
lasciare, abbandonare; compiere uno spostamento, un distacco, anche una rottura;
importa lasciare dietro a sé qualcosa o qualcuno.
Si passa all’altra riva con
un semplice gesto fisico-geografico che può anche racchiudere un movimento dal
gusto poetico – una traversata in barca – ma c’è un ‘passaggio all’altra riva’
più faticoso, maggiormente impegnativo; che ti prende tutto l’essere. E’
abbandonare la vita nelle sue forme precedenti, gestita su modelli non più
evangelicamente validi; è operare mutamenti significativi. Spesso infatti
conserviamo stili, modelli, forme di vita, interessi e forse anche cose, oggetti
che non servono più. Tengono posto. Occupano il cuore, forse la mente, forse
energie vitali. Si vive in stato soporifero e guai a chi propone un po’ di
evoluzione.
Passa
all’altra riva Pietro che, caricato dallo Spirito, diventa il supertestimone
di Colui che, per codardia, preso dal panico, aveva ripetutamente rinnegato.
«Non so chi sia» si difende di fronte alla donna. «Voi, Giudei e abitanti tutti
di Gerusalemme, fate attenzione a ciò che sto per dire… Uomini d’Israele, udite
queste parole: Gesù il Nazareno fu un uomo accreditato da Dio… », dirà alle
folle di Gerusalemme.
Passa
all’altra riva Paolo quando esce oltre i confini del popolo ebraico, perché
la salvezza possa essere intesa come salvezza universale, posta alla portata di
tutti. Egli approda sulla sponda del Signore Gesù, il Salvatore di tutti e di
ognuno. Diventa l’Apostolo di Colui i cui seguaci prima erano per lui dei
traditori. E può scrivere: « Mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci
cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei,
stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci,
predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio ».
Sono
passati all’altra riva i nostri fondatori e/o fondatrici, quando dopo ore,
giorni, forse anni di preghiera, di ascolto, di ricerca, di travaglio, si sono
lasciati trasfigurare dalla volontà di Dio e hanno dato origine a opere
totalmente difformi dalla mentalità corrente, ma sempre rispondenti alle urgenze
loro contemporanee.
Ecco:
passare all’altra riva. Da dove, verso dove?
Passare dall’individualismo alla solidarietà, al coinvolgimento, alla
partecipazione, all’impegno per il bene comune perché tutti siamo responsabili
di tutti. Dal cercare se stessi, i propri interessi, il proprio buon nome, allo
spendere totalmente la propria vita per e con gli altri, anche nel
nascondimento, se necessario. « Non sappia la tua destra quel che fa la tua
sinistra », ha insegnato Gesù. Nessun uomo e nessuna donna possono dirsi tali se
non partecipano al dolore e alle fatiche del loro prossimo
Passare dal rumore, dal chiasso alla silenziosità, dalla disattenzione alla
studiosità, ossia a quella capacità per cui su tutto si riflette, da tutto si
prende argomento per la propria crescita personale. Ci si libera dalle ‘cose’
(sentimenti, pensieri, reazioni) ingombranti, per centrare la propria attenzione
su temi di particolare interesse. Si passa dal caos e disordine della propria
realtà mondana a una realtà personale armonica, costruita certamente nella
fatica, ma anche nella responsabilità e nella quiete dell’essere.
Passare dall’apatia e dalla neghittosità alla operosità, senza sfociare
nell’attivismo. L'apatia è propria dei tempi in cui gli ideali diventano
sfocati, quando mancano motivazioni forti.
Passare dall’isolamento vizioso alla solitudine, quella solitudine che è
necessaria per ritrovare se stessi e chi ci sta intorno. L’isolamento vizioso
atrofizza, limita gli orizzonti; restringe gli spazi vitali perché ogni essere
umano è fatto per la socialità; la solitudine cercata come valore matura la
persona e la pone nella possibilità di fare centro su se stessa, sugli altri, su
Dio.
Passare dai condizionamenti alla libertà. Liberare tutti i propri spazi
interiori da timori o riverenze inutili e lasciarsi trasformare dai criteri di
Dio. I condizionamenti, le dipendenze fasulle sono propri dell'età infantile e
allora si corre il rischio di essere in ritardo rispetto alla propria età.
Passare all’altra riva richiede un lavoro duro perché
sempre incombe la minaccia di voler tornare al punto di partenza, soprattutto se
la traversata è segnata da vento forte o da tempesta. Il punto di partenza deve
restare un punto di non ritorno. Le oscure forze che abbiamo dentro di noi, le
pulsioni contraddittorie che agitano il nostro cuore rischiano di farci
naufragare, ma sempre esiste una lucida possibilità di riscatto e di rilancio.
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