testata

    BENVENUTI,        

CERCA IN QUESTO SITO    

 

 

supplemento
n. 05  2009

English

 

Donna del silenzio o dell’ascolto?

LILIA SEBASTIANI

 

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

Una fitta tradizione di teologi e predicatori e semplici devoti, soprattutto nell’età moderna e fino a pochi decenni fa, ha plasmato la figura della madre di Gesù come modello di devozione e l’ha associata a valori quali l’umiltà, la disponibilità, la verecondia e l’interiorità in ascolto.

Quest’ultimo requisito è fondamentale e ha saldi fondamenti scritturistici; non però quando viene troppo sbrigativamente ridotto al silenzio. Si tratta, è chiaro, di uno sviluppo ascetico dell’affermazione che ricorre due volte nel capitolo 2° del vangelo di Luca (vv.19 e 51): «Maria conservava tutte queste cose meditandole nel suo cuore». Nel suo cuore, e dunque, si presumeva, in silenzio. E questo silenzio, che nelle sue valenze forti è un dato teologico-spirituale, veniva indebitamente amplificato, fino a diventare un modus vivendi, assolutizzato fino a costituire la caratteristica di un’esistenza intera. Questa applicazione non legittima e non disinteressata chiede un ripensamento critico: ne dipendono sia l’immagine della madre di Gesù che accogliamo in noi, sia la nostra idea stessa di interiorità, e quindi la vita spirituale.

A parte il fatto che il cosiddetto silenzio di Maria nei vangeli è piuttosto silenzio suMaria da parte degli evangelisti, quel «meditare nel cuore» su cui si fonda per gran parte l’immagine della Donna del Silenzio è un’espressione biblica spesso riferita ai giusti che sono soliti vivere alla presenza di Dio. Non vuol dire che la persona a cui si riferisce sia taciturna di temperamento, ma che è abituata a pregare e a riflettere.

E di solito chi è abituato a riflettere sa tacere e sa parlare, secondo quello che le circostanze richiedono, secondo quanto detta la coscienza illuminata dallo Spirito.

POLICROMO E MULTISONO SILENZIO

Quindi semmai è sul silenzio nostro che la figura evangelica di Maria ci chiede di riflettere: sul silenzio che ha un valore grande - non assoluto, però – nella vita di fede e nella preghiera sia personale sia liturgica. Se viene inteso esclusivamente in senso intimista o confuso con il rifiuto, il timore della parola, diventa un silenzio povero, quantomeno a senso unico, e non esente da rischi. I silenzi non sono tutti dello stesso genere, dello stesso colore. Vi è il silenzio del raccoglimento e dell’attesa, quello di accoglienza, di appropriazione, di pienezza; il silenzio che medita e quello che contempla. Qualche volta anche un silenzio che stordisce e disperde: infatti per fare silenzio non basta “non parlare”. Forse il silenzio, quando ci si avvicina alla soglia dell’ineffabile, è davvero superiore a ogni parola; ma per arrivare a quello, occorre che le parole necessarie siano state dette.

Il silenzio vero è tutt’altra cosa dal mutismo: dice apertura, aiuta la comunicazione, è animato dallo Spirito.

Tra silenzio e mutismo c’è più o meno la stessa differenza che intercorre tra la parola e le chiacchiere. Il silenzio prelude alla rivelazione, dice apertura; il mutismo chiude alla rivelazione e al rapporto. Il silenzio vero non può fare a meno dell’ascolto - e quindi, da un certo punto di vista, della parola: con e senza maiuscole. Ascolto e parola sono in funzione reciproca.

ASCOLTO, ATTENZIONE, RELAZIONE

L’ascolto, segno e funzione della natura ‘aperta’ della persona, che permette di uscire dalla solitudine autoreferenziale, è indispensabile in una persona –come in una relazione, come in una collettività umana… – armonizzata sotto il segno dell’integralità. Attraverso l’ascolto l’io dilata i propri confini e si apre a un tu; l’ascolto cambia le cose, in chi ascolta e anche in chi parla.

È quasi superfluo perciò dire che, come il silenzio non è mutismo, così l’ascolto è ben altra cosa dallo stare educatamente e apparentemente zitti finché l’interlocutore non ha finito di dire la sua (benché anche questo rudimentale segno di civiltà sia opportuno e da raccomandare, in un mondo in cui tutti parlano sopra gli altri e si tolgono la parola, come in certi dibattiti televisivi):

anche lo “stare a sentire” può essere vissuto con lo spirito chiuso o in atteggiamento di difesa, e allora non è ascolto, ma solo la sua imitazione esteriore – se non la sua caricatura. Ascolto vero dell’altro significa smettere di considerare se stessi e la propria esperienza come norma fissa dell’umano. È un lavoro incessante di apertura del cuore e di vittoria sulla paura, un lavoro che trascende le semplici forze umane e mette in primo piano l’agire dello Spirito.

La stessa preghiera è in primo luogo ascolto della parola di Dio che risuona nella Scrittura, nella storia umana, nella coscienza individuale. Significa scoprire tutta la realtà come parola di Dio, acquisire la capacità di leggere la propria piccola storia personale come storia di salvezza, il proprio quotidiano come spazio di salvezza.

OBBEDIENZA COME ASCOLTO

Nella tradizione biblica la fede - risposta di secondo livello - nasce dall’ascolto; l’ascolto a sua volta nasce dalla Parola. I grandi interlocutori di Dio nei due Testamenti sono in primo luogo ascoltatori della Parola. Per gli Israeliti il comando religioso fondamentale e insieme l’equivalente del nostro Simbolo di fede e la preghiera del mattino e della sera, è lo Shema’ Israel («Ascolta, Israele…», cf Dt 6,4-9; 11,13-21). L’invito ad ascoltare ricorre spesso nell’esortazione profetica e nei salmi. Anche il Servo del Signore è un fedele che ascolta “come gli iniziati”, uno a cui Dio ha aperto l’orecchio (cf Is 50,4-5). Ascoltare la parola di Dio e fare la sua volontà sono realtà comunicanti, indistinguibili, e in molti luoghi della Scrittura si quivalgono anche come espressione. Ascoltare sembra però più interiore e profondo, più creativo e più globale.

Lo stesso Gesù è in primo luogo “uno che ascolta”: vive la sua vita in costante ascolto e dialogo con il Padre, e per questo è dinanzi agli altri trasparenza e irradiazione della logica e dello stile del Padre.

Nel racconto della Trasfigurazione in Matteo, la voce del Padre dal cielo proclama: «Questi è il mio figlio prediletto… Ascoltatelo». Così Gesù dirà «Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 8,21). Ancora una volta ascoltare e obbedire sono indistinguibili.

Sembrano parole volte a relativizzare la figura di sua madre; ma potrebbe essere anche un modo di sottolinearne la dignità, illuminandola però di una diversa luce.

MARIA MODELLO DEL DISCEPOLO IN ASCOLTO

Per Luca anche la madre di Gesù è figura di ascolto; è quasi il prototipo del discepolo. Come benissimo dice l’esortazione apostolica Marialis cultus del 1974, che ha sancito il rinnovamento della mariologia ufficiale nella Chiesa cattolica: «Maria è la Vergine in ascolto, che accoglie la parola di Dio con fede; e questa fu per lei premessa e via alla maternità divina, poiché, come intuì sant'Agostino, la beata Maria colui (Gesù) che partorì credendo, credendo concepì…» (MC 17, corsivi nostri).

È vero, l’attenzione tradizionale è stata posta soprattutto sul suo fiat – filtrato nei secoli attraverso un modello di femminilità unicamente ricettiva -, ma è importante per noi tutto l’insieme del dialogo di Maria con l’angelo, espressione simbolico-narrativa dello “scontro con Dio” che si trova al fondo di ogni autentica vicenda di vocazione. Maria ci viene presentata come paradigma dell’ascolto, e l’ascolto è anche umanissima abitudine a riflettere, necessaria (anche se non sufficiente da sola) a costituire l’ascolto di fede. L’ascolto dice in primo luogo attenzione, orientamento dello spirito umano verso il progetto di Dio, fino al punto di confluenza dello spirito umano con lo Spirito di Dio.

La sostanza etica del racconto dell’annunciazione è che Dio tratta Maria come una persona vera e consapevole (cosa che si verifica in tutti i racconti scritturistici di vocazione, ma in questo caso in modo speciale): ha bisogno del suo assenso reale, non la costringe, non prescinde dalle sue disposizioni interiori.

E Maria «assunta al dialogo con Dio, dà il suo consenso attivo e responsabile » (MC 37), cioè non reticente né precipitoso. È necessaria una fiducia senza riserve nel mistero di Dio che chiama, per avere il coraggio di lasciare spazio al nuovo che trasforma profondamente la situazione preesistente.

ASCOLTO, ATTENZIONE, REALIZZAZIONE DI SÉ

Attenzione è l’altro versante dell’ascolto. Deriva dal latino ad-tendere, cioè “essere rivolti verso” qualcosa, e per un credente significa soprattutto guardare con occhi nuovi: agli antipodi della banale curiosità, è attenzione al mistero. Ascolto, accoglienza, attenzione sono le declinazioni prioritarie dell’amore.

Crescere nella capacità di attenzione significa crescere nell’unificazione personale. L’ascolto di Dio e dell’altro non può prescindere dall’ascolto di sé, e questo non riguarda solo la mente e non è individualistico.

Narrando nello stesso capitolo 1° una doppia annunciazione, l’evangelista intende stabilire una corrispondenza tra l’annuncio recato a Zaccaria e quello recato a Maria; ma dal confronto tra i due episodi emerge con chiarezza la superiorità di quel che si riferisce a Maria. Come luogo dell’ascolto di Dio, qui una semplice casa di Nazaret supera il tempio di Gerusalemme. Nel suo dialogo con l’angelo, Maria viene presentata come paradigma dell’ascolto, anche nel suo bisogno di capire. Le parole conclusive di assenso «Eccomi, sono la serva del Signore...», per lungo tempo recepite in un senso spiccatamente servile, accentuando a senso unico l’umiltà e la docilità, hanno un significato più ricco.

A parte il fatto che la sottomissione a Dio è ben diversa dalla sottomissione a qualsiasi altra autorità terrena anche legittima (è infatti l’unica che, quanto più è profonda e totale, tanto più è liberante e sprigiona autonomia), qui la parola serva richiama in primo luogo la figura del Servo del Signore. E quell’«Eccomi» detto da Maria ci ricorda le grandi chiamate della storia del popolo di Dio: la prova di Abramo, la vocazione di Samuele... Così la risposta di Maria significa da parte sua porsi in continuità con la storia intera del popolo d’Israele di cui è parte, accettando per sé con spontanea consapevolezza un ruolo unico e fondamentale all’interno di questa storia. È un atteggiamento umile, senza dubbio; ma ben diverso rispetto all’umiltà quale viene tradizionalmente inculcata a uomini e donne nella formazione ascetica tradizionale.

La risposta di Maria infatti denota un’autocoscienza di livello elevato, un’eccezionale disponibilità al cambiamento (e quindi senso di identità e autonomia) un profondo senso di creaturalità, una fiducia senza riserve e una consapevole scelta di affidarsi incondizionatamente a Dio; definirsi «serva del Signore» anticipa profeticamente uno stile rinnovato di rapporti all’interno dell’umanità nuova, uno stile fondato sul servizio vicendevole.

Torna indietro

         

 

 

   

   

Numeri disponibili
in internet


   

Supplementi


   

50 anni nella storia per animare il cammino della vita apostolica e religiosa femminile
 



 

Direzione
e Amministrazione

Consacrazione e Servizio
Via Zanardelli 32
00186 - ROMA
Tel. e fax 06 68 80 23 36
Email redazione:
centrostudi@usminazionale.it
Email abbonamenti
abbonamentirivista@usminazionale.it
CCP 671008
Centralino USMI
Tel. 06 684005 - 1
Fax 06 68 80 19 35

 

Per abbonarsi

ABBONAMENTI 2013

  • Italia: € 35,00
  • Estero: € 40,00

Email abbonamenti
abbonamentirivista@usminazionale.it

Inserisci questo sito
fra i tuoi siti preferiti.

Imposta questo sito
come pagina di inizio. 
 

 


Modificato domenica 16 marzo 2014
© USMI, Via Zanardelli, 32 - Rome - Italy